Docenti di seconda fascia e abilitazione precari al Senato

Il 28 febbraio l’Aula del Senato approva un ordine del giorno sui docenti di seconda fascia e sull’abilitazione degli insegnanti precari.


A conclusione della discussione di mozioni sui docenti di seconda fascia e sull’abilitazione degli insegnanti precari, l’Assemblea ha approvato l’ordine del giorno G1, sostenuto dai Gruppi PD, AP e ALA, nonché le mozioni riformulate dei Gruppi CoR e FI-PdL. Sono state invece respinte le mozioni dei Gruppi LN, SI-Sel e M5S.

Nella seduta antimeridiana dello scorso 21 febbraio le mozioni dei diversi Gruppi sono state illustrate, si è svolta la discussione e il rappresentante del Governo, in sede di espressione del parere, ha chiesto numerose riformulazioni.

Nella seduta odierna i sen. Francesca Puglisi (PD), Di Biagio (AP) e Barani (ALA) hanno presentato l’ordine del giorno G1 e hanno ritirato le mozioni nn. 697, 718 e 732. L’ordine del giorno impegna il Governo a proseguire il consolidamento, avviato con la legge di bilancio 2017, dell’organico dio fatto nell’organico dell’autonomia delle scuole che comprenda anche i posti di sostegno; a monitorare e censire le graduatorie ad esaurimento e di merito per determinare il fabbisogno di insegnanti, armonizzando le esigenze della fase transitoria con tempistiche e modalità del nuovo sistema di reclutamento; a definire misure per prospettare un percorso riservato semplificato di immissione in ruolo per insegnanti di seconda fascia delle graduatorie di istituto; a prevedere modalità di immissione in ruolo per docenti che abbiano maturato 36 mesi di servizio, modificando la fase transitoria prevista dallo schema di decreto legislativo all’esame delle Commissioni parlamentari; a determinare i posti a disposizione e la durata della fase transitoria; a garantire l’assunzione di insegnanti specializzati di sostegno.

Il Sottosegretario di Stato per l’istruzione De Filippo ha ricordato che nella legge di bilancio per il 2017 il Governo ha stanziato 400 milioni per il consolidamento dell’organico e che il piano straordinario di assunzioni ha permesso l’immissione in ruolo di 100.000 docenti; ha riconosciuto però che il problema del precariato non è stato risolto e gli iscritti alle graduatorie a esaurimento sono aumentati. Ha quindi evidenziato la necessità di un censimento, quale presupposto per modificare la fase di transizione, disciplinata dal decreto legislativo su formazione iniziale e reclutamento, prevedendo specifici percorsi riservati e semplificati.

Nella fase delle dichiarazioni di voto, il sen. Liuzzi (CoR) ha accolto le riformulazioni alla mozione n. 731, ma ha ricordato gli impegni che non sono stati accolti: una nuova programmazione domanda-offerta del sistema scolastico; la stabilizzazione dei docenti con incarichi di supplenza annuale e di tutti i posti di sostegno. Il sen. Centinaio (LN), invece, non ha accolto le riformulazioni alle mozioni nn. 589 e 590, insistendo sull’opportunità di una selezione di merito dei docenti. Il sen. Mario Mauro (GAL) ha annunciato voto contrario all’ordine del giorno G1, perché risponde a istanze clientelari e aumenta la confusione amministrativa. Le sen. Petraglia (SI-Sel) e Blundo (M5S) non hanno accettato le riformulazioni delle mozioni nn. 715, 716 e 704 e hanno espresso delusione: il Governo non segna una discontinuità rispetto alla legge n. 107 del 2015 e non assume impegni concreti sulla stabilizzazione dei docenti. Il sen. Marin (FI-PdL) ha giudicato generico e superficiale l’ordine del giorno G1, in quanto si limita a rinviare all’attuazione della legge n. 107 senza affrontare i problemi della continuità didattica, dei docenti che hanno seguito a proprie spese tirocini formativi, del numero di alunni per classe. La sen. Pelino (FI-PdL) ha accolto la riformulazione della mozione n. 730. I sen. Barani (ALA), Conte (AP) ed Elena Ferrara (PD) hanno annunciato voto favorevole all’ordine del giorno G1.


Scuola, Fedeli: “Bene ampia convergenza in Senato su precariato.
Ora lavorare tutti insieme per soluzioni condivise”

La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli esprime “piena soddisfazione” per la larga convergenza emersa in Senato sull’ordine del giorno di maggioranza sul personale della scuola che ha recepito le riformulazioni chieste dal Governo. “Questa convergenza – sottolinea Fedeli – risponde alla necessità di fare della scuola non un terreno di scontro politico, ma un tema su cui dibattere, partendo magari anche da posizioni distanti, con l’obiettivo comune di trovare soluzioni condivise ai problemi”.

“Con la legge 107, la Buona Scuola, sono stati fatti passi molto importanti sul tema del precariato – aggiunge Fedeli -. Attraverso il piano assunzionale straordinario del 2015 e il successivo concorso sono state date risposte attese per molti anni. Si è trattato di un’importante opera di stabilizzazione che ora proseguirà, come previsto dalla legge 107, attraverso il decreto attuativo che punta a rivedere il sistema di ingresso nella scuola, con una necessaria fase transitoria. Su questo testo lavoreremo insieme alle commissioni parlamentari, forti anche della convergenza che si è vista oggi in Senato, per continuare a dare risposte a chi le sta aspettando da anni e intanto disegnare un accesso alla professione docente che eviti, in futuro, di replicare errori che hanno lasciato per troppo tempo le docenti e i docenti nell’incertezza e le nostre ragazze e i nostri ragazzi senza la dovuta continuità didattica”.

 


Mozioni sui docenti di seconda fascia e sull’abilitazione degli insegnanti precari

(1-00589) (08 giugno 2016)

CENTINAIO, ARRIGONI, CALDEROLI, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI, TOSATO, VOLPI. –

Il Senato,

premesso che:

due terzi di insegnanti abilitati della seconda fascia di istituto non saranno stabilizzati con il nuovo concorso e, oltre a essere loro preclusa l’assunzione a tempo indeterminato, verrà loro presto negata anche la possibilità di utilizzare contratti a tempo determinato, pur avendo maturato diversi anni di esperienza, che a questo punto rischia di andare dispersa;

le graduatorie ad esaurimento (GAE) degli insegnanti precari, stando al Consiglio di Stato, sono liste a titolo concorsuale e questo dovrebbe valere anche per le graduatorie di istituto (GI) alla luce della sentenza n. 7773 del 15 febbraio 2012 del Consiglio di Stato, sez. VI, ribadito anche dalla sentenza n. 5795 del 24 novembre 2014;

quando le graduatorie permanenti sono state trasformate in graduatorie “ad esaurimento”, si sarebbe dovuto prevedere quantomeno la possibilità per i docenti delle GI di iscriversi a concorsi con cadenza almeno triennale e con un numero di posti a bando in grado di garantire un’adeguata immissione in ruolo di abilitati, mentre è stato bandito un solo concorso a cattedra per un numero di posti esiguo, tanto che nemmeno il piano straordinario di assunzioni è stato sufficiente a diminuire le supplenze nella scuola italiana;

il nuovo concorso, com’è noto, non coprirà l’intero fabbisogno e agli insegnanti abilitati presenti in seconda fascia di istituto continua a essere negata la possibilità di assunzione per scorrimento di graduatoria, poiché potranno entrare in ruolo solo attraverso il concorso, mentre continuano a essere assunti a tempo determinato per svolgere lo stesso lavoro, cosa peraltro praticabile solo fino al raggiungimento dei 36 mesi di servizio,

impegna il Governo a definire azioni precise atte a garantire un futuro, in troppi casi attualmente negato, ai docenti abilitati della seconda fascia di istituto.

