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Sentenza Consiglio di Stato 5 aprile 2012, n. 2032

N. 02032/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00488/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 488 del 2012, proposto dai signori [omissis], rappresentati e difesi dall’avv. Fabio Rossi, con domicilio eletto presso [omissis];
contro il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca – Ufficio scolastico regionale per la Sicilia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’ottemperanza della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. VI n. 4286/2011, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca – Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 del codice del processo amministrativo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2012 il consigliere di Stato Maurizio Meschino e udito per le parti l’avvocato Rossi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. I ricorrenti in epigrafe, tutti docenti supplenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento delle Province di Enna e Catania, hanno impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, n. 3299 del 2010, con cui è stato respinto il ricorso, da essi proposto, avverso i decreti con cui il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha in più momenti atteso alla determinazione del contingente nazionale di immissione in ruolo del personale docente e alla successiva distribuzione dello stesso per province e regioni.
2. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4286 del 2011, ha accolto l’appello “nei limiti di cui in motivazione” e ha condannato l’Amministrazione al pagamento delle spese del giudizio liquidate nel complesso in euro 5.000,00 (cinquemila/00).
3. Con il ricorso in epigrafe si deduce la mancata esecuzione della citata sentenza del Consiglio di Stato n. 4286 del 2011 da parte delle Amministrazioni soccombenti.
4. Nella camera di consiglio del 20 marzo 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO
1. Nella sentenza di questo Consiglio di Stato, n. 4286 del 2011, rigettate le censure proposte dagli appellanti avverso i decreti ministeriali impugnati quanto al sottodimensionamento del numero delle assunzioni disposto a livello nazionale (25.000 per l’anno scolastico 2008 – 2009), si giudicano invece fondate le censure dedotte sulla “assenza di un’adeguata motivazione, e a monte di una congrua istruttoria a sostegno della disposta ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le province di Catania ed Enna e tra le province, meridionali e quelle del centro-nord”.
Al riguardo si afferma: a) che l’Amministrazione ha eseguito una prima ordinanza istruttoria del Collegio, indicando quale criterio adottato, per la ripartizione del personale tra le diverse regioni e province, quello “della proporzionalità al numero dei posti disponibili…dopo l’espletamento delle operazioni di mobilità del personale della scuola, tenendo conto dell’esigenza di non creare soprannumero nel corso del triennio scolastico 2007-2009”, non ha invece dato seguito ad una seconda ordinanza istruttoria volta in particolare a conoscere “le modalità aritmetiche o logiche con cui si è provveduto alla concreta applicazione” del detto criterio; b) cosicché, assegnato il dovuto rilievo probatorio al comportamento processuale serbato dall’Amministrazione, il Collegio è indotto “ad apprezzare favorevolmente le censure di difetto di istruttoria e motivazione dedotte dai ricorrenti riguardo alla disposta ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le province di Catania ed Enna e tra le province meridionali e quelle del centro-nord”, per cui “alla stregua delle esposte ragioni va pertanto accolto l’appello nei limiti illustrati con conseguente riforma della sentenza impugnata e annullamento degli atti impugnati in primo grado, limitatamente alla ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le varie regioni e province italiane.”.
2. Con il ricorso in epigrafe si deduce che:
– a seguito della pronuncia caducatoria di un provvedimento amministrativo in sede giurisdizionale, affinché il ricorrente vittorioso ottenga il bene della vita che gli è stato sottratto dall’esercizio illegittimo del potere amministrativo, sorge l’obbligo per l’Amministrazione di ripristinare la situazione di fatto o di diritto preesistente al provvedimento impugnato, essendo volto a questo fine il giudizio di ottemperanza;
– nella specie, pur essendo stati annullati i decreti impugnati di immissione in ruolo, l’Amministrazione ha omesso di rinnovare la relativa attività amministrativa con cui avrebbe dovuto: individuare i posti vacanti in ciascuna provincia, per gli anni scolastici 2008-2009 e 2009-2010, rinnovare i decreti di immissione in ruolo per tali anni con la esplicitazione della metodologia adottata e disporre in via retroattiva le assunzioni a tempo indeterminato eventualmente mancanti nelle province di Catania ed Enna.
Si conclude quindi chiedendo sia ordinato alle Amministrazioni soccombenti di eseguire la detta sentenza, con la nomina contestuale di un commissario ad acta e la fissazione, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), del Codice del processo amministrativo, di una somma di denaro a carico delle Amministrazioni e a favore dei ricorrenti per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato. Si chiede anche che le spese legali al cui pagamento sia condannata l’Amministrazione, se soccombente ad esito del presente ricorso per ottemperanza, vengano distratte a favore del difensore dei ricorrenti “che dichiara di averle anticipate”.
3. Il ricorso deve essere accolto nei termini che seguono.
3.1. L’Amministrazione ha l’obbligo di eseguire il giudicato (art. 112, comma 2, lett. a) del Codice del processo amministrativo) al fine della piena garanzia della effettività della tutela giurisdizionale, e vi deve provvedere secondo quanto nel giudicato sia statuito, poiché la sentenza di annullamento di provvedimenti amministrativi produce, con l’effetto caducatorio della eliminazione dell’atto impugnato, anche quello conformativo, vincolante “la successiva attività dell’Amministrazione di riesercizio del potere perché il giudice, quando accerta l’invalidità dell’atto e le ragioni che la provocano, stabilisce (in maniera più o meno piena a seconda del tipo di potere che viene esercitato e del vizio riscontrato) quale è il corretto modo di esercizio del potere e fissa quindi la regola alla quale l’amministrazione si deve attenere nella sua attività futura” (Cons. Stato, Sez. VI, 22 settembre 2008, n. 4563), essendo perciò definita, tale regola, in relazione ai motivi esaminati e ritenuti fondati.
3.2. Nella specie: i provvedimenti annullati con la sentenza n. 4286 del 2011 sono attuativi della normativa di legge con cui è stata disposta la definizione di un piano triennale di assunzioni nella scuola (art. 1, comma 605, lett. c), della legge n. 296 del 2006); l’Amministrazione deve, di conseguenza, nuovamente provvedere con la riemanazione dei detti decreti poiché resterebbe altrimenti inattuata la disposizione legislativa per quanto attiene alla ripartizione del contingente nazionale fra le varie province italiane al fine delle immissioni in ruolo; nel riemanare i provvedimenti l’Amministrazione è vincolata a conformarsi al giudicato di cui alla sentenza n. 4286 del 2011 in relazione al vizio di inadeguatezza dell’istruttoria e della motivazione riconosciuto proprio dei provvedimenti annullati.
3.3. Non vi è luogo invece per il dispiegamento dell’ulteriore effetto riconducibile al giudicato di annullamento, vale a dire quello rispristinatorio, che “trova ragione nell’esigenza di riequilibrare gli effetti prodotti dal provvedimento prima del suo annullamento” e “implica la cancellazione delle modificazioni della realtà (giuridica e di fatto) intervenute per effetto dell’atto annullato e cioè l’adeguamento dell’assetto di interessi esistente prima della pronuncia giurisdizionale e venuto in vita sulla base dell’atto impugnato, alla situazione giuridica prodotta dalla pronuncia stessa” (Sez. VI, n. 4563 del 2008, cit.).
Nel patrimonio giuridico dei ricorrenti preesistente alla emanazione dei provvedimenti annullati non sussiste infatti una situazione lesa da tale emanazione, come è proprio degli interessi oppositivi, essendo essi all’epoca titolari del solo interesse pretensivo al corretto esercizio del potere della programmazione e ripartizione delle assunzioni, essendo stata accertata la illegittimità di tale esercizio per i vizi riscontrati con la sentenza n. 4286 del 2011 ed avendo perciò essi in atto titolo a che il potere sia nuovamente esercitato con modalità esente dai detti vizi.
4. Da tutto ciò consegue che, nei termini esposti, il ricorso in epigrafe deve essere accolto.
4.1. Il Collegio ordina pertanto al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca di provvedere, in ottemperanza alla sentenza di questo Consiglio di Stato n. 4286 del 2011, a che siano emanati nuovamente, ora per allora, i decreti annullati con tale sentenza “limitatamente alla ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le varie regioni e province italiane”e, in questo ambito “tra le province di Catania ed Enna e tra le province, meridionali e quelle del centro-nord”, in riferimento all’anno o gli anni scolastici oggetto dei decreti stessi, esplicitando compiutamente nella motivazione dei provvedimenti il metodo adottato nella istruttoria per la determinazione delle assegnazioni di personale nelle regioni e nelle province in relazione al procedimento aritmetico o logico che sia stato applicato.
I detti provvedimenti dovranno essere emanati entro centoventi giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se antecedente, della presente sentenza.
In caso di inadempimento il Collegio dispone sin da ora la nomina di un Commissario ad acta, nella persona del Capo del Dipartimento per l’Istruzione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che provvederà per l’emanazione dei detti decreti entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui sopra.
4.2. Il Collegio non rinviene, allo stato, i presupposti per l’applicazione dell’art. 114, comma 4, lett. e), del Codice del processo amministrativo, potendosi eventualmente esaminare la relativa domanda in caso di accertato ritardo nell’esecuzione del giudicato, ciò che, nella specie, è ipotizzabile soltanto alla scadenza del termine ultimo fissato nel precedente punto 4.1.
5. Le spese seguono, come di regola la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie il ricorso per ottemperanza in epigrafe, n. 488 del 2012, e, per l’effetto, ordina al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca di dare esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 4286 del 2011 con le modalità e nei termini precisati in motivazione.
Nomina il Capo del Dipartimento per l’Istruzione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca Commissario ad acta per l’esecuzione del giudicato secondo quanto specificato in motivazione.
Condanna il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca al pagamento delle spese della presente fase del giudizio, da corrispondere direttamente al’avvocato difensore dei ricorrenti in epigrafe, distrattario, che liquida nel complesso in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre gli accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2012, con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Claudio Contessa, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sentenza TAR Lazio 5 aprile 2012, n. 5551

