Sentenza Corte di Cassazione 27 marzo 2012, n. 11655

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 febbraio – 27 marzo 2012, n. 11655
Presidente Marasca – Relatore Sandrelli

In fatto
I ricorrenti sono imputati di abbandono di persone minori (art. 591 c.p.) per avere, quali responsabili del servizio di trasporto scolastico in (omissis) e preposti alla custodia dei giovani, abbandonato il minore [omissis], lasciando che lo stesso scendesse dal pulmann prima del pervenimento all’edificio scolastico e prima dell’affidamento al personale didattico, sì che il giovane
– attese le condizioni precarie di viabilità per una recente nevicata – cadde per terra procurandosi lesioni al volto.
Il Tribunale di Lagonegro li condannò in data 30.12.2009, la Corte d’Appello di Potenza confermò il 5.5.2011 la prima decisione.
Entrambi gli imputati hanno interposto ricorso eccependo:
– l’erronea applicazione della legge penale per la carenza dell’elemento materiale e psicologico del reato, cioè l’effettivo pericolo a cui era esposto il minore e la necessaria rappresentazione del pericolo, l’inosservanza della legge processuale per avere i giudici del merito rifiutato l’ammissione della prova testimoniale a discarico (testimoni L.A. ed E. , P.V. ) ancorché non presenti alla prima udienza;
– l’erronea applicazione della legge penale per la carenza del nesso causale tra l’omesso accompagnamento e la caduta da cui conseguì la lesione alla persona offesa;
– la carenza assoluta di motivazione del provvedimento;
– l’inosservanza delle norme processuali per la mancata giustificazione della reiezione delle prove a discarico;
– l’inosservanza delle norme processuali per la violazione dell’art. 468 co. 4 c.p.p. avendo la Corte territoriale rigettato l’istanza di ammissione di testimoni, trattandosi di citazione di testimoni a
prova contraria sicché nel caso di mancata loro comparizione all’udienza dibattimentale le parti private debbono essere autorizzate alla costrizione alla loro presentazione (ex art. 142 co. 3 lett. “e” disp. att. e non 152 c.p.p., come indicato nel ricorso);
– la prescrizione del reato.
In diritto
I ricorso sono infondati e non vengono accolti.
Per ciò che riguarda i profili di diritto sostanziale, il delitto ascritto agli imputati è integrato dall’omesso adempimento, da parte dell’agente, dei doveri di custodia e di cura sullo stesso incombenti in ragione del servizio prestato, in modo che ne derivi un pericolo per l’incolumità della persona incapace. L’azione illecita consiste nell’abbandono e non già nel pericolo che ne è la conseguenza. Pertanto, ai fini dell’elemento soggettivo della fattispecie, non rileva che il soggetto agente abbia sottovalutato il rischio (tanto incombente che esso ebbe a verificarsi in concreto) a cui
andava incontro il minore, nella convinzione che nulla gli sarebbe occorso in pregiudizio alla sua incolumità, ma soltanto la completa rappresentazione della situazione di abbandono in cui il minore
versava. In sostanza ogni abbandono deve essere considerato pericoloso poiché l’interesse tutelato dalla norma penale si focalizza sulla violazione dei doveri di custodia del minore.
Questo giudice non è legittimato al vaglio delle effettive condizioni di viabilità delle strade di (omissis), pertinendo siffatto accertamento al fatto: basta qui rammentare il contenuto delle
deposizioni acquisite quali riportate dalla decisione impugnata (pag. 2), attestante il permanere di residui delle abbondanti nevicate dei giorni precedenti.
In relazione al nesso di causalità, osservazione priva di ulteriore articolazione, si osserva che l’incidente occorso al minore si verificò in costanza di abbandono, sicché appare specioso invocare
l’assenza del legame eziologico. La nozione di custodia sottende quella di non esporre il minore a pericoli per la propria incolumità: la violazione al dovere di accompagnamento sino alla struttura
scolastica, che avrebbe preso in carico il giovane, è azione obiettivamente integratrice del fatto illecito. Ulteriormente verificata dalla circostanza che l’ampiezza del percorso che il ragazzo avrebbe dovuto percorrere a piedi (circa 500 metri, cfr. pag. 2 della sentenza), era tale da rendere non soltanto possibile, ma anche probabile lo scivolamento sul terreno stradale, insidiato da neve e ghiaccio).
È generica e, quindi, inammissibile la critica sulla completezza dell’apparato giustificativo, avendo il ricorrente omesso di specificare per quali passaggi la decisione risulti carente di motivazione.
Non ha pregio neppure la censura in rito: la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria di testimoni (nonché periti e consulenti tecnici) può essere richiesta sino alla pronuncia dell’ordinanza
di ammissione delle prove (fatte salve le ipotesi di emersione dei relativi presupposti nel corso dell’istruzione dibattimentale), ma detta facoltà non può essere esercitata dalla parte che non abbia
depositato la propria lista nel termine indicato, a pena di inammissibilità, dall’art. 468, comma primo, cod. proc. pen., salva la possibilità del giudice di disporre “ex officio” l’assunzione di nuovi
mezzi di prova nei limiti di cui all’art. 507 cod. proc. pen. (cfr. Cass., Sez. 6, 22 gennaio 2010, Martelli, Rv. 246998). Ma al proposito la Corte ha ritenuto inutile l’integrazione istruttoria avendo i
testimoni escussi (persona offesa ed ufficiale di PG.) esaurientemente e convincemente fornito elementi utili per il giudizio, così giudicando superfluo l’esercizio del potere officioso di citazione.
Il reato ascritto ai ricorrenti non è prescritto: alla scadenza “naturale” del decorso estintivo (5.9.2011), infatti, deve aggiungersi il lasso temporale di giorni 167, pari alle sospensioni verificatesi nel corso del processo. Onde la prescrizione matura alla data 19.2.2012.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.