I manager «bocciano» la scuola italiana: poco merito e competenze insufficienti

da Il Sole 24 Ore

I manager «bocciano» la scuola italiana: poco merito e competenze insufficienti

La crescita di un Paese dipende dal livello di competenze di studenti e adulti. Anche per questo serve un sistema formativo di qualità che sappia accendere la scintilla. A chiederlo sono i manager italiani che in un’indagine presentata venerdì scorso hanno bocciato la formazione offerta dalle scuole italiane. Per l’assenza di merito e la scarsa attitudine a trasmettere competenze.

Le ricerche internazionali
Nel corso della presentazione dei dati, Daniele Checchi, docente di Economia del lavoro all’Università Statale di Milano, ha ricordato come la crescita economica di un Paese sia fortemente correlata al livello di competenze misurato su studenti (Pisa ecc.) e adulti (Ials ecc.), più che al numero di quanti terminano gli studi superiori e universitari. Con la considerazione aggiuntiva che chi fa training on the job ha livelli di competenza più elevati, così come chi sceglie un indirizzo professionale nella scuola secondaria ha livelli di competenza più bassi.

Il giudizio sulla scuola italiana
L’indagine di AstraRicerche per Manageritalia, effettuata a settembre 2015 su un campione di quasi 1.200 dirigenti del settore privato, evidenzia come i manager italiano ritengano che la nostra scuola non sia meritocratica, non premi, valorizzi e metta in evidenza le qualità degli studenti migliori (68,3%). Con un 40% di intervistati che le nega la capacità di preparare i giovani in modo valido, secondo le necessità del mondo del lavoro (37,1%) contro il 22% che lo afferma.
Parlando invece di quello che serve al Paese i manager italiani chiedono una valorizzazione della formazione continua durante tutta la vita del lavoratore (97,5%) e auspicano la presenza di un maggior numero di diplomati che entra nel mercato del lavoro e poi ampliano la loro formazione in base alle necessità delle aziende e le loro attitudini (94,3%).
Lo stesso campione chiede con forza che serve più dialogo tra il mondo della scuola/università e il mondo del lavoro per seguirne meglio le esigenze (97,7%, ben il 76,5% indica che è molto d’accordo) e maggiore qualità dei docenti, anche tramite nuovi criteri di selezione (97,1%, con molto al 75,8%) e aggiornamento e qualificazione (97,1%, molto per il 72,7%).
Ai giovani i dirigenti d’azienda suggeriscono di svolgere piccoli lavori, anche non coerenti con il tipo di studio durante le superiori/università per capire il mondo del lavoro (74,3%) e di studiare all’estero, anche solo con l’Erasmus. Quasi la metà (45,4%) suggerisce di non fermarsi alla laurea, ma scegliere un master/formazione post universitaria.

L’assenza di competenze
Dei giovani entrati in azienda negli ultimi anni, i manager bocciano, giudicandole inferiori alle attese, soprattutto le soft skills realizzative – tipo proattività, imprenditorialità, gestione del tempo e organizzazione e capacità di decidere – (81,7%, con un 28,2% molto deluso da quanto riscontrato), quelle relazionali e manageriali – tipo capacità di relazione, dialogo, confronto, lavoro di gruppo ecc. – (79,3%) e quelle cognitive – tipo analisi, sintesi e problem solving – (76,5%). A seguire giudicano sempre insufficienti le competenze linguistiche (75%, ben il 29,1% le trova molto inferiori alle attese), la cultura in generale (68,9%) e le competenze digitali estese – capacità di capire la tecnologia e soprattutto il suo funzionamento, non solo di usarla – (59,4%).