N. 05551/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01568/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1568 del 2012, proposto da:
XXXXX e XXXXX in qualità di genitori esercenti la patria potestà sul minore XXXXX rappresentati e difesi dall’Avv. Gianluca Loreti presso il cui studio in Roma, Via Innocenzo XI, n. 8 sono elettivamente domiciliati;
contro
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in persona del Ministro legale rappresentante p.t., la Scuola Primaria Statale “Brembio” in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 domiciliano;

per la revocazione della sentenza in forma semplificata del TAR Lazio, sezione III bis in data 19 gennaio 2012, n. 638/2012;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca e di Scuola Primaria Statale “Brembio” di Roma;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2012 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato all’Amministrazione dell’istruzione in data 14 febbraio 2012 e depositato il successivo 2 marzo 2012, i ricorrenti espongono di avere presentato ricorso per l’annullamento dell’atto n. 36 del 28 ottobre 2011 con il quale il dirigente dell’Istituto in epigrafe indicato ha certificato che per l’a.s. 2011/2012 al loro figlio erano assegnate 5 ore di sostegno. Riprendono che, nel ricorso, veniva rappresentato che per la patologia da cui è affetto il bambino tale limitata erogazione del sostegno era gravemente lesiva e contrastante con la Costituzione e con i diritti riconosciuti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E., della Carta Sociale Europea e della Convenzione O.N.U, del 2007.
Nel ricorso originario essi concludevano per l’annullamento dell’atto impugnato e la condanna dei resistenti a concedere al piccolo l’apporto completo di 25 ore settimanali, chiedendo la condanna al risarcimento del
danno quantificato in Euro 8.000,00 e la sospensione cautelare dell’efficacia dell’atto impugnato.
Rappresentano ancora che a seguito di tale istanza in data 25 novembre 2011 veniva adottato il decreto presidenziale cautelare di accoglimento e con contestuale fissazione della Camera di Consiglio per il 6 dicembre 2011. In essa i ricorrenti insistevano per la richiesta di annullamento dell’atto limitativo delle ore di sostegno per il figliolo e rinunciavano alla domanda di risarcimento del danno.
E tale dichiarazione risulta dal verbale di udienza.
In data 19 gennaio 2012 veniva depositata la sentenza in forma semplificata n. 638/2012 con la quale il ricorso veniva dichiarato improcedibile, sostenendosi che parte ricorrente non avesse più interesse al ricorso come risultante dal verbale di udienza.
Col ricorso in esame, dunque, i ricorrenti chiedono la revocazione della sentenza affetta palesemente da errore materiale in quanto non corrispondente con la dichiarazione risultante dal verbale di udienza.
Il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 5 aprile 2012.

DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
Come esposto in narrativa con esso i ricorrenti chiedono la revocazione della sentenza breve n. 638/2012 depositata il 19 gennaio 2012 con la quale la sezione ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il proposto gravame n. reg. 9724/2011, avverso di essa opponendo l’errore materiale.
2. La richiesta revocazione va accolta.
Infatti da apposita annotazione recata dal verbale della Camera di Consiglio in data 6 dicembre 2011, alla quale è stato portato il citato ricorso n. 9724/2011, risulta che: “A seguito di istanza preliminare avanzata dall’Avv. Loreti che rinuncia alla domanda risarcitoria e dell’Avvocato dello Stato (segue il nome dell’Avv. Dello Stato), che dichiarano di volersi riportare agli scritti, la causa viene trattenuta in decisione. Il Collegio si riserva la sentenza in forma semplificata.”.
La parte motiva della sentenza semplificata e il relativo “PQM” recano invece rispettivamente, la prima: “Rilevato che è stato dichiarato a verbale che parte ricorrente non ha più interesse al ricorso, per cui il ricorso va dichiarato improcedibile;”; ed il secondo: “Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione III bis) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.”
E’ evidente il contrasto tra gli esiti della Camera di Consiglio per come verbalizzati e dalla cui apposita annotazione risulta che la difesa di parte ricorrente rinuncia alla domanda risarcitoria e soltanto ad essa e la sentenza breve adottata in esito all’udienza camerale, con la conseguenza che l’improcedibilità riguardava unicamente la domanda risarcitoria alla quale le parti avevano dichiarato di rinunciare, mentre doveva essere trattata la domanda principale di annullamento dell’atto recante la riduzione delle ore di sostegno imposta al bimbo dei ricorrenti.
Al riguardo va dunque data applicazione all’art. 106 del c.p.a stante il quale “Salvo quanto previsto dal comma 3, le sentenze dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione, nei casi e nei modi previsti dagli articoli 395 e 396 del c.p.c.”.
E’ bene precisare che nel caso in esame non ricorrono le ragioni indicate al successivo comma 3 della medesima norma, il quale recita: “Contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello”.
Nel caso in esame a ben vedere più che di motivi veri e propri, a non essere stata trattata è una intera domanda, quella di annullamento dell’atto di mancata assegnazione delle ore di sostegno, sicché la sua trattazione in appello avverrebbe per la prima volta e poiché il giudizio di secondo grado ha mantenuto, anche dopo la riforma del processo amministrativo, la sua configurazione di revisio prioris istantiae, la ridetta domanda dovrebbe essere analizzata per la prima volta in grado di appello andando perciò a collidere col principio secondo il quale in tale secondo grado di giudizio non possono essere proposte domande nuove (art. 104 del c.p.a.).
La richiesta revocazione della sentenza in epigrafe va, pertanto, accolta proprio perché i motivi dedotti con la domanda principale ed essa stessa, non essendo stati trattati in primo grado, non possono essere revisionati nel grado di appello, ai sensi di quanto stabilito dagli articoli 106, primo comma e 104 c.p.a.
3. Tale osservazione introduce un’altra problematica e cioè se il richiesto annullamento dell’atto principalmente impugnato col ricorso n. 9724/2011 possa essere trattato nella stessa sede della revocazione oppure se il detto gravame debba essere rimesso a ruolo per la residua domanda sulla quale il giudice non si è pronunciato, nulla al riguardo disponendo l’art. 106 c.p.a. il cui unico rinvio alle norme del codice di procedura civile è recato per gli articoli 395 e 396, che disciplinano le ipotesi di revocazione.
Nel caso in esame, tuttavia, è consentito far riferimento all’art. 402 c.p.c. in virtù del rinvio dinamico contenuto nel codice del processo amministrativo all’art. 39 stante il quale: “Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili o espressione di principi generali.”.
La norma testè citata per prima consente che con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il merito della causa, che, nel caso in esame va pure esso accolto.
4. Nel ricorso n. reg. 9724/2011, parte ricorrente ha dedotto con un’unica articolata doglianza la violazione di legge, l’eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, ingiustizia manifesta, la violazione dei principi costituzionali e della carta dei diritti fondamentali dell’U.E., della carta sociale europea e della convenzione O.N.U. del 2007 e ratificata con legge n. 7 del 3 marzo 2009.
I ricorrenti osservano che l’art. 38, comma 3° Cost, disponendo che “gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale” dà concretezza ai principi generalissimi che esprime l’art. 2 Cost. e, in relazione alla pari dignità sociale esprime l’art. 3 Cost.; inoltre il diritto all’inserimento sociale dei disabili è garantito dall’art. 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dall’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Anche gli articoli 15 e 17 della Carta sociale, ratificata con legge n. 30 del 1999 riconoscono il diritto delle persone portatrici di handicap all’educazione ed all’integrazione sociale ed alla partecipazione alla vita di comunità ed il diritto dei bambini a crescere in un ambiente favorevole allo sviluppo della loro personalità.
Rappresentano che con la legge n. 104/1992 è stato riconosciuto il diritto soggettivo del disabile all’educazione ed all’istruzione dalla scuola materna all’università e che la violazione di un diritto incomprimibile costituisce una reale e concreta situazione di rischio, danno e di illegittimità delle richiamate norme.
Le 5 ore di sostegno attribuite al loro figliolo sono quindi da considerarsi gravemente inadeguate a fronte delle 40 ore settimanali frequentate. Rilevano che la stessa Corte Costituzionale ha dichiarato  costituzionalmente illegittimo l’art. 2, commi 413 e 414 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 che fissavano rigidamente un limite al numero degli insegnanti di sostegno e sopprimendo radicalmente la possibilità di assumere con contratti a tempo determinato altri insegnanti, in deroga al rapporto docenti – alunni pur se in presenza di disabilità particolarmente gravi.
5. Le doglianze vanno accolte.
Come oramai rilevato in numerose pronunce dal Tribunale (TAR Lazio, sezione III bis, 17 febbraio 2012, n. 1669, 15 marzo 2012, n. 2573 soltanto per citare alcune delle più recenti) le prospettazioni dei ricorrenti vanno condivise, con particolare riferimento a quelle che pongono in rilievo come, avendo la Corte Costituzionale con la sentenza n. 80 del 26 febbraio 2010 “eliminato dall’ordinamento le disposizioni limitative contenute nei commi 413 e 414 dell’art. 2 della L. Fin. n. 244 del 2007, torna, per così dire, in auge il disposto dell’art. 40 della L. n. 449 del 1997 stante il quale “In attuazione dei princìpi generali fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, è assicurata l’integrazione scolastica degli alunni handicappati con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell’handicap, compreso il ricorso all’ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi prevista dall’articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonché la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti-alunni indicato al comma 3, in presenza di handicap particolarmente gravi,”.(cfr. TAR Lazio, sezione III bis, n. 1669/2012 cit.).
A tale conclusione non può peraltro non pervenirsi se si tiene conto che la Corte Costituzionale, con la menzionata decisione, ha rilevato che: “la possibilità di stabilire ore aggiuntive di sostegno appresta una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizione di particolare gravità…(e) non si estende a tutti i disabili a prescindere dal grado di disabilità, bensì tiene in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetta la persona de qua…”.
Ancorché il figliolo dei ricorrenti non rientri nella situazione di handicap qualificato come grave ai sensi dell’art. 3, comma 3 della L. n. 104 del 1992 quanto piuttosto in quella di cui all’art. 3, comma 1 della medesima legge, tuttavia la eliminazione dal mondo giuridico dei due commi 413 e 414 dell’art. 2 della L. Fin. n. 244 del 2007 impone all’amministrazione di valutare in relazione alla situazione di gravità dell’handicap da cui sia affetto il fanciullo la possibilità di completare il suo percorso formativo con il sostegno di un insegnante ad hoc, nella considerazione che egli è iscritto alla seconda elementare e quindi si trova all’inizio del percorso di apprendimento scolastico.
5. Per le superiori considerazioni, ai sensi degli articoli 402 c.p.c. e 39 c.p.a. il ricorso n. 9724/2011 va accolto e per l’effetto vanno annullati i provvedimenti in epigrafe indicati dai quali risulta a favore dei figli dei ricorrenti un numero di ore di sostegno minore rispetto a quelle possibili in deroga per l’a.s. 2011/2012.
In relazione alla domanda risarcitoria gli interessati hanno dichiarato di rinunciare ad essa, sicchè tale parte del ricorso può essere dichiarata improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
6. La novità delle questioni trattate consente di ritenere giusti i motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe indicato così dispone:
– accoglie il ricorso n. 1568/2012 e per l’effetto dispone la revocazione della sentenza TAR Lazio, sezione III bis in data 19 gennaio 2012, n. 638/2012;
– accoglie il ricorso n. 9724/2011 e per l’effetto annulla l’atto n. 36 del 28 ottobre 2011 della Scuola Primaria Statale “Brembio” in Roma e per il resto lo dichiara improcedibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:
Evasio Speranza, Presidente
Paolo Restaino, Consigliere
Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/06/2012

