Venezia e gli ebrei
di Antonio Stanca
Pubblicato la prima volta nel 2015 in Francia presso le Editions Liana Levi, Paris, e la seconda nel 2016 in Italia per conto della Casa Editrice Bollati Boringhieri di Torino, il libro Venezia e il ghetto (Cinquecento anni del «recinto degli ebrei») è di Donatella Calabi, che ha insegnato Storia della città e del territorio presso l’Università IUAV di Venezia dal 1974 al 2014. E’ stata pure Directeur d’études invité all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, Visiting Professor dell’Università Cattolica di Lovanio, della British Academy di Londra, Honorary Fellow dell’University of Leicester. Ha insegnato e tenuto corsi in molte università anche straniere. Dirige da sola o in collaborazione la pubblicazione di collane e di riviste che trattano di storia dell’urbanistica europea tra Ottocento e Novecento e della città moderna in Europa. Molte sono le sue pubblicazioni e in molte lingue sono state tradotte. Instancabile si è mostrata la Calabi nella sua attività di studiosa, di storica, conosciuta è ormai in ambito internazionale. Conosciuti sono i suoi interessi specifici generalmente rivolti all’osservazione, al recupero, alla rivisitazione di quelle aree urbane che nell’Europa del passato e in quella del presente sono rimaste lontane dal centro e, perciò, sono diventate zone di mercato oppure d’insediamento per minoranze diverse dalla popolazione del posto. Sono state le aree periferiche delle grandi città antiche e moderne ad attirare l’attenzione della Calabi e questo spiega come nel recente lavoro abbia pensato di esaminare quella periferia di Venezia dove, cinquecento anni fa, si formò il primo ghetto degli ebrei. E’ una ricerca, è uno studio delle fonti quello che la Calabi ha condotto in maniera meticolosa, puntuale, senza trascurare nessun aspetto, pur minimo, dell’avvenimento. E’ un esame al quale si aggiungono altri: sono cinquecento anni di storia che la studiosa percorre nel libro e che non rimane soltanto quella degli ebrei veneziani ma si combina, s’intreccia con la storia di Venezia, dell’Europa, con tutto quel movimento di persone, di cose, di pensieri, d’idee al quale gli ebrei di Venezia diedero vita, con tutta la storia di quei centri, di quelle città, di quei mercati del mondo occidentale ed orientale con i quali vennero a contatto.
Il viaggio della Calabi comincia nel 1516, quando a Venezia fu ordinato agli ebrei sparsi per la città di costituire un loro nucleo nella zona di San Girolamo, in periferia, di abitare, vivere in quel posto, nelle case, negli spazi che comprendeva. Era un luogo dove si usava “gettare” i resti delle lamiere che venivano lavorate nelle vicine fonderie, era il “geto de rame” e da qui sarebbe venuto il nome “ghetto” durato fino ai tempi moderni e giunto a significare non solo luogo di isolamento, di segregazione ma anche di condanna, di pena, di tortura, di morte. Da quel lontano “geto de rame” inizia a dire la Calabi nel libro e giunge a rilevare quanto gli ebrei di allora siano cambiati, quanto dei sospetti, dei timori che avevano indotto il governo veneziano a isolarli, chiuderli in un recinto non aveva motivo di esistere. Si servirà, la studiosa, di documenti di archivio, di biblioteca, di museo, li citerà in continuazione, in ogni pagina, mostrerà disegni, quadri, immagini, piante, foto dei luoghi, degli scritti, delle case, delle piazze, delle strade, delle chiese, delle sinagoghe di quei tempi, niente mancherà al suo studio, di tutto quanto le è servito per condurlo lo correderà. Non si tratterà, tuttavia, di un’operazione di riporto, non si risolverà in una serie di notizie, in un lavoro di cronaca ché abile si mostrerà l’autrice nel dare a quanto da lei appreso, conosciuto l’aspetto di una narrazione, di un racconto con i suoi protagonisti, le sue vittime, nel riportare ad una dimensione semplice, quotidiana fenomeni, avvenimenti così importanti, nel mostrarli mentre avvengono, si svolgono, nel seguire i loro autori, osservarli in ogni azione, pensiero, espressione. Di leggere un immenso romanzo si ha l’impressione, anche dei movimenti dell’anima si dice, anche dei pensieri reconditi, della vita dello spirito. Gli ebrei della Calabi non sono soltanto gli uomini dei banchi di pegno, dei commerci, dei tanti traffici, delle banche ma anche quelli che ambiscono a formarsi, migliorarsi, istruirsi, andare oltre i limiti loro imposti, stare con gli altri, amare, piacere. Le loro case, nel ghetto, diventeranno sempre più piccole poiché sempre maggiore diventerà il numero degli ebrei che a Venezia giungeranno da tante parti, sempre maggiore il numero degli ebrei “abitanti” del ghetto rispetto a quello degli ebrei “viandanti”. Dopo il primo ghetto, “Ghetto Vecchio”, si formeranno il “Ghetto Nuovo” e il “Ghetto Nuovissimo”, dopo la prima sinagoga verranno altre sei a conferma del notevole incremento che andava registrando quel primo, sparuto nucleo di ebrei veneziani confinato al largo di San Girolamo. E insieme al numero crescerà, migliorerà anche la condizione di quegli ebrei, la loro importanza, la loro funzione nell’ambito della vita sociale, culturale, religiosa, artistica della città. Col tempo gli ebrei usciranno dal ghetto ed entreranno a far parte della vita cittadina, dell’amministrazione di Venezia, parteciperanno, collaboreranno con quanto avviene, si decide, si progetta, si stabilisce, si realizza da parte degli organi che a Venezia sono preposti alla Legislazione, alla Politica, alla Giustizia, all’Istruzione, alla Salute Pubblica e ad altri Servizi Sociali. Seguiranno le vicende della città anche quando questa non sarà più una Repubblica. Napoleone, l’Austria, il Risorgimento, la Prima Guerra Mondiale, il Fascismo saranno eventi vissuti, sentiti anche da loro, anche loro assumeranno una propria posizione di fronte ad essi. E non trascurerà la Calabi di mostrarli inseriti non solo nella storia della città ma anche in quella della Nazione e in quella dell’Europa, di far vedere come fossero giunti ad avere una presenza di carattere internazionale, cosmopolita, come Venezia, tramite gli ebrei, avesse avuto, per tanto tempo, rapporti con grandi centri commerciali europei e mondiali, fosse stata alla loro pari e avesse assunto una posizione centrale perchè compresa tra Occidente e Oriente.
Dalla periferia nei pressi di San Girolamo, dalla diffidenza, dall’avversione con le quali erano stati trattati all’inizio, quegli ebrei con la loro operosità erano risultati importanti per la vita della città, l’avevano aiutata a risolvere tanti problemi, l’avevano collegata con altre città, l’avevano resa internazionale.
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