A.S. 2017/18 Cosa debbo temere, cosa posso sperare

A.S. 2017/18
Cosa debbo temere, cosa posso sperare

di Gabriele Boselli

 

In un tempo di grandi progressi della cultura, della scienza e della tecnica autentiche e di insegnanti in genere preparati e generosi (motivi di speranza) l’astuzia della non-ragione annidata nei castelli dell’alta ufficialità ci darebbe –a partire dalla castrazione temporale della scuola superiore- ragioni di temere che l’anno che viene non sia migliore.

Ma… non praevalebunt. Il peggio ( riduzione degli investimenti, valutazione dirigenti con effetti pratici, alternanza scuola-lavoro=meno scuola, sudditanza della scuola al sistema economico) per fortuna non è massicciamente accaduto e non accadrà. Sviluppi della scienza, della letteratura e dell’economia lavorano per noi e costellazioni di antichi e nuovi miti positivi continueranno a guidare gli insegnanti/Maestri anche nell’anno che viene, nell’addensarsi dell’infosfera.

 

—1990-2017 (e si spera non oltre)

Seguendo l’insegnamento di grandi maestri di ispettorato (Montanari, Gaspari, Sansuini, Giovagnoli….) ascoltati durante i miei otto anni di direzione didattica ho individuato come meglio potevo nella Cultura il cardine del pensare e dell’ agire scolastico, sentendomi per la prima parte del quasi mezzo secolo della mia carriera abbastanza in sintonia con le linee di un Ministero che allora era anche un luogo ove, pur tra molte insulsaggini, albergavano anche pensieri culturalmente fondati. Poi vennero gli anni novanta del secolo scorso, il primo decennio del ventunesimo e ogni voce mossa da un pensiero pensante fu messa negli scantinati.

Rappresentazioni di cattivo teatro (alias convegni) e scritti della vetrinetta (alias circolari) vennero controllati da gruppetti di non-pensanti privi di una visione filosofico-pedagogica, culturale e alto-politica delle realtà di cui trattare. Non-pensando, ma dando comunque istruzioni, emanando normative “tecniche”, non avendo mète ma accanendosi su obiettivi comandati, privilegiando gli strumenti sui fini i gruppetti dei furbetti riuscirono graditi al potere; al di là del cambiamento dei ministri (più o meno laureati) furono sempre sostanzialmente confermati. E instaurarono il non-pensare tecnico-simile come sintagma dominante nei programmi di studio e dei concorsi, nella formazione e nella valutazione dei docenti e dei dirigenti, nel sottogoverno.

 

—Cosa debbo temere 1: la “sperimentazione” della scuola contratta

L’attività sperimentale autentica é fondamentalmente un itinerario di innovazione che si distingue dai comuni tipi di cambiamento per la sua scientificità. Non vi è alcun motivo per chiama­re sperimentale una ricerca se l’esperienza progettata non costituisce la traduzione di un discorso teoricamente ben articolato; non si potrà allora parlare seriamente di scientificità e dun­que di sperimentazione. Non è sperimentazione l’innovare a casaccio per scopi che non hanno molto a che vedere con il miglioramento di un sistema ma molto a che vedere con una riduzione lineare dei suoi costi. Non è sperimentazione quella che non dichiara sin dall’inizio la reale teleologia e i modelli epistemologici che ispirano le linee di progetto e di valutazione degli esiti o peggio li nascondono.

Potrebbe essere quest’ultimo il caso della cosiddetta sperimentazione della compressione della scuola superiore a soli 4 anni. Gli scopi reali di questa “sperimentazione” sono evidenti: fare ammuina e risparmiare.

Fare ammuina: quando non si è capaci di agire con intelligenza piena della situazione e dei fini, ci si agita, si “fa qualcosa”, si cambiano i connotati percepibili dalla massa; è stato così con il fallimentare 3+2 all’università o l’altalena tra maestro unico, poi 3m su 2C ed ora maestro semi-unico nella scuola elementare. Adesso la scuola superiore a 4 anni, domani chissà. Tutto senza un perché, solo per mostrare l’evidenza del Chi, la presenza di un potere capace di cambiare le cose, se in peggio fa niente.

