G. Lo Storto, EroStudente. Il desiderio di prendere il largo

Un futuro per gli studenti

di Stefano Stefanel

Il Direttore Generale dell’Università LUISS di Roma Giovanni Lo Storto ha pubblicato un libro veramente utile ed interessante: EroStudente. Il desiderio di prendere il largo, Rubbettino, 2017. Me lo ha inviato con una gentilissima lettera di presentazione che si conclude con la frase: “Sarei lieto di ricevere le Sue riflessioni al riguardo”. Poiché le mie riflessioni al riguardo sono tutte di carattere positivo le rendo pubbliche, sperando in questo modo di invogliare più d’un lettore a comprare il libro.

Il libro gira attorno al concetto di life largelearning, cioè un lifelong learning che evolve al di là della dimensione temporale dell’apprendimento. Scrive Lo Storto: “Life largelearning è altro. Non è più la sola determinazione temporale che conta, perché è oramai un dato di fatto che la formazione debba durare tutta la vita. (…) E’ un processo di istruzione e allo stesso modo di vita – ecco perché life – e conta al suo interno opportunità e abilità, conoscenza e umanità”. Il libro di Lo Storto è diviso in due parti: nella prima descrive gli spazi entro cui competenze e apprendimenti si sono evoluti nell’attuale società globalizzata della conoscenza, nella seconda racconta alcune esperienze di giovani studenti dell’Università Luiss di Roma che hanno lavorato nell’ambito delle Summer School in alcune organizzazioni di volontariato legate ai servizi alle persone in difficoltà (carcerati, immigrati, profughi, ragazzi artistici, homeless, recupero di beni confiscati ala mafia, ecc.). Ne viene fuori un ritratto importante di una scuola che entra a pieno titolo dentro le contraddizioni sociali attraverso l’approdo della conoscenza e dell’esperienza all’assunzione di responsabilità da parte di chi sa di più e avrà più occasioni nella vita verso chi invece di occasioni ne avrà poche e dovrà cercare di sfruttarle al meglio per cercare di uscire dalla situazione di oggettiva emarginazione in cui si trova. L’esperienza dell’apprendimento si apre alla società non in termini di profitto, ma in quelli della ricerca di una nuova inclusione.

Il libro è breve ed intenso ed è scandito da capitoli essenziali. Per ogni capitolo Lo Storto indica una qualità importante e io mi permetto di evidenziare il suo pensiero estraendo una frase, un rigo appena, dal suo testo. Ne viene fuori il ritratto di uno studente nuovo, aperto, sensibile, competente e umano. Ogni capitolo ha un numero e un verbo e questo incedere in breve costruisce un coerente quadro d’insieme.

  • Uno. Osservare. “Tre quarti delle aziende assume preferibilmente un candidato che ha fatto una esperienza di volontariato durante la sua vita” (pag. 11).

  • Due. Imparare. “Occorre un sistema che dia l’opportunità di imparare ad imparare” (15).

  • Tre. Orientare. “Non sono gli studenti ad abbandonare la scuola, bensì è la scuola a non essere in grado di trattenerli, coltivando in modo adeguato le loro passioni” (19).

  • Quattro. Provare. “Quando sei fonte di positività le persone graviteranno intorno a te”. Infatti “siamo chiamati a essere gli architetti del futuro, non le sue vittime” (22)

  • Cinque. Allargare. Il life largelearningè un processo di istruzione e allo stesso modo di vita” (25).

  • Sei. Apprendere. “La scuola non serve più solo a trasferire nozioni e sapere, ma perché possa mantenere il suo ruolo primario nella società deve tornare a essere il luogo della generazione della conoscenza” (30).

  • Sette. Condividere. Nelle aziende ormai si lavora a quello che viene chiamato team building. Ma nelle scuole questo è ancora un obiettivo lontano. Si chiede Lo Storto: “Come pretendiamo di chiedere loro di portare risultati in team quando sono già inseriti nel mondo del lavoro, se per una vita li abbiamo allenati a formarsi ognuno per sé?” (36).

  • Otto. Rallentare. “I giovani oggi sono meno rassegnati di quanto si possa immaginare e con molta più voglia di fare” (41).

  • Nove Desiderare. “Non un sapiente che conosce la verità, ma un filosofo che si affanna alla sua ricerca” (48).

Il quadro generale che viene fuori dal libro di Lo Storto costituisce una nuova frontiera della formazione e si colloca nella linea lunga avviata circa quindici anni fa da Edgar Morin col richiamo alle teste “ben fatte” e non “ben piene”. Il difficile però non è trovare nel mondo della scuola e dell’università un riconoscimento al valore delle esperienze lavorative o sociali (che l’alternanza scuola lavoro ha fatto entrare finalmente in tutta la scuola superiore), quanto rendere formale quel riconoscimento, che altrimenti resta laterale rispetto ai saperi tradizionali e disciplinari sempre più evidentemente obsoleti. E soprattutto resta lontano dalla valutazione che rimane la cifra principale del rapporto tra studio e apprendimento.

Il libro di Lo Storto entra in una prospettiva convincente e innovativa con un testo leggero, ma estremamente puntuale in cui la parte teorica viene arricchita dalle esperienze pratiche degli studenti universitari alle prese col mondo dei perdenti. Sapere e perdenti prendono il largo verso una nuova dimensione etica e culturale: chi ha mezzi e competenze deve prendersi carico di chi sta perdendo o ha già perso. Se è vero che “le limitazioni sono spesso un grande catalizzatore per la creatività” (pag. 38) è anche vero che quando ci si trova davanti alla povertà assoluta ci si rende conto che la povertà non è solo una questione di soldi, ma anche di opportunità, occasioni, volontà, motivazioni, stanchezza.

E’ necessario che gli studenti trovino nella scuola e nell’università lo spazio per la loro formazione e che gli anni dell’apprendimento siano anche gli anni dell’apprendistato. Lo spettro si amplia e la larghezza del sapere entra nella dimensione sociale del volontariato e dei rapporti tra persone. Il sapere è stato tutto assorbito dalla rete, ma quello che ne esce non può essere il buco nero dei rapporti umani, bensì uno spazio nuovo in cui tutti possono conoscere e studiare in ogni momento della vita, però allo stesso tempo possono anche toccare con mano la vita di quelli che non l’hanno avuta affatto fortunata.

La scuola ha capito che sono cambiati il mondo e il modo di apprendere, ma non si spostata molto dalla sua tradizionale vocazione trasmissiva. Per cui rischia di essere sempre di più una struttura stanca dentro un mondo troppo mobile. Il rapporto tra l’apprendimento e le sue dinamiche, che comprendono sia la connessione continua sia la ricerca di spazi di passione, deve cambiare tutto il modo di vivere il percorso formativo dei giovani. Quel percorso formativo deve allargare e di molto anche quello necessario a tutti noi per vivere in maniera positiva un mondo globalizzato che cancella certezze e resuscita fantasmi. “EroStudente” un ottimo libro per capire la direzione che dovranno prendere la scuola e l’università italiane.