Professione disability manager: “Cosi’ si combattono le discriminazioni”

Redattore Sociale del 20-10-2016

Professione disability manager: “Cosi’ si combattono le discriminazioni”

Architetti, medici, fisiatri, avvocati, assistenti sociali formati per raccogliere le istanze e favorire l’accessibilità: sono 150 in Italia quelli che aderiscono a SIDiMa. Testa (disability manager di Alessandria): “Spero in una legge che vincoli tutti i comuni con più di 50 mila abitanti a dotarsi di questa figura”.

BOLOGNA. Formazione, retribuzione e un budget a disposizione: secondo Rodolfo Dalla Mora, architetto e presidente di SIDiMa, la Società italiana disability manager, sono queste le tre caratteristiche che vanno a comporre proprio la figura del disability manager, apparsa per la prima volta nel 2009 nel “Libro bianco su accessibilità e mobilità urbana” firmato dall’allora ministro delle Politiche sociali Maurizio Sacconi. Ma cosa sono i disability manager? Sono professionisti con il compito di raccogliere le istanze dei cittadini con disabilità e delle loro famiglie, di attivare il lavoro in rete con tutti i soggetti coinvolti, di mettere in atto ogni azione volta a favorire l’accessibilità e a evitare le discriminazioni.

“Il disability manager è una competenza aggiuntiva che integra una professionalità: SIDiMa è nata nel 2010, e oggi abbiamo 150 associati sparsi in tutta Italia, numero in costante crescita. Siamo architetti, medici, fisiatri, avvocati, assistenti sociali. Professionisti che hanno seguito – per noi è obbligatorio – un apposito corso universitario di perfezionamento, tecnici di alto livello che rispondono direttamente al sindaco o al direttore generale, membri dei loro staff e, come tutti i tecnici, remunerati. Dei nostri associati sono meno della metà quelli con disabilità, tra cui me, che sono su una sedia a ruote: non serve essere disabili per occuparsi di disabilità, serve ‘solo’ essere adeguatamente formati”. SIDiMa, infatti, patrocina il Corso di perfezionamento in disability manager dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: “Siamo aperti a collaborazioni con altre università, magari nel sud, per offrire a tutti le medesime possibilità: naturalmente, chiediamo che la formazione sia affidata a organi istituzionali, non a enti privati”. Il disability manager, secondo i criteri di SIDiMa, deve avere una propria autonomia e una reale capacità d’azione, con un budget a disposizione. Da normativa, non è un ruolo politico, non può essere un volontario né può essere una persona che agisce in rappresentanza di qualche associazione.

Dalla Mora è disability manager in due strutture ospedaliere (l’Ospedale riabilitativo di Motta di Livenza e il Ca’ Foncello di Treviso), assunto regolarmente a tempo indeterminato: “Per loro lavoro part time: aiuto i pazienti e le loro famiglie a valutare come adattare la casa secondo le loro nuove esigenze. Nel resto del tempo faccio l’architetto: molti di noi hanno scelto di portare avanti anche la propria professionalità, proprio per non interrompere la crescita”. I campi d’azione dei disability manager sono molteplici: “L’accessibilità è uno degli aspetti chiave, ma pensiamo anche alle politiche sociali, a quelle per la mobilità, per la casa, per l’inclusione scolastica o l’inserimento lavorativo. Mi piace pensarci come direttori d’orchestra chiamati a fare rete”.

Sono soprattutto le aziende private (spesso ospedali) che hanno scelto di dotarsi di questa figura, ma c’è anche qualche comune: “Ad oggi c’è Alessandria, e stiamo lavorando con Cremona. Nel pubblico il disability manager è il braccio armato della consulta, sintesi delle associazioni sul territorio: a noi il ruolo di anello di congiunzione tra lei e l’amministrazione”.

Paola Testa fino al 2010 è stata mobility manager del comune di Alessandria: dopo la pubblicazione del “Libro bianco” è diventata disability manager. “Il consiglio ha subito pensato a me – racconta –, forse perché, avendo un figlio autistico, hanno pensato avessi una sensibilità particolare. È stato comunque istituito un concorso, che ho vinto anche grazie ai corsi fatti nel corso degli anni. Ho frequentato il corso di perfezionamento alla Cattolica e, dopo avere superato l’esame, ho contattato SIDiMa. Ed eccomi qui”. Testa, architetto, racconta di un lavoro a 360 gradi, portato avanti in autonomia rispetto agli altri servizi del comune e in collaborazione con tutte le associazioni del territorio. “Qual è il mio lavoro? Fare cultura, per un abbattimento, in primis, delle barriere mentali. Andiamo nelle scuole, da quelle dell’infanzia alle università, organizziamo conferenze, eventi letture. L’Azienda ospedaliera, quella sanitaria locale, la Provincia, la Regione, le case popolari hanno tutte un referente che si rapporta con me e il mio staff”.

Testa spiega di avere voluto concentrarsi su alcuni ambiti specifici: il commercio, perché le attività capiscano come facilitare la vita alle persone con disabilità (evitando i gradini all’ingresso, per esempio); il turismo accessibile (anche grazie a corsi di accoglienza ai tassisti per tutte le forme di disabilità); la mobilità urbana (barriere architettoniche, dehor, lavori stradali inclusi); lo sport per tutti (grazie anche alla collaborazione con il Centro riabilitativo Borsalino, con il suo giardino botanico e la sua pista d’atletica per tutti).

Quanto è importante il ruolo del disability manager? “Ritengo sia fondamentale, ma è indispensabile avere l’umiltà di chiedere e di farsi spiegare da tutti di cosa hanno bisogno. Spero che presto Roma si decida a scrivere una legge che vincoli i comuni con più di 50 mila abitanti a dotarsi di questa figura. L’80 per cento delle persone con disabilità sono relegate nell’isolamento. Pochi anni fa era il 95 per cento, ma di certo non è sufficiente: non osano chiedere e non hanno contatti con le opportunità che, invece, devono essere offerte a tutti. È necessario cominciare a vedere la disabilità come un’occasione di investimento, anche economico. Pensiamo a un matrimonio con 300 invitati di cui 3 in carrozzina: quale location sceglieranno? Quella che è adeguata anche agli ospiti con disabilità: non è un buon modo di fare affari?”. (Ambra Notari)