(1-00590) (08 giugno 2016)

CENTINAIO, ARRIGONI, CALDEROLI, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI, TOSATO, VOLPI. –

Il Senato,

premesso che:

allo scadere della graduatoria, nel 2017, la terza fascia di istituto degli insegnanti precari sarà aggiornata per chi ne fa parte e chiusa a nuovi ingressi e, in assenza di misure transitorie (la possibilità di abilitarsi), gli iscritti saranno tenuti in un limbo lavorativo, per poi essere “spazzati via” dal limite dei 36 mesi per il rinnovo dei contratti a tempo determinato, previsto dalla legge n. 107 del 2015 (“Buona scuola”), anche se svolgono un servizio identico per mansioni e responsabilità a quello dei colleghi di ruolo;

per questi insegnanti servirebbe quindi un nuovo percorso abilitante speciale (PAS), in quanto tale percorso, a differenza del tirocinio formativo attivo (TFA), non prevede numero chiuso e comprende tutte le classi di concorso (anche gli insegnanti tecnico-pratici), non trattandosi di una sanatoria, bensì di un atto che, stando alla direttiva 2005/36/CE, spetterebbe di diritto a coloro che hanno maturato 3 anni di servizio in 10 anni (180 giorni per 3 anni);

gli interessati hanno approntato i ricorsi per la richiesta di un nuovo PAS, da avviare con decreto d’urgenza per chi ha maturato 180 giorni di servizio per 3 anni (e addirittura c’è chi lo chiede per 180 giorni per 2 anni) o, in alternativa, per l’ingresso della terza fascia con servizio nel terzo ciclo TFA in soprannumero;

le abilitazioni all’estero hanno più che dimezzato il prezzo, in quanto con 5.000 euro (alloggio compreso) è possibile abilitarsi in 6 mesi, ottenendo un punteggio superiore al PAS e senza dover effettuare riconoscimenti in Italia;

senza contare che, ancora più temibile per l’amministrazione, visti i risvolti economici, potrebbe rivelarsi la citazione per danni,

impegna il Governo ad adottare, con urgenza, un decreto che proroghi i termini del provvedimento sui percorsi abilitanti speciali (PAS) per gli insegnanti con adeguati livelli di esperienza, dal momento che il limite non è perentorio e che lo stesso TFA, descritto come transitorio, di fatto è consolidato, non essendo ancora attuato il decreto ministeriale n. 249 del 2010 che prevede le magistrali abilitanti.

(1-00697) (testo 3) (21 febbraio 2017)

DI BIAGIO, CONTE, Luigi MARINO, RUTA, BERGER, ZIN, RICCHIUTI, LANIECE, MICHELONI. –

Il Senato,

premesso che:

la legge n. 107 del 2015 di riforma della scuola ha definito un piano straordinario di assunzioni anche al fine di rettificare la storica situazione di precariato scolastico, prevedendo assunzioni dalle graduatorie ad esaurimento (GAE) e dalle graduatorie di merito del concorso 2012 ed escludendo i docenti abilitati tramite percorsi abilitanti ex decreto ministeriale n. 249 del 2010 (cosiddetti TFA e PAS), i docenti abilitati mediante percorsi magistrali e i docenti abilitati mediante laurea specialistica in Scienze della formazione primaria, tutti attualmente inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto (GI);

la legge n. 107 del 2015 ha altresì modificato in modo strutturale le regole per il futuro reclutamento e la formazione del personale docente. Per le citate fattispecie di insegnanti precari, che da anni ricoprono il ruolo di supplenti negli istituti scolastici nazionali, la nuova normativa ha previsto la definizione di un concorso nazionale che, svoltosi nel corso dell’anno 2016 e attualmente in fase di conclusione, è stato caratterizzato da grandi polemiche, non ultimo per gli inevitabili ritardi nell’avvio delle procedure, per il moltiplicarsi di segnalazioni di anomalie relative all’espletamento delle prove, alla definizione delle commissioni, alla mancanza di chiari parametri di valutazione, pubblicati solo quando alcune prove erano state già avviate e in alcuni casi svolte, e molto altro;

il concorso prevedeva la selezione di circa 63.000 nuovi insegnanti, la cui assunzione si sarebbe definita nel corso di 3 anni, ma i dati relativi alle procedure concluse rivelavano, già a settembre scorso, che dei circa 71.000 candidati già esaminati agli scritti, solo 32.000 erano stati ammessi agli orali. Un dato che prefigurava un quadro apocalittico circa l’effettiva possibilità di coprire i posti vacanti messi a concorso e gettava ulteriori ombre su una procedura concorsuale che ha interessato una grossa fetta di candidati che, formati, abilitati e spesso già insegnanti nelle scuole, sono stati ritenuti inadeguati;

ai conseguenti dubbi che un tale quadro solleva, non tanto sulle capacità del sistema formativo, quanto sulle modalità concorsuali previste, è da aggiungere il fatto che moltissimi istituti scolastici, per coprire gli incarichi annuali rimasti comunque vacanti per l’anno scolastico 2016/2017, hanno dovuto ricorrere alle graduatorie di seconda fascia di istituto, per lo più costituite da insegnanti che hanno tentato il concorso. Si determina così il paradosso per cui insegnanti non ritenuti idonei per ottenere il posto messo a concorso sono stati convocati per coprire presumibilmente lo stesso posto, ma in maniera precaria;

la circostanza desta particolari perplessità, laddove insiste su una situazione di precariato particolarmente sofferta da un comparto che, da decenni, tiene in piedi il sistema scolastico italiano, trovandosi ripetutamente di fronte ad un mancato riconoscimento delle proprie istanze;

considerato che:

non si può non far rilevare come qualsiasi grande riforma strutturale debba, in primo luogo, considerare e risolvere le situazioni in essere al momento della sua approvazione. Ad oggi, nella II fascia di istituto si trovano decine di migliaia di docenti abilitati attraverso percorsi formativi istituiti dallo Stato Italiano (Tfa, Pas, diplomati magistrale ante 2002 e parte dei laureati in Scienze della formazione primaria) i quali hanno già investito enormi risorse di tempo ed economiche per ricevere tale formazione. Per tali docenti è necessario prevedere una formula che garantisca loro di spendere le competenze acquisite in questi anni;

gli abilitati ai sensi dei percorsi istituiti prima della legge n. 107 del 2015 sono docenti che hanno già affrontato lunghi ed onerosi percorsi di formazione per ricoprire tali incarichi e che, in molti casi, hanno maturato anche esperienza nel mondo della scuola. In considerazione di questi elementi, sottoporli ad ulteriore formazione, per tempi così lunghi, appare superfluo e svilirebbe il valore dei titoli abilitanti rilasciati loro dallo Stato italiano;

in riferimento al personale docente precario con un’anzianità pari o superiore a 36 mesi di servizio la Corte di giustizia dell’Unione europea, nella sentenza “Mascolo” del 26 novembre 2014, ha sancito il contrasto della normativa italiana con quella europea, in merito all’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali e all’abuso di contratti a termine;

al fine di porre rimedio alle citate criticità, superando le evidenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, la legge n. 107 del 2015 ha previsto, al comma 131 dell’art. 1, che: “A decorrere dal 1º settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi”;

il citato dispositivo normativo, lungi dall’aver risolto il problema, sta definendo una situazione di forte criticità in capo al personale docente, giacché configura una situazione in cui coloro che abbiano già maturato nell’insegnamento un’anzianità di servizio, come supplenti, pari a 36 mesi, ma non siano rientrati ancora in un piano di stabilizzazione assunzionale, non possono proseguire nell’insegnamento e si vedono scavalcati da personale con una minore esperienza professionale;

di fatto, l’imposizione del limite di 36 mesi, anche non continuativi, alla durata complessiva del contratto a tempo determinato, non essendo vincolata ad un’assunzione definitiva al termine dei 36 mesi stessi, si risolve, di fatto, in un annullamento dell’esperienza e della professionalità maturata da docenti che da anni sostengono il sistema scolastico italiano con grande sacrificio;

tale situazione di criticità rischia di generare il moltiplicarsi di ricorsi in sede amministrativa, con conseguente aggravio di spese per il sistema statale. Peraltro, nonostante la citata legge n. 107 del 2015 abbia istituito, al comma all’art. 132 dell’art. 1, anche “un fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili, con la dotazione di euro 10 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016”, la citata norma non sembra aver ancora trovato una chiara attuazione;

gli esiti del concorso 2016 hanno ulteriormente evidenziato i paradossi di un sistema in cui, nonostante tutto, le graduatorie ad esaurimento rappresentano ancora oggi il canale di reclutamento attualmente più stabile e strutturato;

l’inserimento all’interno di tali graduatorie rimane tuttavia precluso ad una molteplicità insegnanti, pur in possesso di titolo abilitante, riconducibili alle seguenti categorie: docenti che hanno conseguito l’abilitazione attraverso i percorsi abilitanti istituiti ai sensi del decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249; docenti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso a cattedra, di cui al decreto del direttore generale 24 settembre 2012, n. 82; docenti in possesso di laurea in Scienze della formazione primaria; docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002;

