Asili nido, la tariffa media per una famiglia è di 301 euro al mese. Sotto la lente anche le mense

da Il Sole 24 Ore 

Asili nido, la tariffa media per una famiglia è di 301 euro al mese. Sotto la lente anche le mense

di Maria Piera Ceci

Tariffe degli asili nido sostanzialmente stabili a livello nazionale negli ultimi tre anni, secondo il dossier di Cittadinanzattiva “Servizi in Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense”. Stabili, ma non omogenee sul territorio nazionale. La media per una famiglia tipo è di 301 euro al mese, ma si va dai 100 euro al mese di Catanzaro e Agrigento ai 515 euro di Lecco. Gli aumenti più rilevanti negli ultimi tre anni sono stati registrati a Chieti (50,2 per cento), Roma (33,4 per cento), Venezia (24,9 per cento). Per quanto riguarda invece le regioni, il Molise è la più economica con 167 euro, il Trentino Alto Adige la più costosa con 472. Spicca l’aumento del 10 per cento registrato in Basilicata. Va però tenuto presente che in molti nidi del Nord sono compresi nel costo pannolini e altre spese, che vanno invece pagate a parte nelle strutture al Sud.

«Il divario fra le regioni del Nord e del Sud è particolarmente forte in termini di peso della tariffe, così come è forte ma in senso contrario in termini di copertura. Al Sud la retta costa meno, ma la copertura rispetto alla popolazione dei bambini che avrebbero diritto all’asilo nido è inferiore, contro un Nord che ha tariffe molto più alte, ma una copertura molto maggiore. In Trentino alla tariffa più alta corrisponde la copertura più alta», spiega Lisa Mandorino, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva.
Guardando bene i dati, si scopre infatti che la copertura media della potenziale utenza 0-2 anni al Sud è solo del 7,6 per cento, con il limite negativo di Calabria (4,1 per cento) e Molise (5 per cento). La copertura arriva invece al 23 per cento al Nord e al 26,5 per cento al Centro.
Aumentano dunque le liste di attesa dal 20 per cento del 2013 al 26 per cento del 2015, e questo nonostante il numero di domande presentate si sia ridotto complessivamente del 13,1 per cento nel 70 per cento degli 89 capoluoghi di provincia presi in considerazione.
Un dato particolarmente negativo, se si pensa che nel 2016 su trentamila donne che hanno lasciato il lavoro, 1 su 5 lo ha fatto perché il figlio non è stato accettato al nido pubblico, 1 su 4 perché non è riuscita a conciliare lavoro e cura del bambino.

Mense scolastiche
Si va dai 60 euro mensili della Sardegna ai 104 dell’Emilia Romagna. Per le città, dai 32 euro di Barletta, ai 128 di Livorno. Tariffe più elevate ma in diminuzione al Nord, tariffe più basse ma in aumento al Sud e sostanzialmente stabili al Centro. L’aumento più rilevante (oltre il 24 per cento) in Umbria e sopra al 20 per cento in Calabria, secondo il dossier di Cittadinanzattiva che ha riguardato 78 scuole di 12 regioni (Valle D Aosta, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna). 627 gli intervistati fra bambini, docenti, genitori e rappresentanti della Commissione mensa.
Poco soddisfacenti i locali mensa dal punto di vista di manutenzione e sicurezza, con distacchi di intonaco (14 per cento) e l’assenza di porte antipanico (35 per cento). Una scuola su dieci poi non ha un vero e proprio spazio mensa e i pasti vengono serviti in corridoi o aule più spaziose. Ai bambini piace mangiare in mensa, soprattutto (93 per cento) perché possono stare insieme ai compagni. La cosa invece che li infastidisce di più è il rumore (56 per cento), insieme alla fretta con cui bisogna mangiare (1 bambino su 3), la monotonia del cibo (2 bambini su 3), la scarsità delle porzioni (1 su 2) e i modi bruschi del personale addetto.
Il cibo viene però giudicato di buona qualità, anche se poco bio, per bambini che mostrano di essere sempre più carnivori.
Preferiti dolci e gelato (80 per cento), pizza (78 per cento). Meno graditi invece verdure cotte (70 per cento), minestre di verdure (60 per cento), pesce e verdure crude (54 per cento).
Per il 77 per cento dei genitori il menù è vario e per il 64 per cento rispetta la stagionalità dei prodotti. Rispetto alle quantità, il 73 per cento ritiene che le porzioni siano equilibrate e il 72 per cento che i propri figli mangino volentieri a mensa.
Ora è consentito portare il pasto da casa e le scuole, in attesa della sentenza della Cassazione e di una regolamentazione da parte del Miur, si sono attrezzate con tavoli separati, ma a livello nazionale il fenomeno resta marginale, con 24 bambini su mille che l’hanno scelto, secondo un’indagine Anci. Fenomeno invece in aumento a Torino, dove è iniziata la battaglia per il panino a scuola.
“Riguarda soprattutto le famiglie benestanti e non quelle più indigenti. Questo vuol dire che non è una questione di costi ma di qualità del servizio offerto”, spiega Lisa Mandorino di Cittadinanzattiva.