Città Metropolitana di Milano, una nuova condanna per discriminazione

Città Metropolitana di Milano, una nuova condanna per discriminazione

Il Tribunale ordinario di Pavia l’ha sanzionata per non aver garantito i servizi di assistenza a due alunni con disabilità. L’avvocato Abet: “Ragioni di ordine economico non possono ledere i diritti dei ragazzi con disabilità”.

Il Tribunale ordinario di Pavia (terza sezione civile) ha condannato la Città Metropolitana di Milano per discriminazione ai danni di Carlo e Anna (nomi di fantasia, ndr), due studenti con disabilità cui – nel corso dell’anno scolastico 2016/2017 – non è stato garantito il numero di ore di assistenza alla comunicazione e di assistenza educativa necessarie “al fine di garantire agli stessi il pieno ed effettivo diritto all’istruzione in condizioni di parità rispetto ai loro compagni”, si legge nel dispositivo della sentenza.

Carlo avrebbe avuto bisogno di 14 ore di assistenza educativa la settimana per frequentare la scuola (prima superiore), ma nel corso dell’anno scolastico che si è appena concluso, il servizio era stato attivato solo a decorrere dal mese di dicembre 2016. Oltre due mesi dopo l’inizio dell’anno scolastico e in misura notevolmente inferiore rispetto a quanto certificato nel PEI: appena 5 ore a settimana a fronte delle 14 richieste. Il servizio, inoltre, è stato interrotto nel mese di gennaio fino al 4 febbraio 2017.

Analoga la situazione in cui si è trovata Anna, quarta elementare. La bambina, affetta da patologia uditiva plurima, ha bisogno di 27 ore di assistenza alla comunicazione a settimana, ma ne vengono assegnate solo 9. Il servizio inoltre è partito con notevole ritardo rispetto all’inizio dell’anno scolastico (28 novembre) e il 31 dicembre 2016 è stato interrotto. Solo il 15 marzo 2017 il servizio è stato riattivato.

Una situazione che viene pesantemente stigmatizzata dal giudice di Pavia. Che non considera ammissibile la giustificazione della Città Metropolitana di Milano: la carenza di risorse economiche non può giustificare la mancata erogazione di questi servizi. “Una volta che il piano educativo individualizzato, elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e operatori della sanità pubblica, abbia prospettato il numero di ore necessarie dell’alunno che versa in condizione di handicap particolarmente grave, la pubblica amministrazione è priva di un potere discrezionale (…) ma ha solo l’obbligo di assicurare l’erogazione del servizio”, si legge nel dispositivo della sentenza.

Il giudice ha quindi accertato il carattere discriminatorio della condotta della Città Metropolitana di Milano ai danni di Carlo e Anna “per non aver garantito a costoro, sin dall’inizio e con continuità, il numero di ore, rispettivamente di assistenza educativa e di assistenza alla comunicazione, necessario al fine di garantire agli stessi il pieno ed effettivo diritto all’istruzione in condizioni di parità rispetto ai loro compagni”.

“È proprio questo riconoscimento, da parte dei tribunali Pavia e precedentemente di Busto Arsizio, del diritto fondamentale all’istruzione sin dall’inizio e con continuità e la sua non comprimibilità, neanche per ragioni di bilancio, a far comprendere a tutti come sia evidente che le ragioni di ordine economico non possono in alcun modo ledere i diritti dei ragazzi con disabilità che devono andare a scuola come i loro compagni”, dichiara l’avvocato Laura Abet del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi che ha seguito le due famiglie nel ricorso. La Città Metropolitana è stata quindi condannata a versare 500 euro a ciascuno dei due minori sotto forma di risarcimento, oltre che al pagamento delle spese legali.

Di fronte a questa ennesima sentenza, LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità auspica che questo ulteriore pronunciamento possa essere da stimolo alle scuole, ai Comuni e alle ATS affinché, nonostante il periodo estivo, si adoperino per attivare i servizi di assistenza e trasporto per gli alunni con disabilità fin dal primo giorno di scuola.