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sentenza Tribunale Lagonegro 4 aprile 2012, n. 309

TRIBUNALE DI LAGONEGRO
SEZIONE LAVORO
Sentenza n. 309/2012 del 04.04.2012

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO
Con ricorso proposto ai sensi dell’art. 414 c.p.c., e depositato il 24.3.2007, parte ricorrente, insegnante presso (…) riferiva che in data 3.11.2009″ previa domanda, fruiva, ai sensi dell’art. 15, co. 2, del CCNL, di un giorno di permesso retribuito; che alla richiesta del Dirigente di produrre idonea documentazione giustificativa, rispondeva dichiarando di aver fruito del permesso per presiedere ed assistere ai lavori di riparazione della linea telefonica ADSL presso la propria abitazione; che ad ulteriore richiesta di integrazione il ricorrente comunicava il numero di telefono della linea oggetto di riparazione, nonché indicando le imprese di riferimento i cui tecnici avevano effettuato i lavori; alla ulteriore richiesta di comunicazione dei dati identificativi dei tecnici che avevano effettuato le riparazioni, il ricorrente opponeva la sufficienza della documentazione sino ad allora esibita; che in data 16.12.2009 il Dirigente, con decreto, dichiarava l’assenza dal lavoro del ricorrente ingiustificata, disponeva la trattenuta di una giornata lavorativa e l’addebito “…del costo pari alle ore di servizio, n. 4 per Euro 26,29 (quota oraria) da rimborsare alla scuola, tramite versamento con c.p.p. allegato alla presente per ore retribuite come eccedenti per la sostituzione effettuata dai docenti nella giornata del 3.11.2009”; che il ricorrente effettuava il versamento.
Sosteneva che la fruizione del permesso, in quanto esercizio di una situazione attiva a contenuto potestativo, non dipende da un atto discrezionale del datore di lavoro; è un diritto soggettivo perfetto e l’onere documentale dell’istante è limitato alla mera rappresentazione del fatto.
Tutto ciò premesso chiedeva al Tribunale di Lagonegro, in funzione di Giudice del Lavoro, di annullare il decreto del Dirigente del 16.12.2009, qualificandolo come provvedimento disciplinare, di essere reintegrato nei propri diritti retributivi, e di condannare parte convenuta alla restituzione della somma di Euro 105,16, illegittimamente pretesa, ed a risarcimento del danno morale subito, spese rifuse.
Parte convenuta si costituiva chiedendo il rigetto della domanda e sostenendo la legittimità del proprio operato.
All’udienza del 4.4.2012, il Giudice ritenuta la causa matura per la decisione invitava i procuratori alla discussione e decideva la causa come da sentenza pubblicamente letta all’esito della camera di consiglio.
E’ pacifico che parte ricorrente si sia assentata nel giorno 3.11.2009, avendo richiesto un giorno di permesso retribuito per motivi personali, e non sono contestate le circostanze relative alle successive richieste di integrazione da parte del Dirigente scolastico.
Sul tema si è di recente pronunciato il Tribunale di Monza, sent. N. 288/2011, alle cui motivazioni si rinvia essendo pienamente condivisibili; tale pronuncia ha seguito una nota dell’ARAN che si è attestata sulle stesse posizioni.
L’art. 15, co. 2, del CCNL 2006-2009 prevede che “Il dipendente, inoltre, ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità sono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’ar1. 13, comma 9, prescindendo dalla condizioni previste in tale norma”. Per il personale è prevista la possibilità di richiedere tre giorni di permesso retribuito per motivi personali oppure familiari. Questo istituto contrattuale, con l’accordo sottoscritto il 29.11.2001, è diventato un diritto (nel
precedente contratto si diceva invece: “sono attribuiti”). Le condizioni necessarie per poterne usufruire sono semplicemente che i giorni di permesso vengano richiesti per motivi personali oppure per motivi familiari. Tali motivazioni sono sottratte alla valutazione discrezionale del Dirigente Scolastico, il quale pertanto non può entrare in merito alle stesse. Il CCNL scuola 2006-2009 distingue il diritto del dipendente alle ferie (di cui all’art. 13) dal diritto al permesso retribuito. L’art. 15 attribuisce al dipendente a tempo indeterminato il diritto ad un permesso retribuito in alcuni casi specifici e per numero di giorni limitati. Il 2° comma, in particolare dispone, come visto, che “Il dipendente, inoltre, ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità sono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalla condizioni previste in tale norma”.
Quest’ultima norma, nel circoscrivere il diritto alla fruizione delle ferie nel periodo di sospensione dell’attività didattica, prevede quale deroga: “durante la rimanente parte dell’anno, la fruizione delle ferie è consentita al personale docente per un periodo non superiore a sei giornate lavorative. Per il personale docente la fruibilità dei predetti sei giorni è subordinata alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede e, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi costi aggiuntivi, anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti, salvo quanto previsto dall’art. 15, co. 2”.
Le citate disposizioni devono essere messe tra loro in correlazione nel senso che al personale docente spettano, per motivi familiari o personali documentati tre giorni di permesso retribuito e possono per gli stessi motivi, usufruire anche di sei giorni di ferie durante il periodo di attività didattica. Il richiamo, poi, dell’art. 15, co. 2, contenuto nell’ad. 13, co. 9, va interpretato nel senso che, qualora le ferie vengano richieste per motivi personali o familiari documentati, l’autorizzazione non è soggetta ai presupposti richiamati in generale per la fruizione in periodo di attività didattica, ma è soggetto al trattamento di cui al successivo art. 15, co. 2, come peraltro chiaramente enunciato in tale ultima norma.
Va sottolineato, inoltre, che, mentre l’art. 13, co. 9, subordina l’autorizzazione alle ferie in periodo di attività didattica “alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede e, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi costi aggiuntivi, anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti”, uguale restrizione non è contenuta nell’ad. 15, co. 2, che richiede per la fruizione del permesso retribuito per motivi personali e familiari (e per la fruizione di ferie per le stesse ragioni), la presentazione della domanda corredata dalla documentazione (anche autocertificazione) attestante la sussistenza di detti motivi.
Nessuna discrezionalità è lasciata al Dirigente Scolastico in merito all’opportunità di autorizzare il permesso e le ferie per queste particolari ipotesi, né, in particolare, gli è consentito di comparare le esigenze scolastiche con le ragioni personali o familiari certificate per cui il permesso è richiesto, ma avrà solo un controllo di tipo formale in merito alla presentazione della domanda ed all’idoneità della documentazione a dimostrare la sussistenza delle ragioni poste a base della domanda; né tanto meno, è consentito al Dirigente Scolastico porre delle regole preventive che vietino o restringano la possibilità per i docenti di usufruire dei permessi o delle ferie in periodo di attività didattica, qualora queste siano richieste per motivi personali o familiari.
Tanto è condiviso anche dall’ARAN che, con suo parere, ha ritenuto che “il diritto ai tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari, è subordinato ad una richiesta (…a domanda…) del dipendente documentata ‘anche mediante autocertificazione”. Il parere continua sostenendo che “la previsione contrattuale generica ed ampia di ‘motivi personali o familiari’ e la possibilità che la richiesta di fruizione del permesso possa essere supportata anche da “autocertificazione “[…] esclude un potere discrezionale del dirigente scolastico il quale, nell’ambito della propria funzione […] è preposto al corretto ed efficace funzionamento dell’istituzione scolastica nonché alla gestione organizzativa della stessa”.
Ciò premesso, nel caso di specie risulta che parte ricorrente ha tempestivamente proposto domanda per assentarsi ed ha documentato idoneamente, autocertificandoli, i motivi personali e familiari per cui intendeva assentarsi. Quindi il Dirigente Scolastico ha illegittimamente dichiarato che l’assenza fosse ingiustificata. Conseguentemente risultano illegittimi la trattenuta di una giornata lavorativa e l’addebito del costo pari alle ore di servizio.
La domanda di parte ricorrente, pertanto, va accolta.
Va respinta, invece, la domanda di condanna al risarcimento del danno morale in quanto carente sotto il profilo delle allegazioni prima ancora che della prova. Le spese, previsa (così nel testo n.d.r.) compensazione per un quarto alla luce dell’accoglimento solo parziale della domanda e della natura controversa della questione sottoposta all’ attenzione del giudicante, si liquidano come da dispositivo con riferimento al d.m. 8.4.2004 n. 121″ considerando che, in attesa dell’emanazione del d.m. previsto dall’art. 9 dl 1 del 2012, le pur abrogate tariffe professionali mantengono comunque valenza di criterio di orientamento per la liquidazione equitativa.
P Q.M
Il dott. Arturo Avolio, quale giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, così provvede:
a) Dichiara l’ illegittimità della trattenuta di un giorno di retribuzione operata sullo stipendio di parte ricorrente con riferimento all’assenza del giorno 3.11.2009;
b) Condanna parte resistente a rifondere a parte ricorrente l’importo corrispondente a detta trattenuta;
c) Dichiara l’illegittimità dell’addebito del costo pari alle ore di servizio con riferimento all’assenza del giorno 3. 11.2009;
d) Condanna parte resistente a rifondere a parte ricorrente l’importo corrispondente a detto addebito;
e) Rigetta la domanda di risarcimento del danno;
Condanna le parti resistenti, previa compensazione delle spese di lite nella misura di 1/4, al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi €. 498,66, oltre I.V.A. e cpa, con distrazione.

