Jurgen Habermas: la ritrovata tracotanza germanica nell’analisi critica del filosofo
di Luigi Manfrecola
HABERMAS è certamente uno dei più grandi filosofi viventi, in una certa misura legato alla cosiddetta Scuola di Francoforte resa celebre dalle aspre denunzie da essa sviluppate fin dagli anni ’30 nei confronti di quella società mercificata, inautentica, eterodiretta che si andava già allora timidamente delineando.
Erano in essa rintracciabili i prevalenti filoni critici di quella ricerca sociologica che trovò spazi fecondi di riflessione anche nella lezione di Freud e nelle teorie marxiste .
I nomi di Marcuse, Adorno, Fromm sono ancora ben noti ai giovani del ’68 , quelli tuttora sopravvissuti e portatori di quella cultura contestatrice e movimentista che segnò gli anni ’70 in Europa ed in America.
La critica che venne rivolta , all’epoca, al potere costituito ed asservito alle logiche di un efficientismo senz’anima, denunziava l’ alienazione di un uomo diserotizzato ed incapace di vivere in maniera autentica, rasserenata e fraternamente protesa all’incontro con l’altro.
Alla cultura dell’Avere, portatrice di conflittuali avidità , andava sostituita una Società dell’Essere, capace di rintracciare una dimensione compiutamente umana di realizzazione intima e piena (Fromm).
Con sguardo retrospettivo ci è possibile intravvedere oggi, in quelle analisi ed in quelle antiche denunzie un puntale presagio di ciò che sarebbe avvenuto, di quello che oggi viviamo in termini culturali ed economici di espropriazione delle nostre individualità critiche e dei nostri diritti civili e sociali.
Il Villaggio globale, i mass media, la droga di un consumismo omologante e di un esibizionismo disperato, ricercato come segno di distinzione e di fuga da un anonimato impotente e mortificante -sconsolati connotati dei nostri tempi inquieti- erano già presenti nell’epoca dell’incalzante sviluppo tecnologico ed industriale, prima ancora che il capitalismo fuori controllo generasse quei guasti che oggi viviamo sulla nostra pelle.
Le oligarchie politiche ancora non erano state sostituite e mortificate dalle odierne oligarchie economiche che dettano politiche e pseudo-valori agli odierni governi fantoccio .
Occorreva , dunque, che la cultura ufficiale demolisse quei soprassalti di coscienza critica e solidaristica che si andavano affermando in quegli anni – anni di fiori e di piombo – ed è ciò che è stato fatto da una genìa di pseudo-intellettuali affascinati da quel binomio di denaro-potere che sembrava offrirsi loro in forme sempre più accessibili e remunerative.
Le accresciute occasioni di dibattito e la disponibilità di un palcoscenico mondiale che potesse dare gloria, prestigio, potere a buon mercato hanno consentito di far convergere mille addomesticate voci nelle forme comode d’un coro idiota; un coro che ha giocato la carta d’uno scetticismo erudito, d’un relativismo snobistico che si ammantasse d’un tronfio e finto progresso culturale.
Si è dichiarata guerra ad ogni antica certezza, si sono bollati i VALORI che trovavano la loro radice e ragion d’essere nelle praterie più antiche e profonde dell’essere umano, si è irriso ad ogni etica e ad ogni religiosità, si sono ripudiati i padri – da Socrate fino a Platone, da Cartesio fino a Kant, da Budda fino a Cristo- e si è data voce all’ERMENEUTICA; si sono eretti altari e consumati sacrifici a Giano bifronte, s’è contestata l’idea stessa di una Verità possibile e s’è bestemmiata e bollata come forma di vuota ideologia ogni fede, ogni evidenza, ogni valore.
Così un certo Signor Lyotard s’è inventato, con un termine nuovo, il POST-MODERNO e la finta cultura che l’accompagnava , ha contestato ogni residuo simulacro del passato in nome di un totale RELATIVISMO E SCETTICISMO che pretendeva e pretende di attribuire legittimità ad ogni opinione, in una prospettiva individualistica che inquadra ogni realtà non più in forme prefigurate e stabili , ma come semplici percezioni soggettive.
