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Education at a glance 2015

Education at a glance 2015
Uno sguardo sull’istruzione: indicatori dell’OCSE


Presentato al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca il Rapporto annuale dell’OCSE “Education at a glance” che analizza i sistemi di istruzione del 34 Paesi membri

“Ogni anno la pubblicazione del Rapporto “Education at a glance” costituisce un momento importante. Gli indicatori prodotti sono una guida essenziale per chi fa politiche in questo campo”, ha dichiarato il Ministro Stefania Giannini nel saluto inviato per l’occasione. Numerose delle sfide che il Rapporto propone all’Italia “sono state raccolte attraverso le innovazioni messe in campo con la legge 107, la legge Buona Scuola, approvata questa estate e ora in piena fase di attuazione – ha sottolineato il Ministro – La valutazione di dirigenti e docenti diventa strutturale da quest’anno. Grazie al Piano scuola digitale, presentato di recente, abbiamo finalmente una policy complessiva sul digitale a scuola che prevede un investimento da 1 miliardo di euro in cinque anni. Stiamo lavorando al rinnovamento della classe docente, cui si sta provvedendo con un grande concorso nazionale che sarà bandito a breve. Stiamo lavorando, inoltre, per arricchire le competenze teoriche e pratiche dei nostri studenti attraverso l’ampliamento dell’offerta formativa e finanziamenti specifici sui progetti di alternanza scuola-lavoro”. Novità si prospettano anche per le scuole post diploma e l’Università “con l’inversione del trend di investimento sull’università; con gli incentivi all’internazionalizzazione; con il rafforzamento degli Istituti Tecnici Superiori, su cui il Rapporto fornisce statistiche incoraggianti, e con le prime misure, contenute nella legge di stabilità che sarà approvata a fine anno, per rafforzare la qualità del sistema universitario e favorire l’accesso di nuovi docenti eccellenti e nuovi ricercatori”.
“Con la riforma de ‘La Buona Scuola’ stiamo invertendo rotta con interventi strutturali per il rilancio dell’educazione e della formazione nel nostro Paese, toccando tutti gli aspetti fondamentali del sistema educativo, i dati del rapporto ci incoraggiano sull’operato del Governo che investe nel cambiamento – ha sottolineato il Sottosegretario Gabriele Toccafondi che ha presenziato al dibattito con i giornalisti – Sul tema docenti, con il piano straordinario assunzioni, si avranno insegnanti più giovani ed ogni scuola avrà un incremento delle risorse professionali a disposizione per proporre un’offerta formativa più ricca e flessibile ai propri studenti. Si valorizzerà il merito degli insegnanti, con l’attribuzione del bonus attraverso un fondo apposito de 200 milioni di euro, è previsto un nuovo assetto del Comitato di valutazione dei docenti interno alle scuole. L’aggiornamento dei docenti diventa permanente e obbligatorio. Si punta a rilanciare l’Apprendistato e i percorsi di Alternanza scuola–lavoro come terapia contro l’alto tasso di abbandono e contro il fenomeno dei Neet. Garanzia Giovani – ha proseguito Toccafondi – sta creando una banca dati che sarà utile sia per le politiche del lavoro sia per il matching con le richieste delle imprese. Ed infine un Piano Nazionale Scuola Digitale, altro pilastro fondamentale de La Buona Scuola, per risponde alla necessità di costruire una visione di Educazione nell’era digitale, attraverso le 35 azioni previste con uno stanziamento di un miliardo di euro”. Sul fronte della formazione post- diploma “con gli Istituti tecnici superiori siamo partiti in ritardo rispetto ad altri paesi ma stiamo recuperando terreno e i dati sono incoraggianti”. Infine, come ricordato dal Ministro Giannini, la Legge di Stabilità riserva buone prospettive anche per Università e Ricerca, investendo in capitale umano e giovani: 500 cattedre d’eccellenza, 1000 nuovi ricercatori, 6000 borse medicina.