negli ultimi anni numerose sentenze del Consiglio di Stato in materia hanno manifestato un orientamento favorevole all’inserimento nelle GAE per le predette categorie di insegnanti, attualmente iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto;

lo stesso Consiglio di Stato ha manifestato altrettanto chiaramente la validità concorsuale delle graduatorie di istituto, alla luce della sentenza n. 7773 del 15 febbraio 2012, sez. VI, ribadita anche dalla sentenza n. 5795 del 24 novembre 2014;

considerato inoltre che a quanto risulta ai proponenti del presente atto di indirizzo nelle graduatorie di istituto di III fascia sono ancora presenti docenti che, in questi anni, hanno prestato servizio presso le scuole italiane e non hanno tuttavia potuto frequentare il percorso abilitante speciale nel 2013 e tutti i laureati successivamente al 2014, anno di avvio del secondo ciclo di tirocinio formativo attivo, non hanno ad oggi avuto occasioni per abilitarsi, né hanno potuto inserire nei propri piani di studio i crediti previsti per accedere ai futuri concorsi;

nei due rami del Parlamento, sono attualmente all’esame delle Commissioni competenti gli schemi dei decreti attuativi della cosiddetta “Buona Scuola”, fra i quali l’atto del Governo n. 377 recante “decreto legislativo recante riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione”;

l’art. 17 del suddetto atto del Governo reca disposizioni per la fase transitoria per coprire i posti vacanti e disponibili fino all’anno scolastico 2020/2021, prevedendo, in particolare, una riserva di posti nel concorso per l’accesso ai ruoli della scuola secondaria di primo e secondo grado, per i soggetti già in possesso di abilitazione all’insegnamento e per coloro che siano inseriti nella terza fascia delle graduatorie di istituto e abbiano conseguito almeno 36 mesi di servizio;

nel quadro del nuovo modello delineato, si prevede che, nella fase transitoria, i soggetti abilitati sostengano solo la prova orale del concorso, mentre i soggetti provenienti dalla terza fascia con 36 mesi di servizio sostengono la prova scritta e la prova orale. In entrambi i casi, le prove sono concepite come finalizzate a valutare il grado di conoscenza del candidato nella specifica disciplina;

le disposizioni immaginate per la fase transitoria, tuttavia, non sembrano rispondere alle attese della categoria, né essere ordinate a una reale soluzione delle problematiche, laddove sono comunque concepite come ennesimo passaggio valutativo, che non tiene conto della realtà di personale che già da anni insegna nella scuola e che, per quanto riguarda gli insegnanti della seconda fascia d’istituto, lungi dall’essere sottoposto ad una nuova fase valutativa, dovrebbe essere semplicemente accompagnato verso quella stabilizzazione che rappresenta il doveroso riconoscimento per il servizio lungamente prestato e già abbondantemente valutato nelle fasi dell’abilitazione;

in tal senso, le ipotesi che maggiormente rispecchiano l’oggettivo stato di formazione, abilitazione, servizio prestato e competenza degli insegnanti attualmente inseriti nella seconda fascia di istituto sarebbero l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento o, in alternativa, un concorso per soli titoli e servizio, che, lungi dal rappresentare l’ennesimo passaggio di un’umiliante corsa ad ostacoli, sancisca finalmente la necessaria soddisfazione di attese protrattesi ormai troppo a lungo,

impegna il Governo:

1) a definire opportune misure, anche in sede normativa, al fine di rettificare le criticità che ancora condizionano gli insegnanti iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, risolvendo il problema derivante dall’eventuale superamento dei 36 mesi di servizio prestato e garantendo l’adeguata stabilizzazione, attraverso modalità di valutazione dei soli titoli e servizio prestato;

2) a definire opportune misure, anche in sede normativa, al fine di consentire l’inserimento in graduatorie ad esaurimento per i docenti abilitati e attualmente iscritti nelle seconda fascia delle graduatorie di istituto;

3) a valutare la possibilità di introdurre un esonero dal sistema di formazione triennale post-concorso e a prevedere un solo anno di prova per gli abilitati, ai sensi dei percorsi istituiti prima della legge n. 107 del 2015;

4) a valutare la possibilità di avviare, in tempi rapidi, i nuovi sistemi di abilitazione e reclutamento, al fine di consentire ai neolaureati adeguate possibilità di abilitarsi e accedere ai ruoli della scuola, valutando anche, qualora i tempi di messa a regime del nuovo sistema di reclutamento risultino ancora inevitabilmente lunghi, l’avvio di un terzo ciclo di tirocinio formativo attivo;

5) ad avviare iniziative di monitoraggio e censimento della consistenza attuale delle graduatorie ad esaurimento e delle graduatorie di merito del concorso attualmente in fase di chiusura, al fine di determinare il fabbisogno di insegnanti e le tempistiche e modalità di avvio del nuovo sistema di reclutamento.

(1-00704) (20 dicembre 2016)

BLUNDO, SERRA, MONTEVECCHI, GIROTTO, CASTALDI, CATALFO, PUGLIA, PAGLINI, SANTANGELO, MARTELLI. –

Il Senato,

premesso che a febbraio 2016, ai sensi del comma 114 dell’articolo 1 della legge n. 107 del 2015 (cosiddetta Buona Scuola), sono stati banditi concorsi, per titoli ed esami, finalizzati all’assunzione a tempo indeterminato di personale docente, anche di sostegno, presso le istituzioni scolastiche ed educative. In riferimento a tali procedure di selezione, ai sensi del comma 110 della medesima legge, “sono ammessi a partecipare alla prova concorsuale, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto, solo ed esclusivamente i candidati in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento e, per i posti di sostegno per la scuola dell’infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo e secondo grado, solo i candidati in possesso del relativo titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità”;

considerato che:

le predette procedure concorsuali non sono purtroppo servite a coprire l’intero fabbisogno di docenti, anche a causa dell’imprevedibile alto numero di bocciature tra i candidati, peraltro forse avventatamente “motivate” da alcune fonti ministeriali con il fallimento dei percorsi abilitanti TFA (tirocini formativi attivi) e PAS (percorsi abilitanti speciali), ovvero con l’impreparazione dei candidati. Pertanto, per poter accedere al ruolo ed essere assunti con contratto a tempo indeterminato, ai docenti di 2ª fascia è stato imposto di partecipare a un nuovo concorso, nonostante fossero già pienamente in possesso di abilitazione. Ciò è avvenuto perché attualmente i docenti in possesso di titoli abilitanti nazionali, come TFA e PAS, non sono inseriti nelle graduatorie a esaurimento (GAE) a differenza di quanto accaduto fino al 2007. Quando è avvenuto, il loro inserimento si è verificato solo a seguito di pronunce dei tribunali del lavoro e del Consiglio di Stato;

anche nel decreto ministeriale n. 495 del 22 giugno 2016, con cui si è disposto l’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento del personale docente per il triennio scolastico 2014-2017, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha escluso dalle GAE gli abilitati con TFA e PAS, i laureati in Scienze della formazione primaria e i possessori di diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, continuando, in tal modo, a esercitare una palese discriminazione nei confronti di tali categorie di docenti, nonostante la professionalità, la serietà e la dedizione dimostrate nella loro attività di insegnamento in questi anni;

i docenti possessori dei titoli abilitativi citati, nonostante non abbiano potuto accedere al ruolo, a causa della bocciatura all’ultimo concorso, ovvero perché non ammessi nelle graduatorie a esaurimento, continuano paradossalmente a svolgere attività di insegnamento e ad essere assunti con contratto a tempo determinato, soluzione che comunque è attuabile solo fino al raggiungimento dei 36 mesi di servizio (come stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 novembre 2014 e dalla stessa legge n. 107 del 2015), rischiando di fatto di essere esclusi dalla scuola, una volta esaurito tale intervallo di tempo, sebbene in possesso di un titolo di abilitazione o di un percorso lavorativo svolto in un contesto scolastico. Infine, nella sentenza n. 187 del 20 luglio 2016, la Corte costituzionale ha confermato l’illegittimità dell’articolo 4, commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999, laddove si “autorizza il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”;

