Frammenti di un refettorio

Frammenti di un refettorio e il panino risorge come l’araba fenice

di Cinzia Olivieri

 

Il diritto di scelta “tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nell’ambito delle singole scuole e nell’orario destinato alla refezione” è stato confermato ad oggi da una sentenza della Corte d’Appello e 17 ordinanze del Tribunale di Torino di cui 2 del Collegio in sede di reclamo.

Nonostante 18 pronunce favorevoli che hanno fatto risorgere il panino dalle sue ceneri con la loro lucida ed ineccepibile precisione giuridica, le polemiche non si placano e la battaglia ora si trasferisce nel refettorio.

Pasto in comune o accesso riservato ai paganti? E poi chi pulisce?

Chissà se non possa essere ritenuta una possibile soluzione, considerando il valore educativo del tempo mensa, l’ispirazione al modello giapponese, per il quale è consuetudine affidare agli studenti, in forma organizzata e pianificata, la  pulizia di tutti i locali scolastici in quanto si ritiene ciò renda gli alunni più consapevoli dell’importanza di questi luoghi e responsabili del mantenimento del loro ordine e pulizia. Insomma una sorta di educazione alla cittadinanza sul campo. Ovviamente vi dovrebbero essere impegnati sia gli studenti che hanno scelto il servizio di refezione che quelli che hanno portato il pasto da casa, in coerenza con il principio di eguaglianza.

Sebbene non esiste alcuna norma che vieti il consumo di pasti portati da casa nei locali scolastici, il panino è ora diventato il “cavallo di Troia” di un sistema già in crisi e così il diritto di scelta per il pasto domestico dilaga, diventando caso nazionale, coinvolgendo altri Comuni ma creando anche inutili fratture con altri genitori, fino ad ora silenti osservatori.

Nascono così gruppi pro mensa scolastica, sebbene questa non abbia mai costituito oggetto di contestazione.

Infatti la “mensa scolastica” è quel momento educativo e di socializzazione, rientrante nel tempo scuola in quanto parte dell’offerta formativa, che si realizza pranzando “insieme” (non necessariamente la stessa cosa) sotto la vigilanza del personale educativo. Il diritto di scelta riguarda invece il servizio di refezione scolastica (a pagamento) che è qualcosa di diverso e neanche lontanamente analogo.

Peraltro occorre precisare che, come hanno chiarito anche i Giudici, il problema della scelta si pone per la scuola dell’obbligo (primaria e secondaria di primo grado) escludendo quindi la scuola dell’infanzia.

Se non fosse chiaro cosa significa servizio “a domanda individuale” e non obbligatorio, si può richiamare il Decreto Interministeriale del 31 dicembre 1983 per il quale con questa denominazione “devono intendersi tutte quelle attività gestite direttamente dall’ente, che siano poste in essere non per obbligo istituzionale, che vengono utilizzate a richiesta dell’utente e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale”.

Non si nega certo il valore di “conquista sociale” del servizio di refezione, ma esso nasce sul presupposto che non tutti debbano aderirvi necessariamente.

La circostanza che la battaglia per il diritto di scelta sia stata motivata originariamente come “reazione al cattivo rapporto prezzo/qualità del servizio di refezione offerto dal Comune”, non compromette la validità del diritto riconosciuto.

Comunque il Tribunale di Torino in merito all’uso del refettorio ha precisato che i rapporti contrattuali tra ente locale ed appaltatore del servizio non possono pregiudicare il diritto a consumare a scuola un pasto domestico, perché questi “non hanno valore di fonte normativa e sono res inter alios acta, incapaci dunque di pregiudicare una facoltà che deve intendersi riconosciuta dalle fonti esaminate”.

Inoltre pur confermando di non poter interferire con l’autonomia organizzativa delle scuole, riconoscendo la necessità di dettare regole di coesistenza nell’uso del refettorio ove si escluda il pasto comune, è proposta la divisione in due ali o l’avvicendamento di gruppi di utenti.

Con riferimento alle polemiche riguardo alle possibili presunte “contaminazioni” del pranzo del servizio mensa, che pure peraltro utilizza diversi menù alternativi, si evidenzia che il Tribunale di Torino pone la questione igienico-sanitaria considerando anche la salute dello studente che sceglie di non avvalersi del servizio di refezione offerto e consuma il pasto domestico a scuola.

Invero il rispetto degli standard HAACP previsti dal regolamento UE n. 852/04 gravano sull’appaltatore. Del pari, il Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale all’art. 1 comma 2 lettere a) e b) ne esclude l’applicazione alla “produzione primaria per uso domestico privato”o ed alla “preparazione, alla manipolazione e alla conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato”.

Profeticamente le Linee Guida per l’educazione alimentare affermano che ove la famiglia viene “esclusa dal percorso educativo scolastico, può assumere atteggiamenti negativi o contraddittori che, partendo da una sorta di scetticismo, possono favorire, al suo interno, stati di insofferenza fino a portarla ad entrare in competizione con l’ambiente scolastico. Al contrario, la collaborazione attiva e partecipe delle famiglie all’attività di Educazione Alimentare costituisce un elemento trainante per il suo successo”.

Ciò dovrebbe coerentemente indurre a desistere dal perseverare nella via giudiziaria. Ormai il dado è tratto ed il diritto riconosciuto. E’ tempo di trovare soluzioni condivise e non di invocare interventi legislativi che peraltro ben difficilmente potrebbero imporre un servizio a pagamento.

E’ una deriva pericolosa questa per la quale, prendendo atto del fallimento di ogni attività di mediazione, neanche realmente realizzata, il conflitto tra scuola e famiglia debba risolversi inevitabilmente nelle aule di tribunale. E tanto non avviene solo per le mense.

Ci si lamenta spesso della circostanza che gruppi di whatsapp o di facebook oramai sono diventati luogo preferito di intense comunicazioni delle famiglie. Eppure in questi anni cosa è stato fatto per migliorare la comunicazione all’interno della scuola?  Neanche si favorisce il collegamento territoriale e gli effetti sono dinanzi ai nostri occhi. Peraltro ancora si attende la annuale circolare ministeriale per le elezioni degli organi collegiali.

Cosa accadrà lo diranno i posteri, ma intanto gli alunni sono rientrati a scuola, si auspca sempre con serenità.