In Italia crescono le ore di matematica e i risultati migliorano

da Il Sole 24 Ore

In Italia crescono le ore di matematica e i risultati migliorano

di Giuliana Licini

Più tempo sui banchi di scuola a fare matematica per garantire una migliore preparazione ai ragazzi? Può aiutare (e in Italia lo fa), ma non basta. Entrano in gioco anche fattori qualitativi e l’equità dei sistemi d’istruzione che spesso finiscono per dare maggiori opportunità di apprendimento agli studenti che partono già avvantaggiati. Mentre si avvicina l’apertura dell’anno scolastico, un rapporto dell’Ocse si concentra sui tempi di insegnamento della matematica – materia sempre più importante, ma più spesso croce che delizia per i ragazzi – e sul loro impatto sull’apprendimento.

I risultati della ricerca
In base all’analisi dell’Organizzazione, nel 2013 i 15enni dei 34 Paesi dell’area hanno seguito in media ogni settimana 3 ore e 38 minuti di lezioni di matematica, con un aumento di 13 minuti rispetto al 2003. Le differenze tra Paesi sono consistenti: gli studenti cileni arrivano a 6 ore e 40 minuti, i loro coetanei bulgari, croati e ungheresi si fermano a meno di 2 ore e mezza. L’Italia è sopra la media, con 3 ore e 50 minuti circa e un aumento di 18,7 minuti rispetto al 2003. La Penisola è anche tra i Paesi in cui un’ora aggiuntiva di matematica si traduce in un miglioramento significativo dei risultati nei test accademici: con 21 punti in più nelle valutazioni Pisa, l’Italia è al quinto posto nell’Ocse. Al primo c’è la Grecia dove ogni ora di matematica aggiuntiva vale ben 96 punti.

I risultati qualitativi
Ma l’analisi dei dati è più complessa di quel che appare a prima vista. Si può pensare che i Paesi in cui gli studenti passano più tempo a fare matematica sono quelli in cui le performance sono migliorate. Ma non (sempre) è cosi. «Il punto dello studio è che in generale esiste una correlazione positiva tra un numero maggiore di lezioni di matematica e le performance degli studenti. Però stare sui banchi a fare matematica non porta automaticamente a migliori risultati. Dipende anche dall’approccio pedagogico, dal curriculum utilizzato, dalla scuola, come viene organizzata, come è usato il tempo dai ragazzi, sia a scuola che fuori.
L’aspetto qualitativo ha altrettanta importanza di quello quantitativo», spiega Francesca Borgonovi, economista dell’Ocse, co-autrice dello studio. Inoltre, se da un lato è vero che l’Italia è uno dei Paesi in cui c’è una correlazione maggiore tra la differenza di punteggio in matematica e un’ora di lezione in più, «è anche vero che si tende a far passare più tempo sulla matematica agli studenti che hanno già le performance migliori», di fatto quelli che frequentano indirizzi scolastici che prevedono anche più ore di italiano, come i licei. Nelle scuole che hanno un minore numero di lezioni di matematica o dedicate alla comprensione dei testi di italiano, come gli istituti professionali o tecnici, le performance accademiche sono di solito inferiori. A prevalere in questo caso pare essere l’impostazione che un’approfondita conoscenza della matematica non sia necessaria a quell’indirizzo formativo. In altri sistemi scolastici, invece, alti livelli di competenza in matematica sono ritenuti fondamentali per qualunque tipo di percorso, sia che abbia uno sbocco universitario o un obiettivo più immediatamente professionale. La matematica – sottolinea Borgonovi – è «uno degli strumenti fondamentali per fare in modo che le persone, indipendentemente dalla scuola che hanno frequentato, abbiano le competenze che permettano loro, anche tra decenni, di re-inventarsi e ri-inserirsi nel mercato del lavoro a seconda delle esigenze che emergeranno. È una questione estremamente importante».

I casi particolari
Lo studio, d’altro canto, evidenzia il caso del Canada, Paese che è al primo posto per l’aumento delle lezioni di matematica, con un’ora e mezza in più in un decennio per un totale di 5 ore e 15 minuti la settimana, dove c’è un peggioramento della performance. In Polonia, invece, dove le lezioni invece sono diminuite di 7 minuti, la performance è migliorata. Non esiste, insomma, «una relazione a livello di Paese tra il cambiamento del numero di minuti per settimana passati a studiare matematica e il miglioramento o il peggioramento delle performance del sistema stesso», sottolinea Borgonovi. Interessante il caso di Shanghai, in cui un’ora in più di matematica la settimana si traduce in un deciso peggioramento del punteggio Pisa (quasi 20 punti in meno). Ma questo probabilmente avviene – rileva l’economista – perché l’ora aggiuntiva rientra in un meccanismo correttivo che prevede più ore di lezione per gli studenti ritenuti “deboli” rispetto agli standard cinesi che – va sottolineato – rappresentano il top mondiale.
Sotto questo profilo, il miglioramento del punteggio registrato dall’Italia per l’ora aggiuntiva di lezione può essere letto anche nel senso inverso: «Alla migliore performance corrisponde un rinforzo da parte del sistema che ti fa fare più matematica, mentre anche gli studenti che hanno più difficoltà avrebbero bisogno di maggior tempo e di un approccio qualitativamente superiore», rileva Borgonovi. Quello italiano, per altro, è tutt’altro che un caso isolato. In Argentina, Giappone e Taipei gli studenti delle scuole avvantaggiate passano 76 minuti in più in lezioni di matematica degli studenti delle scuole svantaggiate.

L’equità del sistema scolastico
Il tempo di apprendimento in classe, se non è automaticamente determinante rispetto alla performance, incide sull’equità del sistema scolastico. «Le variazioni di performance legate al background socio-economico degli studenti tendono a essere inferiori nei sistemi in cui si passa più tempo a studiare la matematica a scuola e i compiti a casa contano meno», spiega Borgonovi, ricordando proprio il caso dell’Italia dove – come è emerso da un precedente studio Ocse – gli studenti sono tra i più impegnati al mondo nello svolgimento dei compiti a casa. «Quando un sistema tende a privilegiare quello che accade nel tempo scolastico, sono l’insegnante e la scuola stessa a farsi carico di garantire che gli studenti raggiungano gli obiettivi che il sistema educativo si prefigge. Invece in un sistema che delega il raggiungimento di questi obiettivi più a quello che succede fuori dalla scuola (i compiti, ma anche le lezioni private), il background socio-economico ha un peso maggiore, perché i genitori che hanno i mezzi economici, ma anche culturali per farlo, possono dare un supporto molto maggiore ai ragazzi», è la riflessione dell’economista. In Italia il 25% della variazione totale di performance di matematica si spiega con il diverso background degli studenti e delle scuole. In Canada è il 12% e in Finlandia, che è tra l’altro ai primi posti mondiali per le competenze in matematica dei suoi liceali, solo il 10%. Riassumendo: le maggiori ore di lezione non migliorano necessariamente la performance di matematica degli studenti, ma tendono a promuovere l’equità del sistema.