La rivolta dei bocciati al concorso

da Repubblica

La rivolta dei bocciati al concorso

“Computer che si bloccavano e commissioni impreparate”. E i vincitori senza posto ora chiedono di riaprire i termini delle assunzioni

di CORRADO ZUNINO

Bocciati al concorso per docenti – che per alcune discipline e in alcune regioni non si è ancora concluso -, ora a migliaia rischiano di smettere di insegnare, cosa che fanno da anni come precari. In altri casi, gli abilitati che non hanno superato la prova 2016 devono proiettarsi al prossimo concorso (presumibilmente fra tre anni) per sperare di entrare in ruolo. Tutti, a prescindere dal loro futuro, non accettano la targa di “inadatti alla scuola” che dai primi giorni di agosto, quando sono diventate pubbliche le notizie delle bocciature di massa, si portano dietro.

Elisabetta Fiore, 43 anni, oggi ha preso servizio a Milano come supplente di scuola media, dopo nove anni e 68 convocazioni spese fra le discipline letterarie e il sostegno. Si è formata, e abilitata, al ruolo di docente con un Pas (percorso speciale fatto di 18 esami scritti e orali) conseguito all’Università di Pavia. Non ha passato lo scritto avendo ottenuto un punteggio di 23,70. Zero punti sull’indicatore “originalità”. Lei, però, dopo aver mostrato il compito alla professoressa Anna Maria Candura, docente di Scienze storiche e geografiche dell’ateneo dove si era formata (la docente ha definito il giudizio della commissione d’esame “non condivisibile”), dopo aver ricevuto un caldo abbraccio dai suoi studenti della seconda C (“per noi resta la più brava”), ha reso pubblico il giudizio della stessa commissione che l’aveva tagliata fuori. Questo: “Esposizione non pienamente corrispondente alle traccie”. Sì, “traccie”, con la “i”. Elisabetta Fiore, ancora precaria, a rischio espulsione dall’insegnamento, ora si chiede: “Chi sono gli ignoranti? Gli esaminati bocciati o gli esaminatori?”. In Lombardia, nella sua classe di concorso, ci sono stati 900 “non adeguati” allo scritto su 1.400 candidati. Alcuni hanno già annunciato ricorsi a giudici del lavoro e tribunali amministrativi.

Sono state diverse le contestazioni, e gli errori formali riconosciuti, di questo concorso partito di corsa e non ancora arrivato. Maria Teresa Muzzi, insegnante precaria di Italiano, Storia e Geografia nella provincia Nord di Roma, è stata convocata all’orale – come ha raccontato “Repubblica” – senza aver mai sostenuto la prova scritta. In un istituto di Palermo i commissari hanno chiesto ai candidati di riconoscere i propri scritti, erano spariti i codici che permettevano l’abbinamento compito-candidato (è partita una denuncia di furto contro ignoti). In Piemonte alcuni bocciati, di fronte a un accesso agli atti, hanno ricevuto prove scritte che non erano le loro, “disallineamento tra codice fiscale e codice di controllo”, spiegava una mail dell’Ufficio scolastico regionale. Molti commissari si sono dimessi in corso d’opera (sottopagati), e così alcuni sono stati nominati d’ufficio, su due piedi. Così come sono stati chiamati a fare il commissario d’esame diversi candidati che, quindi, avrebbero dovuto giudicare loro stessi. Le griglie di valutazione? Sono uscite in extremis, in alcuni casi dopo lo scritto, diverse regione per regione. Tutti i candidati, per esempio, non hanno saputo in tempo che uno dei parametri scelti era proprio “l’originalità”, fattore che ha mietuto molte vittime. Le disorganizzazioni croniche del ministero dell’Istruzione, il suo affanno ad ogni appuntamento, restano uno dei problemi cardine della scuola italiana.

Alcune storie di concorsisti delusi sono uscite nell’ultimo videoforum di Repubblica Tv con il ministro Stefania Giannini. Enotrio Silentino ha scritto: “E’ stato un concorso per dattilografi, dato che c’erano 18 minuti per quesito compreso il tempo per leggere la domanda. Nelle tracce si faceva confusione tra Uda, l’Unità di apprendimento, Ud e lezione vera e propria. Il sistema informatico non consentiva di fare copia-incolla, i computer si bloccavano e non salvavano quello che era stato scritto”. Come si spiega il fatto che, per la stessa classe di concorso, in una regione è stato promosso il 90% dei candidati e in un’altra il 30%? “In un luogo tutti geni, nell’altro tutti asini?”.

Poi c’è chi ha superato il concorso e non avrà il posto. “Ho passato tutte le prove con voti alti e sono in attesa delle graduatorie di merito per la mia classe. Molto probabilmente, causa giovane età e mancanza di dottorato tra i titoli, non rientrerò tra i vincitori, nonostante per arrivare alla prova abbia anche superato il Tfa, il Tirocinio formativo attivo. Questo vuol dire che, secondo l’attuale legge, sarò considerata al pari di chi questo concorso non l’ha superato. Questo discorso vale per molti altri colleghi, stimati e validi insegnanti, che non saranno in alcun modo tutelati, pur avendo passato tutte le prove”.

Un giovane ingegnere elettronico siciliano con dottorato di ricerca, 15 pubblicazioni di articoli di conferenza, due su riviste internazionali, ha superato brillantemente scritto e orale, ma i 24 posti promessi sono spariti. Questioni – altro problema organizzativo – legate alla mobilità. “Perché, allora, mi si vieta anche la possibilità di insegnare nelle regioni dove le cattedre sono vacanti?”. Non avrebbe problemi a emigrare. Altri hanno segnalato che nel Lazio la classe A23, Italiano per stranieri, non era stata inserita nell’organico delle scuole. C’è stato il concorso 2016, con i suoi vincitori, ma nel Lazio l’Italiano agli stranieri non si poteva insegnare. In Liguria l’Ufficio scolastico regionale – nonostante le graduatorie a esaurimento fossero esaurite – non ha assegnato gli stessi posti ai vincitori della prova (si entra 50 per cento dalle graduatorie e 50 per cento dal concorso). Ha preferito nominare meno docenti di quelli necessari obbligandone diversi a trasferte lontane di fronte a posti disponibili sotto casa.

L’Associazione coordinamento nazionale Tfa, a cui sono iscritti oltre 3 mila docenti abilitati, appunto, con Tirocinio formativo attivo, ora chiede quali soluzioni il Governo immagini per i docenti già abilitati che resteranno fuori dalle graduatorie di merito. Oggi la “Buona scuola” prevede la fine delle supplenze 36 mesi dopo l’approvazione della legge (luglio 2015): o si entra per concorso o si è fuori. “Cosa risponde il ministro, poi, a formatori, educatori e docenti universitari che hanno giudicato in maniera severa le modalità in cui sono stati strutturati gli scritti del concorso, parlando di domande infattibili nel tempo messo a disposizione dei candidati?”.

A questo proposito molti – sindacati, associazioni, singoli candidati – hanno chiesto al ministro: “Visto che ci sono meno vincitori dei posti banditi e i posti disponibili sono aumentati non sarebbe il caso di far entrare tutti coloro che hanno superato il concorso?”. Ancora. “Non sarebbe utile considerare, come si è fatto con i docenti delle scuole primarie vincitori della prova 2012, prevedere una fase nazionale per tutti i vincitori di concorso e per tutti gli insegnamenti: si suppone che, per esempio, se i posti in Abruzzo sono stati occupati dai trasferiti del Veneto, nel Veneto si siano creati posti non messi a suo tempo a concorso”. E ora disponibili.