Risparmiare: se la sperimentazione è prevista “in costanza di organico” l’estensione di massa del modello sarà assai improbabile. Poiché risparmiare è comunque doveroso, poco credibile che a organico costante resti poi l’attuazione seriale. Sarebbe come dire che 1/5 dell’organico è servita e continuerà a essere pagata per far nulla, che tutti –studenti compresi- hanno lavorato senza senso per una parte rilevante del loro tempo.

Quindi una volta facilmente “dimostrato” con l’aiuto dei docimologi di servizio che in 4 anni s’impara quanto in 5 si procederà alla “razionalizzazione”, altra parola abusata dal miur da una ventina d’anni e che ha concretamente significato in Italia una costante riduzione deli costi dell’istruzione mentre in tutta Europa questi venivano aumentati.

Si preparano festeggiamenti anche in quel che resta delle amministrazioni provinciali: contro qualche aula in più adibita a laboratorio, 1/5 in meno di classi significa 1/5 in meno di aule, di riscaldamenti, di trasporti etc

 

—Cosa debbo temere 2: Una valutazione asservente

Nel 2017/18 i dirigenti non subiranno danni materiali dalle valutazioni cui sono stati e saranno sottoposti. Danni morali, sì. E’ stato quello corrente un anno speso nell’abituarli gradualmente all’idea che ci può essere qualcuno che ha il potere di giudicare non la qualità culturale e pedagogica del loro operare (in alto loco non interessa) ma se e come il loro operato sia stato svolto in conformità alle prescrizioni romane. Molti di loro hanno compreso che anche cooperare ad alieni processi valutativi è pratica di asservimento e giustamente non hanno nemmeno compilato i moduli richiesti o lo hanno fatto in modo “tirato via”.

Altrettanto riguardo non è stato usato con gli insegnanti, non efficacemente difesi –a differenza dei dirigenti- dalle loro organizzazioni sindacali: già da quest’anno sono stati sottoposti a valutazioni discrezionali con conseguenze sul prestigio e sul trattamento economico.

Coloro che nell’alta dirigenza sono costretti a diramare come norma quel che scrivono i gruppetti di cui sopra adducono la solita scusa: ”ce lo chiede l’Europa”. Ma l’Europa non chiede questo tipo discriminante di valutazione, che è un aborto tutto trasteverino.

E’ comunque prevedibile che nell’anno che sta cominciando questo signum/instrumentum potestatis sia più decisamente e sistematicamente utilizzato dai supremi e se ne incrementi la cogenza.

 

—Cosa posso sperare 1: le persone e gli immensi giacimenti culturali

Siamo forti dell’educazione che abbiamo avuto e la storia è con noi. La speranza della scuola sta nelle persone che vi lavorano e nella storia di cui sono eredi. Lontani da Roma, in periferia, molti insegnanti e ispettori e alcuni dirigenti la capacità di pensare e un’idea di scuola le hanno coltivate e le coltivano. Non affetti da ipernostalgia, consegnano ai giovani doni per orientarsi nella cultura di un domani non dominato dalla cattiva retorica della tecnica ma innervato dall’intera estensione del campo culturale, scienza e tecnica comprese. Si trovano bene sia sulla carta che nell’infosfera, difesi dai suoi eccessi e dalle sue distorsioni come agevolati nello sfruttamento del suo potenziale proprio dalla lunga e mai terminata frequentazione con i grandi libri.