Sentenza Corte di Cassazione 27 marzo 2012, n. 11655

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 febbraio – 27 marzo 2012, n. 11655
Presidente Marasca – Relatore Sandrelli

In fatto
I ricorrenti sono imputati di abbandono di persone minori (art. 591 c.p.) per avere, quali responsabili del servizio di trasporto scolastico in (omissis) e preposti alla custodia dei giovani, abbandonato il minore [omissis], lasciando che lo stesso scendesse dal pulmann prima del pervenimento all’edificio scolastico e prima dell’affidamento al personale didattico, sì che il giovane
– attese le condizioni precarie di viabilità per una recente nevicata – cadde per terra procurandosi lesioni al volto.
Il Tribunale di Lagonegro li condannò in data 30.12.2009, la Corte d’Appello di Potenza confermò il 5.5.2011 la prima decisione.
Entrambi gli imputati hanno interposto ricorso eccependo:
– l’erronea applicazione della legge penale per la carenza dell’elemento materiale e psicologico del reato, cioè l’effettivo pericolo a cui era esposto il minore e la necessaria rappresentazione del pericolo, l’inosservanza della legge processuale per avere i giudici del merito rifiutato l’ammissione della prova testimoniale a discarico (testimoni L.A. ed E. , P.V. ) ancorché non presenti alla prima udienza;
– l’erronea applicazione della legge penale per la carenza del nesso causale tra l’omesso accompagnamento e la caduta da cui conseguì la lesione alla persona offesa;
– la carenza assoluta di motivazione del provvedimento;
– l’inosservanza delle norme processuali per la mancata giustificazione della reiezione delle prove a discarico;
– l’inosservanza delle norme processuali per la violazione dell’art. 468 co. 4 c.p.p. avendo la Corte territoriale rigettato l’istanza di ammissione di testimoni, trattandosi di citazione di testimoni a
prova contraria sicché nel caso di mancata loro comparizione all’udienza dibattimentale le parti private debbono essere autorizzate alla costrizione alla loro presentazione (ex art. 142 co. 3 lett. “e” disp. att. e non 152 c.p.p., come indicato nel ricorso);
– la prescrizione del reato.
In diritto
I ricorso sono infondati e non vengono accolti.
Per ciò che riguarda i profili di diritto sostanziale, il delitto ascritto agli imputati è integrato dall’omesso adempimento, da parte dell’agente, dei doveri di custodia e di cura sullo stesso incombenti in ragione del servizio prestato, in modo che ne derivi un pericolo per l’incolumità della persona incapace. L’azione illecita consiste nell’abbandono e non già nel pericolo che ne è la conseguenza. Pertanto, ai fini dell’elemento soggettivo della fattispecie, non rileva che il soggetto agente abbia sottovalutato il rischio (tanto incombente che esso ebbe a verificarsi in concreto) a cui
andava incontro il minore, nella convinzione che nulla gli sarebbe occorso in pregiudizio alla sua incolumità, ma soltanto la completa rappresentazione della situazione di abbandono in cui il minore
versava. In sostanza ogni abbandono deve essere considerato pericoloso poiché l’interesse tutelato dalla norma penale si focalizza sulla violazione dei doveri di custodia del minore.
Questo giudice non è legittimato al vaglio delle effettive condizioni di viabilità delle strade di (omissis), pertinendo siffatto accertamento al fatto: basta qui rammentare il contenuto delle
deposizioni acquisite quali riportate dalla decisione impugnata (pag. 2), attestante il permanere di residui delle abbondanti nevicate dei giorni precedenti.
In relazione al nesso di causalità, osservazione priva di ulteriore articolazione, si osserva che l’incidente occorso al minore si verificò in costanza di abbandono, sicché appare specioso invocare
l’assenza del legame eziologico. La nozione di custodia sottende quella di non esporre il minore a pericoli per la propria incolumità: la violazione al dovere di accompagnamento sino alla struttura
scolastica, che avrebbe preso in carico il giovane, è azione obiettivamente integratrice del fatto illecito. Ulteriormente verificata dalla circostanza che l’ampiezza del percorso che il ragazzo avrebbe dovuto percorrere a piedi (circa 500 metri, cfr. pag. 2 della sentenza), era tale da rendere non soltanto possibile, ma anche probabile lo scivolamento sul terreno stradale, insidiato da neve e ghiaccio).
È generica e, quindi, inammissibile la critica sulla completezza dell’apparato giustificativo, avendo il ricorrente omesso di specificare per quali passaggi la decisione risulti carente di motivazione.
Non ha pregio neppure la censura in rito: la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria di testimoni (nonché periti e consulenti tecnici) può essere richiesta sino alla pronuncia dell’ordinanza
di ammissione delle prove (fatte salve le ipotesi di emersione dei relativi presupposti nel corso dell’istruzione dibattimentale), ma detta facoltà non può essere esercitata dalla parte che non abbia
depositato la propria lista nel termine indicato, a pena di inammissibilità, dall’art. 468, comma primo, cod. proc. pen., salva la possibilità del giudice di disporre “ex officio” l’assunzione di nuovi
mezzi di prova nei limiti di cui all’art. 507 cod. proc. pen. (cfr. Cass., Sez. 6, 22 gennaio 2010, Martelli, Rv. 246998). Ma al proposito la Corte ha ritenuto inutile l’integrazione istruttoria avendo i
testimoni escussi (persona offesa ed ufficiale di PG.) esaurientemente e convincemente fornito elementi utili per il giudizio, così giudicando superfluo l’esercizio del potere officioso di citazione.
Il reato ascritto ai ricorrenti non è prescritto: alla scadenza “naturale” del decorso estintivo (5.9.2011), infatti, deve aggiungersi il lasso temporale di giorni 167, pari alle sospensioni verificatesi nel corso del processo. Onde la prescrizione matura alla data 19.2.2012.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Sentenza Consiglio di Stato 27 gennaio 2012, n. 380

N. 00380/2012REG.PROV.COLL.

N. 00831/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 831 del 2007, proposto da
Ministero della pubblica istruzione (in seguito: Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

XXXXX, non costituito in questo grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE II, n. 4160/2006, resa tra le parti, concernente GRADUATORIA INSEGNAMENTO DI SOSTEGNO A MINORATI PSICOFISICI

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2011 il Cons. Claudio Contessa e udito per l’amministrazione appellante l’avvocato dello Stato Varone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (d’ora innanzi: ‘il M.I.U.R.’) con l’appello riferisce che il signor XXXXX impugnò innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania la graduatoria permanente per l’insegnamento di sostegno a minorati psico-fisici nella scuola primaria relativa agli anni scolastici 2005/2006 e 2006/2007 per la parte in cui non gli era stato riconosciuto il titolo ad accedere alla quota di riserva per invalidità civile di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 (ricorso n. 7650/2005).