a ciò si aggiunge l’approccio a giudizio dei presentatori confuso e a dir poco approssimativo, che ha caratterizzato alcune fasi del piano assunzionale previsto dalla legge n. 107 del 2015. È, infatti, accaduto che alcuni docenti, vedendosi assegnato (peraltro da un discutibile algoritmo) il ruolo presso un istituto scolastico molto distante dalla città di residenza o da quella in cui avevano prestato servizio fino a quel momento, hanno dovuto rinunciare, chi per ragioni puramente economiche, chi per non allontanarsi dalla famiglia, a un’assunzione a tempo indeterminato, a vantaggio di docenti che, nonostante avessero minori titoli e professionalità, hanno invece accettato il ruolo, seppur nell’ambito dell’organico del potenziamento;

considerato inoltre che:

alla condizione illustrata per i docenti di 2ª fascia si affianca quella, altrettanto difficile, dei docenti iscritti alla 3ª fascia delle graduatorie d’istituto, in possesso del titolo idoneo all’insegnamento, ma non di quelli abilitanti che ne avrebbero consentito la partecipazione alle prove concorsuali bandite lo scorso febbraio. Questi ultimi, al termine del triennio 2014-2016, necessiteranno dell’abilitazione all’insegnamento, così come previsto dall’articolo 1, comma 107, della legge n. 107 del 2015, per poter proseguire a svolgere il loro importante incarico all’interno del mondo della scuola. Il comma ora citato, infatti, prevede che, a decorrere dall’anno scolastico 2016-2017, l’inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto possa avvenire esclusivamente, a seguito del conseguimento del titolo di abilitazione;

la 3ª fascia verrà aggiornata nel 2017 per coloro che risultano già iscritti, mentre sarà definitivamente chiusa per il resto degli insegnanti. Attualmente, tuttavia, non è previsto un percorso abilitante per quest’ultima categoria di docenti e con ogni probabilità, prima dell’adozione (comunque ancora incerta) della legge delega sulle nuove modalità di reclutamento, nessun bando finalizzato all’abilitazione verrà emanato;

appare ragionevole valutare, anche sulla base della direttiva 2005/36/CE, che prevede il riconoscimento dell’abilitazione a coloro che hanno maturato 36 mesi di servizio (180 giorni per 3 annualità), e della sentenza del 4 giugno 2015 n. 2750 della 6ª sezione del Consiglio di Stato, che riafferma il principio della sufficienza di 360 giorni di servizio, un percorso abilitante, alternativo agli attuali percorsi abilitanti speciali (PAS) o ai tirocini formativi attivi (TFA) che contemperi le diverse esigenze dei docenti, che abbiano già maturato 3 anni di servizio, nonché, nel medesimo tempo, un percorso fondato sul titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento, su un concorso annuale ad accesso programmato con successivo propedeutico tirocinio e prova finale e conseguente immissione in ruolo, per tutti gli insegnanti non in possesso del requisito dei 36 mesi di servizio,

impegna il Governo:

1) in conformità e a seguito di alcune sentenze di tribunali del lavoro e del Consiglio di Stato come quelle richiamate, ad adottare provvedimenti, anche a carattere normativo, affinché sia possibile prevedere un regime transitorio finalizzato a garantire l’ammissione in GAE a tutti i docenti non risultati idonei nell’ultimo concorso a cattedre, ma attualmente in possesso dei titoli abilitativi all’insegnamento, garantendo di fatto il giusto riconoscimento delle professionalità e competenze maturate in anni di servizio precario, nonché dei titoli acquisiti con la frequentazione di corsi professionalizzanti e a pagamento come le SISS, i TFA e i PAS e procedendo, di fatto, alla loro assunzione, perlomeno giuridica, a tempo indeterminato negli istituti scolastici;

2) ad adottare, con sollecitudine, provvedimenti necessari, anche di carattere normativo, finalizzati:

a) all’acquisizione dell’abilitazione per tutti i docenti, con almeno 36 mesi di servizio, inseriti nella 3ª fascia d’istituto;

b) all’istituzione di percorsi abilitanti per i docenti di 3ª fascia, che non abbiano maturato il requisito dei 36 mesi di servizio, che prevedano il possesso di un titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento, nonché una procedura concorsuale ad accesso programmato e un tirocinio finale.

(1-00715) (25 gennaio 2017)

PETRAGLIA, BOCCHINO, DE PETRIS, BAROZZINO, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, CAMPANELLA, MINEO. –

Il Senato,

premesso che:

il concorso pubblico rimane il sistema di reclutamento più trasparente e democratico, mentre la chiamata diretta degli insegnanti, prevista dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, da parte del dirigente scolastico lede il principio costituzionale della libertà di insegnamento e non è garanzia della sua qualità;

il piano straordinario di assunzioni contenuto nella legge non ha risolto il problema del precariato storico, lasciando insoluto il dramma dei docenti della seconda fascia, dove sono collocati docenti abilitati, attraverso percorsi TFA (tirocini formativi attivi) e PAS (percorsi abilitanti speciali), con tanti anni di servizio, anche in materie come matematica per la scuola superiore di primo grado o il sostegno, assenti nelle graduatorie ad esaurimento;

sono migliaia i docenti in terza fascia d’istituto che hanno garantito in questi anni il funzionamento delle scuole, soprattutto di quei territori dove vi è una carenza consistente di personale abilitato;

considerato che:

il concorso del 2015 è stato bandito senza che fossero prima state completamente vuotate le graduatorie ad esaurimento e senza aver dato risposta agli attuali abilitati di seconda fascia;

il comma 132 dell’art. 1 della legge stanzia 10 milioni di euro, e depone per una previsione di sentenze favorevoli ai ricorrenti che in realtà ricorreranno non solo per il risarcimento ma anche e soprattutto per la stabilizzazione e la ricostruzione della carriera;

migliaia di cattedre sono risultate non coperte per un lungo periodo anche a causa delle assegnazioni provvisorie terminate in alcuni casi a dicembre 2016;

ritenuto che:

ad oggi, si parla di 21.000 cattedre non coperte da personale a tempo indeterminato, ed è contradditorio pensare che i docenti chiamati a ricoprirle sono gli stessi giudicati non all’altezza di un posto di ruolo dall’ultimo concorso. Lo Stato, dunque, si serve del contributo di professionisti che hanno i titoli, che a norma di legge possono entrare in aula, spiegare, interrogare, esaminare, ma non riconosce loro il diritto alla stabilità;

a parere dei presentatori di questo atto di indirizzo, al fine di garantire la continuità e la stabilità dei docenti di sostegno consentendo l’innalzamento dei livelli essenziali delle prestazioni, andrebbe inserito l’allineamento tra l’organico di diritto e l’organico di fatto, circa 30.000 posti in deroga ogni anno, così come teorizzato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca,

impegna il Governo:

1) a trovare prima una soluzione definitiva, come un concorso riservato per soli titoli, che agisca in modo pluriennale per tutti coloro che sono abilitati e siano in possesso dei requisiti per la stabilizzazione, così come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea;

2) a rendere possibile l’accesso ai contratti a tempo indeterminato ai docenti della seconda fascia di istituto là dove le discipline non hanno più aspiranti nelle graduatorie ad esaurimento;

3) ad applicare comunque la direttiva europea nei processi di stabilizzazione, prima di procedere a un nuovo concorso;

4) a modificare il comma 131 che dispone il limite dei 36 mesi (anche non continuativi) per la durata dei contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati a decorrere dal 1° settembre 2016, del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario per la copertura di posti vacanti e disponibili, prevedendo che il fondo di cui al comma 132, pari a 10 milioni di euro, venga utilizzato ai fini della stabilizzazione di quanti hanno maturato il diritto previsto dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea;

5) ad indire un nuovo ciclo di TFA o PAS, necessario ai docenti delle terze fasce di istituto per non essere esclusi dal prossimo concorso, a cui si può accedere solo se abilitati;

6) ad attivarsi altresì al fine di velocizzare il nuovo ciclo di specializzazione sul sostegno, già annunciato a dicembre 2016, vista la carenza di docenti specializzati e l’ampio ricorso nelle supplenze a docenti senza titolo;

7) a provvedere all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei diplomati magistrali con titolo conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 , per dar seguito a un diritto riconosciuto dal Consiglio di Stato, ma soprattutto per garantire la continuità didattica, lesa dal continuo cambio di insegnanti, dovuto al balletto delle ordinanze, sfalsate nei tempi.

