Studente modello, ecco la ricetta

da ItaliaOggi

Studente modello, ecco la ricetta

Focus dell’Ocse: il 28% degli alunni non raggiunge la sufficienza in almeno una materia. Contano i fattori socio-economici, ma decisivi sono i prof

Giovanni Scancarello

Nel suo ultimo focus sulle competenze, l’Ocse si interroga sulle ragioni del fallimento formativo degli studenti. In tutti i Paesi che partecipano alle rilevazioni dell’Ocse Pisa, ci sono studenti che non acquisiscono un livello minimo di competenza in matematica scienze e lettura.

Mediamene il 28% non raggiunge il livello minimo di competenza in almeno una disciplina. Non c’è una causa specifica che spieghi una prestazione insufficiente ai test di competenza. Ad incidere è una serie di fattori che minano l’accesso degli alunni ad un corredo adeguato di competenza.

Gli studenti che frequentano scuole che li sostengono, che sanno esprimere attese di alto livello nei loro confronti sono meno esposti, rileva l’Ocse, al fallimento formativo sulle competenze. Questo vale ancora di più delle condizioni socioeconomiche di partenza.

Una realtà che è possibile empiricamente rilevare, ad esempio, anche nel nostro Paese, alla luce di dati relativi a scuole meno centrali e più periferiche.

Si pensi ai buoni risultati conseguiti, e messi in luce dell’Eduscopio della fondazione Giovanni Agnelli, dai licei Amaldi e Kant, siti nelle periferie sud-est di Roma, come pure dal liceo Volterra di Ciampino, interland della capitale.

Si tratta di scuole in cui la differenza la fanno gli insegnanti con la loro abilità di supportare i ragazzi nel processo di apprendimento.

Va detto, finora l’insegnamento, soprattutto alle superiori, ha funzionato nel senso di una delega di responsabilità allo studente, le cui competenze, dice l’Ocse, sono influenzate dalla vita formativa nel suo complesso.

In questo senso, come imputare la responsabilità di un fallimento formativo ad uno studente che, magari, dalle elementari ha frequentato scuole i cui docenti in cattedra sono cambiati ogni anno, magari anche più volte all’anno, visti i balletti delle supplenze degli ultimi anni scolastici?

L’Ocse parla di un circolo vizioso in cui entra lo studente, la cui insufficienza di strumentalità è il sintomo e non la causa del fallimento formativo.Tanto che gli studenti che vanno male nell’età dell’obbligo sono quelli che rischiano di più di diventare drop out.

I ricercatori hanno approfondito il caso di 13 milioni di studenti quindicenni in 64 Paesi partecipanti all’Ocse Pisa 2012 che mostravano carenze in almeno una disciplina.

Si è cercato di isolare i fattori intervenienti, visto che, come premesso, non basta più riferirsi solamente al background socio-economico che, da solo, non spiega il fenomeno. Ci sono fattori legati alla vita dello studente, alla sua vita personale, famigliare e sociale che intervengono in modo determinante e che risultano trattabili soltanto in realtà scolastiche in cui il tessuto professionale dei docenti è supportivo, tutoriale e attento ai processi metacognitivi ancor più che a quelli cognitivi.

In media, in partenza risulta favorito lo studente che mostra queste condizioni di vita: è socio-economicamente avvantaggiato, è inserito in una famiglia con tutti e due i genitori, autoctono, parla la stessa lingua sia a scuola che a casa, vive in una grande città, ha frequentato almeno un anno di scuola dell’infanzia, non è ripetente ed è studente di scuole sul tipo di quelle dei nostri licei. In queste condizioni uno studente ha il 5% di proababilità di finire sotto la media di competenza in matematica.

Al contrario, se siamo di fronte ad una studentessa con un solo genitore, con un background di immigrazione, che parla due lingue diverse a scuola e a casa, residente in aree rurali, che non ha frequentato la scuola dell’infanzia, ha ripetuto almeno un anno e frequenta la formazione professionale, la percentuale di probabilità di fallimento sale all’83%. Il fattore di genere è l’unico ad essere stato rilevato in correlazione significativa con una disciplina specifica, come è la matematica.

Per cui se i ragazzi sono a più alto rischio fallimento in scienze e lettura, le ragazze lo sarebbero in matematica. Ma al di là dei fattori patologici, interessa focalizzare l’attenzione sulle possibilità terapeutiche che la scuola può porre in atto.

La prestazione di apprendimento degli studenti, infatti, è di molto influenzata dalla scuola frequentata.

In questo senso risultano decisivi i benefici derivanti da docenti che mostrano interesse per l’apprendimento di ciascuno studente, che li aiutano quando si accorgono che ne hanno bisogno, che lavorano con loro fino a che non si accertino che abbiano compreso il contenuto del corso, che danno agli studenti l’opportunità di esprimere le proprie opinioni.

Un risultato, va detto, più difficile da attuare da noi, dove l’impronta burocratica condiziona di molto il rapporto formativo insegnante – studente, rispetto ad altri Paesi dove, ad esempio, il valore legale del titolo di studio è meno centrale che nel nostro ordinamento.