Riflessioni a latere dei grandi

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Riflessioni a latere dei grandi

di Mavina Pietraforte

 

Alla vigilia dell’arrivo dei nuovi 48 ispettori, che andranno ad ingrossare le fila risicate di noi ispettori già presenti, una riflessione comparativa tra la loro modalità di reclutamento e la nostra si impone.

Gli ispettori di maggiore esperienza e spessore, M. Tirittico e M. Maviglia hanno detto già la loro, commentando in vario modo questo “ingresso straordinario”.

Posso solo aggiungere che, per chi è stato selezionato con un concorso, i sopraccitati con quello del 1991, io con quello del 2008, non può esservi una comunanza identitaria con questi “quarantottini”, ma semmai un leggero disagio, quasi un presagio di ineluttabile decadenza della funzione e del ruolo, così come descritto nel T.U. istruzione.

D’altra parte, se vieni da concorso superando dure prove, ma forse non hai contatti di riferimento, senz’altro sei poco operativo. Dal 1991 al 2008 schiere di docenti comandati, ds distaccati, dirigenti nominati comma 5 bis hanno rivestito e rivestono ruoli significativi, nell’amministrazione e nella gestione degli “affari” di scuola, accumulando nel tempo competenze specifiche sui vari settori, dalla disabilita alla metodologia Clil, e chi più e più ne metta.

Tutta l’organizzazione e la gestione delle tematiche fondamentali inerenti la complessità della scuola è affidata e pilotata da abili regie di “reti”, sia a livello periferico che centrale, da sapienti docenti referenti, da augusti dirigenti scolastici che prestano la loro competenza sui diversi aspetti delle necessità di scuola e nel tempo ne diventano gli unici depositari, e perciò investiti di funzioni e carriere dirigenziali, grazie agli appositi commi che la legge stabilisce.

Ah, non ci sono più gli ispettori di una volta! Quelli che assommavano competenze disciplinari, che rivestivano ruoli significativi negli Uffici Scolastici regionali, nel Ministero.

Si sono persi per strada, lungo quei diciassette anni che sono intercorsi tra un concorso e un altro.

Ma perché fare concorsi? Sono dispendiosi, oggetto di continui ricorsi, imprevedibili nei loro esiti.

Meglio, molto meglio cambiare i “criteri di assunzione”, come scrive il grande Tiriticco e sganciarsi da logiche di reclutamento esterno o basate sul “merito”, come argomenta con eleganza l’altrettanto grande Maviglia.

Solo una notazione: per formazione culturale e professionale mi è cara la Costituzione, la nostra “Bibbia laica”, come ebbe a definirla A.Ciampi. Vi è un articolo che recita: “ i capaci e i meritevoli hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

E con gli studi, viene da aggiungere, anche i gradi più alti delle funzioni pubbliche.

Ma si può ancora dire? Dire a un ragazzo, a una ragazza, studia, perché sarai ricompensato/a, perché potrai partecipare ai concorsi pubblici, raggiungere la posizione sociale che desideri.

Non dobbiamo anche bisbigliare che devono anche avere le conoscenze giuste? Che magari non è necessario il concorso, così faticoso, e quindi si ingegnassero per aprirsi ad altre possibili strade.

Come direbbe Montale,

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.