Il valore pedagogico delle leggi

Il valore pedagogico delle leggi
Proposta di riflessione per gli insegnanti,aspiranti dirigenti scolastici

di Vittorio Zedda

 

La scuola è ed è stata, per noi dirigenti scolastici ,ambito professionale, servizio, studio,istituzione,impegno etico personale e vita vissuta,prima come insegnanti, poi come dirigenti. Una volta conclusa la carriera di insegnante ,restiamo comunque ancora intimamente legati agli aspetti pedagogici e didattici del nostro pregresso impegno docente, anche se dobbiamo interpretarlo ed esprimerlo attraverso le nuove e del tutto diverse funzioni e competenze del dirigente”. E’ ovvio, utile e giusto che le radici del proprio e personale impegno educativo permangano a motivazione profonda e coerente anche della scelta professionale dirigenziale e del suo esercizio, la quale, però , pur mantenendo la stessa sensibilità e passione educativa, si colloca ed opera su un ben diverso piano giuridico e funzionale. Costituisce a tutti gli effetti una professione “altra” rispetto a quella docente. Lo “Scolastico” della funzione sembra però talvolta in alcuni di noi mettere in secondo piano il “Dirigente”, quasi che l’esercizio , mediato attraverso il corpo docente,della competenze pedagogico-didattiche della funzione , e il fascino degli aspetti ideali dell’esser rimasti in fondo appassionati maestri, fossero sufficienti ad interpretare al meglio in ogni suo aspetto il ruolo dirigenziale. Non è così. E non è utile alla gestione delle scuole, e alla migliore erogazione del servizio educativo e didattico,un dirigente che riveli o una insufficiente formazione specifica o una sottovalutazione della stessa, e nemmeno releghi se stesso, per converso, al triste ruolo di burocrate. E’ un antico problema ,tutt’altro che irrilevante,di cui mi sono molto occupato , quando, a cavallo fra gli anni 70 e 80, una campagna politico- sindacale tentò di sostituire la figura del capo d’istituto di nomina ministeriale previa selezione concorsuale , con una diversa figura di capo d’istituto elettivo : un non-senso giuridico e funzionale, che avrebbe destrutturato l’organizzazione e il servizio, precipitando la funzione dirigenziale scolastica nei meandri del peggior sottobosco politico , o peggio clientelare, negandone la professionalità di alto profilo.. Da quel mio impegno di allora nacque l’ANDIS, Associazione Nazionale dei Dirigenti Scolastici, in cui riversai le mie convinzioni per un rilancio di una funzione dirigenziale scolastica , che appariva monca e incompiuta a seguito dei decreti delegati del ’74. Ipotizzavo così’ per il capo d’istituto un nuovo assetto giuridico e funzionale , in cui un fattivo impegno del dirigente scolastico volto all’innovazione mi appariva come un imprescindibile dato di necessità, assieme con uno stabile collegamento fra dirigenti sul territorio, per un efficace interscambio fra quelle che si andavano lentamente prefigurando non più come semplici scuole o istituti fra loro scollegati, ma come unità scolastiche autonome coordinate da reti di reciproco sostegno , supporto e collaborazione. Punto di partenza e riferimento nodale di una funzione dirigenziale rinnovata fu lo studio dei diritti degli alunni della scuola dell’obbligo,discenti minori affidati all’istituzione, in coerente riferimento alle indicazioni e ai principi in tema d’istruzione previsti dalla Costituzione .Oggi diamo per acquisite molte delle convinzioni per cui all’epoca dovemmo lottare. Talune,peraltro, restano ancora allo stato di buone intenzioni. Ripercorriamone alcuni punti nodali. “Dirigente” è termine che definisce e qualifica una funzione giuridica e amministrativa di elevata responsabilità,incardinata in un ambito di autonomia, che necessita quindi di una specifica base tecnico-professionale , acquisibile efficacemente attraverso un mirato e imprescindibile iter formativo . Emanazione delle leggi di questa nostra Repubblica democratica, anche la Dirigenza Scolastica trae linfa da una dottrina giuridica evolutasi attraverso la filosofia del diritto, il diritto costituzione,il diritto amministrativo , i codici civili e penali,la legislazione scolastica e i relativi regolamenti. E’corroborata in radice, come detto, dalle scienze psicopedagogiche; è sempre più attenta alle scienze dell’organizzazione e della gestione dei sistemi complessi; è idealmente arricchita e orientata da fondamenti etici ispirati e dedotti dallo snodo innovatore che radica nei valori della Resistenza e della conseguente e successiva evoluzione culturale ,sociale e organizzativa del nostro paese . E’ questa,in sintesi, l’ “ottica” funzionale e operativa che distingue il nostro ruolo specifico nell’istituzione, in interazione ed in confronto con le altre professionalità del mondo scolastico. Nello studio della funzione del Dirigente Scolastico,non diamo quindi al “Dirigente” meno attenzione o rilievo di quel che diamo allo “Scolastico” . Equilibriamo il significato e il contenuto ponderale dei due termini , in cui il dirigente è il sostantivo, la sostanza