Lo spazio/tempo, lo sviluppo, l’apprendimento

Lo spazio/tempo come condizione primaria per i processi di sviluppo/crescita e apprendimento

di Maurizio Tiriticco

  
Ottime le considerazioni di Agostina Melucci a proposito della progettata costruzione e/o ricostruzione degli edifici scolastici (edscuola del 4 agosto). Ottimi i rinvii a studi che in tal senso ci hanno fornito Piero Bertolini e, più recentemente, Maria Grazia Contini e Vanna Iori. Quanto le coordinate spazio/temporali condizionino i nostri comportamenti e, in misura assai rilevante, gli atteggiamenti e i comportamenti dei soggetti in età evolutiva, è noto a chi insegna: forse meno noto ai tanti architetti che hanno costruito gran parte delle nostre scuole. Nella seconda metà dell’Ottocento, in seguito alla finalmente conseguita Unità nazionale, furono varati due obblighi, quello scolastico e quello militare. E non fu un caso che caserme e scuole di nuova costruzione obbedissero a criteri analoghi: ampi e lunghi corridoi che consentivano l’accesso ad aule o a camerate, in genere tutte eguali. In effetti, non faceva poi eccessiva differenza l’obbedire al frustino del tenente o alla bacchetta del maestro. O tempora o mores! Occorreva far presto per costruire un Paese che potesse concorrere con potenze europee di più antica costituzione.

Da quegli anni è trascorso più di un secolo. Abbiamo abolito la leva militare e abbiamo, invece, incrementato l’obbligo di istruzione: la società della conoscenza richiede competenze sempre più elevate, nonostante la crisi che oggi investe l’intero mondo del lavoro. In parallelo, abbiamo “imparato” tante cose circa lo sviluppo/crescita e l’apprendimento. Sappiamo che un nuovo nato, subito dopo il “grido” con cui ci annuncia il suo ingresso nel mondo, comincia la sua faticosa marcia per conquistarlo e farlo proprio: e i processi di assimilazione, accomodamento e adattamento, di cui ci parla Piaget, garantiscono la lunga e faticosa marcia per il successo.

Lungo l’asse e il piano orizzontali dello spazio il nuovo nato costruisce, e non con poca fatica, i suoi rapporti fisico-sensomotori: può cominciare a vedere e ad ascoltare, solo se luci, colori, immagini, suoni, stimolano la sua capacità visiva e auditiva. Comincia a toccare e ad afferrare: sono i primi passi del futuro prendere e maneggiare. Infine conquisterà la posizione eretta e imparerà a gestire i primi campi del suo spazio vitale. I cosiddetti cinque sensi sono un insieme di facoltà che solo con il contatto diretto e attivo con l’ambiente e i suoi stimoli “si accendono” e si sviluppano, almeno per il primo anno di vita e/o poco più. Il corpo non è tanto l’oggetto che appare, quanto un insieme di movimenti intelligenti, attivi e produttivi, via via sempre più articolati e organizzati. Il corpo – o meglio lo schema corporeo – viene di fatto “costruito”, momento dopo momento, attività dopo attività, dal nostro nuovo arrivato.

Lungo l’asse verticale del tempo il nuovo nato costruisce e memorizza le sue prime ed essenziali conoscenze. E il faticoso sviluppo del linguaggio ne è la spia: prima la conquista delle parole essenziali, “pappa”, “mamma”, poi dei loro legami sintattici, “mamma voglio pappa”. Il vocabolario e la grammatica non sono i libri adottati dalle scuole – a quando la loro abolizione? – ma una continua e progressiva costruzione condotta non senza fatica dal nuovo nato. Costui, se ha a che fare con attanti (in genere i genitori) “ricchi” sotto il profilo grammaticale (fonologia, morfologia e sintassi) e sotto quello dei contenuti (lessico e semantica: c’è quel bel libro di Federica Casadei, edito da Carocci, Roma), non ha difficoltà a costruire un linguaggio altrettanto ricco. Tale costruzione si avvicenda minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, mese dopo mese, lungo l’asse verticale del tempo.

L’asse dello spazio fisico, visibile e concreto, è orizzontale (una suggestione ci può essere offerta dallo spazio vitale di Kurt Lewin); l’asse del tempo, invisibile e concettuale, è verticale. Dall’immaginario centro di incrocio si diparte verso il basso l’asse della memorizzazione/conservazione dei ricordi del passato, verso l’alto quello della immaginazione e dei progetti per il futuro. Il nostro nuovo arrivato si trova al centro di questo incrocio spazio/temporale e sta a lui, in ordine agli stimoli che gli vengono lanciati, costruire giorno dopo giorno la progressiva spirale della conquista del Sé, del Sé con gli Altri, del Sé con le Cose. E non è un caso che le competenze chiave per l’apprendimento permanente, da conseguire al termine dell’obbligo di istruzione decennale, siano descritte e definite proprio in tal senso (si vedano la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 dicembre 2006 e il dm 139/2007, che le fa proprie e le declina). Il rinvio all’illustrazione allegata può rendere più chiaro un concetto che richiederebbe argomentazioni molto più mirate.

Se le considerazioni fin qui condotte sono vere, la gestione dello spazio e dei suoi oggetti diventa una questione fondamentale per lo sviluppo/crescita e l’apprendimento di un nuovo nato, e non solo per la fase infantile, ma per tutta l’età evolutiva. C’è da augurarsi che i prossimi architetti costruttori di scuole si avvalgano del supporto dei pedagogisti.

Grazie, Agostina, di avere avviato il dibattito su un argomento così vitale per il futuro della nostra scuola, o meglio, del nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione”.

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