Tutto diviene ed è soltanto ed unicamente “fenomeno” (quasi riprendendo l’antico “esse est percipi”) e, come tale, può dar luogo a mille e più interpretazioni. Su tale troncone si è andato poi sviluppando il filone di quel “pensiero sistemico” che, riconoscendo le mille connessioni che legano la realtà e le mille possibili prospettive di analisi, giunge a conclusioni non molto dissimili, contestando anch’esso la possibilità d’una visione univoca e certa.
E’ in questa desolante prospettiva che va inquadrata la testimonianza e le ricerca di HABERMAS, uno dei pochi a levarsi CONTRO IL RELATIVISMO CULTURALE ODIERNO contestando alla radice la pretesa post- modernista e smentendo Lyotard stesso per riaffermare la necessità d’un recupero delle certezze e delle verità; sostenendo che proprio la verità/certezza è la premessa necessaria e connaturata ad ogni incontro/ colloquio fra gli uomini che NELL’AGIRE COMUNICATIVO trovano intesa e corrispondenza.
Ed è evidente che tale prospettiva conduce verso una dimensione solidaristica che recupera il valore del dialogo, dell’autenticità, dell’umanità, della dimensione dell’ESSERE per rifondare un “lifeworld” -un mondo delle vita rasserenato ed intimistico- da opporre al “sistemworld”, mondo dell’efficienza, dell’alienazione della performance…cioè quel mondo che oggi siamo indotti a frequentare e a vivere , da automi devoti al profitto ed al materialismo più bieco.
E’ dunque questo l’Habermas di cui stiamo parlando, il filosofo tedesco che non ha esitazioni a denunziare la tracotanza, la meschinità e la miopia del suo stesso popolo, sostenendo che l’attuale politica finto-europeistica praticata dalla Merkel e da Schaeuble smentisce quei buoni propositi e quella voglia di emendarsi che la Germania aveva voluto e saputo dimostrare dopo la vergognosa e colpevole ecatombe scatenata col conflitto mondiale.
Come a dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio; come a dire che ancora una volta l’ottusa stupidità tedesca e la sua pretesa ansia di superiorità ha scatenato una terza guerra totale contro i più deboli, vittime incolpevoli di non condividere quella mentalità rigorista e sacrificale che si è voluto imporre alla Grecia e agli altri popoli mediterranei in difesa degli interessi nazionalistici di un rapace Gotha finanziario, senz’anima e senza alibi per un’avidità che non ha senso né alcuna ragione d’essere.
Ciò premesso, basterà lasciare la parola al filosofo stesso il quale,a proposito della Crisi in atto, nell’intervista rilasciata a Repubblica (19/07/2015) , fra l’altro « ha lanciato un veemente attacco alla cancelliera Angela Merkel, accusandola di essersi giocata con la linea dura tenuta nei confronti della Grecia, tutti gli sforzi compiuti dalle precedenti generazioni tedesche per ricostruire la reputazione della Germania nel dopoguerra, compiendo un “atto di punizione” contro il Governo di sinistra guidato da Tsipras.
Fra l’altro, osservando che “questa esautorazione tecnocratica della democrazia è il risultato di un modello neoliberista di politiche di deregolamentazione dei mercati. L’equilibrio tra politica e mercato è andato fuori sincrono, a spese dello Stato Sociale”.
Ogni ulteriore commento è superfluo , come superfluo riuscirebbe ogni tentativo di acculturare quelli che si vanno dimostrando geneticamente degli analfabeti a livello morale, affettivo ed etico; esseri devoti unicamente al paradigma del sadismo, del rigore da esercitare contro il mondo intero asservibile alla FEDE teutonica , necessaria alla Super-razza per dare senso alla Sua povera esistenza ; all’esistenza di chi non riesce a vivere con pienezza la sua misera parabola esistenziale e deve inventare o seguire un Credo di cui si fanno portatori i Potenti del momento.
Che si tratti di Hitler o dei Signori della Finanza internazionale conta poco, ciò che conta è dimostrare a se stessi ed agli altri d’ essere incrollabili testimoni d’una costanza folle e pervicace che può spingere fino al sacrificio estremo, preferibilmente degli altri… poiché “Deutschland uber alles”.
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