La “mamma” di tutti
di Antonio Stanca
Ad aprile del 2015 dalla casa editrice BEAT è stato ristampato il romanzo Agnes Browne mamma del sessantenne scrittore irlandese Brendan O’Carroll (pp.167, € 9,00). La traduzione dall’inglese è di Gaja Cenciarelli.
O’Carroll, nato a Finglas nel 1955, lo scrisse nel 1994, quando aveva trentanove anni e dopo aver tenuto un dramma alla radio. Fu il suo esordio letterario ed ebbe tanto successo da indurre l’autore a farlo seguire da altri tre romanzi incentrati sul personaggio di Agnes Browne, I marmocchi di Agnes, Agnes Browne nonna, Agnes Browne ragazza. Una saga familiare avrebbe prodotto O’Carroll ed avrebbe anche esteso la sua attività, sarebbe entrato a far parte del mondo dello spettacolo, del cinema, del teatro, della televisione non solo come autore ma anche come regista, sceneggiatore, attore. Nel 1999 avrebbe collaborato alla riduzione cinematografica di Agnes Browne mamma che procurerà al romanzo ulteriore successo, lo farà tradurre in molte lingue e renderà O’Carroll un autore internazionale.
“Una delle opere migliori della letteratura irlandese contemporanea” è stato definito per l’umorismo che lo attraversa e per la capacità mostrata da O’Carroll nel creare una figura femminile come Agnes Browne, nel rappresentarla in modo così autentico, così ricco di valori e significati da farla diventare un personaggio emblematico, un “caso” letterario, un classico della modernità.
Tramite O’Carroll dalla lontana e solitaria Irlanda è provenuta un’immagine femminile ovunque ammirata, un esempio di donna a tutti gradita. E ancor più sorprende questo fenomeno se si pensa che Agnes non è una donna fuori dal comune, non ha qualità eccezionali, non è una persona eletta ma una semplice fruttivendola che ha il suo piccolo banco al mercato del Jarro, un quartiere popolare della Dublino degli anni ’70, sette figli e un marito, Rosso, che non vuole saperne di lavorare e che la maltratta. Rosso morirà lasciandola con i figli ancora piccoli che Agnes, tramite espedienti di ogni genere, riuscirà a far crescere, ad istruire, a far diventare adulti senza che le difficoltà della condizione familiare pesino su di loro poiché in esse saprà coinvolgerli, di esse li saprà rendere responsabili al punto che le sentiranno non come una limitazione, come un motivo d’inferiorità ma come un aspetto tra gli altri della loro vita.
Anche Marion, la migliore amica di Agnes, morirà. Anche lei faceva mercato, aveva un banco di frutta accanto al suo e tra loro si era creata una tale intimità che non c’era pensiero, azione di una che non fosse anche dell’altra. Insieme vendevano la loro merce, insieme facevano la pausa per la colazione, insieme chiacchieravano su quanto di nuovo ogni mattina si veniva a sapere, insieme si trovavano a dire dei problemi, dei bisogni delle loro famiglie. Ci volle molto tempo perché Agnes si adattasse all’idea di essere rimasta senza Marion. Dopo la sua morte non avrà più la coetanea con la quale dire di tutto ed unico, esclusivo diventerà il pensiero della famiglia, dei figli, dei problemi legati alla loro crescita, delle risposte da dare alle loro incessanti domande, del lavoro suo e di quello di alcuni dei figli ormai adulti, dell’economia familiare sempre ridotta e del suo impegno a non farla apparire un impedimento ad essere felici nella loro modesta casa e a guardare al futuro. Tutto questo saprà fare Agnes, questo ambiente sarà capace di creare e mantenere nella sua famiglia. Un esempio di donna forte, coraggiosa, eroica ha voluto offrire con lei O’Carroll, un caso di donna tipicamente irlandese capace di procedere tra molte difficoltà, tra molti pericoli, di muoversi tra le persone, le case, le strade di una Dublino così affollata, così movimentata, di non smettere mai di occuparsi, di affaccendarsi. L’intera vita della città fa conoscere lo scrittore tramite quella di Agnes poiché in essa si svolge, in essa è lei sempre alla ricerca di una soluzione per i suoi tanti problemi.
Anche la madre di O’Carroll era stata una donna forte, anche lei aveva perso il marito quando lui e le cinque sorelle erano ancora piccoli. Tutti, prima dei quattordici anni, avevano dovuto abbandonare la scuola e arrangiarsi nel mondo del lavoro. A dodici anni O’ Carroll era cameriere poi lattaio e dalla vita sua e della sua famiglia gli era venuta l’idea del romanzo, da sua madre quella di Agnes Browne, della “mamma” che avrebbe conquistato il pubblico di ogni parte del mondo, che sarebbe diventata di tutti.
La sua scrittura semplice, chiara, facile gli avrebbe procurato altra ammirazione. E’ una scrittura capace di attirare, coinvolgere come sempre succede quando di cose semplici si dice con parole semplici. Non è il linguaggio delle favole quello di O’Carroll ma delle favole ha quel tono che non finisce mai di piacere, dalle favole deriva quella morale nella quale tutti possono ritrovarsi poiché per tutti vale.
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