“Ternitti”, un romanzo di Marco Desiati
Oscar contemporanea Mondadori 2012
di Mario Coviello
Un lunghissimo fiume ha attraversato la frontiera tra Italia e Svizzera, negli anni settanta. Una marea di uomini e donne che dalla Calabria, dalla Sicilia e dalla Puglia andavano a lavorare nelle fabbriche svizzere.
“Ternitti” è la storpiatura dialettale per “eternit”, la fibra d’amianto che veniva colata incandescente negli stampi, e la cui lavorazione spargeva nell’aria migliaia di sottilissimi aghi letali.
Ma “ternitti” è anche una parola salentina per indicare il tetto, ciò che sta sopra le nostre teste, e in quella paradossale, involontaria, tremenda ironia si cela parte dell’ambiguità che rende efficace il racconto di Desiati.
” Tra il 1960 E IL 1980 quasi duemila abitanti tra i comuni del Capo di Leuca hanno lavorato nella fabbrica d’amianto di Niederurnen, nel Cantone Glarus in Svizzera. La maggior parte di loro oggi sono morti o ammalati. Solo in poche decine hanno chiesto pensioni e sussidi o hanno fatto domande di risarcimento. E’ questo il motivo per cui non esistono dati ufficiali di quella che risulta la più grande e silenziosa tragedia dell’emigrazione.” Così scrive Desiati nei ringraziamenti e questo romanzo vuole essere un atto di risarcimento per quelle morti.
“Ternitti” è la storia di una generazione che fece di necessità virtù, e che un tetto sulla testa, per quanto misero, lo poté avere solo grazie a quel lavoro, a contatto per decenni con l’amianto. Comprate questo romanzo che costa solo nove euro e cinquanta centesimi e leggetelo come una fiaba dolce e amara. Lasciatevi trasportare dal linguaggio mitico e poetico del giovane Marco Desiati e affascinare da Mimì, donna forte, magica, che parla con i morti, ama le processioni e porta le” parmasie” ,il pranzo ai parenti dei defunti. Ternitti è un romanzo di amore e morte, una morte terribile, lenta, lancinante, la morte per usbetosi, quella causata dalle polveri di amianto.
La famiglia Orlando, padre, madre e due figli con molte altre arriva in Svizzera nel 1975 nella “casa di vetro”, il grosso capannone gelido che accoglie i lavoratori della fabbrica di amianto in attesa dell’assegnazione di casette di legno. Nel capannone gli spazi sono divisi da tende. Le aree sono delimitate quella dei calabresi ben distinta da quella dei pugliesi. Mimì ha 15 anni, è piccola, minuta, con i capelli corvini, e possiede un anello “magico”, un turchese che le ha regalato una zingaro alla festa del paese. Mimmì si innamora di Ippazio che ha vent’anni e i due si toccano al buio, alla luce di fiammiferi.
Mimì incinta rimane sola perché Ippazio scappa. Lei torna al mare della Puglia con la figlia Arianna che cresce da sola mentre lavora in una fabbrica di cravatte. E la vita si dipana fra incontri e lotte, processioni e riti. Mimì rimane se stessa, non perde la sua libertà e il gusto della vita e solo dopo 256 pagine ritroverà il suo “ Pati”, che finalmente avrà il coraggio di amarla. Mimì è una eroina dei nostri giorni che non teme la paura, la fatica, la bellezza e la sua avvenenza; che non teme le malelingue che la perseguitano, gli uomini che la corteggiano e che non teme neanche la morte che le ruba le persone care: lei continua a vivere per il suo sogno. Mimì sa andare contro corrente, ma ha un cuore generoso, mantenuto vivo dal suo rapporto con le madri, gli antenati e soprattutto da una sincerità di affetti
Ho amato questo romanzo perché mi ha ricordato le vacanze in Puglia a Leuca, Presicce. Il mare celeste, le notti stellate, gli scogli, il vino, i pomodori secchi,i dolci, il caldo mitigato dal vento.
La passione muove la scrittura di Desiati, le parole restituiscono gli odori della terra e trascinano e coinvolgono: la passione per gli eventi raccontati, per i luoghi, per la forza delle donne protagoniste.
Ancora una volta vi consiglio un romanzo di donne madri, figlie, amanti e di uomini che non sanno amare fino in fondo, che non si lasciano andare, che hanno paura di nuotare…
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