C. Repetti, Il ponte di Picaflor

Repetti scrittore

di Antonio Stanca

repettiNato a Genova nel 1947, Carlo Repetti ha sessantotto anni ed è stato direttore del Teatro Stabile di Genova, dove ha collaborato a mettere in scena opere teatrali sue o di altri autori a volte stranieri e da lui tradotti. Ancora per il Teatro Stabile di Genova dal 1983 al 1986 ha organizzato un ciclo di letture della Divina Commedia, dal 1988 al 1989 delle poesie di Eugenio Montale e in seguito di altre importanti opere. Negli anni ’90 è stato assessore alla cultura del Comune di Genova e come tale ha promosso una serie di iniziative di carattere culturale e artistico. Un animatore lo si potrebbe definire poiché sempre impegnato ad avviare programmi, ad organizzare manifestazioni che facessero giungere al pubblico quanto era avvenuto o stava avvenendo in quella cultura, in quell’arte dalle quali era rimasto lontano. Repetti vuole coinvolgere, far partecipare tutti di ciò che finora è stato di pochi. Un’operazione di sensibilizzazione, di diffusione vuole essere la sua. Un organizzatore e pure un autore è Repetti e non solo di teatro ma anche di narrativa. Nel 2011 pubblicò il primo romanzo, Insolita storia di una vita normale, nel quale, tramite un linguaggio molto semplice e chiaro, narra della vita di un giovane figlio di emigrati europei nell’America del Sud durante il secolo scorso. Il giovane vive diviso tra molti propositi e con il pensiero costante del continente dove stabilirsi. Quando torna in patria soffre per una contrastata vocazione religiosa, compie l’esperienza della Seconda Guerra Mondiale, si cura delle persone bisognose, continua a sentirsi diviso tra Europa e America e così trascorre la sua vita durante l’arco del ‘900 senza che niente di definitivo avvenga o sia da lui cercato o fatto.

Anche ne Il ponte di Picaflor, secondo romanzo del Repetti pubblicato da Einaudi a Maggio del 2015, l’autore dice di un figlio di emigrati italiani nell’America Meridionale. Lui, Giorgio, vive una vita disagiata, si separa dalla moglie che lo tradisce e, sollecitato da alcune lettere che riceve da una misteriosa signora di Picaflor, piccolo paese peruviano tra Cuzco e Lima dove anni prima erano emigrati ed erano rimasti i suoi nonni, decide di compiere un viaggio di pochi giorni per conoscere la mittente delle lettere e sapere cosa gli vuole dire come appunto scrive. Giunge a Picaflor dopo un viaggio compiuto con diversi mezzi di trasporto, aereo, treno, corriera, battello, perché sperduto è il posto tra le foreste peruviane intorno alle Ande. Un viaggio difficile, complicato, faticoso che porterà spesso Giorgio a ripensare, che lo farà dubitare di quel che sta facendo. Questo stato d’incertezza si aggraverà una volta giunto a Picaflor e trovata morta ammazzata la signora delle lettere. Si vedrà tra persone, case, strade, usanze, ambienti che andavano oltre la realtà, che sembravano di fantasia. Di nuovo sarà assalito dal pensiero di tornare a casa ma subito dopo i primi contatti con alcune persone del posto si scoprirà coinvolto in una serie di circostanze che si succederanno, si combineranno, si complicheranno senza che lui ne sia al corrente, senza che lo voglia. Le persone, le situazioni che intorno a lui si alterneranno non gli faranno più pensare di tornare in patria, non gliene lasceranno il tempo, lo faranno rimanere a Picaflor oltre quanto previsto, faranno di lui uno dei suoi abitanti e di quelli più in vista perché straniero e perché divenuto, senza alcuna intenzione, responsabile della ricostruzione di un ponte che era crollato per un passato terremoto, che collegava Picaflor al resto del Perù e ne favoriva gli scambi, i commerci, la vita. Senza quel ponte Picaflor aveva perso, negli anni, ogni possibilità di sostentamento, ogni futuro e stava conoscendo la miseria, la fame, la morte. Giorgio provvederà a ricostruire il ponte e nel paese torneranno il movimento, l’entusiasmo, la gioia di prima, la volontà di fare, di vivere si diffonderanno ovunque, in qualsiasi strato della popolazione. Ma a differenza del passato ora col ponte, con le comunicazioni che permette, oltre ai vantaggi arriveranno pure i problemi propri dei tempi moderni, cioè il malcostume, la corruzione. Le regole saranno stabilite dal denaro, dal guadagno, i valori morali, ideali saranno messi da parte e sostituiti dall’astuzia, dall’inganno, dalla frode e Giorgio tornerà a sentirsi incerto, confuso, a chiedersi se non sarebbe stato preferibile abbandonare il progetto del ponte e tornare nella propria casa.

Come il protagonista del primo romanzo del Repetti anche questo del secondo finirà col non sapersi orientare, decidere su come, su dove vivere, su quale continente stabilirsi, col rimanere sospeso tra tanti pensieri.

La stessa figura è ricorsa per due ampie narrazioni, gli stessi luoghi le hanno caratterizzate, lo stesso ambiente tra reale e immaginario, vero e inventato le ha segnate, lo stesso linguaggio semplice le ha espresse: è il modo col quale Repetti vuol essere scrittore.