(1-00716) (25 gennaio 2017)

BOCCHINO, PETRAGLIA, DE PETRIS, CAMPANELLA, BAROZZINO, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, MINEO. –

Il Senato,

premesso che:

la legge 13 luglio 2015, n. 107, ha previsto un piano straordinario di immissioni in ruolo estremamente articolato e complesso, che ha comportato una stratificazione di situazioni, talvolta in antitesi tra categorie di docenti;

delle 103.000 assunzioni promesse dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ne sono state effettuate 87.600 e le supplenze annuali nell’anno scolastico 2015/2016 sono state poco più di 100.000. L’anno precedente sono state 118.000. C’è stato quindi solo un lieve calo;

nonostante le pubbliche e reiterate rassicurazioni del Ministero in merito al corretto avvio dell’anno scolastico 2016/2017, si sono verificati tali e tanti malfunzionamenti, intoppi e problemi che, ad oggi, moltissime cattedre curricolari e sul sostegno risultano scoperte, con gravissimo nocumento degli studenti e del loro diritto allo studio;

appare indispensabile ed urgentissimo intervenire, dato che il fenomeno del precariato risulta particolarmente diffuso in ambito scolastico e risulta avere un’incidenza negativa non solo sulla condizione di incertezza lavorativa ed economica del personale scolastico, ma anche sulla continuità didattica e sulla qualità dell’insegnamento, che risultano fortemente penalizzate;

con la riforma della “Buona scuola” l’Italia non sembra neanche lontanamente riuscire a colmare l’enorme divario formativo col resto d’Europa: sarebbero necessarie risorse certe e adeguate, ed invece si tenta di supplire all’insufficienza degli investimenti pubblici con le “sponsorizzazioni” e con la concessione di crediti d’imposta a cittadini ed imprese per donazioni alle scuole. In questo modo, l’intervento dei privati, anche con l’utilizzo della prassi, a giudizio dei proponenti odiosa, della richiesta del versamento del contributo volontario ai genitori, dovrebbe sostituirsi alla scarsità degli investimenti dello Stato, con il rischio di creare e accrescere le forti diseguaglianze tra scuole di aree economico-sociali diverse;

considerato che:

la ” Buona scuola” sembra oggi, a quasi un anno di distanza dalla sua approvazione, un “cantiere” per molti versi ancora aperto: il piano straordinario di assunzioni, motivato dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e non da una sensibilità politica, non è sufficiente a coprire le carenze di organico del personale docente, mentre nulla è stato fatto sul versante del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che pure ricopre un ruolo fondamentale nel corretto funzionamento dell’istituzione scolastica;

tra i tanti mali che attanagliano la scuola sicuramente quello maggiormente riprovevole è la mancata copertura delle ore di sostegno per gli alunni e le alunne disabili: i docenti di sostegno sono pochi, le nomine sono tardive e non di rado riguardano docenti non specializzati, che in questo caso risultano molto utili al Ministero, le risorse assegnate sono insufficienti;

molte famiglie si organizzano in comitati o prospettano azioni di denuncia per interruzione di pubblico servizio. Non manca nemmeno, purtroppo, chi sceglie di lasciare il proprio figlio a casa, in attesa dell’arrivo dell’insegnante di sostegno. Tutto ciò lede, ovviamente, un costruttivo, proficuo e realistico progetto di inclusione scolastica;

considerato inoltre che:

a seguito del piano assunzionale straordinario contenuto nella legge n. 107, 45.000 docenti rimasti in graduatoria ad esaurimento hanno subito diversi danni, innanzitutto da una legge che ha derogato alla quota del 50 per cento dei posti da mettere a disposizione per i nuovi ruoli, poi da una previsione normativa, che, derogando i vincoli sulle assegnazioni provvisorie, ha minimizzato per loro la possibilità di ottenere un incarico annuale per via della saturazione dei posti in organico di fatto, in particolare per i precari del Sud;

il meccanismo ulteriore della mobilità messo in atto dal Ministero ha prodotto come diretta conseguenza lo svuotamento delle scuole del Nord rimaste a metà novembre con innumerevoli problemi di organizzazione del servizio scolastico. La sola città di Milano ha circa 2.200 cattedre vacanti senza insegnanti e ad oggi si cercano ancora docenti senza titolo specifico, soprattutto per il sostegno, ovvero per gli alunni che, paradossalmente più di altri, avrebbero bisogno di essere seguiti da personale formato ad hoc;

ritenuto che:

il piano assunzionale ha ignorato i docenti precari delle seconde fasce d’istituto che, pur essendo abilitati e utilizzati per lungo tempo all’interno delle scuole per le supplenze, non hanno potuto prendere parte al piano assunzionale, rimanendo di fatto in un limbo lavorativo;

il concorso bandito e previsto dal comma 114 dell’art. 1 della legge ha ulteriormente peggiorato la situazione dei precari del Sud, in quanto, dei posti banditi, sono stati immessi in ruolo percentuali risibili di docenti (in Sicilia l’1,7 per cento), in quanto anche in questo caso i posti sono stati occupati dalla mobilità e di fatto sfumati, sia per i vincitori sia per i precari delle GAE, che invece sarebbero potuti essere immessi secondo il meccanismo del doppio canale,

impegna il Governo:

1) ad avviare nella scuola un piano straordinario di assunzioni, che trasformi un congruo numero di posti dell’organico di fatto in organico di diritto. Tale congruo numero deve essere calcolato sulla media dei posti dell’organico di fatto degli ultimi 3 anni scolastici. Il suddetto piano riguarda tutti i precari che lavorano da anni nella scuola, gli educatori e il personale ATA, attuato prioritariamente grazie allo scorrimento di tutte le graduatorie ad esaurimento;

2) a stabilire che la dotazione organica di diritto degli insegnanti di sostegno per il prossimo anno scolastico sia il 100 per cento del posti di sostegno attivati nel corrente anno scolastico.

(1-00718) (25 gennaio 2017)

PUGLISI, MARCUCCI, DI GIORGI, Elena FERRARA, IDEM, FASIOLO, MARTINI, ZAVOLI. –

Il Senato,

premesso che:

all’inizio della XVII Legislatura, nel 2013, erano migliaia gli insegnanti precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie di istituto, i cui diritti, a seconda della categoria di appartenenza, erano diversi e, spesso, contrapposti, a causa dei diversi sistemi di formazione iniziale e di reclutamento succedutisi negli anni a seguito dell’avvicendarsi dei Governi;

nel ripercorrere l’annosa vicenda, occorre ricordare che il ministro Fioroni aveva creato per il precariato storico le graduatorie ad esaurimento con un piano di assunzioni di 3 anni risolutivo del problema;

purtroppo, con il ministro Gelmini, sono state “tagliate” 85.000 cattedre, sono state riaperte le graduatorie in modo assolutamente improvvido e foriero di ulteriori incertezze, sono state chiuse le Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario, sono stati istituiti i tirocini formativi attivi (TFA) senza valore concorsuale e non è stato bandito alcun concorso nel corso dei 5 anni del Governo Berlusconi;

il ministro Profumo ha dato avvio al nuovo sistema di abilitazione, indicendo, ma in date diverse, corsi di TFA e percorsi abilitanti speciali (PAS) e bandendo, dopo molti anni, un concorso nel 2012, aperto anche ai non abilitati;

il Governo Renzi ha cercato di mettere ordine, con la legge 13 luglio 2015, n. 107, alla disordinata stratificazione delle norme e all’insostenibile precarietà degli insegnanti con un piano straordinario di reclutamento di 100.000 docenti delle graduatorie ad esaurimento, comprensivo di 50.000 nuovi posti necessari per il potenziamento dell’offerta formativa, e bandito nel 2016 un concorso per 63.712 posti, di cui 57.611 comuni, relativi, cioè, alle varie discipline, e 6.101 di sostegno, riservato agli abilitati;

il nuovo sistema di formazione iniziale e di reclutamento dei docenti previsto dalla legge rappresenta lo strumento che porterà alla definitiva stabilizzazione degli insegnanti precari, garantendo, in tal modo, la tanto sospirata continuità didattica per gli studenti, inserendoli in un percorso di formazione e tirocinio retribuito triennale che li immetterà, dopo la valutazione finale, direttamente in ruolo;

l’articolo 1, comma 181, lettera b), della legge n. 107 prevede, infatti, fra i principi e i criteri direttivi cui devono attenersi i successivi decreti legislativi, il riordino, l’adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, in modo da renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione;

premesso inoltre che:

la sentenza della terza sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 novembre 2014, relativa al divieto della reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi ha deciso nel senso che “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (…) deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale (…) che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti, nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e per detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo”;

