Elena Ferrante “L’amica geniale”
di Mario Coviello
Ho appena finito di leggere il primo dei quattro libri della saga di Elena Ferrante “ L’amica geniale” e sono già in crisi di astinenza. Ho commesso l’errore di non acquistare subito almeno il secondo volume” Storia del nuovo cognome”.
Appena ho cominciato “L’amica geniale” la scrittura nitida, senza scampo e soprattutto la vita scura, disperata, crudele di Lila Cerullo e Elena Greco, due bambine che vivono nella periferia napoletana un’infanzia fatta di paura, sopraffazione e ricerca di senso, mi ha respinto.
Di Elena Ferrante, del suo mistero leggevo da quattro anni e più volte ho sfogliato il suo libro nelle librerie e ho sempre aspettato l’edizione economica che non è mai arrivata. Leggevo le classifiche dei libri più venduti e la ritrovavo, e poi ho letto su Repubblica l’unica sua intervista rilasciata a Nicola La Gioia “ Elena Ferrante sono io” che mi ha spinto a comprare “ L’amica geniale”.
Con la Ferrante ho ripreso le abitudini della mia adolescenza quando non smettevo Pratolini, Marquez, Hemingway, quelli degli Oscar Mondadori, finalmente accessibili ad uno studente proletario delle magistrali del 68, se non li finivo.
A me è capitato, proprio come è scritto nella quarta di copertina de “ L’amica geniale” : “ Care lettrici e cari lettori, provate a leggere questo libro e vorrete non finisca mai…. “. L’ho ripreso e non ho smesso fino a quando le 327 pagine si sono chiuse con il matrimonio di Lila e la consapevolezza di Elena divenuta lei “amica geniale” perché capace di studiare e scrivere. E non vedo l’ora di comprare il secondo capitolo e anche il terzo e il quarto che vi racconterò, se avrete la bontà di leggermi prossimamente.
“L’amica geniale” è la storia di un’amicizia vera, difficile tra due bambine e poi ragazze. Elena, l’io narrante , è timida e attratta inesorabilmente da Lila, risoluta,capace di risolvere i problemi più difficili e di tener testa alla maestra, ai maschi, al direttore di didattico. C’è molta scuola degli anni cinquanta in questo romanzo. Una scuola di periferia con le classi maschili e femminili e con la maestra Oliviero, zitella severa, che fa gareggiare le sue alunne con i ragazzi più grandi su problemi difficilissimi. Lila si distingue su tutti.
La Ferrante racconta della professoressa Galliani e del professor Gerace che spingono Elena a scrivere e del maestro Ferraro che la domenica cura una biblioteca pubblica che nutre di classici le due protagoniste che vogliono scrivere insieme un romanzo per diventare “ ricche”.
La Ferrante racconta in questo primo capitolo la fatica di crescere, il rapporto difficile dei bambini e degli adolescenti con genitori poveri, disperati, violenti.
Racconta il microcosmo di una periferia napoletana, il suo equilibrio instabile fatto di sopraffazione, violenza, amore, odio, poesia e scrittura. Elena Ferrante racconta lo studio difficile, fatto con i libri prestati e sporchi e la bellezza della scrittura che è fatica e compiutezza.
Mi sono ritrovato in Elena Ferrante perché anch’io ho dovuto faticare per studiare, mia madre tesseva al telaio per farmi vivere a Potenza al convitto Manzoni, dove si faceva la fame. E mettevo da parte 70 lire per comprare nella libreria San Paolo in via Pretoria “ Famiglia Cristiana” che usciva il martedì . Mi piaceva l’odore della carta che scrocchiava perchè sfogliata per la prima volta.
“L’amica geniale” racconta di bambine che diventano donne, di corpi che si trasformano e non si riconoscono . Di palpiti, di attrazione trattenuta, di vergogna, di genitori che i figli scoprono uomini e donne e non più solo vecchi quando si “travestono” con gli abiti buoni comprati con soldi presi in prestito per non sfigurare al matrimonio di Lila.
E’ Lila che sposa il buon partito e invita tutto il quartiere e nessuno vuole fare una brutta figura anche se il pranzo di matrimonio al ristorante è carico di tensione, ripicche che presto esploderanno.
“ L’amica geniale” racconta gli anni sessanta del secolo scorso a Napoli e la voglia di cambiare stato di Cerullo,” scarparo” che risuola e vuole aprire una fabbrica di scarpe su misura con modelli unici, quelli ideati e disegnati da Lila.
Elena Ferrante, nella sua intervista di Repubblica a Nicola Lagioia (http://www.repubblica.it/cultura/2016/04/04/news/_elena_ferrante_sono_io_nicola_lagioia_intervista_la_scrittrice_misteriosa-136855191/ ) dice: “Da dove comincio? Dall’infanzia, dall’adolescenza. Certi ambienti napoletani poveri erano affollati, sì, e chiassosi……. L’idea che ogni io è, in gran parte, fatto di altri e dall’altro non era una conquista teorica, ma una realtà. Essere vivi significava urtare di continuo contro l’esistenza altrui ed esserne urtati, con esiti ora bonari, l’attimo dopo aggressivi, quindi di nuovo bonari.”
E ancora “ L’amica geniale è anche un canto dolente alzato alle illusioni del secondo Novecento, o forse di tutta la nostra modernità.”
Buona lettura e Vi aspetto con il secondo capitolo della saga della Ferrante.
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