“Education at a glance 2015”
Martedì 24 al Miur la presentazione del Rapporto Ocse

Martedì 24 novembre, presso la Sala della Comunicazione del Miur, in Viale Trastevere 76/a, sarà presentato il Rapporto “Education at a glance 2015”, l’annuale pubblicazione Ocse che analizza i sistemi di istruzione dei 34 paesi membri.
Sarà presente il Sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi.
I dati relativi all’Italia saranno presentati da Francesco Avvisati, Senior Analyst Ocse. Introduce la mattinata il Capo Dipartimento per la Programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali del Miur, Sabrina Bono.
I dati del Rapporto saranno sotto embargo fino alle ore 11.00 di martedì.
L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sul sito www.istruzione.it


MARTEDÌ 24 NOVEMBRE ORE 10.30 – 13.00

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA VIALE TRASTEVERE 76/A – ROMA
SALA DELLA COMUNICAZIONE

EVENTO DI LANCIO
OECD – EDUCATION AT A GLANCE 2015

INTERVIENE
On. Gabriele Toccafondi Sottosegretario all’Istruzione, Università e Ricerca

INTRODUCE
Sabrina BONO  Capo Dipartimento, Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali

PRESENTA
Francesco Avvisati
Senior Analyst, Directorate for Education, OCSE

SPAZIO DEDICATO ALLE DOMANDE DEI GIORNALISTI

Il Ministro Stefania Giannini invierà un saluto in forma scritta

Alunni con cittadinanza non italiana A.S. 2014/2015

GLI ALUNNI STRANIERI NEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO A.S. 2014/2015
(Ottobre 2015)


Alunni con cittadinanza non italiana, on line il notiziario statistico

Sono 805.800, il 9,2%, della popolazione studentesca
Dopo anni di continua crescita sembra essersi stabilizzato il numero degli studenti con cittadinanza non italiana. E’ quanto emerge dall’indagine statistica su Gli Alunni stranieri nel sistema scolastico italiano del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e ora disponibile on line. L’indagine si riferisce all’anno scolastico 2014/2015. L’incremento degli studenti con cittadinanza non italiana, rispetto all’anno precedente, è pari a solo circa 3.000 unità, per un numero complessivo di 805.800 alunni.
Anche la percentuale degli alunni con cittadinanza non italiana, sul totale degli studenti, rimane pressoché costante: sono il 9,2%. Più esattamente, diminuiscono gli alunni stranieri nella scuola dell’infanzia e nella scuola secondaria di primo grado, mentre aumentano quelli frequentanti la scuola primaria e la scuola secondaria di secondo grado. Continua ad essere in forte crescita, invece, la quota di alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia: si va consolidando il “sorpasso” delle seconde generazioni, seppure con una minor incidenza rispetto ad un anno fa. Questo incremento è pari al 7,3% contro l’11,8% del 2013/2014. In totale, gli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia rappresentano il 51,7% del totale degli alunni stranieri. Dalla lettura dei dati emerge che il sorpasso ancora non riguarda la scuola secondaria di secondo grado (18,7%). È in aumento anche la variazione degli alunni entrati per la prima volta nel sistema scolastico italiano.
Invariato rispetto allo scorso anno l’ordine dei Paesi di provenienza per numero di presenze di alunni stranieri. In testa alla classifica la Romania. Seguono Albania, Marocco, Cina, Filippine, Moldavia, India, Ucraina, Perù e Tunisia. Anche per l’anno scolastico 2014/2015, la regione italiana che ospita nelle proprie aule più alunni con cittadinanza non italiana è la Lombardia, con 201.633 studenti che però, se raffrontata con le altre regioni in termini percentuali, scende al secondo posto superata dall’Emilia Romagna che registra un’incidenza maggiore di studenti con cittadinanza non italiana sul totale, pari al 15,5%.
Il divario tra la scelta di una scuola statale e una non statale da parte degli alunni stranieri, rispetto a quelli italiani, va aumentando nel tempo. Nell’anno scolastico 2014/2015, in particolare, osserviamo che l’8,9% degli studenti con cittadinanza non italiana frequenta una scuola non statale, contro il 12,3% degli alunni italiani. Per quanto riguarda le scelte dei percorsi scolastici nella scuola secondaria di II grado: nell’anno scolastico di riferimento si osserva un deciso sorpasso dell’istruzione tecnica rispetto a quella professionale dovuto essenzialmente agli alunni stranieri nati in Italia.
Nello specifico, dei nati in Italia il 36,3% sceglie l’istruzione tecnica e il 28,2% l’istruzione professionale; degli stranieri nati all’estero, invece, il 36,8% sceglie l’istruzione tecnica e il 39,3% quella professionale.
Guardando al percorso scolastico dei bambini stranieri, pur rimanendo più difficile e a volte più lungo di quello dei compagni italiani, si riscontra una diminuzione del valore percentuale del ritardo. Si può osservare che questo valore diminuisce sia per gli alunni con cittadinanza non italiana (34,4%) che italiana (10,9%).
Nel notiziario vengono presentati anche i dati relativi alle scelte universitarie degli studenti con cittadinanza non italiana che si sono immatricolati nell’anno accademico 2014/2015, nonché quelli sugli abbandoni e i crediti formativi degli studenti universitari stranieri immatricolati nell’anno accademico 2013/2014.