la Corte costituzionale, con la sentenza 12 luglio 2016, n. 187, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”;

tenuto conto dello ius superveniens rappresentato dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, la Corte costituzionale ha ritenuto che la legge rispondesse ai requisiti richiesti dalla Corte di giustizia prevedendo “procedure privilegiate di assunzione che attribuivano a tutto il personale interessato serie e indiscutibili chances di immissione in ruolo”;

l’articolo 1, comma 131, della legge n. 107 prevede che a decorrere dal 1° settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possano superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi;

considerato che:

tutti questi problemi trovano una risposta nello schema di decreto legislativo recante riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, attualmente all’esame delle Camere (atto n. 377);

la finalità dello schema di decreto legislativo, che supera finalmente l’attuale sistema di accesso alla professione docente, disegna un nuovo modello di formazione iniziale e di accesso del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, sia sui posti comuni che su quelli di sostegno;

nel portare a termine questo ambizioso disegno, il provvedimento non dimentica le variegate situazioni attualmente esistenti nell’ambito della formazione iniziale e del reclutamento e, a tal fine, definisce una fondamentale disciplina transitoria;

in particolare, lo schema di decreto legislativo prevede che quota parte dei posti per il concorso di accesso ai ruoli della scuola secondaria di primo e secondo grado sia riservata ai soggetti in possesso di abilitazione all’insegnamento conseguita secondo la disciplina previgente e a coloro che, alla data di entrata in vigore, sono inseriti nelle graduatorie di terza fascia di istituto con almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativo;

per i medesimi soggetti che usufruiscono della riserva di posti, si prevede anche una semplificazione del percorso concorsuale. In particolare, si prevede che: a) i soggetti abilitati devono sostenere solo la prova orale; b) i soggetti iscritti nelle graduatorie di istituto di terza fascia con almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativi, devono sostenere solo la prova scritta avente come obiettivo la valutazione del grado di conoscenza del candidato su una specifica disciplina, e la prova orale;

si prevede, inoltre, una semplificazione del percorso triennale di formazione e tirocinio per i vincitori del concorso che sono in possesso dell’abilitazione (riservatari e non). In particolare, i vincitori del concorso relativo a posti comuni e a posti di insegnante tecnico-pratico, in possesso di pregressa abilitazione, sono esonerati dalla frequenza del corso di specializzazione e accedono direttamente al secondo e al terzo anno del contratto. Il percorso è ulteriormente ridotto al solo terzo anno del contratto qualora i soggetti abbiano prestato servizio per almeno 36 mesi, anche non continuativi;

analoghe previsioni riguardano i vincitori del concorso relativo a posti di sostegno in possesso di pregressa specializzazione per l’insegnamento su posti di sostegno;

si prevede, inoltre, una semplificazione del percorso triennale di formazione e tirocinio per i vincitori del concorso, per tutte le tipologie di posto, che non sono in possesso dell’abilitazione ma sono inseriti nelle graduatorie di istituto di terza fascia con almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativo (riservatari e non). Essi, dopo il conseguimento del diploma di specializzazione, sono ammessi direttamente al terzo anno di contratto;

infine, fino a totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, per l’assunzione del personale docente ed educativo continua ad applicarsi il meccanismo previsto dall’articolo 399, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in base al quale l’accesso ai ruoli delle scuole di ogni ordine e grado ha luogo, per il 50 per cento dei posti assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle stesse graduatorie. Anche i docenti assunti dalle graduatorie ad esaurimento sono destinatari di una proposta di incarico ed esprimono, secondo l’ordine delle rispettive graduatorie, la preferenza per l’ambito territoriale di assunzione, ricompreso fra quelli della provincia in cui sono iscritti,

impegna il Governo:

1) a determinare quanti posti saranno a disposizione delle seconde e terze fasce di istituto e per quanto tempo durerà la fase transitoria per questi insegnanti;

2) a dare seguito all’impegno di stabilizzare definitivamente l’organico di fatto delle scuole per avere un unico organico funzionale che comprenda anche i posti di sostegno per garantire la necessaria continuità didattica;

3) a valorizzare pienamente la formazione e l’esperienza dei docenti.

(1-00730) (21 febbraio 2017)

PELINO, MARIN, GIRO, SIBILIA, GASPARRI, MANDELLI, FASANO, PICCOLI, MALAN. –

Il Senato,

premesso che:

in tutti i Paesi avanzati, l’educazione scolastica e la qualità del servizio dell’insegnamento sono considerati un elemento fondamentale per la crescita e per lo sviluppo del Paese;

le numerose riforme del sistema scolastico attuate in Italia dall’inizio del ‘900 testimoniano, da un lato, una sua criticità e, dall’altro, l’importanza attribuita dai Governi alla scuola, indipendentemente dal fatto che le scelte abbiano avuto risultati positivi per il sistema e per gli studenti;

la Corte di cassazione, con sentenza del 23 dicembre 2014, n. 27363, ha come noto condannato l'”abuso” del precariato nella pubblica amministrazione, aderendo alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Cass., sent. n. 27363 del 23 dicembre 2014; Corte giust. Ue, Sez. III, 26 novembre 2014 nelle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-418/13, R. Mascolo ed altri c. Ministero dell’istruzione ed altri) e precisando che, qualora il precariato superi complessivamente 36 mesi, si avrebbe diritto all’immissione in ruolo, senza concorso specifico;

il documento programmatico “La Buona Scuola” ha indicato l’innovazione e il cambiamento come obiettivi di fondo; generalmente, un cambiamento indotto da un’innovazione è volto al conseguimento di un miglioramento organizzativo-strutturale, che si traduce in efficienza e quindi in riduzione di costi o aumento di profitto a parità di risorse impiegate;

la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, non ha risolto la questione del precariato scolastico e permane una situazione di incertezza, permanendo punti irrisolti sul reclutamento e incertezze, sul numero e sulla collocazione geografica dei posti;

in fase di approvazione della legge da parte delle Camere, è stato infatti stigmatizzato come il provvedimento non risolvesse i rilievi mossi all’Italia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 26 novembre 2014, ed è stata posta la questione se fosse realmente possibile escludere dalla stabilizzazione i 6.000 idonei del concorso pubblico del 2012, i 33.000 abilitati dal tirocinio formativo attivo (TFA), i 69.000 abilitati dal percorso abilitante speciale, i 9.000 laureati in Scienze della formazione primaria che, dopo il 2010/2011, non possono più accedere alle graduatorie a esaurimento (GaE), i 30.000 docenti di scuola di infanzia, i 55.000 diplomati magistrali, il cui titolo di studio è abilitante, e i docenti che hanno superato i 36 mesi di servizio e che sono inseriti nelle graduatorie di istituto e non nelle GaE;

molti precari sono ancora presenti nelle graduatorie a esaurimento (GaE) e nelle graduatorie d’istituto. Ad oggi, non è stata fornita alcuna soluzione riguardo alla loro collocazione lavorativa, né è stato fornito loro un quadro temporale preciso di quando potranno essere stabilizzati;

evidenziato che:

la legge 13 luglio 2015, n. 107, ha autorizzato un piano straordinario di assunzioni di docenti per l’anno scolastico 2015/2016, distinto in 3 fasi, di cui le ultime due, B e C, da effettuarsi tramite domanda in 100 province e secondo le preferenze espresse, come previsto dai commi dal 95 al 104 dell’art. 1, quindi senza garanzia di mantenimento della provincia di inserimento in GaE;

ne è disceso che dei 101.000 docenti da assumersi, ben 45.000 (sempre inseriti nelle GaE) hanno preferito non aderire al piano di assunzione volontario, in quanto la legge, pur garantendo la stabilizzazione, ha posto come condizione la sola disponibilità a livello nazionale, senza garanzie di mantenimento della provincia di appartenenza;

il comma 108 dell’art. 1 della citata legge ha previsto un piano straordinario per la mobilità territoriale e professionale, da organizzarsi su tutto l’organico dell’autonomia (comprensivo di diritto e potenziato) con la partecipazione a domanda per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale per tutti i posti vacanti e disponibili, inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016;

con successiva normativa, adottata attraverso il contratto collettivo nazionale integrativo 2016/2017, è stata prevista una suddivisione in fasi differenti e separate, sia per le domande di trasferimento provinciali-interprovinciali, sia per l’assegnazione di sede definitiva agli assunti 2015/2016, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, di cui all’articolo 399, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;

