Ocse: Italia penultima per spesa, record di Neet e prof anziani

da Il Sole 24 Ore 

Ocse: Italia penultima per spesa, record di Neet e prof anziani

di Alessia Tripodi

Una spesa pubblica scesa del 14% in 5 anni – che mette l’Italia al penultimo posto dopo l’Ungheria – record di insegnanti over 50 (con salari in calo) e di Neet, cioè di ragazzi che non studiano e non lavorano. E poi un tasso di accesso all’università di gran lunga inferiore alla media degli altri paesi, borse di studio soltanto per uno studente su cinque, tasso di rendimento della laurea tra i più bassi dell’area. È il quadro del nostro sistema di istruzione tracciato dall’Ocse nell’edizione 2016 di «Education at glance», il rapporto che analizza i sistemi educativi di 35 paesi nel mondo: si tratta di dati del 2014 e, dunque, per quel che riguarda il livello di spesa i numeri non considerano gli investimenti messi in campo con la «Buona scuola».

Spesa pubblica in calo
Secondo i dati, tra il 2008 e il 2013 l’Italia ha tagliato la spesa pubblica per le istituzioni scolastiche del 14%, pari a quasi il doppio del calo del Pil nel periodo (-8%) e contro un calo inferiore al 2% per altri servizi pubblici. Nel 2013 il nostro Paese ha stanziato solo il 7% della spesa pubblica complessiva per l’insieme dei cicli d’istruzione – contro l’11% della media Ocse – percentuale più bassa dopo l’Ungheria. Per l’Ocse in Italia «il livello relativamente basso della spesa pubblica per l’istruzione – si legge nel rapporto – non è riconducibile al basso livello della spesa pubblica in generale, ma al fatto che all’istruzione è attribuita una quota del bilancio pubblico relativamente esigua». La spesa annua dell’Italia per l’istruzione dalla scuola primaria all’istruzione universitaria nel 2013 è stata in media di 9.238 dollari per studente, inferiore di oltre 1.200 dollari alla media Ocse. In ogni caso, spiega il rapporto, la gran parte della spesa per l’istruzione in Italia resta finanziata da fonti pubbliche (il 96%, 5 punti più della media Ocse), ma al calo dei fondi statali si è contrapposto un aumento della spesa privata che ha segnato +21% nel 2008-2013, contro il +16% Ocse.

Identikit del prof: donna e over 50
Il corpo insegnante italiano è il più anziano rispetto a quello di tutti i Paesi Ocse e registra una delle quote più basse di docenti di sesso maschile. Sei/sette prof su dieci sono ultracinquantenni (58% nella scuola primaria, 59% nelle medie e 69% nelle superiori) mentre otto su dieci sono di sesso femminile. Nel rapporto Ocse si dà tuttavia atto al governo italiano di aver varato un piano di assunzioni che potrebbe “ringiovanire” il corpo insegnante del Paese. Lo squilibrio di genere è molto meno spiccato a livello dirigenziale. Sebbene, infatti, il 78% degli insegnanti della scuola secondaria di primo grado sia di sesso femminile, solo il 55% dei dirigenti scolastici è donna.Sul fronte delle retribuzioni, l’Ocse indica poi che dal 2010 al 2014 i salari degli insegnanti sono diminuiti del 7% in termini reali sia nella scuola primaria che in quella secondaria. Nel 2014 un insegnante italiano poteva contare su un salario di 32.995 dollari a parità di potere d’acquisto, contro i 35.367 dollari del 2010, a fronte di medie Ocse rispettivamente di 42.675 dollari e 42.112 dollari rispettivamente. I prof più “ricchi” sono quelli del Lussemburgo con 108mila dollari, ma ben sopra la media risultano anche i quasi 64mila dollari dei tedeschi.

Crescono i Neet
I dati Ocse dicono che in Italia oltre un terzo dei giovani tra i 20 e i 24 anni di età non lavora e non studia e tra il 2005 e il 2015 la loro percentuale è aumentata di 10 punti, molto più che negli altri paesi. Secondo il rapporto questo è in parte dovuto alla crisi economica che ha avuto come conseguenza un calo del 12% del tasso di occupazione dei, ma l’Ocse fa notare che altri paesi, come Grecia e Spagna, hanno visto una diminuzione simile (o maggiore) del tasso di occupazione senza registrare un aumento così vistoso dei Neet: in Grecia la percentuale di 20-24enni iscritta a un corso di studi è aumentata del 14% e inSpagna del 12%, mentre in Italia è solo +5%). In ogni caso è da segnalare che, secondo l’Istat, nel 2016 i Neet italiani sono scesi al 22,3% contro il 25% del 2013.Unica nota positiva sul fronte dell’occupazione è quella di chi ha frequentato un istituto tecnico o professionale: in Italia i giovani con questo titolo di studio vantano un tasso di disoccupazione inferiore rispetto agli altri paesi.

Il ministro Giannini: «Con questo governo invertita rotta sulla scuola»
«La richiesta di maggiori investimenti e maggiore attenzione a temi come quello dei Neet e della dispersione scolastica ha già trovato una risposta nell’azione di questo Governo che ha finalmente invertito la rotta sulla scuola» ha detto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, commentando i dati Ocse. «Con la riforma Buona Scuola – ha aggiunto – abbiamo previsto un investimento di 3 miliardi aggiuntivi all’anno sul capitolo istruzione» e «abbiamo assunto 90mila docenti nel 2015 e bandito un concorso per oltre 63mila insegnanti». Giannini ricorda poi che «stiamo mettendo in campo azioni concrete per contrastare la dispersione scolastica, migliorare la possibilità dei nostri studenti di trovare un’occupazione una volta diplomati e strappare tanti ragazzi dalla condizione di Neet» e che «con l’ultima legge di Stabilità abbiamo previsto fondi aggiuntivi per le borse di studio universitarie e stiamo lavorando per rendere l’istruzione terziaria più vicina alle esigenze degli studenti».