In punto di fatto, il Ministero appellante riferisce che tale mancata inclusione era dovuta al fatto che l’istante (il quale non versava in stato di disoccupazione al momento dell’approvazione della graduatoria) era privo di tale requisito anche al momento di presentazione della domanda.

Con la pronuncia oggetto del’odierno gravame, il Tribunale amministrativo accoglieva il ricorso e annullava in parte la graduatoria osservando:

– che la novella normativa di cui alla l. 13 marzo 1999, n. 68, modificando in parte qua il previgente sistema di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482, comportava che l’applicazione della quota di riserva in favore delle c.d. ‘categorie protette’ non postulasse più in via necessaria lo stato di disoccupazione né al momento dell’inoltro della domanda di partecipazione, né al momento dell’assunzione;

– che non era condivisibile l’orientamento secondo cui la novella normativa del 1999 (in particolare, l’art. 16) solo consentiva l’assunzione in via riservata del disabile non disoccupato, purché in possesso del requisito in questione all’atto della partecipazione al concorso

La sentenza veniva gravata in appello dal M.I.U.R. il quale ne contestava la correttezza e ne chiedeva l’integrale riforma articolando un unico motivo di doglianza.

All’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (d’ora innanzi: ‘il M.I.U.R.’) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania con cui è stato accolto il ricorso proposto da XXXXX, iscritto nella graduatoria permanente per l’insegnamento di sostegno a minorati psico-fisici nella scuola primaria relativa agli anni scolastici 205/2006 e 2006/2007 e, per l’effetto, è stata annullata la relativa graduatoria finale per la parte in cui non era stata riconosciuta al ricorrente in primo grado la quota di riserva di cui alla l. 12 marzo 1999, n. 68 (norme per il diritto al lavoro dei disabili).

2. Il Ministero appellante ritiene che la sentenza vada riformata, dovendo trovare conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’articolo 16 della l. n. 68 del 1999 consente, sì, l’assunzione del disabile non più disoccupato, ma non esclude la necessità che il requisito in questione debba sussistere al momento della partecipazione al concorso.

2.1. L’appello è fondato.

Infatti, risulta nel caso di specie corretto l’operato degli uffici scolastici, i quali avevano inteso la disposizione di cui all’art. 16 della l. n. 68 del 1999 di guisa tale da ammettere, sì, il riconoscimento della c.d. ‘quota di riserva’ in favore del disabile privo dello stato di disoccupazione al momento di approvazione della graduatoria, ma a condizione che il medesimo disabile fosse in possesso di tale qualità quanto meno al momento di presentazione della domanda.

La nuova disposizione, introdotta con il comma 2 dell’art. 16 l. n. 68 del 1999 (secondo cui “i disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 3, anche se non versino in stato di disoccupazione (…)”) ha innovato al sistema normativo delle assunzioni privilegiate dei disabili, laddove posto in comparazione con il previgente art. 19 della l. 482 del 1968, il quale richiedeva pacificamente che l’aspirante fosse in possesso dello stato di disoccupazione sia al momento di presentazione della domanda, sia al momento di approvazione della graduatoria.

All’indomani della novella del 1999 si è andato formando un orientamento giurisprudenziale (di cui la pronuncia gravata costituisce un esempio) secondo cui l’intervento riformatore avrebbe determinato una radicale riforma del regime previgente, con la conseguenza che le assunzioni privilegiate del personale disabile sarebbero ormai consentite a prescindere dal possesso dello stato di disoccupazione sia al momento iniziale della procedura, sia al momento dell’approvazione della graduatoria e della successiva chiamata per l’assunzione.

Il Collegio ritiene, tuttavia, di aderire piuttosto all’ormai consolidato orientamento secondo cui l’art. 16 comma 2, l. n. 68 del 1999 non debba essere inteso nel senso che la riserva di cui all’art. 8 l. n. 68 del 1999 possa essere considerata come scissa dallo stato di disoccupazione (il quale risulta sempre necessario), ma vada vista come disposizione di carattere generale che consente, in definitiva e con previsione di favore, l’assunzione del disabile non più disoccupato, purché in possesso del requisito all’atto della partecipazione al concorso (in tal senso: Cons. Stato, VI, 23 maggio 2008, n. 2490; 29 aprile 2008, n. 1910).

Questa interpretazione è l’unica che pare legittimata dalla lettera dell’art. 7 della citata legge la quale, nell’indicare le modalità delle assunzioni obbligatorie, dispone che, per le assunzioni concorsuali, i lavoratori disabili debbano essere iscritti negli elenchi menzionati all’art. 8 comma 2, per poter beneficiare della «riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d’obbligo e fino al 50% dei posti messi a concorso», dal che consegue che lo stato di disoccupato debba essere posseduto necessariamente, se non altro ai fini di poter beneficiare dell’aliquota dei posti a concorso (in tal senso Cons. Stato, VI, 27 luglio 2007, n. 4181).

Del resto, l’assunto della qui appellata sentenza sembra poggiare su una sorta di precostituita prevalenza del dato testuale di cui al comma 2 dell’art. 16 (il quale non menziona espressamente il momento in cui il mancato possesso dello stato di disoccupazione possa nondimeno risultare indifferente ai fini dell’assunzione) sul richiamato art. 7 (il quale richiede in modo espresso l’iscrizione del candidato negli elenchi dei disabili che risultino disoccupati).

Ma così si pone una contraddizione interna alla legge del 1999, che di fatto realizza un’interpretazione abrogatrice dell’inciso contenuto nel comma 2 dell’art. 7 l. n. 68 del 1999, perché ne nega ogni reale portata al riguardo. Perciò è assunto non condivisibile, mentre va invece condivisa la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che pone in sistema la successione delle due richiamate previsioni normative.

3. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe va accolto e conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, va disposta la reiezione del primo ricorso.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti, anche in considerazione delle obiettive difficoltà interpretative.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dispone la reiezione del primo ricorso.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Gabriella De Michele, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/01/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Ordinanza Consiglio di Stato 20 dicembre 2011, n. 5615

N. 05615/2011 REG.ORD.CAU.

N. 09669/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 9669 del 2011, proposto da:

[omissis], rappresentati e difesi dagli avv. Stefano Viti, Walter Miceli, Giuseppe Abbamonte, Michele Mirenghi, con domicilio eletto presso Stefano Viti in Roma, piazza della Liberta’ N.20;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca -Dipartimento Per L’Istruzione, Dir.Gen.Pers.Scuola, Ufficio Scolastico Regionale Per L’Abruzzo, Ufficio Scolastico Regionale per la Basilicata, Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, Ufficio Scolastico Regionale Per L’Emilia Romagna, Ufficio Scolastico Regionale Per il Friuli Venezia Giulia, Ufficio Scolastico Regionale Per il Lazio, Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria, Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, Ufficio Scolastico Regionale Per Le Marche, Ufficio Scolastico Regionale Per il Molise, rappresentati e difesi dall’Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalita’ della Scuola – Anp, [omissis];

per la riforma

dell’ ordinanza cautelare del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III BIS n. 04374/2011, resa tra le parti, concernente MANCATA AMMISSIONE ALLE PROVE SCRITTE DEL CONCORSO PER TITOLI ED ESAMI PER IL RECLUTAMENTO DI DIRIGENTI SCOLASTICI – MCP

Visto l’art. 62 cod. proc. amm;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca -Dipartimento Per L’Istruzione, Dir.Gen.Pers.Scuola e di Ufficio Scolastico Regionale Per L’Abruzzo e di Ufficio Scolastico Regionale per la Basilicata e di Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria e di Ufficio Scolastico Regionale per la Campania e di Ufficio Scolastico Regionale Per L’Emilia Romagna e di Ufficio Scolastico Regionale Per il Friuli Venezia Giulia e di Ufficio Scolastico Regionale Per il Lazio e di Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria e di Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia e di Ufficio Scolastico Regionale Per Le Marche e di Ufficio Scolastico Regionale Per il Molise;

Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;

Viste le memorie difensive;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2011 il Cons. Bernhard Lageder e uditi per le parti gli avvocati così come da verbale di udienza;

Ritenuto che:

– in relazione allo stato di avanzamento della procedura concorsuale – che ha visto nei giorni 14 e 15 dicembre l’espletamento delle prove scritte – la misura cautelare radicalmente richiesta dagli interessati (volta alla sospensione integrale degli effetti di tutti gli atti del procedimento, a partire dallo stesso bando di concorso) non si configura, allo stato, idonea a determinare il ripristino delle situazioni di interesse che i ricorrenti assumono lese, non ottenendo essi un immediato vantaggio ove fosse effettivamente disposta la sospensione richiesta;

– i motivi dedotti investono profili di legittimità dell’intera fase di selezione basata su quiz a risposta multipla, con la conseguenza che essi, qualora dovessero risultare fondati in sede di decisione nel merito, determinerebbero l’effetto demolitorio dell’intera procedura, con obbligo di rinnovazione della stessa e coinvolgimento di tutti i partecipanti al concorso, e dunque con pieno effetto satisfattivo delle pretese azionate dai concorrenti non ammessi al prosieguo delle prove;

– in ogni caso, l’avvenuto svolgimento delle prove scritte induce la Sezione a ritenere inaccoglibili le domande di ammissione con riserva;

– in relazione ai peculiari profili dell’insorta controversia spese ed onorari relativi alla fase di giudizio cautelare possono essere compensati fra le parti;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello cautelare, come in epigrafe proposto, lo respinge (Ricorso numero: 9669/2011); dichiara le spese del presente grado cautelare interamente compensate tra le parti.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/12/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sentenza TAR Molise 19 dicembre 2011, n. 970

N. 00970/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00345/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 60 e 74 c.p.a.;

sul ricorso numero di registro generale 345 del 2011, proposto da:
OMISSIS, in proprio e quali esercenti la potestà sui figli minori -OMISSIS entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. Fortunato Niro, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Salvatore Fratangelo in Campobasso, via Insorti D’Ungheria, 15;
contro
; Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro  ;l’Ufficio Scolastico regionale del Molise – Ambito territoriale di Campobasso, in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati per legge presso i suoi uffici in Campobasso, via Garibaldi, 124; l’Istituto Comprensivo di scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di 1° grado “A. Ricciardi” di Palata, in persona del Dirigente scolastico
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– del provvedimento dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Molise – Ambito Territoriale di Campobasso del 13/07/2011, prot. n. 5914 C/21 U.O. 2, protocollato dall’Istituto Comprensivo di Scuola dell’Infanzia, Scuola Primaria, Scuola Secondaria di 1° grado “A. Ricciardi” di Palata in data 19/07/2011, pervenuto a conoscenza dei ricorrenti in data 12/09/2011, recante assegnazione delle ore di sostegno, nella parte in cui assegna ai minori -OMISSIS- solo 6 ore di sostegno contro le 25 e le 24 ore rispettivamente richieste;
– di tutti gli atti a questo successivi e consequenziali;
nonché per il risarcimento
dei danni subiti dai suddetti minori per effetto dell’assegnazione del suindicato numero di ore di sostegno.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011, la dott.ssa Rita Tricarico e uditi l’Avv. Niro, per la parte ricorrente, e l’Avv. dello Stato Albano, per la parte resistente, come specificato nel verbale;
Visto l’articolo 60, comma 1, c.p.a., che facoltizza il Tribunale amministrativo regionale a definire il giudizio nel merito, con sentenza in forma semplificata, in sede di decisione della domanda cautelare, una volta verificato che siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso ed accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;
Rilevato:
che nella specie il presente giudizio, per la parte concernente l’impugnativa avverso il provvedimento indicato in epigrafe, può essere definito con decisione in forma semplificata, ai sensi del menzionato art. 60, comma 1, c.p.a., stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa;
che sono state espletate le formalità dell’art. 60 c.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1 – I ricorrenti sono i genitori dei minori -OMISSIS- sui quali esercitano la patria potestà.
1.1 – Con il presente ricorso, chiamato in decisione nella camera di consiglio del 1° dicembre 2011, gli stessi impugnano il provvedimento individuato in epigrafe, nella parte in cui a ciascuno dei citati minori sono state assegnate solo 6 ore di sostegno a fronte di quelle (rispettivamente, 25 e 24 ore) richieste, sulla base del profilo dinamico funzionale elaborato nel precedente anno scolastico, tenuto anche conto dell’accertamento eseguito dalla A.S.R.E.M., ed avanzano, altresì, domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’attribuzione del monte ore suindicato.
in situazione di gravità dalla Commissione medica per l’accertamento dell’handicap, mentre, con riguardo a Pallotta Emanuele, questi presenta un “ritardo mentale lieve con sindrome da alterazione globale dello sviluppo economico, con notevoli difficoltà a carico di tutti gli assi”; orbene, sulla base di tale diagnosi e delle valutazioni eseguite nel corso dell’a.s. 2010/2011, nel profilo dinamico funzionale è stato indicato, quale fabbisogno di ore di sostegno, un numero pari, rispettivamente a 25 e 24 ore.1.2 – Deve considerarsi al riguardo che, per quanto concerne -OMISSIS- Andrea, lo stesso è affetto da e per questo è stato riconosciuto portatore di
1.3 – Ciononostante, in sostanziale assenza di motivazione, l’Ufficio Scolastico regionale del Molise, sulla base della proposta, anch’essa immotivata, del GLH provinciale, ha attribuito solo 6 ore di sostegno a ciascuno dei minori di che trattasi.
2 – Il ricorso è fondato in ordine alla domanda di annullamento del provvedimento impugnato.
2.1 – Va rimarcato che, come anche ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 26.2.2010, n. 80, il diritto all’istruzione dei disabili è un diritto fondamentale oggetto di specifica tutela da parte sia dell’ordinamento internazionale sia di quello interno.
. 2.2 – Sul piano internazionale, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008 e ratificata e resa esecutiva nel nostro ordinamento con legge 3.3.2009, n. 18, all’art. 24 statuisce che gli Stati Parti
, stabilendo che “l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”.2.3 – Sul piano interno, l’articolo 38, comma 3, della Costituzione, riconosce agli inabili il diritto fondamentale ed, in attuazione dello stesso, la legge 5.2.1992, n. 104, all’art. 12, garantisce
. La medesima disposizione prevede che , il quale
.2.4 – Con l’art. 40, comma 1, della legge 27.12.1997, n. 449, il legislatore ha previsto la possibilità di assumere, con contratti a tempo determinato, insegnanti di sostegno in deroga al rapporto alunni-docenti stabilito dal successivo comma 3 e successivamente, con l’art. 1, comma 605, lett. b), della legge 27.12.2006, n. 296, ha sostituito detto criterio numerico con il principio delle
2.5 – Tuttavia i commi 413 e 414 dell’art. 2 della legge 24.12.2007, n. 244, hanno modificato il citato articolo 40 della legge n. 449/1997.
, con riequilibrio territoriale) ed il successivo comma 414 ha precluso la possibilità, in deroga al rapporto tra studenti e docenti stabilito dalla normativa statale, di assumere insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave il miglioramento della sua situazione nell’ambito sociale e scolastico.In particolare, il comma 413 ha previsto che il numero dei posti degli insegnanti di sostegno a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009 non possa superare complessivamente il 25% del numero delle sezioni e delle classi presenti nell’organico di diritto dell’anno scolastico 2006/2007 (rapporto medio nazionale di un docente di sostegno per 2 alunni portatori di
già individuato quale limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del legislatore.2.6 – Queste ultime disposizioni sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 80/2010, la quale ha ritenuto che tale normativa incida illegittimamente sul
.2.7 – In ultimo il D.L. 6.7.2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15.7.2011, n. 111, all’art. 19, comma 11, pur stabilendo che , consente che
Pertanto, lo stesso legislatore, sulla scorta di quanto già statuito dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 80/2010, consente ora l’istituzione di posti di sostegno in deroga, ove ciò si renda necessario per assicurare la piena tutela dell’integrazione scolastica.
Nel suesposto quadro normativo si inserisce la presente controversia.
2.8 – Dall’esame dello stesso e della situazione concreta riferita ai minori figli degli attuali ricorrenti, che emerge dalla documentazione in atti, consegue che, a fronte di una grave inabilità per entrambi, il provvedimento impugnato è illegittimo e deve essere annullato.
stesso e per il miglioramento della condizione psico-fisica (nella specie permanente e continuativo).2.9 – Essi hanno, infatti, diritto all’assegnazione delle ore di sostegno richieste nel PDF, commisurate alla gravità dell’ ed alle esigenze ed alla misura dell’intervento assistenziale necessario per il recupero almeno parziale dell’
3 – Le spese del giudizio concernente la predetta impugnativa seguono la soccombenza, ponendosi a carico della parte resistente, e vanno quantificate come in dispositivo.
4 – Per quanto concerne la domanda di risarcimento del danno subito dai minori figli degli odierni ricorrenti a seguito dell’affiancamento in misura ridotta dell’insegnante di sostegno, essa deve essere preliminarmente qualificata.
.4.1 – In proposito occorre considerare che nell’atto di ricorso si assume che
In altre parole, il danno lamentato deve qualificarsi come danno biologico, rispetto al quale la parte ricorrente ha fornito un principio di prova, assolvendo all’onere di cui all’art. 64, comma 1, c.p.a..
.Segnatamente il profilo dinamico- funzionale del minore -OMISSIS- indica, per tutti i profili psico-fisici, la presenza di notevoli difficoltà e purtuttavia la possibilità di miglioramento, e, per entrambi, nel verbale della riunione del GLH dell’istituto intimato in data 29.9.2011, si legge che ed inoltre che gli alunni in questione
5 – Stante l’assolvimento dell’onere della prova, al fine di determinare la sussistenza o meno del danno dedotto ed, in caso affermativo, la sua entità, con riferimento ad entrambi i minori -OMISSIS- , è necessario disporre una verificazione, da svolgersi a cura del Primario del Reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma o suo delegato.
5.1 – Segnatamente, il nominato verificatore, sulla base della letteratura in materia e della documentazione medica disponibile e previa visita di ciascuno dei suddetti minori, dovrà determinare se l’assegnazione in misura ridotta rispetto a quella richiesta (6 ore e non già 25 ore– per -OMISSIS- e 24 ore – per -OMISSIS-) delle ore di sostegno dall’inizio dell’anno scolastico sino alla nuova attribuzione, che sarà eseguita in esecuzione della presente sentenza, può comportare o meno effetti irreversibili sulla salute e più in generale sulla personalità dei minori medesimi ed, in caso affermativo, esplicitare in quale misura tali effetti vi incidono.
5.2 – Le parti hanno facoltà di farsi assistere da consulenti di parte, previa comunicazione agli stessi del giorno e dell’ora della visita.
5.3 – Il verificatore è tenuto a depositare le risultanze della verificazione (relazione e documentazione a corredo) in triplice copia, nel termine indicato in dispositivo.
6 – Il Collegio fissa sin da ora l’udienza pubblica del 24.5.2011 per la trattazione del merito in ordine alla domanda di risarcimento del danno.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando in relazione all’impugnativa proposta con il ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento che ne costituisce l’oggetto ed ordina all’Amministrazione resistente di assumere le conseguenti determinazioni.
Riservata ogni decisione in ordine alla domanda di risarcimento del danno, dispone gli incombenti istruttori di cui in motivazione, assegnando al nominato verificatore il termine di 90 giorni, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, per depositare la relativa documentazione.
Condanna l’Amministrazione resistente alle spese del giudizio definito con la presente sentenza, forfetariamente quantificate in € 500,00, oltre I.V.A. e C.P.A., nonché alla restituzione del contributo unificato, in favore della parte ricorrente.
Fissa l’udienza pubblica del 24.5.2011 per la trattazione del merito in ordine alla domanda di risarcimento del danno.
Manda alla Segreteria affinché dia comunicazione della presente sentenza, oltre che alle parti, al nominato verificatore.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Campobasso, nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011, con l’intervento dei Magistrati:
Goffredo Zaccardi, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE        IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Ordinanza Consiglio di Stato 28 ottobre 2011, n. 4814