diverse tipologie di aspiranti docenti, illegittimamente esclusi (come confermato, d’altronde, da numerose pronunce giurisprudenziali intervenute anche per le precedenti tornate concorsuali su esclusioni di medesimo tenore) dalla partecipazione alla procedura concorsuale prevista dalla medesima legge, hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio per partecipare al concorso. Si tratta dei seguenti soggetti: 1) coloro che hanno conseguito la laurea prima dell’anno accademico 2001/2002 (cosiddetto vecchio ordinamento); 2) coloro che hanno conseguito la laurea successivamente all’anno accademico 2001/2002, non abilitati all’insegnamento; 3) per le classi di concorso primaria e infanzia, coloro che hanno conseguito il diploma magistrale linguistico; 4) coloro che sono stati ammessi alla frequenza del tirocinio formativo attivo (TFA) e non hanno ancora conseguito l’abilitazione; 5) coloro che sono stati ammessi alla frequenza del percorso abilitante speciale (PAS) e non hanno ancora conseguito l’abilitazione; 6) coloro che sono stati ammessi alla frequenza del corso di specializzazione per il sostegno e non hanno ancora conseguito l’abilitazione o che hanno ottenuto l’ammissione al corso di specializzazione, ma non hanno ancora effettuato l’iscrizione ed iniziato il corso; 7) coloro che hanno conseguito il diploma tecnico (ITP); 8) coloro che sono inseriti nelle graduatorie d’istituto di terza fascia, e quindi non abilitati, e che hanno ottenuto incarichi di docenza per una durata pari o superiore a 36 mesi; 9) coloro che hanno conseguito il titolo di abilitazione all’insegnamento all’estero, e sono in attesa del decreto di riconoscimento da parte del Ministero; 10) i docenti già in ruolo, cui è impedito di partecipare al concorso per altra classe di concorso,

impegna il Governo:

1) ad attuare l’esaurimento delle graduatorie a esaurimento, a partire dall’anno scolastico 2017/2018, per tutti i docenti inseriti nelle stesse, oltre il turnover, anche su posti di fatto e in deroga;

2) a tutelare i docenti attualmente in graduatorie ad esaurimento, in seconda e terza fascia di istituto, al fine di giungere a una loro stabilizzazione;

3) a predisporre un piano straordinario all’immissione in ruolo da graduatorie a esaurimento, secondo province di inclusione, con deroga triennale all’art. 399 del decreto legislativo n. 297 del 1994, in misura percentuale maggiore del 50 per cento, rispetto ai concorsi soprattutto nelle GaE con maggiore consistenza numerica;

4) a prevedere l’ingresso nelle GaE di tutti i docenti in possesso dei requisiti abilitativi, ma che non hanno visto riconosciuto il medesimo valore concorsuale dell’abilitazione;

5) a superare la disposizione di cui al comma 131 dell’art. 1 della citata legge n. 107 del 2015, che prevede che, dopo 36 mesi anche non continuativi accumulati, i docenti sono impossibilitati a conseguire incarichi;

6) a modificare i parametri di considerazione del numero minimo delle classi e degli alunni per classe, soprattutto al di sotto delle 27-30 unità per le classi prime di ogni ordine e grado, anche alla luce delle normative sulla sicurezza (decreto legislativo 2 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni) ora più che mai attuale;

7) a ripristinare la quantità delle ore soppresse negli istituti tecnici e professionali, viste le sentenze del TAR del Lazio (sentenze n. 3527/2013, n. 6438/15, n. 3019/16), risanando una situazione che ha generato l’esubero di molti docenti e la loro mancata assunzione, specialmente di quelli iscritti in graduatorie ad esaurimento (insegnanti tecnico-pratici principalmente);

8) ad adottare misure volte a definire un secondo canale di assunzione a tempo indeterminato, mediante una procedura selettiva per soli titoli, riservato a tutti gli abilitati in possesso dei requisiti per la stabilizzazione, in virtù del processo abilitativo conseguito;

9) a prevedere, nel futuro, concorsi solo per quelle classi, regioni e province, le cui GaE sono di fatto esaurite e nel contempo predisporre un piano triennale di svuotamento delle GaE.

(1-00731) (21 febbraio 2017)

D’AMBROSIO LETTIERI, STEFANO, TOMASELLI, LIUZZI, VICECONTE, PERRONE, AIELLO, TARQUINIO, BOCCARDI, BRUNI, COMPAGNONE, DI MAGGIO, MILO, ZIZZA. –

Il Senato,

premesso che:

la legge n. 107 del 2015 su “la buona scuola” prevedeva, tra gli altri, un piano di mobilità dei docenti, insieme al piano di assunzioni varato dal Governo pro tempore Renzi;

al personale docente, da una parte, sarebbe stato consentito di spostarsi nella sede più gradita, anche “in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia” e, dall’altra, con la “chiamata diretta” alla scuola sarebbe stato consentito di scegliere il docente;

premesso, inoltre, che:

l’anno scolastico 2016/2017 ha visto il più caotico trasferimento di docenti di ruolo e di movimenti di docenti non di ruolo che sia mai avvenuto;

si stima che almeno due milioni e mezzo di studenti (su un totale di oltre 7.800.000 studenti) abbiano avuto almeno un insegnante diverso rispetto all’anno precedente;

gli studenti con disabilità sono stati maggiormente penalizzati, poiché i posti assegnati agli insegnanti di sostegno sono in deroga, ovvero non sono stabili; in conseguenza, i docenti di sostegno non di ruolo cambiano ogni anno;

nell’anno scolastico 2016/2017, sono stati oggetto di trasferimento circa 207.000 docenti (più 50.000 precari) ovvero il 200 per cento in più rispetto, per esempio, ai 69.000 trasferimenti dell’anno scolastico 2008/2009;

detta “migrazione” di docenti ha comportato un vorticoso mutamento di progetti formativi e didattici, di metodi di insegnamento e di apprendimento, di spiegazione e di valutazione, nonché di relazioni interpersonali che molto ha gravato sui livelli di apprendimento degli studenti;

l’alto tasso di mobilità tra i docenti, che si è registrato nell’anno scolastico in corso, ha causato, quindi, il venire meno della continuità didattica per larga parte degli alunni;

in alcune grandi città si è registrato, addirittura, il fenomeno della “migrazione” degli alunni dalle scuole statali all’indirizzo di altre e diverse offerte formative;

premesso, inoltre, che:

secondo lo studio “Educational choises and the selection process before and after compulsory schooling”, a parità di altre condizioni, il minor numero di fallimenti scolastici corrisponde ad una maggiore stabilità del personale docente;

la sentenza n. 3104/2009 del Consiglio di Stato aveva sancito l’obbligo per l’amministrazione di garantire la continuità didattico-educativa nei confronti di un alunno diversamente abile, a mezzo della conferma dell’insegnante di sostegno;

in via generale la continuità didattico-educativa dovrebbe essere sempre garantita a tutti gli alunni;

considerato che:

l’accordo sulla mobilità sottoscritto fra il Governo e i sindacati di categoria, firmato il 29 dicembre 2016, prevede una nuova deroga da ogni vincolo di permanenza per tutti i docenti di ruolo, ovvero i docenti potranno nuovamente chiedere il trasferimento ad altra sede differente rispetto a quella occupata attualmente;

detta soluzione, nelle intenzioni, dovrebbe favorire il rientro dei docenti che sono stati assegnati al Nord e, al contempo, l’immissione in ruolo dei precari;

considerato, inoltre, che:

in alcune aree del Paese l’offerta didattica è sovrabbondante rispetto ai posti disponibili, mentre, al contrario, in altre aree è presente una scarsa disponibilità di posti rispetto alla richiesta;

di conseguenza, anche nel prossimo anno scolastico ci sarà un’altra grande “movimentazione” di docenti, che provocherà una ulteriore instabilità al sistema scolastico con una sempre più accentuata precarietà di docenti, soprattutto nelle scuole dell’Italia settentrionale e centrale;

la maggior parte del corpo docente è costituito da insegnanti di genere femminile, ovvero di donne che sono costrette a lavorare, talora a migliaia di chilometri lontano da casa con pesanti disagi personali, familiari e, ovviamente, economici;

considerato, altresì, che:

il comma 84 dell’articolo 1 della legge n. 107 del 2015 conferisce al dirigente scolastico, nell’ambito dell’organico dell’autonomia assegnato, il potere di ridurre il numero di alunni per classe, rispetto a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, allo scopo di migliorare la qualità didattica, anche in rapporto alle esigenze formative degli alunni con disabilità;

