Gestire la crescita nella scuola dell’autonomia

Gestire la crescita nella scuola dell’autonomia

di Stefano Stefanel

 

La scuola italiana sta vivendo ormai da tempo un forte mutamento i cui esiti si potranno misurare solo fra qualche anno, ma la cui consistenza è sotto gli occhi di tutti. Per la prima volta dopo molti anni i dirigenti scolastici devono gestire strutture di crescita (anche convulsa) e non di contenimento. Le molte difficoltà che incontrano mostrano come spesso la categoria, al di là delle difese d’ufficio dei sindacati di parte e al di là degli attacchi scomposti e troppo spesso volgari degli oppositori in servizio permanente, sia molto legata ad un’idea tradizionale di scuola in cui innovazione e ricerca si fanno solo se proprio non se ne può fare a meno. Ritengo siano da ridiscutere il ruolo del dirigente scolastico in questo grande mutamento, le sue reali competenze dirigenziali, il suo ruolo dentro il processo di mutamento. Su questo probabilmente farà un po’ di chiarezza la prossima valutazione dei dirigenti scolastici, che darà degli indirizzi al Ministero in riferimento ad una categoria che vuole essere al tempo stesso manageriale e protetta. Sempre di più il dirigente scolastico è un ibrido tra dirigente autonomo e impiegato statale e questo lo si vede nelle plurime proteste connesse con il contemporaneo assorbimento di lavori sempre più gravosi in tempistiche sempre più ristrette.

Gli elementi di crescita della scuola di oggi sono però oggettivi:

  • l’organico è cresciuto in maniera consistente, ma il mantenimento in vita di alcuni elementi contraddittori (GAE eliminate ma non abolite e quindi ancora attive; organico dell’autonomia che si interseca con trasferimenti, assegnazioni provvisorie, utilizzi, ecc.) manderà a regime la sua gestione così come pensata dalla legge 107/2015 solo tra qualche anno;
  • i fondi PON stanno portando 3 miliardi di euro nelle scuole, ma troppe scuole non sanno come chiedere o come utilizzare questi fondi;
  • il Piano Nazionale Scuola Digitale e la nuova Formazione docenti introducono enormi elementi di novità;
  • gli Ambiti e le Reti di Ambito fanno intravedere enormi potenzialità anche di utilizzo di risorse didattiche e amministrative capaci di creare un miglioramento progressivo del sistema con la liberazione conseguente di risorse aggiuntive;
  • i Progetti nazionali di grande portata come i Laboratori per l’occupabilità mostrano un diverso modo di organizzare e gestire la spesa;
  • il Bonus premiante il merito ha introdotto nuove risorse e un nuovo rapporto tra dirigente scolastico e docenti;
  • l’Alternanza scuola lavoro anche nei Licei evidenzia la necessità di potenziare il progetto didattico e non le routine consolidate.

Credo che un punto dirimente dell’attuale dibattito sia quello per cui nelle scuole italiane statali il 1° settembre 2016 ci sono molti più soldi e molti più insegnanti che nelle scuole statali italiane il 1° settembre 2015. Questo è un dato oggettivo di crescita e non capisco che motiva ci sia a negarlo, anche perché continuare a negarlo non fa che spostare più in là i necessari momenti formativi per accompagnare un processo che comunque è stato innescato in forma molto invasiva.

ORGANICO DELL’AUTONOMIA

Ho già avuto modo in precedenti interventi di evidenziare come a fronte di una così forte e convulsa crescita del personale non con un semplice incremento orario o con il ritorno a situazioni di molti anni fa, l’idea di molti dirigenti è ancora piramidale con il mantenimento della figura del Vicario o del Vicepreside che costituisce il secondo punto della piramide dirigenziale. Dietro questa ossessione per il Vicario c’è il retropensiero di molti di noi secondo cui solo noi sappiamo chi può aiutarci a gestire la scuola, partendo dall’idea che il nostro primo obiettivo è fare amministrazione. Carte e burocrazia, insomma, che diciamo di odiare, ma che invece sono spesso la nostra gioia segreta (evidente in chi emana “487 circolari” l’anno).

L’organico dell’autonomia è invece una questione didattica e progettuale, non una questione di supplenze. La progettualità, l’innovazione, la ricerca e l’analisi della propria scuola prevalgono sull’orario e sulle supplenze. O almeno dovrebbero prevalere. La novità è che mentre prima della legge 107/2015 c’era l’orario di cattedra e le ore aggiuntive di tipo progettuale erano volontarie, adesso c’è un Piano triennale dell’offerta formativa e un organico per realizzarlo. Non è un organico perfetto, ma neanche quello di prima lo era: è comunque l’organico che lo stato ci ha dato e dunque quello su cui noi dirigenti scolastici dobbiamo esercitare la nostra professionalità.

