per Ahmed

Non siamo soliti intervenire sull’onda dell’emozione, e non crediamo che l’indignazione sia di per sé capace di cambiare radicalmente le cose. Né ci accodiamo all’ingenuo stupore di chi oggi si chiede come sia possibile una tragedia come quella di stanotte. Quello stupore, avrebbe detto Benjamin, è tutt’altro che filosofico, segno che l’idea della realtà che sta alla sua base non sta più in piedi.

Ci sono momenti però in cui non si può continuare ad andare avanti come se niente fosse.

L’omicidio di Ahmed, lavoratore egiziano, compagno dell’USB, difensore dei Diritti dei Lavoratori, investito da un camion che voleva sfondare il picchetto a sostegno di una difficile trattativa, ci dice sull’Italia di oggi molto di più di quanto non facciano centinaia di libri, dati, pseudoinchieste, documentari strumento della comunicazione deviante e del lavaggio dei cervelli che si accompagna, scientificamente, alla distruzione dei Diritti del Lavoro e, ormai, dei benché minimi elementi di umanità e convivenza civile.

Oggi scenderemo in piazza nelle nostre città e sabato saremo tutti alla manifestazione di Piacenza, per dire che noi non possiamo accettare che la barbarie diventi la normalità nelle nostre vite. Alla famiglia del compagno tutta la nostra solidarietà morale e materiale: non vi lasceremo soli!

Con Ahmed e con tanti altri Compagni e Fratelli Lavoratori avremmo voluto scioperare il 21 Ottobre. Con Ahmed (nel cuore) e con tanti altri Compagni e Fratelli Lavoratori sciopereremo il 21 Ottobre con ancora più rabbia e convinzione, apprendendo da lui e da loro come le forme di sfruttamento possano essere molto più pesanti di quelle che attraversano il mondo della Scuola, e che a quelle bisogna opporsi collettivamente, come mondo del lavoro, senza ottuse chiusure corporative prive ormai di una benché minima prospettiva di riuscita.

C’è una questione politica generale che riguarda la regressione visibile delle condizioni di vita, la limitazione degli spazi di democrazia, lo smembramento definitivo del patto costituzionale sacrificato all’altare della governabilità europea e alla logica perversa dei suoi trattati. Nascondere la testa sotto la sabbia non è mai la soluzione.

Ma c’è qualcosa di più che in quanto Lavoratori della Scuola oggi ci dobbiamo dire con molta chiarezza.

Come Insegnanti abbiamo un dovere che non può essere celato dietro la “professionalità” o le “competenze” di cui saremmo portatori. Quel dovere si chiama conoscenza della realtà, si chiama consapevolezza. Rosso Malpelo non è la storia passata di un secolo e mezzo fa; Germinale non è un romanzo da cui è stato tratto un film; la repressione del movimento dei lavoratori non è il capitolo 2 del libro di storia su cui faremo l’interrogazione domani. Sono questioni che ci parlano del presente.

O cominciamo a riprendere consapevolmente la funzione emancipatoria che la Scuola ha avuto in una fase della Storia Repubblicana, lavorando insieme ai nostri studenti per creare strumenti di coscienza e spinta al cambiamento, coinvolgendoli in una riflessione sulla istituzionalizzazione del precariato nella scuola (alternanza scuola-lavoro!), oppure non saremo degni di Amhed e dei suoi cinque figli, che frequentano le scuole di un Paese di merda.