La serendipità come pensiero abduttivo

La serendipità come pensiero abduttivo

di Immacolata Lagreca

 

La ragione umana si basa su ragionamenti logici che portano alla conoscenza. Un ragionamento è «una successione di enunciati collegati fra loro in un certo modo da inferenze»[1]. L’inferenza è un ragionamento logico mediante il quale si esercita il processo di conoscenza. Gli elementi che compongono un processo inferenziale (ragionamento), sono tre: un caso, una regola, e un risultato. Combinando questi tre elementi si possono ottenere altrettanti tipi di inferenza:

  • caso (premessa) – regola – approdo (conclusione): deduzione;
  • caso (premessa) – approdo (conclusione) – regola: induzione;
  • regola – caso (premessa) – approdo (conclusione): abduzione.

La deduzione è un processo in cui si conoscono le premesse e le regole e si vuole ricavare una conclusione. Essa parte da una regola generale la applica a un fatto specifico e ne trae un risultato certo. La conclusione renderà esplicite informazioni che sono presenti solo implicitamente nelle premesse. Viene impiegata nel ragionamento matematico, mentre nel ragionamento ordinario essa viene impiegata molto raramente a causa della difficoltà di disporre di regole generali certe.
Un esempio per comprendere:

  • Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi (regola);
  • Questi fagioli vengono da questo sacchetto (caso);
  • Questi fagioli sono bianchi (risultato)[2].

L’induzione è invece un processo in cui si conoscono le premesse e la conclusione e si vogliono ricostruire le regole. Essa parte da un caso specifico, lo connette a un altro fatto e ne trae una regola generale probabile (risultato incerto). In pratica, l’induzione parte da un’ipotesi senza essere guidata fatti specifici, anzi essa cerca dei fatti studiando le ipotesi. Il valore di verità del suo approdo aumenta statisticamente via via che le conferme arrivano. Tuttavia, non si potrà mai arrivare a una certezza assoluta, perché non si potrà ricevere conferme per la totalità dei casi.

Un esempio per comprendere:

  • Questi fagioli vengono da questo sacchetto (caso);
  • Questi fagioli sono bianchi (risultato);
  • Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi (regola).

L’abduzione è un processo a ritroso che si impiega quando si conoscono regole e conclusione e si vogliono ricostruire le premesse. Essa considera un fatto specifico, lo connette a una regola ipotetica e ne ricava un risultato incerto, cioè una conclusione ipotetica. L’abduzione parte dai fatti osservati senza avere in mente nessuna particolare teoria, il suo risultato è una regola solo probabile, mai certa, e va adottata solo provvisoriamente.

Utilizzando sempre l’esempio dei fagioli:

  • Questi fagioli sono bianchi (risultato);
  • Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi (regola);
  • Questi fagioli vengono da questo sacchetto (caso).

Per comprendere ancor di più una abduzione, essa è impiegata nel ragionamento diagnostico (un medico di fronte a un sintomo, un informatico di fronte a un guasto del pc e così via), nel ragionamento investigativo, nel ragionamento scientifico (un ricercatore di fronte a un’ipotesi da verificare).
Riassumendo: l’induzione si ha quando si va verso qualcosa (in-duzione); la deduzione quando da questo qualcosa si proviene (de-duzione); l’abduzione quando il pensiero compie un movimento laterale (ab-duzione), oppure anche quando si procede a ritroso (e in tal caso è anche chiamata retro-duzione). L’approdo di questi tre tipi di inferenza è diverso: per una induzione è una sintesi, quello di una deduzione una tesi, quello di un’abduzione una ipotesi.

Un aspetto particolare dell’abduzione è la serendipità.

Il termine serendipità fu coniato dallo scrittore Horace Walpole (1717-1797), in una lettera scritta il 28 gennaio 1754 e destinata al cugino Horace Mann. Nella lettera Walpole dichiarava di aver concepito il neologismo dopo aver letto la novella I tre principi di Serendippo di Cristoforo Armeno[3]. Il romanzo narra che durante un viaggio senza una meta precisa e al solo scopo di guardarsi intorno per scoprire il mondo, i tre Principi riescono a capire, sulla base di osservazioni del tutto casuali fatte lungo il loro cammino, che un cammello misteriosamente scomparso ha un occhio cieco e zoppica. Il proprietario del cammello, stupito dall’esattezza delle affermazioni dei tre Principi, li accusa del furto e li fa imprigionare. Il cammello però è ritrovato e i tre Principi liberati. In realtà la scoperta dei tre erano dovute esclusivamente alla sagacia e non erano compiute mentre inseguivano altro, come vuole la definizione attuale: la facoltà di fare scoperte inattese, mentre si sta cercando altro. Così nel linguaggio quotidiano con il termine serendipità è diventato praticamente sinonimo di “caso” e “scoprire per serendipità” equivale a “scoprire per caso”. Tuttavia questa “deriva” semantica non rende quanto dovrebbe a questo processo. Certamente questa “distorsione” è stata alimentata dall’aneddotica che si è sviluppata intorno a questo processo: Cristoforo Colombo scopre l’America per caso, mentre parte per le Indie; Archimede scopre l’omonimo principio mentre si concede un po’ di relax nella vasca da bagno; Isaac Newton sviluppa la legge di gravitazione universale dopo aver visto cadere una mela da un albero; Alexander Fleming scopre la penicillina al rientro da una breve vacanza, mentre stava lavorando sugli stafilococchi; o per finire, ma gli aneddoti sono tanti, la scoperta del Viagra dai ricercatori della Compagnia Pfizer mentre compivano ricerche sul trattamento dell’Angina Pectoris[4].

