Cure domiciliari, niente più rimborsi?

da Superabile

Cure domiciliari, niente più rimborsi? Solo a Torino 6 mila assegni a rischio

Ancora qualche giorno, e le disposizioni del Consiglio di Stato potrebbero mostrare i loro effetti in Piemonte per anziani, disabili gravi e malati. La battaglia legale dura da anni. A rischio 300 assegni già a partire dal prossimo lunedì; per gli altri seimila la scadenza è il 30 giugno

TORINO – Per molti pazienti non autosufficienti in Piemonte è un film già visto, ma non per questo meno angosciante. Perché tra qualche giorno potrebbero diventare evidenti gli effetti della pronuncia con cui, nel dicembre scorso, il Consiglio di Stato ha sancito che le Asl (e quindi la Regione) non sono tenute a rimborsare, perlomeno in territorio sabaudo, i costi sostenuti dai familiari di anziani, malati e disabili gravi per l’assistenza domiciliare. Soltanto a Torino sono quasi seimila gli assegni a rischio: ancora una settimana e le prime 300 famiglie potrebbero trovarsi scoperte, dal momento che i fondi stanziati per il distretto Asl To3 (che copre una vasta zona provinciale che da Venaria si estende fino alla Val Pellice) saranno ufficialmente esauriti entro il 30 aprile; mentre per altri 5400 nuclei il momento della verità arriverà il 30 giugno.

Un film già visto, si diceva, e neanche troppo tempo fa: l’ultima volta successe alla fine del gennaio 2015, nel bel mezzo di una battaglia legale che andava avanti già da due anni. Oggetto del contendere, le delibere 26/2013 e 5/2014 della ex giunta regionale Cota (Lega Nord), che stabilivano come le prestazioni domiciliari non dovessero più rientrare nell’alveo delle garanzie sancite dalla legge sui Livelli essenziali d’assistenza. “Vale a dire – aveva spiegato Andrea Ciattaglia, portavoce del Coordinamento sanità e assistenza, gruppo interassociativo che da 30 anni si batte per i diritti dei non autosufficienti – che a rimborsarle non sarà più la Regione, attraverso le Asl, ma il welfare dei comuni: una distinzione non da poco, dal momento che solo la sanità eroga prestazioni immediatamente esigibili, mentre il comparto assistenziale può farlo unicamente in subordine alla disponibilità di fondi nelle casse comunali”. Decisioni, queste, che furono duramente contestante dai banchi dell’opposizione, dove all’epoca sedeva il centrosinistra; ma che di fatto sono state mantenute dalla giunta Chiamparino (Pd), insediatasi nell’estate del 2014. Appena pochi mesi dopo, nel gennaio 2015, per le prime 300 famiglie parve spalancarsi il baratro sanitario: si trattava degli stessi nuclei che ora rischiano di nuovo di vedersi cancellare gli assegni; ma che allora vennero salvati da una pronuncia del Tar, che con un tempismo quasi cinematografico accolse il ricorso intentato dal Csa, ordinando alla Regione il ritiro delle delibere incriminate.

Nel frattempo, però, il Consiglio di stato ha ribaltato quella pronuncia, rendendo pienamente effettive le delibere della giunta Cota: la patata bollente delle cure domiciliari, dunque, è definitivamente passata nelle mani dei Comuni; che difficilmente, però, potranno sostenerne i costi, “specie se si considera – precisa Ciattaglia – che già devono farsi carico della quota ‘assistenziale’ destinata alle famiglie più povere”. O che il Comune di Torino, dove risiedono gran parte dei pazienti interessati, è oggi il più indebitato dello stivale, con un passivo di 3.500 euro per residente. Proprio dal vicesindaco del Capoluogo, Elide Tisi, arriva un nuovo sollecito verso l’amministrazione regionale, per una soluzione politica “che sia permanente e di lungo periodo”.

In Piemonte, in effetti, si naviga ormai a vista: se anche la Regione si decidesse a concedere la proroga delle coperture che Comuni e associazioni chiedono (“vedremo – è la risposta di Augusto Ferrari, assessore regionale al welfare – è evidente che qualcosa si dovrà fare”), tra sei mesi il problema rischierebbe di ripresentarsi identico. Ciò nonostante, un rifinanziamento, per quanto momentaneo, resta l’unico scenario realisticamente auspicabile, per le famiglie come per i consorzi socio assistenziali che le seguono; i quali, dal canto loro, denunciano una sconfortante mancanza di liquidità, dal momento che, da anni ormai, gli stanziamenti relativi al Fondo per le non-autosufficienze vengono erogati con enorme ritardo. “I fondi per il 2014- spiega Mauro Perino, direttore generale del Cisap, che segue una quarantina di famiglie residenti nel comune di Grugliasco (Torino) – siamo riusciti a metterli a bilancio soltanto pochi mesi fa: il che non vuol dire che quei soldi siano arrivati in cassa; ma solo che, per quell’anno, sappiamo che prima o poi riceveremo 400mila euro circa.

Nel frattempo, però, la Regione ci ha fatto firmare un protocollo in base al quale siamo vincolati a restituire le quote che la Asl ha erogato negli ultimi due anni, quando la trafila legale era ancora in corso; con quel documento, si sono impegnati a loro volta a continuare ad anticipare anche gli assegni relativi il primo quadrimestre del 2016: ma questo, ovviamente,equivale a dire che, da quattro mesi, non parliamo più di una quota sanitaria, ma di un prestito che la regione ci concede. Noi chiediamo semplicemente che quel prestito venga prorogato fino alla fine del 2016: se dobbiamo restituire dei soldi alla regione, che ci diano la possibilità di farlo quando i fondi che ci sono dovuti saranno effettivamente nelle nostre casse. Il rischio, in caso contrario, è che siano i pazienti ad andarci di mezzo: perché è chiaro che, senza soldi, è difficile garantire continuità al servizio”. (ams)