Nelle scuole d’Italia e d’Europa risiede la storia; e la storia non è solo fatto, è atto: non solo la radice del divenire ma la struttura del divenire stesso. E noi ne siamo i detentori. E la storia non è solo quella che si studia nei libri di storia ma anche in quelli delle scienze del mondo fisico, di letteratura. Tutte le discipline sono storia in atto ovvero essenza del presente e officina del futuro. Indicano ai giovani gli strumenti per avventurarsi nell’atmosfera come nell’infosfera, nel nuovo mondo, un mondo in cui la scienza, il lavoro e gli amori (qualcuno invita a scegliersi quando sarà ora una moglie che abbia studiato il latino) andranno conquistati in uno spazio globale in cui, senza più la protezione di frontiere e di normative nazionali, servirà non un pensiero conforme ma un pensare innovativo. Ne farà davvero parte chi avrà conquistato anche con il latino le chiavi della struttura generativo-trasformazionale del conoscere. Chiavi anche per comprendere gli effetti collaterali di quella tecnologia del post-umano che investe, e investirà sempre più, animali, piante, ambiente. La scuola è il luogo ove questi tesori sono custoditi e portati a frutto attraverso il nostro dire.

 

—In che posso sperare 2: Le favorevoli dinamiche generali

Le premesse del bel tempo sono dovute anche a quanto accade nel paesaggio economico e scientifico generale. Oltre i gravi problemi del momento (processi migratori incontrollati, tensioni internazionali, disoccupazione da sviluppo delle tecnologie, difficoltà di Stati soggetti al vero Potere nell’attuare pienamente i loro poteri legittimi) le cose nel complesso stanno andando per il meglio. La povertà assoluta è in sostanzioso calo, così pure fame e malattie, tranne quelle degenerative. Da qualche anno il PIL mondiale cresce intorno al 2,5 % annuo e anche in Italia stiamo intorno all’ l’1%. In tutto il mondo comincia a esserci maggiore attenzione verso la ricerca e l’istruzione.

Soprattutto la rivoluzione in atto nella matematica (equazioni di Navier-Stoke, sviluppi post-Perelman dell’ipotesi di Poincare’, studi di Yang-Mills, topologia e cicli di Hodge, calcolo computazionale…) e nelle scienze del mondo fisico (forme-matrici per comprendere le interazioni di campo EMG, fisica sub-atomica esplorata nei grandi acceleratori del CERN, strumentazione informatica a base quantistica….) hanno determinato un’accelerazione del sapere paragonabile a quella dei primi vent’anni del secolo scorso e iniziano a produrre i primi risultati. Prodigioso quanto sta maturando anche nelle scienze della vita (studi sul genoma e biotecnologie per l’uomo, gli animali e l’agricoltura; ingegneria genetica, medicina, nuove tecnologie diagnostiche e nuovi farmaci). Nella filosofia, regina madre delle scienze, il paradigma fenomenologico sta producendo positivi effetti di neutralizzazione del sintagma analitico e investigazioni su nuove possibilità di pensiero. Nella letteratura generale, nuovi indirizzi e soprattutto nuovi autori mostrano un novum di inedita potenza trasformatrice dei vissuti.

Niente di tutto questo naturalmente nei programmi e nei corsi di addestramento (pardon: si pronuncia “formazione”) ufficiali ma non può durare, anzi è già finito poiché è ormai diffusa nell’infosfera la sensazione della sua irrilevanza. Molti insegnanti seguono o si stanno avventurando in queste nuove latitudini del conoscere. Custodi dei miti di sempre, saranno nel contempo i narratori e i protagonisti dei nuovi, non ingannevoli miti, di racconti simbolici delle costellazioni orientanti propri delle stagioni in cui un ciclo si chiude e un altro comincia.

 

—Conclusione Siamo immensamente ricchi di cultura e abbiamo un corpo docente singolarmente istruito e capace. Le dinamiche economiche e scientifiche stanno incrementandosi nella loro potenzialità di positiva trasformazione del mondo e di evoluzione della specie (si parla di post-umano). L’ignoranza orgogliosa annidata nei romani castelli dell’alta ufficialità dell’istruzione non potrà far molto e nel palazzo principale potrebbe arrivare un qualche Minniti che inverta la politica dissennata degli ultimi vent’anni. Son dunque più forti le ragioni per sperare di quelle per cui temere.