Conversando…

Conversando con due amici di Facebook!

di Maurizio Tiriticco

 

L’amico Filippo, a proposito dell’alternanza scuola/lavoro, che io preferisco chiamare “continuità”, ha scritto su FB: “Mandare i ragazzi delle superiori a “fare esperienza” al Mc Donald’s? E questa sarebbe un’esperienza formativa? Impiegare il proprio tempo a confezionare hamburger? Invece di rafforzare l’istruzione dei nostri ragazzi, invece che affinare la qualità dei laboratori di formazione dentro e fuori la scuola, invece di garantire a tutti gli studenti l’autonomia di linguaggio, di conoscenze e di pensiero, li mandiamo a friggere gratis le patatine? Per impicciarli con dei distratti avventori e con l’apoteosi del nulla alimentare? Non c’è dunque fine al ridicolo? Ci vada il ministro a prendere le ordinazioni, e porti con sé quei presidi e quegli insegnanti eccitati a raccogliere l’acqua del mare col setaccio”. Ed io così rispondo.

Caro Filippo! Non sarei così pessimista riguardo al nostro futuro! Ricordo che Aldo Visalbeghi in un suo libro – non chiedermi il titolo, perché dovrei ricercarlo – sosteneva proprio questo: se tutti studiassero e si laureassero, avremmo un esercito di dottori e nessuno accetterebbe più un lavoro “manuale”. Ma ciò farebbe proprio orrore??? Infatti, aggiungeva che, una volta che tutti avessero studiato, i lavori manuali sarebbero stati distribuiti equamente tra tutti per alcuni periodi dell’anno. Ovviamente un’utopia, un po’ come il comunismo (“a ciascuno secondo i suoi bisogni”), ma con il suo fondamento teorico!

Ricordo che, da piccolo, quando passeggiavo con la mamma e passavamo dinanzi a un palazzo in costruzione, lei “piccolo borghese” – senza alcuna offesa (già più di mezza Italia allora era tale… ed ora sembra che nessuno abbia più un’identità di “classe sociale”, e forse è anche un bene) – indicandomi gli operai al lavoro, mi diceva: “Vedi, Maurizio, se non studi, andrai a fare il muratore”. La paura fece novanta ed io ho studiato, anche se di mala voglia. Ora, però, è tutto cambiato. Il contadino e l’operaio di un tempo non esistono più: le tecnologie hanno permesso una progressiva liberazione dal lavoro soltanto manuale, estremamente faticoso. Io, come ispettore e formatore, ho lavorato anni sia nelle formazione professionale regionale che nell’istruzione professionale statale: percorsi di tutto rispetto. Quando con il Direttore Generale Giuseppe Martinez alla Formazione Professionale statale nel primo biennio, con il “Progetto 92”, implementammo le ore delle discipline letterarie, alunni e genitori ci contestarono: “Mi fijo deve annà a lavorà! Perché je fate perde tempo co’ materie che nun je serveno a gnente?” Ma noi resistemmo e avevamo ragione! I cuochi o i camerieri formati dalla FP vanno sulla navi e guadagnano un pacco di soldi! E parlano un buon italiano e un ottimo inglese.

A questo proposito, Agata osserva che “vogliono preparare i nostri ragazzi alla realtà: il pasto è servito! Con il tovagliolo al braccio e il sorriso stanco stampato in faccia… ecc”, risponderei che non è affatto così! In effetti, il sorriso stanco è anche del chirurgo che ha affrontato un’operazione o di un giudice dopo ore di camera di consiglio o anche di un prof dopo cinque ore di lezione! E si tratta di una stanchezza più che giustificata. Cari amici! Il problema é un altro ed è nella sfida che abbiamo lanciato al Paese, alla scuola, o meglio a tutte le “istituzioni scolastiche autonome” e a noi stessi, quando abbiamo scritto nel lontano 1999 sul dpr 275, art. 1, c. 2: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il SUCCESSO FORMATIVO, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”.

Ed il successo formativo è una sfida che abbiamo lanciato non solo alla scuola, ma all’intero Paese e a tutti i suoi cittadini! Quale rabbia, quale sconforto lamenti, Agata!?!?!? E perché? Mah!!! Rimbocchiamoci le maniche e facciamo il nostro lavoro di insegnanti con tanto di dottrina – che parola grossa – e di responsabilità professionale. E, soprattutto, cerchiamo di dare fiducia a tanti ragazzi che il mondo di oggi rende sempre più insicuri e sfiduciati! Schiacciati sull’eterno presente dei cellulari e dei selfie. Ma la sfiducia e la rassegnazione non può e non deve essere nostra! Perché noi siamo insegnanti. E dobbiamo confrontarci con l’insicurezza e la sfiducia dei nostri alunni. A noi è concesso soltanto di arrabbiarci quando leggi inique ci cadono addosso. Ma, siccome siamo in democrazia, l’importante è organizzarsi per contestarle! E lo facciamo! E Facebook è una palestra in cui ci si può confrontare ed allenare per rendere più incisive le nostre battaglie!

Ed infine, ricordo a Filippo che io confeziono spesso hamburger, perché li preferisco alle classiche fettine, sempre dure da masticare! Almeno per me, povero vecchietto! Però anche tu… chissà quante volte hai confezionato hamburger!