Longhena e dintorni

LONGHENA E DINTORNI

di Dora Acri

 

Il seminario internazionale dell’ADI (http://www.adiscuola.it/home/) si è appena concluso a Bologna. Questo viaggio tra le scuole più creative del mondo ci ha lasciati una grande voglia di ricominciare subito a lavorare, condividendo e divulgando i nuovi stimoli, le  buone pratiche, le strategie di una scuola che vuole rinnovarsi e che vuole farlo a partire proprio da quello che l’esperienza dimostra che funziona.

Ho letto recentemente un articolo che mi è piaciuto molto: “Nelle scuole italiane che resistono e innovano”,(http://www.internazionale.it/reportage/2016/02/14/scuole-italia-innovazione) di Valentina Pigmei, che cita tra l’altro il libro fresco di stampa di Giacomo Stella Tutta un’altra scuola. Quella di oggi ha i giorni contati (Giunti) a  proposito della necessità di “rivoluzionare la nostra obsoleta, fatiscente, grigia, ma comunque essenziale, e nella stragrande parte dei casi, inevitabile, scuola pubblica”.

Io vivo e insegno a Bologna, e mi fa piacere trovare in questo articolo, felice nei contenuti e ottimista rispetto al dialogo che si può aprire tra scuola tradizionale e scuola “alternativa”, anche le scuole Longhena di Bologna,  citate come esempio di scuole da imitare!

L’entusiasmo si smorza subito, lasciando posto a un senso di spaesamento, quando mi imbatto in un articolo ( corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2016/28-febbraio-2016/caso-longhena–duello-provveditore-pd-240109106843.shtml) che riguarda  proprio le scuole Longhena nella città in cui vivo, Bologna, centro di una cultura pedagogica che ha fatto storia! Una storia che però fatica ad entrare nelle quotidiane pratiche scolastiche…

Riporto testualmente dall’articolo:

BOLOGNA – La battaglia sulla ricreazione delle Longhena non accenna a stemperarsi. La decisione della dirigente scolastica di ridurre le pause all’aperto alle scuole di via di Casaglia ha scatenato la reazione di genitori e insegnanti, schierati compatti nella difesa di quello che considerano un aspetto fondamentale dell’offerta formativa dello storico istituto sui colli. La preside Giovanna Facilla ha spiegato in un’intervista al Corriere di Bologna che incontrerà i genitori e si confronterà con loro ma difficilmente tornerà sui propri passi.

L’UFFICIO SCOLASTICO – Dalla sua parte si schiera senza tentennamenti il direttore dell’Ufficio scolastico provinciale Giovanni Schiavone: «La dirigente ha posto un problema legittimo. Il tempo è una variabile importante, per raggiungere i traguardi fissati dalle indicazioni nazionali è necessario dedicare del tempo ai processi di apprendimento. Le Longhena sono una buona scuola dove insegnano ottime maestre, ma la preoccupazione della preside è che non venga dedicato sufficiente spazio alla  attività didattica, mi sembra condivisibile».

Qualcosa non mi torna…

Ha ragione Norberto Bottani nell’affermare che “impera nel mondo scolastico una grande confusione rispetto al gioco”, eppure “imparare giocando non è una novità, già negli anni trenta il costruttivismo piagetiano aveva considerato ed analizzato la potenza formativa del gioco”.

Non solo: l’aspetto motivazionale-emotivo è fondamentale nel processo di apprendimento, si impara quando si ha voglia di imparare, l’esser disposti ad apprendere è tutt’altro che scontato…

Solitamente pensiamo che dopo mezz’ora di esercizi fisici/movimento, i ragazzi siano stanchi, la ricerca invece ha recentemente  dimostrato che le funzioni esecutive beneficiano dell’esercizio fisico (Kubesch, 2009): quell’attività mette in moto i neurotrasmettitori che servono per attivare il sistema dopaminergico. La dopamina è molto importante nello svolgimento di certe attività cognitive, quelle che sono maggiormente richieste dalla scuola. Questo aspetto, insieme alla considerazione dei tempi d’attenzione di ogni individuo, indagati dalle neuroscienze, dovrebbe far propendere gli specialisti dell’educazione e dell’istruzione verso i modelli scolastici che ne tengono conto.

Anche perché è ormai noto che il modello occidentale di trasmissione scolastica (esportato in tutto il mondo) con bambini seduti in un’aula, fermi sui banchi per ore con un’insegnante che fa lezione, è un modello che oggi non è più adeguato: il rendimento effettivo dell’insegnamento si rivela spesso incredibilmente debole.

Leggo ancora nell’articolo del Corriere:

Non può passare il concetto che il tempo pieno alle Longhena sia migliore o diverso da quello delle altre scuole, né che il gioco sia una necessità solo per i bambini che frequentano quella scuola — avverte il provveditore

Giusto. Tanto più che, si dice, c’è chi è disposto a fare carte false per avere il proprio figlio alle Longhena!

Qualcuno ha detto che la scuola ha bisogno di insegnanti coraggiosi, vorrei aggiungere che la scuola ha bisogno anche di dirigenti coraggiosi e provveditori coraggiosi.

Il tempo pieno alle Longhena è migliore e diverso da quello delle altre scuole. E il gioco è una necessità per tutti i bambini, non solo per quelli che frequentano le scuole Longhena.

Per questo auspico che la Dirigente Scolastica e il Provveditore non facciano un gioco al ribasso: di queste scuole ce ne vorrebbero di più, non distruggiamo quella che ha aperto la strada!

Non ho visto polemiche sui giornali intorno alla scelta di scuole in cui il collegio docenti  ha deliberato di dimezzare le due ore previste di educazione motoria (i miei figli frequentano il tempo pieno in una di queste scuole), né intorno alla pratica diffusa di far saltare l’intervallo a intere classi ritenendolo un efficace metodo educativo…

Non sono le Longhena che devono abbandonare il loro progetto educativo, sono le altre scuole che devono aprirsi a nuove riflessioni. Tutti i bambini e le bambine  hanno diritto a una scuola davvero inclusiva, e centrata sui bisogni  del loro essere bambini e bambine.

“Su questa questione sono molto coinvolta emotivamente, nella consapevolezza che basterebbe poco per modificare le cose. Non si parla qui di finanziamenti del ministero, né di tecnologia, si parla solo di categoria mentale degli insegnanti”  ma anche  delle altre persone che fanno la scuola. Non esclusi i genitori.

(cfr. Lucia Mason, Ordinario di Psicologia dell’educazione, Università di Padova, http://ospitiweb.indire.it/adi/SemFeb2015_Atti/2-1_Mason/sa15_21_frame_dir.htm )