Tuttavia, serendipità non significa che ognuno di noi può diventare uno scienziato da un momento all’altro, pur in assenza di qualsiasi competenza o preparazione, né che le scoperte scientifiche sono affidate al caso, perché il caso è solo una componente della serendipità, che funziona sempre in maniera abduttiva: nessun evento fortuito è in grado di generare da sé una scoperta scientifica o di altro tipo se a esso non corrisponde una mente sagace e preparata, vale a dire una mente in possesso di conoscenze non comuni, riflessioni e teorie elaborate nel tempo, nozioni acquisite con sforzo e disciplina[5]. In definitive, senza “preparazione” l’evento casuale sarebbe passato inosservato. L’espressione “scoprire per caso” dovrebbe quindi esser tradotta in “capace di trarre profitto dall’imprevisto”.

La definizione più appropriata di serendipità è probabilmente quella offerta da Robert Merton:

Il modello della serendipity, si riferisce all’esperienza, abbastanza comune che consiste nell’osservare un dato imprevisto, anomalo e strategico [deve avere implicazioni che incidono sulla teoria generalizzata], che fornisce occasione allo sviluppo di una nuova teoria, o all’ampliamento di una già esistente. […] l’incongruenza stimola il ricercatore a “trovare un senso al dato”. Nella fortunata circostanza che la sua nuova supposizione si dimostri giustificata, il dato anomalo finisce per portarlo a un ampliamento della teoria o a una teoria nuova[6].

 

Se c’è una cosa che insegna la serendipità è che ogni scoperta è basata sul pensiero metodico e rigoroso. Niente soli colpi di fortuna, dunque, ma nuovi dati per elaborare nuove idee.

Formare al pensiero abduttivo è importante, specialmente oggi, epoca della complessità e dell’eccesso delle informazioni. Predisporsi alla serendipità può essere un modo per comprendere mentre si vaga in ambiti a prima vista privi di senso, per non lasciarsi perdere l’occasione “fortuita” di esplorare nuovi orizzonti.


 

Bibliografia

AA.VV., Indeterminazione, Serendipity, Random: tre “misure” dell’incertezza, «Scienza & Politica», Quaderno n. 3, 2015.

Boniolo G., Vidali P., Piga C., Strumenti per ragionare, Bruno Mondadori, Milano 2002.

Dri P., Serendippo, come nasce una scoperta: la fortuna nella scienza, Editori Riuniti, Roma 1994.

Merton R.K., Barber E.G., The Travels and Adventures of Serendipity. A Study in Historical Semantics and the Sociology of Science, Princeton University Press, Princeton 1992, trad. it. Viaggi e avventure della Serendipity. Saggio di semantica sociologica e sociologia della scienza, il Mulino Bologna 2002.

Merton R.K., Fallocco S., La serendipity nella ricerca sociale e politica: cercare una cosa e trovarne un’altra, Luiss University, Roma, 2002

Mongai M., Serendipità. Istruzioni per l’uso, Robin Edizioni, Roma 2007.

Peirce C.S., Collected papers 1931-58, Harvard University Press, Cambridge 1958, tradit. parz.  Le leggi dell’ipotesi, a cura di M. Bonfantini, Bompiani, Milano 1984.


 

NOTE

[1] G. Boniolo, P. Vidali, C. Piga, Strumenti per ragionare, Bruno Mondadori, Milano 2002, p. 3.

[2] Esempio trattato da C.S. Peirce, Collected papers 1931-58, Harvard University Press, Cambridge 1958, tradit. parz.  Le leggi dell’ipotesi, a cura di M. Bonfantini, Bompiani, Milano 1984, p. 207.

[3] Serendippo era il nome dell’attuale Sri Lanka, l’antica Ceylon. Cfr. R.K. Merton, E.G. Barber, The Travels and Adventures of Serendipity. A Study in Historical Semantics and the Sociology of Science, Princeton University Press, Princeton 1992, trad. it. Viaggi e avventure della Serendipity. Saggio di semantica sociologica e sociologia della scienza, il Mulino Bologna 2002. Anche R.K. Merton, S. Fallocco, La serendipity nella ricerca sociale e politica: cercare una cosa e trovarne un’altra, Luiss University, Roma, 2002.

[4] Cfr. P. Dri, Serendippo, come nasce una scoperta: la fortuna nella scienza, Editori Riuniti, Roma 1994.

[5] Cfr. M. Mongai, Serendipità. Istruzioni per l’uso, Robin Edizioni, Roma 2007.

[6] R.K. Merton, Teoria e struttura sociale: Il modello della serendipity (Il dato imprevisto, anomalo e strategico stimola la nascita di una teoria), pp. 167 ss, così cit. in L. Del Grosso Destreri, La conoscenza sociologica. Considerazioni epistemologiche sulle scienze sociali, in AA. VV., Indeterminazione, Serendipity, Random: tre “misure” dell’incertezza, «Scienza & Politica», Quaderno n. 3, 2015, p. 15. Nello stesso saggio cfr. anche M. Bucchi, Un incontro “serendipitoso” con Robert K. Merton, pp. 59-65.