Chiamata diretta dei docenti, è scontro sindacati-dirigenti

da Corriere della sera

Chiamata diretta dei docenti, è scontro sindacati-dirigenti

I sindacati temono che l’accordo politico per mettere dei paletti alle scelte dei dirigenti non venga applicato. I presidi, dal canto loro, paventano che con quell’accordo venga snaturato il ruolo che la riforma assegna loro. Al Miur toccherà chiarire

Valentina Santarpia

Sembrava fatta. Dopo l’accordo siglato la scorsa settimana tra sindacati e ministero dell’Istruzione, pareva che almeno uno degli aspetti della Buona scuola – uno di quelli contestati nel referendum- potesse essere disinnescato. E invece no: perché sulla chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi è di nuovo scontro. «L’amministrazione, contrariamente agli impegni assunti in sede politica, vorrebbe dare la facoltà ai dirigenti scolastici di chiamare i docenti andando oltre le candidature presentate dagli stessi», scrivono i sindacati della scuola compatti. «Si tratta di un cambio delle carte in tavola assolutamente inaccettabile», secondo Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil scuola e Snals. Dall’altra parte delle barricate però ci sono i dirigenti. Che tuonano in una lettera aperta alle massime cariche dello Stato: «Difendete la legge 107, non snaturatela». Il timore è che, se l’accordo dovesse andare in porto, significherebbe segnare «un secondo punto favore dei più ostinati detrattori della Buona scuola, dopo essere gli stessi riusciti – in spregio ai vincoli di legge – a sterilizzare le potenzialità innovative degli ambiti territoriali con la sostanziale reintroduzione dei tradizionali automatismi fatti di precedenze, carichi familiari, anni di anzianità, assegnazioni provvisorie, utilizzazioni e accidenti vari, tipici della gestione di un personale fungibile e impiegatizio». Per i presidi che aderiscono a Dirigentiscuola- Di-S.Conf., quello che era stato festeggiato un accordo ottimo per mettere un freno alla «discrezionalità di scelta per il dirigente scolastico» evitando «la deregulation selvaggia», è solo un «magnifico ritorno al passato». «Il Parlamento ha avuto il coraggio di cambiare- scrivono i dirigenti- Con coraggio, quindi, bisogna sostenere il cambiamento senza alcun cedimento alle pressioni di quelle organizzazioni sindacali che hanno causato solo danni alla scuola e alle istituzioni».

Il Miur deve decidere

La questione non è da poco. A settembre i presidi si troveranno, secondo le indicazioni della riforma, a dover scegliere i docenti: una procedura che, secondo la 107, dovrebbe avvenire con grande libertà, per permettere ai dirigenti di trovare le professionalità più adatte. Ma che, obiettano i sindacati, rischia di favorire gli amici del preside e non gli insegnanti più meritevoli: di qui la richiesta di «paletti» per arginare la discrezionalità. Paletti che però, secondo i presidi, potrebbero del tutto vanificare l’intento della riforma, lasciando di nuovo gli istituti in balia di procedure farraginose e complesse che non faciliterebbero l’assunzione dei docenti più adatti alla crescita complessiva dell’istituto. Ora a dire l’ultima parola dovrà essere il ministero dell’Istruzione.