Una legge di stabilità iniqua e penalizzante per i settori della conoscenza

La legge di stabilità è iniqua e ancora una volta colpisce i servizi e il lavoro pubblico. Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale non si intendono rinnovare i contratti pubblici. I 300 milioni previsti per i rinnovi contrattuali sono una miseria e un’umiliazione per i lavoratori, perfino inferiori allo stanziamento per ridurre le tasse sul salario di produttività nella contrattazione aziendale. Si eliminano le tasse sulla prima casa anche per i ricchi, si concedono tagli di imposte sostanziosi alle imprese ma nulla per cambiare la legge sulle pensioni, per i contratti pubblici, per il diritto allo studio, per il precariato e per gli investimenti nei settori della conoscenza. Si mette in discussione il diritto alla salute ma anche ad una istruzione di qualità. È necessario rispondere con un’ampia mobilitazione unitaria  per conquistare il contratto, cambiare la pessima legge sulla scuola peraltro priva di risorse per l’attuazione delle deleghe, investire più risorse in Università, Scuola, Ricerca e AFAM superando il precariato e garantendo a tutti l’accesso all’istruzione.