Quando un algoritmo trasferisce gli insegnanti

da la Repubblica

Quando un algoritmo trasferisce gli insegnanti

Maria Pia Veladiano – Aver negato fino all’ultimo le irregolarità è stato controproducente E aver fatto tutto in corsa è stato un errore enorme

Il problema non è il fatto di trasferirsi. Gli insegnanti ( come tutti i dipendenti della pubblica amministrazione in Italia) sanno di dover andare esattamente dove il lavoro c’è e lo hanno sempre fatto. Si studiavano le graduatorie provinciali, vedevano dove i posti c’erano e presentavano le domande di messa a disposizione o di trasferimento. Talmente normale era e talmente frequente, che a scadenza regolare i politici fedeli all’epica narrazione del “ padrone in casa nostra” gridavano all’invasione e alzavano argini: aggiornamento delle graduatorie ogni tre anni anziché due, niente assegnazione provvisoria per cinque anni ai trasferiti al Nord e così via.

Quel che oggi capita è che una procedura farraginosa, continuamente corretta in corso d’opera, talmente complicata da non permettere un giusto accompagnamento da parte delle amministrazioni periferiche ( Uffici scolastici territoriali, basta andare sui siti e vedere, le rettifiche sono più numerose delle circolari) e soprattutto non limpida ha creato situazioni da un lato inattese e dall’altro improvvise. Spesso si tratta di trasferirsi da un giorno all’altro.
Fino a dove la procedura è stata trasparente è apparsa spesso ingiusta. Ad esempio la scelta di favorire nei trasferimenti i docenti dell’ultimo concorso rispetto ai “ precari storici” immessi in ruolo in virtù della sentenza dell’Unione Europea che obbligava l’Italia ad assumerli ha creato situazioni di docenti con punteggi bassi assunti vicino a casa o comunque nella regione in cui avevano vinto il concorso e altri con punteggi di servizio altissimi costretti a trasferirsi.
Potere delle parole. “ Precari storici” sembra sottintendere un peccato originale, una specie di incapacità a diventare docenti. In realtà nelle Graduatorie ad esaurimento ( le Gae) c’era di tutto: docenti immensi, con competenze, vicepresidi da anni, titolari di progetti, funzioni strumentali, che però avevano avuto la sfortuna di non incrociare un concorso, o di non arrivare al concorso in posizione utile. E certo, c’erano anche docenti per caso, senza arte né passione, che avevano tenuto la scuola come via di scampo, sissamai. In questo senso lo svuotamento delle Gae è stata la più grande, generalizzata, non selezionata assunzione di massa della scuola italiana.
Poi è arrivato l’impenetrabile algoritmo del ministero che ha impenetrabilmente deciso i trasferimenti. Ancora il potere delle parole: la matematica al posto del latinorum. Impossibile seguire il percorso dell’algoritmo che ha portato docenti a centinaia di chilometri da casa a insegnare su classi di concorso per le quali le scuole vicino a casa stanno chiamando supplenti. Parlare di deportazione è dissennato sempre. E ancora il potere delle parole ha permesso lo scatenarsi della peggiore demagogia.
Quel che è vero è che la mancanza di trasparenza non permette di partecipare alla procedura e se poi gli errori ci sono e sono pure tanti, talmente tanti che gli Uffici scolastici sono sommersi dalle richieste di conciliazione, allora è difficile frenare la tentazione di sospettare di tutto. La conciliazione è esattamente ripristinare la trasparenza della procedura e riconoscere il diritto. Diritto dei docenti, ed è cosa buona. Di sicuro non il diritto degli studenti perché le conciliazioni andranno avanti per settimane o forse mesi e i docenti nominati di oggi saranno via via sostituiti da quelli che vedranno riconosciuto il loro diritto con un effetto domino devastante sulle cattedre e sulla continuità didattica.
Attribuire le ingiustizie all’algoritmo è patetico. In ogni passaggio la pubblica amministrazione deve poter rendere conto delle sue procedure. Aver cercato di negare fino all’ultimo le irregolarità è stato inelegante e controproducente. Aver fatto tutto in corsa è stato un errore politico enorme. Assunzioni in tre fasi che si sono rincorse con regole astruse che le segreterie delle scuole non riuscivano nemmeno a seguire e gli Uffici scolastici a interpretare, il concorso che si è sovrapposto alla conclusione dell’anno scolastico e agli esami di Stato, trasferimenti con algoritmo e ricorsi inclusi.
Questo governo ha ereditato una scuola piena di mali storici e di buoni insegnanti che complessivamente godono della fiducia del 53% degli italiani ( contro l’ 11,9 dei partiti, ultimo rapporto Eurispes 2016). Quel che serve è allinearsi a quella fiducia e resistere alla tentazione demagogica di stordire l’opinione pubblica con i numeri e la velocità. Assumere e moltiplicare sfiducia e conflitto non porta a niente di buono