Una cronaca da Nobel
di Antonio Stanca
“Per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio del nostro tempo”: è il motivo che ha accompagnato quest’anno l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura alla scrittrice e giornalista bielorussa Svjatlana Aleksievič.
E’ nata nel 1948 a Ivano-Frankovsk, in Ucraina, ma poi la famiglia si è trasferita in Bielorussia, da dove il padre proveniva. Dopo gli studi universitari ha cominciato a collaborare, a Minsk, con il giornale “Sel’skaja gazeta”. Diventerà inviata di questo e molti saranno i suoi reportage riguardanti momenti, eventi, ambienti della vecchia e nuova Russia. In seguito presso la rivista letteraria “Neman”, che rappresentava la voce degli scrittori bielorussi, curerà la rubrica dedicata alla critica e alla saggistica.
Già da giornalista la Aleksievič si era mostrata incline a trattare delle difficili condizioni, passate e presenti, dei problemi dei poveri, dei deboli del suo paese, del coraggio che avevano mostrato nel sopportare, nel resistere, si era impegnata a favore di quanti venivano umiliati, aveva scritto per un loro riscatto, per un’affermazione dei loro diritti. Aveva condannato le ingiustizie, le prevaricazioni alle quali erano stati ed erano esposti, aveva parlato di una società, di una vita nuova, diversa rispetto a quella che da secoli durava in Russia. E intanto gli argomenti del suo giornalismo, dei suoi reportage cominciavano a diventare i temi dei suoi romanzi. Nel 1983, quando aveva trentacinque anni, scrisse il primo La guerra non ha un volto di donna, nel quale diceva della donne che nella Russia della Seconda Guerra Mondiale erano state mandate a combattere contro i tedeschi. L’opera sarà bloccata per due anni presso l’editore e la scrittrice accusata di dissacrazione dell’eroica figura femminile sovietica. Nonostante tutto il romanzo avrà successo presso il pubblico sovietico, sarà più volte ristampato e sarà seguito da altri quali Ragazzi di zinco del 1989, che narra dei sopravvissuti alla guerra in Afghanistan, Incantati dalla morte del 1993, dove si scrive della serie di suicidi seguiti al crollo del regime comunista in Russia, Preghiera per Chernobyl del 1997, che tratta del disastro nucleare allora verificatosi, Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo del 2014. Questo è il romanzo più recente della Aleksievič che vive a Parigi da quando è stata esiliata perché accusata di essere un’agente della CIA.
Anche l’ultimo romanzo è dedicato alla ricostruzione di particolari avvenimenti verificatisi in Russia, stavolta nella Russia recente che ha vissuto drammi quali quello dell’attentato alla metropolitana di Mosca avvenuto il 6 Febbraio 2004. Di nuovo impegnata si è mostrata la scrittrice a trarre dalla storia, dalla vita della Russia i temi delle sue narrazioni, i motivi per una denuncia dei responsabili di certe situazioni, delle omissioni, delle colpe che mai erano state svelate. E’ stato questo suo procedere a procurarle, fin dalle prime opere, l’interesse, l’approvazione del pubblico prima sovietico e poi straniero. Molti riconoscimenti ha ottenuto la scrittrice sia in Russia sia all’estero, in Svezia, Francia, Germania, Austria, Italia. Apprezzato è stato anche il suo stile dal momento che la Aleksievič scrittrice non ha abbandonato la maniera della cronista e nei romanzi usa presentare delle persone che raccontano, parlano di quanto è avvenuto durante gli avvenimenti considerati, dicono cosa hanno visto, sentito, fatto in quelle circostanze. Testimonianze sono le loro che la scrittrice ha raccolto al fine di riuscire vera, autentica. Una cronaca documentata vuole essere la sua narrativa che è così sapientemente costruita da trasformare in personaggi quelle persone comuni che parlano, da farle sentire vicine al lettore poiché guidato viene da esse nella scoperta di ciò che non sapeva.
In molte lingue sono state tradotte le opere della scrittrice, importanti sono risultate la sua figura, la sua posizione, la sua presenza in un contesto quale il contemporaneo tanto mosso, tanto agitato da problemi individuali, sociali, da tensioni vecchie e nuove. Non è facile compiere le operazioni che la Aleksievič ha compiuto con i suoi romanzi, non è facile pensare di scriverli quando il mondo è così turbolento come quello di questi ultimi anni, non è facile difendere i deboli da chi è forte e soprattutto non è facile farlo come la Aleksievič, cioè muovendo dal vero, dal vivo, riportando, registrando le voci di coloro che certi eventi hanno visto, vissuto, sofferto.
«Afferrare quanto vi è di autentico, ecco cosa volevo […] ho assimilato all’istante questo genere, fatto delle voci di uomini e donne, di confessioni, testimonianze e documenti dell’anima delle persone […] il mondo io lo vedo e lo sento proprio in questo modo: attraverso le voci e i dettagli della vita quotidiana e del vivere», così ha detto la scrittrice durante un’intervista e questo suo impegno ha voluto premiare il Nobel, questa sua volontà di essere vera, questa sua capacità di fare della cronaca un motivo di letteratura.
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