Dalla strada alla grande scrittura
di Antonio Stanca
Mercoledì 2 Marzo 2015 a Barcellona è morto Francisco Gonzales Ledesma, famoso, instancabile, inguaribile scrittore spagnolo di racconti e romanzi di vario genere e soprattutto dei romanzi di genere poliziesco che avevano costituito la serie dell’ispettore Méndez, avevano creato un personaggio diventato noto al gran pubblico della Spagna e di altri paesi. Ledesma aveva ottantotto anni, era nato a Barcellona nel 1927. Di famiglia povera, era cresciuto per strada, aveva cominciato a scrivere a dodici anni ed anche a lavorare aveva cominciato precocemente perché aveva dovuto sostenersi negli studi. Era diventato avvocato ma quella per la scrittura era rimasta la sua passione principale. All’inizio aveva fatto parte di un gruppo di giovani scrittori anonimi ingaggiati dall’Editioral Bruguera per la produzione di opere di carattere popolare. Poi si era dedicato al giornalismo senza smettere di scrivere di narrativa. Nel 1948, quando aveva ventuno anni, scrisse Ombre vecchie, romanzo che gli procurò il Premio Nacional de Novela ma che non venne diffuso a causa della censura franchista. Questo divieto durò fino al 1977. In seguito Ledesma si mostrerà capace di muoversi tra diversi generi di narrazione, di scrivere in continuazione, di pubblicare assumendo nomi diversi, di ottenere riconoscimenti importanti quali il Premio Planeta e due volte il Premio Mystère, di superare i confini della propria nazione, di essere tradotto in molte lingue. Nel 1983, a cinquantasei anni, scriverà Destinazione Barcellona, un romanzo di successo, il primo con l’ispettore Méndez. Sarà la prima apparizione di quel personaggio che avrebbe incontrato il favore di tanto pubblico, che avrebbe fatto rientrare Ledesma nella storia della letteratura spagnola, lo avrebbe collocato tra i maggiori autori della rinascita della “novela negra” in una Spagna che passava dalla guerra civile al franchismo alla monarchia costituzionale.
Molto si diffonderà la figura dell’ispettore Mèndez, molto amata sarà perché diversa si rivelerà da quella solita del poliziotto che non conosce altre ragioni se non quelle della legge, altro ufficio se non quello di scoprire i colpevoli, altra maniera se non quella di punirli. Méndez si mostrerà più vicino agli ambienti, agli eventi tra i quali è incaricato d’indagare, più disposto a capire i motivi che portano all’azione criminale, più propenso a penetrare nella vita, nell’anima dei colpevoli, più votato a spiegarli, giustificarli. La sua non sarà un’azione improvvisa, rapida, non poggerà sulla forza, sulla determinazione. Sarà un’azione lenta, calma, che arriverà a risolvere i “casi” senza rumore, senza chiasso, che li farà apparire normali, naturali, propri dei posti dove si verificano, delle persone che ne sono responsabili. Sono i posti, le persone della Barcellona di periferia, dei quartieri poveri, malfamati, delle case fatiscenti, dei vicoli bui, dove si vive alla giornata, succede di tutto e il reato è giunto a far parte della vita, ad essere un suo elemento. Tra queste case, queste strade Ledesma mostrerà Méndez intento ad indagare, a scoprire chi ha offeso, insultato, rubato, violentato, sodomizzato, ucciso senza, però, alcuna fretta, alcuna tensione quasi rassegnato all’idea che non poteva succedere diversamente.
Una situazione simile ritorna nel romanzo La dama del Kashmir che Ledesma pubblicò nel 1986 e che a Marzo del 2016 è comparso in Italia per conto della casa editrice BEAT di Trebaseleghe (Padova). La traduzione dallo spagnolo è di Silvia Sichel. Anche qui c’è la solita, lunga, interminabile peregrinazione dell’ispettore Méndez tra la povertà, la miseria, il vecchiume, la sporcizia, la malavita, il malcostume, l’illecito che possono regnare nei quartieri barcellonesi del degrado, anche qui Méndez mostra di non respingere, di non escludere tanto male ma di capirlo, di conoscere chi lo commette, chi lo vive, come lo vive, di far parte del posto avendovi condotto tante indagini. Non è egli un nemico che si aggira ma uno che vuole aiutare, correggere quando non consolare, confortare. Questi gli aspetti che hanno fatto di Méndez una figura così popolare e di quella del suo inventore una scrittura così cercata.
Nel romanzo sono tre gli omicidi sui quali Méndez s’incarica d’indagare contrariamente alla volontà dei suoi superiori che ormai lo ritengono vecchio e scarsamente abile. Riuscirà, invece, anche stavolta a scoprire i colpevoli dopo una ricerca che si rivelerà più lunga, più difficile del previsto, che lo impegnerà nel corpo e nella mente, che lo vedrà in una serie infinita di circostanze ma che non gli farà mai pensare di non riuscire. Riuscirà Méndez a scoprire chi ha ucciso Paquito e Abel Gimeno, i due uomini che nella stessa casa di Paquito e della moglie Esther vivevano il loro amore, riuscirà a scoprire chi ha ucciso Eulalia, la bellissima donna che per inseguire i suoi sogni si era costruita la figura di un amante ricco che le faceva condurre una vita elegante, che aveva assunto nomi diversi perché diversi erano gli uomini con i quali era stata e diverse le vite che aveva vissuto, che era finita nella peggiore prostituzione. Méndez scoprirà gli autori di questi omicidi, li collegherà, li capirà e, come altre volte, saprà che a muoverli erano state ragioni più vere di quelle apparenti, più profonde di quelle credute.
Prima l’uomo, i suoi valori, le sue fedi, i suoi affetti e poi la legge, le sue regole, i suoi ordini: questo ha voluto dire Ledesma col suo Méndez. Mostrare ha voluto, tramite le sue indagini, la vita che avviene nei recessi di una città come Barcellona, nelle sue profondità, nei suoi tuguri, liberarla dal silenzio dei secoli, dall’accusa degli uomini, farla conoscere, mostrarla capace di sentire i richiami dell’anima, dello spirito pur nella miseria delle sue condizioni, nella gravità delle sue azioni.
La volontà dello scrittore è diventata quella del suo personaggio, ampiamente estesa, largamente comprensiva e così la sua lingua. Di tanto ha saputo dire, tanto ricca, tanto varia, tanto sicura è la forma espressiva di Ledesma da procedere senza mai fermarsi, da passare tra toni diversi, opposti, alti e bassi, comici e drammatici, volgari e solenni. Una storia a tantissime voci, tantissimi nomi, tantissimi volti diventa ogni romanzo di Ledesma, di una vita nel suo immenso procedere vuol dire senza trascurare di cogliere quanto di essa non finisce, quanto diventa storia.
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