L’Onu sbaglia: l’amministratore di sostegno non va eliminato

Vita.it del 20-09-2016

L’Onu sbaglia: l’amministratore di sostegno non va eliminato anzi ne mancano 500mila

di Sara De Carli

Il Comitato di esperti dell’Onu ha raccomandato all’Italia di superare non solo interdizione e inabilitazione ma anche amministrazioni di sostegno. Una svista basata sulla mancata comprensione dell’istituto, per molti esperti italiani. Sergio Silvestre, presidente di AIASS, dà per la prima volta i dati di una ricerca inedita: almeno mezzo milione di italiani avrebbero bisogno di essere affiancati con questa protezione giuridica e sono invece lasciati soli.

In Italia ci sono almeno mezzo milione di persone con una qualche fragilità – persone con disabilità ma anche anziani – che avrebbero bisogno di una protezione giuridica, anche temporanea e invece non l’hanno. Sono lasciati soli con le loro fragilità, senza nessuno che li accompagni – li accompagni, si badi bene, non si sostituisca a loro – non tanto nella ordinaria quotidianità quanto negli snodi più complessi, come un contratto da firmare o le questioni patrimoniali. La denuncia arriva da Sergio Silvestre, presidente di CoorDown e della giovanissima AIASS-Associazione Italiana Amministratori di Sostegno Solidali: in Italia mezzo milione di persone dovrebbe avere l’amministrazione di sostegno e invece non l’ha. Lo sbalorditivo numero, Silvestre lo ha portato alla V Conferenza Nazionale sulle Politiche sulla Disabilità, appena tenutasi a Firenze. Ma come si arriva a quel numero?

«Come associazione AIASS abbiamo realizzato insieme all’Istat e al Tribunale di Pordenone un’indagine statistica, la prima in Italia, sull’utilizzo dell’amministrazione di sostegno, una figura che in Italia esiste da oltre dieci anni, istituita con la legge n. 6/2004», spiega Silvestre. Perché Pordenone? Perché questo è uno dei tribunali che ha più creduto in questa figura, perché sono state create da anni le condizioni per mettere insieme tutti i soggetti coinvolti (aziende sanitarie, comuni, terzo settore), perché c’è una legge regionale che riconosce l’amministratore di sostegno volontario e un albo di volontari formati, perché qui ci vogliono 90 giorni per chiudere la pratica, mentre in altre parti d’Italia si arriva anche a un anno, perché qui davvero come prevede la legge per la presentazione del ricorso non è necessaria l’assistenza di un avvocato, mentre ci sono tribunali che lo richiedono… il risultato è che questo territorio, in rapporto ai suoi abitanti, ha 4mila pratiche di amministratori di sostegno in essere, cinque volte più della media nazionale. «Questo territorio in un certo senso è l’optimum, il come dovrebbe essere il panorama con la legge a regime», sintetizza Silvestre. L’idea quindi è quella di analizzare le 4mila pratiche di amministratore di sostegno in essere a Pordenone: da lì fare un quadro di quello che potrebbe essere l’Italia se la legge del 2004 fosse compiutamente attuata e misurare il gap.

L’analisi è in atto (sono state analizzate 2mila pratiche su 4mila), ma il quadro che emerge per Silvestre «è chiaro». Il primo dato è l’incidenza del numero di amministratori di sostegno sulla popolazione: 1,34 ogni 100 abitanti. «Facendo la proiezione sull’Italia significa che, se ovunque la legge fosse applicata come a Pordenone, in Italia dovrebbero essere attive un po’ più di 800mila pratiche di amministrazione di sostegno. Sa quante sono invece? 180mila». Cosa vuol dire? Che 600mila cittadini (persone con disabilità ma non solo, la mappatura di Pordenone rivela che solo un terzo delle pratiche attive riguarda persone con disabilità, la stragrande maggioranza riguarda ultraottantenni) «avrebbero la necessità di avere una protezione giuridica, anche minima, anche temporanea, anche flessibile, così come è l’amministratore di sostegno, e invece non ce l’hanno». Forse hanno ancora le vecchie misure di protezione, le interdizioni e le inabilitazioni, purtroppo ancora diffuse? «No, quelle attivate ex novo in questi ultimi dieci anni sono 40mila».

Se quindi servirebbero più amministrazioni di sostegno, perché il Comitato Onu che monitora paese per paese l’attuazione della Convenzione Onu sulle persone con disabilità (Committee on the Rights of Persons with Disabilities -CRPD) ci ha appena bacchettato anche su questo, chiedendoci nelle sue recenti raccomandazioni (le ha commentate qui Giampiero Griffo) di superare il meccanismo dell’amministratore di sostegno, nell’ottica di supportare invece l’autonomia, l’autodeterminazione e l’autorappresentanza delle persone con disabilità?

«L’autorappresentanza è un principio intoccabile, ma non è assolutamente contraddetta dall’istituto dell’amministrazione di sostegno, che è anzi una figura molto innovativa e flessibile, può essere attivata anche solo per un atto specifico, ad esempio un contratto o per la firma di documenti che riguardano il patrimonio», spiega Silvestre. «Il comitato è stato molto duro con l’Italia nei punti 27 e 28 delle sue osservazioni, chiedendo di eliminare tutte le norme che limitano l’autonomia e l’autorappresentanza e inserendo fra queste non solo l’interdizione e l’inabilitazione ma anche l’amministrazione di sostegno. Siamo rimasti tutti molto stupiti, spiazzati: ma come è possibile, l’Italia dovrebbe essere premiata per aver introdotto questo strumento!», commenta Silvestre. Di «incomprensione» da parte degli esperti di Ginevra ha paralto ad esempio Daniela Ricciuti in un recente articolo, affermando che «il Comitato di esperti di Ginevra non ha colto nel segno laddove ha assimilato l’Amministrazione di Sostegno all’interdizione, mostrando di non conoscere i due istituti e le profonde differenze che li dividono e contrappongono».

Forse è solo un problema di linguaggio, forse al Comitato non è chiaro ciò di cui stiamo parlando, forse non hanno compreso bene o non gli è stato spiegato bene, «spero però che l’Italia ora avrà modo di chiarire questo punto. Perché su interdizione e inabilitazione siamo tutti d’accordo, sono anni che chiediamo di eliminarli dal Codice Civile, essi tolgono tutti i diritti alla persona, il tutore fa tutto in nome e per conto della persona interdetta, peraltro in maniera irreversibile, mentre l’amministrazione di sostegno è flessibile, può valere solo per alcuni atti e non per altri, può essere revocata, è stabilita con il giudice in base alle capacità residue, che non vengono mai tolte, sono figure di affiancamento e non di sostituzione, questa è la diversità dai precedenti istituti… Il Governo italiano deve chiarire», spiega ancora Silvestre.

Nel frattempo, stante la purtroppo applicazione disomogenea dell’amministrazione di sostegno, sono in arrivo delle Linee guida per la corretta applicazione della legge: «Le sta stendendo il professor Paolo Cendon del Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, saranno pronte entro inizio 2017: sarà una guida pratica per le istituzioni, i servizi sociali, le famiglie», anticipa Silvestre.