Correggere gli errori sarà lungo La conciliazione negoziale non c’è più

da ItaliaOggi

Correggere gli errori sarà lungo La conciliazione negoziale non c’è più

È necessario recarsi presso l’ufficio del lavoro

Carlo Forte

Per chiedere la correzione degli errori contenuti nei provvedimenti di mobilità, i docenti potranno esperire la conciliazione. È la linea decisa dai vertici del ministero dell’istruzione. Stando così le cose, il rischio che si corre è di non fare in tempo a correggere gli errori prima dell’inizio dell’anno scolastico. Le procedure di conciliazione attualmente esperibili, infatti, non comprendono più il tentativo di conciliazione previsto dai contratti collettivi: una procedura piuttosto semplice, che consentiva ai lavoratori di discutere il problema oggetto della controversia, direttamente, con il funzionario dell’ufficio scolastico addetto alle operazioni.

Dal 2010, infatti, questa procedura non è più azionabile, perché la legge 183 del 2010 ha abrogato gli articoli 65 e 66 del decreto legislativo 165/2001, che lo consentivano. Allo stato attuale, nella fase stragiudiziale, è esperibile solo il tentativo di conciliazione davanti all’apposita commissione presso la direzione provinciale del lavoro. In buona sostanza, dunque, non è più possibile risolvere la controversia in poco tempo o, comunque, in tempo utile ad ottenere eventuali rettifiche prima dell’inizio dell’anno scolastico. La procedura attualmente azionabile, infatti, ha tempi talmente lunghi da rendere inefficace qualsiasi tentativo di conciliazione così esperito.

Per attivare la procedura, infatti, l’interessato deve presentare una domanda alla direzione provinciale del lavoro e deve notificarla all’amministrazione scolastica alla quale si chiede di conciliare. Dopo di che, l’amministrazione ha 20 giorni per l’eventuale deposito della memoria di controparte contenente le rispettive controdeduzioni. Entro 10 giorni dal deposito della memoria di controparte i funzionari addetti della direzione provinciale dovranno procedere a convocare le parti per la loro comparazione dinanzi alla commissione o sottocommissione. Ed entro 30 giorni dalla convocazione delle parti dovrà svolgersi il tentativo di conciliazione dinanzi alla commissione o sottocommissione (si veda l’art. 410 del codice di procedura civile).

I termini sono ordinatori. E non sono rari i casi in cui decorrano inutilmente senza che vi sia stato un tempestivo riscontro. L’unica sanzione prevista dall’ordinamento assume rilievo solo se l’amministrazione non si costituisce nei tempio previsti. Sanzione che, però, consiste solo nella facoltà, per il lavoratore, di procedere all’esperimento dell’azione giudiziale ignorando la procedura di conciliazione in corso. Fin qui la conciliazione stragiudiziale. Esiste, però, un altro rimedio più agevole ed efficace, che è il cosiddetto reclamo: l’equivalente del ricorso in opposizione. Si tratta di una mera istanza con la quale si chiede all’amministrazione, che ha formato l’atto lesivo del proprio interesse, di correggerlo utilizzando il cosiddetto potere di autotutela. Un potere che hanno tutte le amministrazioni e che consiste nella facoltà di correggere autonomamente gli errori contenuti nei provvedimenti.

Va detto subito che il reclamo non impegna l’amministrazione ad accogliere le richieste del reclamante. Ma è prassi che, qualora il reclamo sia fondato, l’amministrazione proceda tempestivamente ad effettuare le rettifiche del caso emettendo un nuovo provvedimento motivato.