preminente , e lo “scolastico “ è l’ambito ma non il limite d’un ruolo fortemente interattivo con la più vasta realtà sociale, culturale e politica. In questo risiede anche la convinzione di un necessario collegamento funzionale fra dirigenti scolastici nel territorio ,superando l’isolamento professionale cui il dirigente potrebbe essere soggetto. Nell’ambito amministrativo di competenza la responsabilità del dirigente è personale e quindi è circoscritta all’istituzione scolastica territoriale cui è preposto. .Ma il dirigente partecipa anche di una più vasta responsabilità collettiva ,in termini di impegno civico,di etica pubblica ,di apporto al bene comune nei confronti dell’ intero consorzio sociale e nazionale, che travalica quindi il ristretto ambito amministrativo di competenza. A ciò ogni dirigente può far fronte meglio attraverso opportune forme di coesione e confronto categoriale fra dirigenti, rientrando in un tale impegno anche il dovere previsto di operare in ogni forma opportuna al buon funzionamento e al miglioramento del servizio. C’è in questa visione del ruolo dirigenziale anche un dato di prospettiva, un necessario processo di crescita ,che si attiva con l’impegno e l’esperienza nella “costruzione” personale della propria professionalità che può radicare solo in un suo attento ed impegnato esercizio,nel tempo. Ma ripartiamo dal nodo centrale della questione ,dal passaggio da una funzione ad un’altra. Questo richiede l’acquisizione di competenze , che generalmente non appartengono alla sfera delle conoscenze e delle sensibilità professionali di un docente, che sappiamo funzionalmente e culturalmente orientato verso altre finalità operative e contenutistiche. E’ qui sta il nocciolo della raccomandazione rivolta a quegli insegnanti che ambiscono a cimentarsi nel ruolo dirigenziale, attraverso le selezioni previste attraverso le forme concorsuali e i corsi connessi. Noi Dirigenti, che non siamo certo estranei ad un impegno di educazione alla Legalità , dobbiamo sempre avere ben presente la valenza della funzione e la sua essenza giuridica, che comporta una specifica conoscenza, una coerente coscienza ed una conseguente sensibilità, anche di tipo istituzionale. Ne va dell’efficacia della nostra azione a vantaggio di un’utenza per il cui preminente interesse operiamo. Relegare , svilire o deprezzare gli aspetti giuridici della funzione come se appartenessero ad una riduttiva visione “burocratica” del ruolo è un errore e un non-senso. Altra cosa sono i macchinosi adempimenti burocratici di un apparato amministrativo da riformare , spesso di aggravio per l’espletamento della funzione. Ma gli aspetti giuridici, e anche amministrativi , procedurali ed esecutivi,al cui processuale sviluppo migliorativo anche i Dirigenti sono chiamati espressamente per “funzione” a dare un contribuito radicato nella migliore esperienza professionale, vanno continuamente approfonditi e direi “coltivati”,alla pari con quelli pedagogico-didattici. Ricordiamoci che un preciso dovere giuridicamente sancito, è quello che vincola ciascun membro della pubblica Amministrazione a contribuire e a collaborare al miglioramento e al buon funzionamento ,anche in termini di apporto personale di fondate proposte finalizzate all’efficacia,efficienza, speditezza e trasparenza dell’istituzione nell’ambito di competenza per il quale opera, specie se in posizione di elevata responsabilità. Chi ha svolto per anni la funzione dirigenziale, ha maturato questo aspetto del ruolo. Tra la funzione docente e la funzione dirigente c’è una profonda e sostanziale differenza ,perché ciascuna delle due si pone su un proprio “ piano” e con responsabilità di diverso ambito ed estensione. E’ un dato di base da acquisire .Agli aspiranti dirigenti , spesso ,com’è naturale ,ancora così intimamente e sentitamente “insegnanti” e inclini a vedere come “burocratico” persino ciò che ha invece un razionale e radicato fondamento giuridico, bisognerebbe far notare quanta buona “pedagogia” c’è nelle leggi , e non solo nei principi generali di un diritto dalle millenarie radici ,cui tanto deve la nostra civiltà. Ce n’è e tanta, di “buona pedagogia” negli aspetti legali e giuridici della funzione,nella loro ispirazione democratica e repubblicana , nella loro finalizzazione vincolata al preminente pubblico interesse e al bene comune. Aspetti comunque sempre migliorabili come in ogni umana attività ,ma non per questo trascurabili. Approfondire e maturare intimamente questo aspetto e coltivare quindi una “sensibilità istituzionale” agevola un corretto passaggio da una funzione all’altra ,così diverse, da non poter essere interpretata la seconda solo come parziale modifica o sviluppo per successione della prima . Questo è il nodo, per me dedotto dall’esperienza professionale e associativa, su cui è bene si soffermi lo studio, la riflessione e la ricerca personale di chi è interessato ad affrontare efficacemente un passaggio ed un approccio alla Dirigenza, per una sempre più matura acquisizione della coscienza del ruolo.