La Maraini spiega come…
di Antonio Stanca
Ha ottant’anni e all’attività di poetessa, scrittrice, saggista, drammaturga sceneggiatrice ha sempre unito un’altra di carattere didattico, pedagogico. Ha scritto anche libri per ragazzi, ha diretto laboratori di lettura, di scrittura, ha promosso servizi educativi e formativi, sempre si è impegnata per far sapere, far giungere agli altri quanto avveniva nell’ambito della cultura, della letteratura, della storia, della società, del costume, dell’ambiente. Sempre ha cercato lo scambio, il confronto tra la sua condizione e quella degli altri. Da questi propositi, da questo impegno sono venute alcune sue opere e la più recente può essere considerata Se un personaggio bussa alla mia porta, un brevissimo volume pubblicato quest’anno nelle edizioni Rai Eri di Roma (pp.76, € 12,00).
Lei è Dacia Maraini, figura oltremodo nota negli ambienti artistici non solo italiani. Nata a Fiesole nel 1936, ha avuto un’infanzia e un’adolescenza difficili. Molti problemi ha attraversato la sua famiglia che faceva parte dell’alta società e nella quale Dacia era la primogenita. In posti diversi e lontani aveva risieduto la famiglia e nel 1954, quando aveva diciotto anni e i genitori si erano separati, la ragazza si stabilirà con il padre a Roma. Qui farà il suo esordio nella narrativa con il romanzo La vacanza del 1962, al quale seguirà nel 1963 L’età del malessere, opera che la segnalerà alla critica e al pubblico. A Roma la Maraini avrebbe cominciato la sua attività che sarebbe stata lunghissima e composta di tanti elementi. Tante forme avrebbe assunto la sua scrittura, in tanti generi si sarebbe espressa, tante situazioni, tante vite avrebbe rappresentato, tanti personaggi avrebbe creato, tanto successo avrebbe avuto, tanti riconoscimenti avrebbe ottenuto.
Tema ricorrente nelle sue opere sarebbe stato quello della condizione femminile, dello stato di frustrazione, di alienazione al quale è condannata la donna ancora oggi, della necessità per lei di riscattarsi, liberarsi da esso, di acquistare fiducia in sé stessa, di diventare autonoma.
Tutta la seconda metà del secolo scorso e l’inizio di questo avrebbe percorso la Maraini con le sue opere di poesia, di narrativa, di teatro, di cinema, di saggistica, con la creazione di programmi televisivi, con la conduzione di laboratori, di seminari volti a istruire, sensibilizzare, formare. Ovunque sarebbe stata presente, sempre si sarebbe messa a disposizione degli altri, avrebbe diviso con loro quello che era suo. Non si sarebbe isolata, non avrebbe fatto del suo lavoro l’unico interesse, non lo avrebbe considerato un privilegio giacché importante per lei era pure il contatto con gli altri, fossero ragazzi, giovani, adulti, uomini o donne. Bisogno aveva di avviare una comunicazione, una corrispondenza nella quale s’incontrassero, si conoscessero, si confrontassero le sue e le loro esperienze, le sue e le loro opinioni, la sua e la loro vita.
Umile, modesta è stata la Maraini donna, semplice, chiara l’artista e tanto da aver voluto con questo opuscolo spiegare come si genera, prende forma, si sviluppa, si esprime ogni sua opera. Artista è stata di quelli che si alimentano della realtà, della vita, della storia, non per rimanere in esse ma per costruirle, plasmarle, rappresentarle, esprimerle nei modi, nelle forme che servono a superarle, trascenderle, tradurle in un messaggio, in un simbolo, in arte appunto. E’ un processo, quello che si avvia nella Maraini di ogni opera, legato alle sue capacità di immaginazione, osservazione, creazione.
Sempre dalla realtà è stata lei mossa a concepire un’opera, sempre da una situazione, da una visione, da un evento, da una vicenda si è sentita ispirata, invasa da quello spirito che avrebbe fatto perdere i contorni, i limiti a quanto visto, sentito, saputo, lo avrebbe tradotto nei termini di un romanzo o di un dramma o di un componimento poetico, avrebbe fatto diventare di tutti quel che era solo di pochi.
Chiarisce poi, nel libro, che la differenza tra il prodotto narrativo, quello teatrale e quello poetico sta nella loro espressione più lenta, più articolata, più lontana quella della narrativa, più immediata, più vicina quella del teatro, unica, invariabile quella della poesia. Ed ancora spiega cosa succede se la narrazione è in prima o in terza persona dal momento che limitati sono nel primo caso gli spazi riservati all’autore, ridotte le sue possibilità d’intervenire. Riguardo, infine, alla lingua da usare nell’opera artistica la Maraini fa sapere che anch’essa deve risultare liberata dalle scorie del quotidiano anche se non al punto da riuscire raffinata, preziosa. Non è facile come nessuna delle altre operazioni lo è e tutte spettano a chi scrive, non a chiunque scrive ché tanto si scrive e si stampa oggi in Italia, ma a chi scrive da scrittore, da poeta, da drammaturgo, a chi scrive da artista.
Come fa l’artista, cosa significa essere artista ha voluto chiarire la Maraini con questo lavoro. Ha preso le mosse dalle sue esperienze, dalla sua maniera ed ha confermato delle regole, dei principi che nessun artista può pensare di non rispettare pena la sua esclusione, la sua impossibilità di essere tale.
Una lunga, ampia lezione ha voluto fare, una lezione che l’ha mostrata coinvolta in prima persona, impegnata a ripercorrere le sue esperienze, a rifare la strada che da bambina in pena l’ha fatta diventare Dacia Maraini.
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