Più «pratica» e materie d’indirizzo per i nuovi istituti professionali

da Il Sole 24 Ore

Più «pratica» e materie d’indirizzo per i nuovi istituti professionali

di Claudio Tucci

Alternanza scuola-lavoro già dalle classi seconde; più ore dedicate alle materie di indirizzo e al potenziamento delle attività pratico-laboratoriali (si sale al 44% nei primi due anni, e al 56% nel triennio successivo); percorsi personalizzati per gli studenti e – almeno sulla carta – da realizzare a stretto raccordo con le filiere produttive del territorio, utilizzando anche gli spazi di flessibilità curriculare (20% delle ore nel biennio, 40% nel triennio).

La bozza del Dlgs
È pronto il primo Dlgs attuativo della «Buona Scuola» che, in 13 articoli, riordina l’intera filiera dell’istruzione professionale, gli «Ip», già riformati nel 2010 da Mariastella Gelmini. Un segmento importante dell’offerta scolastica secondaria: gli istituti professionali si affiancano a licei e istituti tecnici, ma stanno vivendo una profonda crisi, con un forte calo delle iscrizioni (ormai gli Ip sono scelti da uno studente su sei), e un tasso di abbandono dei ragazzi, che in alcune Regioni sfiora il 40%. Senza contare, poi, i rapporti non proprio “pacifici” con il canale dell’istruzione e formazione professionale regionale (la «Iefp»), arrivando, così, a creare, unico caso in Europa, due offerte parallele, di diversa e confusa natura (come evidenziato bene da una recente ricerca di TreeLLLe e Fondazione per la Scuola).

Meno materie generaliste
Il governo, anche alla luce del nuovo Titolo V, che accentra i poteri di indirizzo in capo allo Stato, salvaguardando l’offerta regionale, prova adesso a rilanciare il settore: il provvedimento, redatto dal Miur, in raccordo con il ministero del Lavoro, è alle limature finali a palazzo Chigi, ed è atteso a settembre sul tavolo del Consiglio dei ministri.
L’approccio è innovativo: i nuovi istituti professionali si configurano come «scuole territoriali dell’innovazione» ispirate ai modelli duali europei. Le discipline vengono raggruppate in “assi culturali”, con una forte riduzione delle materie “generaliste”: nel primo biennio, in particolare, su 2.112 ore complessive, 924 dovranno essere dedicate ad attività e insegnamenti di indirizzo (e si potrà destinare fino a 264 ore alla «personalizzazione» degli apprendimenti). Nel triennio successivo su 1.056 ore totali, 594 dovranno avere un taglio “pratico”. Tutte novità che è previsto entrino in vigore nelle prime classi dell’anno scolastico 2017/2018 (ma c’è una salvaguardia degli attuali studenti fino al 2021).

Aumentano gli indirizzi di studio
Non mancano tuttavia diverse ombre: i percorsi di studio restano quinquennali e si moltiplicano gli indirizzi di studio: dagli attuali sei si arriva a 11, privilegiando corsi che già oggi sono di scarso interesse per imprese e ragazzi e soprattutto si trascurano le reali esigenze dell’industria mantenendo solo un indirizzo dedicato alla «manutenzione e assistenza tecnica». C’è poi una piccola apertura agli “esperti” provenienti dal mondo del lavoro e delle professioni, ma l’opportunità non è obbligatoria e non viene fissata una soglia minima di presenza in cattedra (come per esempio previsto negli Its, dove almeno il 30% delle docenze proviene dall’esterno). Il testo sui nuovi Ip è un «primo passo. Si riscopre la formazione pratica, dando una chance a quei giovani che faticano nei percorsi teorici – sottolinea Ermanno Rondi, presidente del comitato per la formazione professionale, tecnica e l’alternanza di Confindustria -. Gli indirizzi proposti però non tengono conto di alcuni profili industriali, come il tessile e la pelletteria, e bisogna trovare un raccordo migliore con l’offerta regionale» (il Dlgs elimina la possibilità per gli «Ip» di erogare in via complementare i percorsi di Iefp). «Siamo aperti a possibili miglioramenti – risponde il sottosegretario, Gabriele Toccafondi -. Stiamo cambiando la scuola, rendendo stabile il legame con il mondo del lavoro».