N. 04814/2011 REG.PROV.CAU.

N. 08228/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA

 

sul ricorso numero di registro generale 8228 del 2011, proposto da:

XXXXXo, rappresentato e difeso dagli avv. Luca Russo, Gianluca Moriani, Sabrina Facciorusso, con domicilio eletto presso Gianluca Moriani in Roma, via G. Nicotera 29;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

Istituto Scuola Primaria Paritaria “Casa Famiglia”, non costituitosi in giudizio;

per la riforma della ordinanza cautelare del T.A.R. dell’ EMILIA-ROMAGNA – Sezione Staccata di PARMA – SEZIONE I n. 00337/2011, resa tra le parti, concernente GIUDIZIO DI NON AMMISSIONE ALLA CLASSE SUCCESSIVA.

 

Visto l’art. 62 del codice del processo amministrativo;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;

Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;

Viste le memorie difensive;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2011 il Consigliere Fabio Taormina e udito per l’ appellante l’ avvocato Moriani;

Rilevato che con il provvedimento impugnato in primo grado l’alunno iscritto alla seconda, sez. A, della scuola primaria paritaria ‘Casa famiglia’ di Parma non è stato valutato idoneo alla classe successiva;

Vista l’ordinanza appellata, con cui il TAR ha respinto la domanda cautelare, formulata dei genitori dell’alunno, in considerazione della ‘discrezionalità del corpo docente’;

Visto l’atto di appello, con cui sono state riproposte le censure formulate in primo grado, riguardanti la sussistenza di profili di eccesso di potere nel giudizio posto a base della valutazione di inidoneità;

Rilevato che l’appello cautelare, all’evidenza assistito dal requisito del periculum in mora, risulta fondato, in relazione alla circostanza che la valutazione complessiva dell’alunno alla fine del primo quadrimestre era pienamente sufficiente (l’unica insufficienza, peraltro lieve riguardava l’italiano, laddove l’alunno aveva riportato il punteggio di 5), e che anche gli elaborati dallo stesso redatti e contenuti nei quaderni esibiti erano stati costantemente valutati in senso positivo;

Rilevata la palese contraddittorietà dei medesimi punteggi riportati al termine del primo quadrimestre, rispetto alla contestuale valutazione complessiva di parziale raggiungimento degli obiettivi;

Rilevato che dalla documentazione acquisita emerge che la valutazione finale di inidoneità ha attribuito rilievo preminente al comportamento indisciplinato ed immaturo, già segnalato al termine del primo quadrimestre, ma che non ha impedito l’attribuzione dei punteggi pienamente sufficienti (tranne il cinque in italiano, come sopra evidenziato);

Rilevato che un giudizio di non idoneità alla promozione nella classe successiva non può basarsi su un rilievo preminente di un comportamento ritenuto indisciplinato e che – malgrado vi sia stato un abbassamento dei voti al termine del secondo quadrimestre – nessuna delle insufficienze riportate nella votazione finale risulta grave (avendo l’alunno riportato il punteggio di 5 in tutte le materie);

Considerato che, sulla base della documentazione acquisita, i giudizi numerici e quelli analitici, posti a base della valutazione di inidoneità, non hanno costruito un quadro valutativo coerente, già al termine del primo quadrimestre e anche al termine del secondo;

Rilevato inoltre che la medesima valutazione negativa non ha evidenziato come la permanenza nella classe di appartenenza per un anno ulteriore aiuterebbe il bambino a superare i suoi disagi, ovvero fornirebbe una opportunità di crescita, ciò che invece si sarebbe dovuto complessivamente considerare in sede amministrativa;

Rilevato che va accolta la domanda cautelare riproposta in questa sede e che, conseguentemente, appare doveroso sottoporre l’alunno ad una nuova valutazione e che va attribuita la relativa competenza organizzativa al Dirigente dell’Ufficio Scolastico competente per la provincia di Parma, che può da subito disporre, in attesa della nuova valutazione, che la frequentazione dell’alunno abbia luogo presso un’altra classe della seconda elementare ovvero presso un’altra scuola del distretto, previo consenso dei genitori;

Considerato che tale ulteriore valutazione, comunque da svolgersi a cura di un corpo docente diversamente composto rispetto a quello che ha espresso il giudizio negativo di non ammissione oggetto di impugnazione, avverrà all’esito della frequentazione da parte dell’alunno della classe seconda elementare, individuata dal Dirigente dell’Ufficio Scolastico competente per la provincia di Parma, decorso il termine di dieci giorni o quello maggiore ritenuto da questi strettamente necessario, all’esito del quale il corpo docente dovrà esprimere, anche eventualmente avvalendosi delle ‘prove Invalsi’, il giudizio complessivo in ordine alla possibilità che l’alunno sia ammesso a frequentare, nell’anno in corso, la classe terza elementare;

Considerato che, ove la predetta valutazione dia esito positivo, a cura del medesimo Dirigente Scolastico l’alunno verrà avviato alla frequentazione della classe terza elementare dell’Istituto Scuola Primaria Paritaria “Casa famiglia’, ovvero di un’altra classe terza, individuata d’accordo con i genitori;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello (Ricorso numero: 8228/2011) e, per l’effetto, in riforma dell’ordinanza impugnata, accoglie l’istanza cautelare in primo grado disponendo gli incombenti di cui alla motivazione che precede.

Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia trasmessa al Tar per la sollecita fissazione dell’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm.

Dispone che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia comunicata con urgenza ed anche via fax alle parti ed al Dirigente dell’Ufficio Scolastico competente per la provincia di Parma.