l’organico dell’autonomia, per esempio, a disposizione delle scuole pugliesi, però, non consente di ridurre il numero di alunni per classe, neppure in presenza di uno o più studenti diversamente abili;

il numero insufficiente di posti di sostegno di diritto in organico provoca l’autorizzazione successiva (quando l’anno scolastico è già avviato) a migliaia di posti in deroga, con gravi e ovvi disagi per gli allievi;

il rapporto tra alunni e classe registrato, per esempio, in Puglia è fra i più alti d’Italia: in numerose classi vi sono oltre 28 studenti, che possono arrivare fino a 50 nelle classi che ospitano anche i migranti;

gli organici del personale docente pugliese, storicamente sempre insufficienti rispetto alle richieste, hanno fortemente condizionato fin qui la possibilità di riqualificazione culturale dell’intera area dal punto di vista, per esempio, dell’innovazione tecnologica;

in Puglia, per esempio, occorrerebbero almeno 3.000 posti in più;

il tasso di dispersione scolastica registrato in Puglia è ancora sensibilmente alto. La Puglia, ad esempio, è al terz’ultimo posto per diffusione del tempo pieno nella scuola primaria e, specularmente, è al secondo posto per ricorso al modello a 27 ore (solo 1.952 classi, su un totale di 9.100, sono a tempo pieno);

preso atto che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a margine della firma dell’accordo citato, ha dichiarato che “l’obiettivo prioritario è quello della continuità didattica”,

impegna il Governo:

1) a porre in essere ogni misura utile a ridurre il precariato nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, consentendo che gli insegnanti precari con incarichi di supplenze annuali siano regolarmente assunti;

2) ad attivarsi affinché sia predisposta un’apposita norma legislativa a tutela della continuità didattica;

3) a porre in essere una nuova programmazione domanda-offerta del sistema scolastico che, già dal prossimo anno 2017/2018, tenga nel dovuto conto le esigenze dei docenti e gli interessi dei discenti;

4) a provvedere alla stabilizzazione in organico di tutti i posti di sostegno, anche al fine di garantire agli alunni diversamente abili una certa continuità didattica;

5) ad assumere ogni iniziativa finalizzata al contenimento della dispersione scolastica, anche attraverso la diffusione del tempo pieno;

6) ad incrementare l’organico dell’autonomia delle istituzioni scolastiche dell’intero territorio nazionale, anche con particolare riferimento alla Regione Puglia, che non tenga esclusivamente in conto la sola logica numerica connessa all’incremento o al decremento della popolazione scolastica;

7) ad adoperarsi affinché il rapporto alunni/classe, per esempio della Regione Puglia, così come delle altre Regioni che versano nelle medesime condizioni, sia riportato ai livelli di norma.

(1-00732) (21 febbraio 2017)

BARANI, MAZZONI, AMORUSO, AURICCHIO, COMPAGNONE, D’ANNA, FALANGA, GAMBARO, IURLARO, LANGELLA, Eva LONGO, MILO, PAGNONCELLI, PICCINELLI, SCAVONE, VERDINI. –

Il Senato,

premesso che:

la recente riforma della scuola sancita dalla legge n. 107 del 2015 (“la Buona Scuola”) annoverava tra i suoi obiettivi quello di dare una risposta efficace allo storico problema del precariato del corpo insegnante, prevedendo allo scopo sia un piano straordinario di assunzioni, sia un grosso piano di mobilità dei docenti;

le assunzioni, tramite procedura concorsuale, hanno riguardato le graduatorie ad esaurimento (GAE) e le graduatorie di merito del concorso 2012, con esclusione quindi dei docenti che hanno ottenuto l’abilitazione attraverso i percorsi specifici di tirocinio formativo attivo (TFA) e percorsi abilitanti speciali (PAS), nonché dei docenti in possesso di laurea specialistica in Scienze della formazione primaria, i quali sono stati tutti inseriti nella seconda fascia della graduatoria di istituto; infatti, gioverà dire che i docenti in possesso dei titoli TFA e PAS fino all’anno 2007 venivano inseriti nelle graduatorie a esaurimento, mentre oggi non più;

tali procedure concorsuali, però, non sono riuscite a coprire l’intero fabbisogno di docenti, anche a causa del tasso particolarmente elevato di bocciature, tanto che per far sì che i docenti di seconda fascia (nonostante siano in possesso dei titoli abilitanti TFA e PAS) potessero essere assunti è stato indetto un nuovo concorso;

sono intervenute poi diverse sentenze, anche del Consiglio di Stato che hanno assunto un orientamento teso all’inserimento dei docenti di seconda fascia nelle graduatorie ad esaurimento;

ad oggi, la seconda fascia dei docenti, ospita decine di migliaia di docenti, i quali hanno messo in campo sostanziali e onerose energie in termini di tempo e di denaro al fine di investire su se stessi e munirsi delle necessarie competenze utili all’insegnamento, e molti di loro hanno ricoperto incarichi e maturato notevole esperienza nella scuola;

la legge n. 107 del 2015, nel tentativo di sanare le inevitabili criticità, anche rispetto agli orientamenti della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha previsto che, a decorrere da settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente presso istituzioni statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possano superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi;

tale disposizione non solo non ha adeguatamente affrontato il problema, ma ha peggiorato la situazione di chi, avendo già maturato i 36 mesi di servizio come supplente, non è rientrato ancora in un piano di stabilizzazione delle assunzioni e quindi non può continuare ad insegnare. Tale situazione porta inevitabilmente alla demolizione della professionalità del docente, nonché dell’esperienza nel tempo maturata;

tale situazione ha fatto aumentare, altresì, il contenzioso amministrativo, con tutto ciò che questo comporta in termini di spese;

appare che il sistema delle graduatorie ad esaurimento configuri il canale di reclutamento più strutturato dei docenti;

considerato che:

per quanto attiene al piano di mobilità dei docenti, l’anno scolastico in corso è stato definito come il più caotico riguardo ai trasferimenti dei docenti di ruolo e non di ruolo, poiché la legge sulla Buona scuola ha consentito, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, la possibilità per il docente di spostarsi in altra sede, attesa anche la possibilità del dirigente scolastico di utilizzare la “chiamata diretta” del docente;

i dati dicono che quasi 3 milioni di studenti, rispetto ai quasi 8 milioni totali, abbiano incontrato almeno un insegnante diverso rispetto a quelli degli anni precedenti;

infatti, nel presente anno scolastico sembrerebbe che i trasferimenti dei docenti abbiano riguardato il 200 per cento in più rispetto agli scolastici precedenti; un vero e proprio flusso migratorio che ha determinato una variazione vertiginosa di programmi didattici, di metodi con conseguenze non sempre fortunate per la formazione dei discenti e per il principio della continuità dell’insegnamento;

tale situazione colpisce soprattutto i discenti disabili, poiché per la maggior parte i docenti destinatari della deroga sono precari, e quindi soggetti a cambiamento annuale;

in alcune aree, l’offerta di docenti è numericamente sovrabbondante rispetto ad altre aree ove è deficitaria, la qual cosa fa presagire per il prossimo anno un’ulteriore massiccia movimentazione di docenti con consequenziale instabilità della continuità didattica,

impegna il Governo:

1) a voler considerare la necessità di porre in essere gli adeguati rimedi normativi, al fine di consentire ai docenti in possesso di titoli abilitanti attualmente iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto di essere inseriti nelle graduatorie ad esaurimento;

2) a mettere in atto gli opportuni interventi per affrontare e risolvere i problemi scaturiti dalla previsione condizionante del superamento dei 36 mesi di anzianità di servizio per i docenti iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, al fine di garantirne l’adeguata stabilità;

3) a valutare l’opportunità di avviare nuovi sistemi di abilitazione e di reclutamento, anche per permettere ai giovani laureati di accedere ai ruoli della scuola;

4) a porre in essere ogni più idonea attività di monitoraggio, al fine di avere un quadro il più chiaro possibile del fabbisogno reale dei docenti nel nostro Paese, anche guardando alle diverse aree territoriali;

5) ad individuare ogni misura più efficace per una reale riduzione del precariato nelle scuole, guardando con particolare attenzione ai posti di sostegno, affinché tutti i discenti, ma in particolare quelli disabili, possano realmente contare sulla pienezza del principio della continuità didattica .