E’ abbastanza avvilente constatare come invece spesso viene burocratizzato anche questo, con una critica al Ministero che non ha assegnato quanto richiesto, anche se è noto a tutti che lo svuotamento delle GAE presupponeva un periodo transitorio. In questo periodo transitorio un buon esercizio sarebbe quello di lavorare sulle Reti di ambito e le Reti di scopo per creare quei sistemi di governance comune che il nuovo assetto scolastico richiederà quanto prima. Ma anche in questo settore si assiste al rallentamento di un processo costitutivo che invece avrebbe dovuto procedere spedito con l’avvio dell’anno scolastico e la titolarità di ambito di molti docenti.    Tutto però è rallentato anche perché i dirigenti scolastici e gli uffici periferici del ministero sono attenti ad altre problematiche, connesse con la vecchia idea di scuola. L’organico dell’autonomia molto spesso non è visto come un elemento di oggettivo interesse pedagogico progettuale, ma come un ulteriore impegno da definire non con una progettazione annuale, ma con orari rigidi e settimanali. Cioè con la negazione di ogni reale progettualità connessa ad un Piano Triennale dell’Offerta Formativa.

QUESTIONE DI SOLDI

Un altro sorprendente elemento è l’esistenza di molte risorse aggiuntive, mai gestite prima dalle scuole, che però vanno a scombinare l’idea che l’obiettivo del sistema venga definito dalla singola scuola. Spetta allo Stato definire gli obiettivi generali del sistema e il Miur lo sta facendo centrando la sua attenzione sul Piano Nazionale Scuola Digitale, sui Progetti Nazionali, sui PON, sui Laboratori per l’occupabilità, sul bonus premiante. Tutte attività innovative che trovano la loro definizione e ricaduta nell’ambito della legge 107/2015 laddove si disegnano i contorni dei docenti interessati dal bonus premiante. Il bonus premiante è una cifra aggiuntiva al FIS e agli altri fondi e infatti i docenti nella grande maggioranza delle scuole lo hanno incassato senza alcuna polemica, come invece avrebbero sperato i sindacati. In questo caso i dirigenti scolastici si sono trovati a dover applicare criteri, non a fare i conti delle ore svolte. Questa è una grossa novità alla fine accettata dai docenti e non troverei strano che il FIS contrattato in un futuro sparisse a favore di un bonus “potenziato”. Credo che oggi forse potrebbe nascere nelle parti un dubbio sulla contrattazione e sulla sua reale efficacia, perché non sempre il dirigente scolastico è visto dai docenti che dirige come uno scriteriato incompetente nepotista. I dirigenti scolastici hanno subito lo scorso anno scolastico una reale aggressione mediatica da frange di docenti e sindacati che vorrebbero riportare indietro le lancette del mondo a cinquantenni fa e sono stati dipinti come ebeti con forti tendenze alla corruzione. Le cose non sono andate in quel modo, ma rimane l’idea anche in molti di noi che queste innovazioni potrebbero sparire prima di essere andate a regime e dunque non vale la pena di impegnarsi più di tanto.

C’è però da dire che i soldi sono molti di più, ma nelle scuole prevale lo sconcerto per la loro quantità e per le modalità con cui vengono erogati. Prendiamo i fondi PON: mi ha fatto molta impressione sapere che il primo PON per le Reti Wlan-Lan, che chiedeva solo una banale domanda per ottenere i fondi, abbia visto più di tremila scuola (oltre il 30% del totale) non presentare neppure la domanda. Mentre tutti abbiamo potuto vedere in l’impietoso elenco delle scuole che hanno sbagliato la domanda per il secondo PON (ambienti per l’apprendimento) in una sorta di berlina di cui nessuno ha risposto e per cui nessuno ha chiesto scusa.

Anche la grande progettualità dei Laboratori per l’occupabilità non sta creando quella fibrillazione che progetti di così grande portata (siamo intorno al milione e mezzo di euro per progetto) dovrebbe determinare in territori che devono stringersi attorno alle scuole vincitrici dei progetti gestibili molto più facilmente dentro reti di ambito piuttosto che dentro singole segreteria molte delle quali poco adatte a gestire grandi masse di danaro.

Il dirigente scolastico dovrebbe essere motore e facilitatore del mutamento invece si dedica sempre più spesso a riportare le novità nella routine quotidiana. La scuola è in una fase di turbolenta modificazione, ma questo non viene sempre visto come un’opportunità. Però ci sono più docenti, più soldi e più occasioni di miglioramento e di cambiamento. E questo deve innescare meccanismi di innovazione e di ricerca e nuovi strumenti di governo. Di questo qualche volta si dovrebbe parlare.