Compensa tra le parti le spese della presente fase cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31/10/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Ordinanza TAR Sicilia n. 763

Tar Sicilia Palermo – Ordinanza n. 763 del 23 settembre 2011

 

N. 00763/2011 REG.PROV.CAU.

 

N. 01481/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

 

(Sezione Seconda)

 

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA

 

sul ricorso numero di registro generale 1481 del 2010, proposto da:

 

[omissis] e coricorrenti, rappresentati e difesi dall’avv. Nadia Spallitta, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, piazza Lolli N.15;

 

contro

 

Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale di Palermo, domiciliataria per legge in Palermo, via A. De Gasperi 81;

 

per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia,

 

-del decreto n.4924 del 30 luglio 2010 del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con il quale sono state determinate le dotazioni organiche del personale ATA per l’anno scolastico 2010/2011 e sono stati accantonati n.500 posti per LSU e dipendenti di cooperative;

 

-della nota n.4993/2 del 3 agosto 2010 con cui la medesima Amministrazione ha pubblicato l’elenco dei posti disponibili del personale ATA per l’anno 2010/2011;

 

-del decreto n.4925 del 29 luglio 2010 con il quale si dispone la riduzione di n.50 posti in relazione al profilo di collaboratore scolastico;

 

-della nota, sprovvista di numero, del 29 luglio 2010, con cui l’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia ha approvato la dotazione organica provinciale del personale ATA ;

 

-ove occorra, della nota n.5706 del 9 giugno 2010 di trasmissione dello “schema di decreto relativo alla dotazione organica di diritto del personale ATA”;

 

-ove occorra, dello stesso “schema di decreto interministeriale del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca”, sprovvisto di data e di numero con il quale si prevedono i parametri ed i criteri per la determinazione degli organici del personale ATA delle scuole – consistenza dotazione organica anno 2010/2011 – con i relativi allegati e si dispone la riduzione e accantonamento dei posti per servizi esternalizzati;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca,

 

dell’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia e dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo;

 

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

 

Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

 

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2011 il Referendario dott.ssa Francesca Aprile e uditi per le parti i difensori presenti, come da verbale;

 

Rilevato che il ricorso in epigrafe è, in parte, assistito da sufficiente fumus boni iuris, limitatamente alla riduzione della dotazione organica per il personale ATA della Provincia di Palermo, nei sensi e per le ragioni di seguito esposte:

 

– il D.P.R. 22 giugno 2009 n° 119, non impugnato dalle parti ricorrenti, che, con il primo motivo di ricorso, lo invocano a parametro di legittimità degli atti, ha disposto, all’art. 1, che la consistenza numerica delle dotazioni organiche del personale ATA sia determinata “in base ai criteri previsti dal – presente – regolamento e secondo i parametri di calcolo previsti dalle annesse Tabelle 1, 2, 3/A, 3/B e 3/C”, “in modo da realizzare complessivamente le riduzioni di cui all’articolo 2, commi 411 e 412, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) e dell’articolo 64, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2008, n. 133”.

 

Dalle deduzioni impugnatorie sembra desumersi che gli odierni ricorrenti si dolgano di una non corretta applicazione, nel caso concreto, dei parametri di calcolo predeterminati in modo uniforme sul territorio nazionale in base alle Tabelle allegate al menzionato D.P.R. n° 119/2009.

 

In tal senso intesa, la censura appare supportata dal necessario fumus, anche avuto riguardo al mancato riscontro, da parte dell’amministrazione, all’ordinanza collegiale istruttoria n° 194 del 9 settembre 2010, emessa da questa Sezione, nell’odierno giudizio, con cui erano stati richiesti documentati chiarimenti sui punti controversi, condotta processuale da cui possono trarsi argomenti di prova in senso favorevole agli odierni ricorrenti ai sensi dell’art. 116 c.p.c..

 

– il D.P.R. 22 giugno 2009 n° 119 succitato, ha, del pari, previsto l’accantonamento di circa 11.800 posti di collaboratore scolastico per il triennio 2008/2009, 2009/2010, 2010/2011, in corrispondenza dei servizi erogati da ditte titolari di contratti ai sensi delle direttive ministeriali n° 62 e n° 92 del 2005. Le disposizioni regolamentari fin qui richiamate non sono state contestate nemmeno incidentalmente nell’atto introduttivo del giudizio, così come non è stata impugnata, neanche con motivi aggiunti, la direttiva n° 103 del 30 dicembre 2011 del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che, nel dare attuazione all’art. 4 del D.P.R. n° 119/2009, ha previsto l’indizione di procedure di gara per l’affidamento dei servizi di pulizia e delle attività riconducibili alle funzioni previste per il profilo di collaboratore scolastico.

 

Nella parte in cui mira a censurare l’accantonamento di posti per personale ex LSU, pertanto, il ricorso non è assistito da sufficiente fumus, essendo il detto accantonamento stato disposto in conforme attuazione di atti rimasti inoppugnati e non contestati con l’iniziativa processuale in esame.

 

Ritenuto, quanto al pericolo di pregiudizio grave ed irreparabile, che appare meritevole di considerazione la dedotta perdita delle possibilità lavorative, e che va del pari salvaguardata l’esigenza di ordinato avvio dell’anno scolastico, in uno all’interesse generale alla continuità, correttezza e piena copertura dei servizi di cui si controverte.

 

Per tale ragione, l’istanza cautelare proposta con il ricorso in epigrafe dev’essere accolta in parte nei sensi sopra precisati e ai fini del riesame dell’attività di determinazione, per la Provincia di Palermo, delle riduzioni di cui all’art. 2 della legge n° 244/2007 e all’art. 64 del d.l. n° 112/2008, in vista della coerente e corretta applicazione delle tabelle annesse al D.P.R. 22 giugno 2009 n° 119.

 

Le spese della presente fase cautelare possono essere compensate, stante la parziale reciproca soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) accoglie in parte l’istanza cautelare proposta con il ricorso in epigrafe, nei sensi di cui in motivazione, ordinando all’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo di riesaminare la determinazione delle riduzioni dei posti disponibili per il personale ATA, attenendosi alle tabelle annesse al D.P.R. 22 giugno 2009 n° 119.

 

Fissa per la trattazione di merito del ricorso la prima pubblica udienza del mese di maggio 2012.

 

Spese compensate.

 

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

 

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

 

Nicolo’ Monteleone, Presidente

 

Francesca Aprile, Referendario, Estensore

 

Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

Il 23/09/2011

 

IL SEGRETARIO

 

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Decreto TAR Molise n. 300

N. 00174/2011 REG.PROV.CAU.

N. 00300/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

 

Il Presidente

 

ha pronunciato il presente

DECRETO

 

sul ricorso numero di registro generale 300 del 2011, proposto da:

[omissis] , rappresentati e difesi dagli avv. Michele Coromano, Marcella Ceniccola, con domicilio eletto presso Michele Coromano Avv. in Campobasso, Principe di Piemonte, 41; [omissis], rappresentato e difeso dagli avv. Marcella Ceniccola, Michele Coromano, con domicilio eletto presso Michele Coromano Avv. in Campobasso, Principe di Piemonte, 41;

 

contro

 

Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca in Pers. del Ministro P.T., Ufficio Scolastico Regionale Per il Molise in Pers. del Leg. Rappres. P.T., Istituto Tecnico Economico “L.Pilla” Campobasso in Pers. del Dirigente P.T.;

 

per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento del 24.6.11 con cui l’Ufficio Scolastico Regionale per il Molise ha proceduto ad accorpare la ex classe III sez. C alle sez. A e B dell’Istituto Tecnico Economico “L.PILLA” eliminando di fatto per l’anno scolastico 2011/2012, la sez. C per la classe IV e prevedendo, di conseguenza, solo due classi quarte, sezz. A e B, rispettivamente di 29 e 30 alunni, nonchè in via subordinata, per la disapplicazione del DPR 20.3.09, n. 81 nella parte in cui si pone in contrasto con la normativa legislativa in materia di edilizia scolastica e di sicurezza negli ambienti di lavoro; delle circolari MIUR nn. 21 del 14.3.11 e 63 del 13.07.11, nella parte in cui nel dare attuazione al DPR n. 81/09, si pongono in contrasto con la medesima normativa in materia di edilizia scolastica e di sicurezza negli ambienti di lavoro, di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguente

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

 

Vista l’istanza di misure cautelari monocratiche proposta dal ricorrente, ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm. contenuta nel suindicato ricorso, notificata il 19 settembre e depositata il 20 settembre 2011;

 

Considerato che la prima Camera di Consiglio utile per la trattazione collegiale dell’istanza di sospensione dell’efficacia degli atti impugnati è fissata per il giorno 19 ottobre 2011 e che, per tale data, il danno grave paventato dalla parte ricorrente potrebbe essersi già verificato;

 

Considerato altresì che, per la data fissata per l’esame dell’istanza cautelare, l’amministrazione resistente potrebbe utilmente riesaminare la questione posta con il ricorso in esame anche alla stregua delle considerazioni espresse dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione nella specifica relazione allegata al ricorso (documento allegato 3) e di quanto deciso da questo Tribunale Amministrativo Regionale con ordinanza n.163/2011;

 

Considerato che sussistono i presupposti di estrema gravità ed urgenza richiesti dall’art. 56 comma 1 del D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 ai fini dell’adozione di misure cautelari provvisorie;

 

P.Q.M.

 

ACCOGLIE la suindicata istanza provvisoria, sospendendo, pertanto, l’efficacia degli atti impugnati;

 

Fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 19 ottobre 2011 con inizio alle ore 9.30.

 

Il presente decreto sarà eseguito dall’Amministrazione ed è depositato presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

 

Così deciso in Campobasso il giorno 21 settembre 2011.

 

Il Presidente

Goffredo Zaccardi

 

DEPOSITATO IN SEGRETERIA Il 21/09/2011

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sentenza TAR Reggio Calabria 29 luglio 2011, n. 1135

Sentenza TAR Reggio Calabria 29 luglio 2011, n. 1135

Dimensionamento della rete scolastica: discrezionalità dei poteri dell’amministrazione. Rientra nella discrezionalità amministrativa la decisione di scomporre e ricomporre gli istituti scolastici, nel rispetto dei parametri di legge.