Un passato liberato
di Antonio Stanca
Alessandro Barbero è professore ordinario di Storia Medievale presso l’Università del Piemonte Orientale a Vercelli. Oltre alla storia medievale i suoi studi riguardano pure la storia militare e molti saggi ha pubblicato su questi argomenti. Tra gli altri sono comparsi quelli su Carlo Magno, sulle guerre in Europa, sulla battaglia di Waterloo, sulle invasioni barbariche, sulla battaglia di Lepanto fino al più recente dedicato alla storia dell’Impero ottomano e intitolato Il divano di Istanbul. E’ stato pubblicato nel 2015 dalla casa editrice Sellerio di Palermo (pp.207, € 13,00).
Barbero collabora con giornali e riviste e partecipa a trasmissioni televisive quali “Superquark”, “a.C. d.C.” e “Il tempo e la storia”. E’ anche autore di romanzi storici e nel 1996 il suo Bella vita e guerre altrui di M.Pyle gentiluomo ha vinto il Premio Strega ed è stato tradotto in sette lingue.
Molti sono gli interessi del Barbero che, nato a Torino nel 1959 e qui laureatosi nel 1981, ha cominciato d’allora con l’attività di ricercatore di storia medievale e in seguito con quella di scrittore di romanzi. Un’attività particolarmente intensa che lo ha fatto diventare un docente universitario e l’autore di molte opere storiche, di molti interventi su giornali, riviste e in televisione e di alcuni romanzi.
Nel 2005 è stato nominato Cavaliere dell’Ordre des Arts et des Lettres.
Nel recente Il divano di Istanbul compie un’operazione molto interessante, percorre la storia dell’Impero ottomano dagli inizi nel XIV secolo alla fine nel XX secolo, dalla sua nascita sulle rovine dell’Impero romano d’Oriente alla sua decadenza, da quando Costantinopoli si chiamava Bisanzio a quando si sarebbe chiamata Istanbul. Era stato un impero fondato da popoli nomadi che, a cavallo e armati di arco e frecce, si spostavano in continuazione con le loro mandrie di buoi e di cavalli. Da quei tempi remoti, da quando nel Trecento la dinastia ottomana aveva cominciato ad espandere i suoi possedimenti verso l’Anatolia, attuale Turchia, e verso i Balcani, il Barbero muove nel suo libro e giunge ai tempi moderni soffermandosi su ogni particolare di un avvenimento così importante, di un fenomeno storico così esteso, sulla varietà di popoli, stati, lingue, religioni, tradizioni, culture che avevano costituito l’Impero ottomano. Era stato un impero multietnico, multireligioso, aveva compreso l’intera aera dell’Asia Minore, si era formato tra Occidente ed Oriente, tra Europa ed Asia, i suoi confini erano andati da Algeri alla Mecca, da Baghdad a Belgrado. La stessa capitale, Costantinopoli, sede del palazzo del sultano, cioè dell’imperatore, delle sue donne, dei suoi domestici e del suo corpo diplomatico, era duplice: a nord il Bosforo conduceva verso il Mar Nero e l’Asia, a sud verso il Mar di Marmara, il Mediterraneo e l’Europa. Anche la posizione della capitale era significativa dei due mondi, delle due civiltà che componevano l’Impero.
L’Islam era la religione ufficiale di un Impero dove il sultano era anche il califfo, cioè la massima autorità religiosa, dove i funzionari politici, i magistrati erano anche capi religiosi, dove non si distingueva tra politica e religione e, in mancanza di un clero, gli imam erano le guide spirituali che operavano presso il popolo e guidavano alla preghiera. Non solo quella islamica, però, era la religione praticata ma anche altre come il cristianesimo e l’ebraismo erano diffuse e venivano tollerate diversamente da quanto succedeva nell’Europa Occidentale dove l’Islam era vietato e perseguitato, dove agivano i tribunali dell’Inquisizione. Gli ottomani rispettavano la fede, e non solo, dei popoli sottomessi. A Costantinopoli insieme alle moschee c’erano chiese e sinagoghe e questa è solo una delle tante differenze tra l’Impero e l’Europa, tra l’Oriente e l’Occidente di allora, tra musulmani e cattolici ed ebrei. Altre, molte altre sono state rilevate dal Barbero nel suo libro, che oltre a dire della storia dell’Impero, delle sue origini, della sua formazione, della sua espansione, dei suoi grandi personaggi, dei suoi memorabili eventi, delle sue epiche vicende, delle sue date storiche, dei suoi intrighi, dei suoi segreti, dei suoi eserciti, delle sue flotte, delle sue guerre, delle sue battaglie, delle sue conquiste, degli usi, dei costumi, della vita, della cultura dei suoi popoli, dice pure delle tante differenze che esistevano con l’Occidente europeo. Un confronto continuo compie lo studioso mentre ricostruisce i molti secoli della storia ottomana, un confronto che fa durare per tutti questi secoli durante i quali in Oriente si rimase unici mentre in Occidente si verificarono tanti cambiamenti nella politica, nell’economia, nella cultura. E’ questa una grande differenza tra le due realtà ed un’altra ancora, molto importante, il Barbero indica nella mentalità, nel costume degli orientali. Se rispetto all’Occidente questi rimasero arretrati riguardo alla tecnologia, al sistema finanziario, bancario e ad altri aspetti della vita individuale, sociale, militare, lo superarono nel modo d’intendere, di essere, di fare, di stare. Più aperti, più disposti si mostrarono gli orientali verso l’esterno, verso l’altro, verso quanto di nuovo, di diverso giungeva loro si trattasse di persone o cose, pensieri o azioni. Nell’Impero ottomano gli stranieri trovavano ospitalità, potevano inserirsi senza problemi nei suoi ambienti, tra i suoi abitanti, potevano fare fortuna, carriera, raggiungere alti livelli sociali, diventare comandanti militari, funzionari, ministri dell’imperatore. Più che in Occidente in Oriente contava, veniva apprezzato il merito qualunque fosse la provenienza di chi lo possedeva e questa è una nota molto positiva della civiltà musulmana.
Più civili , più moderni degli europei sono stati gli ottomani dei secoli scorsi se si pensa che ai popoli sottomessi durante le loro conquiste diedero la possibilità di continuare non solo con la loro religione ma anche con tutto ciò che aveva fatto parte della loro vita, se si tiene conto che molti dei notabili operanti a Costantinopoli intorno al palazzo imperiale, molti dei capi militari furono di origine diversa da quella musulmana, furono persone cadute prigioniere o figli di queste, vennero dalle popolazioni conquistate. Molte erano quelle popolazioni e operando in questo modo gli ottomani sono stati capaci di governarle, di far durare per secoli il loro immenso impero. Lo hanno reso unico e multiplo, lo hanno fatto agire da solo e per tutti, lo hanno popolato di gente che solo per metà era musulmana, lo hanno fatto diventare per i poveri d’Europa un punto di riferimento, un posto da raggiungere dove non sarebbero stati trattati come servi ma avrebbero avuto un’alimentazione ed una casa assicurate.
E’ un attributo degno di lode quello che l’opera del Barbero procura ai vecchi popoli del Medio Oriente, è una verità che li libera da quanto di negativo, di pauroso si era formato nell’opinione pubblica occidentale riguardo alla loro storia e altro merito dello studioso sta nell’essere riuscito ad ottenere tanto tramite un linguaggio così chiaro, così semplice, così discorsivo da far assumere a luoghi, tempi, personaggi remoti connotati che li animano, li fanno sembrare vicini quasi fossero quelli di un romanzo.
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