Insegnanti di sostegno, la beffa dei 47 mila professori «in deroga»

da Corriere della sera

Insegnanti di sostegno, la beffa dei 47 mila professori «in deroga»

Su 150 mila insegnanti di sostegno, un terzo saranno decisi a inizio anno da sentenze di tribunali e decisioni amministrative. Così il fabbisogno stimato regione per regione non corrisponde alle esigenze reali: penalizzati alunni e professori, costretti a emigrare

Valentina Santarpia

Quarantasettemila insegnanti di sostegno su 150 mila saranno «in deroga» a settembre: ovvero sulla carta non saranno ufficialmente previsti, ma ritenuti necessari a inizio anno scolastico dopo ricorsi delle famiglie e decisioni amministrative dell’ultimo momento. È come se fossero prof d’urgenza, che di fatto servono agli alunni disabili, ma in quanto d’urgenza non permettono alcuna programmazione seria, né a vantaggio dei disabili, né dei professori, che finiscono nel tritacarne degli algoritmi ministeriali e vengono spediti anche a centinaia di chilometri di distanza pur potendo occupare posti in maniera continuativa nelle proprie regioni. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio dei diritti della scuola, che sottolinea che almeno 30 mila insegnanti di sostegno vengono assoldati dopo i ricorsi delle famiglie al Tar: ricorsi dovuti al fatto che, sistematicamente, ai disabili non vengono assegnate tutte le ore di sostegno necessarie allo sviluppo e all’educazione del bambino/ragazzo, e le famiglie sono appunto costrette a ricorrere ai tribunali amministrativi regionali per chiedere un’integrazione, spesso corposa. Intendiamo che da 9 ore concesse inizialmente si deve passare a 18, da una «mezza» cattedra ad una intera, per capirci, con un esborso stimato sulle casse dello Stato di 300 milioni di euro.

L’esborso per lo Stato

«Le famiglie in caso di accoglimento della richiesta ricevono un giusto risarcimento di 1000 euro per ogni mese di assenza dell’insegnante di sostengo a partire dalla notifica del ricorso: poiché in genere passano almeno tre mesi prima che la decisione venga presa, e poiché ci sono anche le spese legali da sostenere, stimiamo in circa 5 mila euro a famiglia l’esborso statale, che moltiplicato per 30 mila fa appunto 300 milioni», spiega il prof. Leonardo Alagna che ha realizzato lo studio per l’Osservatorio. Cifra destinata a lievitare: se l’anno scorso sono stati 97 mila gli insegnanti di sostegno in organico di diritto, e 130 mila in totale le cattedre assegnate su posti di sostegno, per il 2017 -2018 si prevede una lievitazione a 150 mila posti con 47 mila insegnanti «in deroga».

Il Sud penalizzato

Una situazione incresciosa che colpisce soprattutto il Sud, dove si concentrano i due terzi degli insegnanti in deroga. «Non come qualche disinformato scrive perché ci sono medici e neuropsichiatri compiacenti che gonfiano il dato delle certificazione della disabilità- spiega Alagna- ma perché al Sud prima che al Nord i cittadini si sono resi conto delle ingiustizie e hanno cominciato a fare ricorsi al Tar». E anche perché sono stati fissati dei limiti di assegnazione di insegnanti di sostegno che risalgono al 2007, che non sono stati più rivisti e che non possono valere per i numeri aumentati di disabili riconosciuti nel tempo. Facciamo un passo indietro. Quando il governo Letta, col decreto Carrozza, nel 2013 ha deciso le immissioni in ruolo sul sostegno (27 mila) è stato seguito un criterio di ripartizione nazionale: doveva essere rispettato un rapporto tra organico di fatto e organico di diritto pari a circa l’88%. Per semplificarla, su 100 insegnanti di sostegno 88 dovevano essere stabilizzati e gli altri potevano essere precari/supplenti. Ma questo criterio è stato applicato a numeri di organico fissati nel 2007 dal governo, che non rappresentavano la situazione che si era venuta a creare nel 2013, tanto più che non teneva conto proprio delle migliaia di posti in deroga. Così la ripartizione dei posti ha penalizzato soprattutto il Sud, dove i posti in deroga erano di più.

Il caso Sicilia

Ad esempio, per fare il caso Sicilia- che è eclatante – il dato di riferimento dell’organico era di 11430 posti, con l’88% si è arrivati a inserire 1500 posti col decreto Carrozza, portando l’organico di diritto da 8500 a 10.020 in tre anni. E non tenendo conto che nel 2013 c’erano già 2 mila posti in deroga. Se si fosse tenuto conto di questi posti, l’organico di diritto siciliano avrebbe dovuto essere di 11.900 posti. Cioè una differenza di 2000 posti che sono esattamente i due terzi degli insegnanti specializzati siciliani deportati successivamente al Nord dalla Buona scuola. In pratica, sulla carta quei posti non c’erano, e quindi quando l’algoritmo ha dovuto distribuire le immissioni in ruolo ha spedito gli insegnanti con decenni di esperienza sul sostegno al Nord. Ma poi di fatto quei posti esistevano eccome, ma ad occuparli sono finiti insegnanti non specializzati, precari, o con meno punteggi nelle graduatorie, che hanno occupato le cattedre rimaste vuote. Perché l’anno scorso è successo anche questo: che per evitare la «deportazione» al Nord è stato concesso ai docenti meridionali stabilizzati dalla Buona Scuola di restare ancora un anno vicino a casa andando ad occupare posti in deroga sul sostegno anche se privi di specializzazione. Un paradosso. Che si ingrandisce di anno in anno: «I posti in deroga oggi sono lievitati a più di 5 mila in Sicilia e conti analoghi si possono fare per tutto il Meridione – denuncia Alagna – in Campania sono circa 6 mila, in Puglia più di 3500, nelle Marche 1000, in Abruzzo 1300 e così via. Lo stesso non vale per le Regioni del Nord, dove i posti in deroga sia in valore assoluto che in termini percentuali rispetto agli alunni sono decisamente inferiori».

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L’emendamento

Così le immissioni in ruolo sono state altissime al Nord (5824 in Lombardia, 4094 nel Lazio, 2461 nel Veneto), dove non c‘erano così tanti insegnanti di sostegno, basse al Sud dove invece ce n’erano molti che sono stati costretti a trasferirsi per prendere il ruolo. Salvo poi pentirsi quando si sono resi conto che le loro cattedre, che di fatto esistevano, venivano occupate da precari o da chi aveva molti meno punteggi ed era finito in basso nelle graduatorie. «Uno scandalo che ha fatto soffrire migliaia di famiglie con figli con disabilità, negando loro la continuità didattica, e nello stesso tempo aver fatto soffrire professori che dopo anni di precariato sono stati costretti a subire l’allontanamento coatto nelle regioni del Nord, subendo anche un’ondata di insulti e offese da parte dell’opinione pubblica», conclude Alagna. Per provare ad arginare i danni, Articolo 1- Mdp ha presentato alcuni o al Ddl sul Mezzogiorno, chiedendo di riportare i docenti al Sud sulle cattedre reali. «I posti ci sono e bisogna darli a chi ha i titoli giusti: la continuità è fondamentale per gli studenti, soprattutto disabili- sottolinea l’on.Eleonora Cimbro, una delle promotrici- E non è giusto che proprio i docenti più preparati pur di ottenere il posto di lavoro siano stati costretti ad emigrare».