Indagine nazionale Eurostudent

Studenti universitari: luci ed ombre della condizione studentesca in Italia.
Il giorno 4 novembre 2015, alle ore 9.00, presso la sala comunicazione del Ministero verranno presentati i risultati della “Settima indagine Eurostudent sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari nel periodo 2012 – 2015”.
La ricerca promossa e cofinanziata dal MIUR è stata condotta dalla Fondazione Rui con la collaborazione dell’Università per stranieri di Perugia.

Le dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole – A.S. 2014/2015

Le dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole – A.S. 2014/15


Le dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole, pubblicato il Focus per l’a.s. 2014/2015

L’anno scolastico 2014/2015 ha visto un incremento generalizzato delle dotazioni tecnologiche disponibili per la didattica nei laboratori e nelle aule delle scuole statali italiane, rispetto all’anno precedente. Nei nostri istituti sono complessivamente presenti 65.650 laboratori. Di questi, il 43,6% è dotato di LIM e il 16,9% di proiettori interattivi. Mediamente ciascun laboratorio dispone di 9 computer. L’82,5% dei laboratori delle scuole statali è collegato in rete (cablata o wireless).

Per quel che riguarda le dotazioni nelle aule, il 41,9% dispone di LIM, il 6,1% di proiettori interattivi. Circa il 70% delle aule è connesso in rete (cablata o wireless). Va tenuto presente che, in numerosi istituti, i dispositivi in grado di consentire la connessione alla rete in modalità wireless sono presenti in ambienti comuni (es. corridoi), garantendo in tal modo la copertura di diverse aule con un singolo access point.

Si registra un netto aumento delle aule che dispongono della LIM a prescindere dal livello scolastico, a dimostrazione dei forti investimenti negli anni passati. Tali dispositivi, con l’interazione di “dispositivi leggeri”, come tablet o smartphone, permetteranno di creare ambienti sempre più flessibili per una didattica digitale.

Il 41,1% delle scuole ha più di 10 computer o dispositivi mobili per la didattica (a uso docenti e/o studenti), il 7,9% delle scuole dispone di un solo computer per la didattica e il 9,8% non ne dispone affatto. La maggioranza degli studenti (62%) frequenta il 41,1% di scuole con più tecnologie in aula, mentre il 9,2% di studenti è iscritto presso scuole in cui la didattica in aula non può fruire delle potenzialità delle tecnologie. La regione in cui la situazione è più favorevole risulta l’Emilia Romagna, dove gli alunni che si trovano in scuole poco attrezzate (pari al 7%) sono solo il 3% del totale, mentre il 74% frequenta le scuole con maggiore dotazione tecnologica.

Sono ormai una realtà consolidata i servizi di dematerializzazione, nell’ambito del processo di digitalizzazione nella P. A. Il 99,3% delle scuole statali e il 67,6% delle paritarie ha un sito web. Il servizio di comunicazione scuola–famiglia on line è attivo nel 58,3% degli istituti statali e nel 49,7% di quelli paritari.

Il registro elettronico di classe risulta utilizzato nel 69,2% degli istituti statali e ancor più il registro del docente, presente nel 73,6% degli istituti. Nelle scuole paritarie questi servizi risultano ancora poco utilizzati (rispettivamente 25,4% e 24,7%).

Esiti Scrutini ed Esami A.S. 2014/2015

Il MIUR rende noti i risultati di scrutini ed esami dell’A.S. 2014/2015

Maturità 2015, oltre il 60% dei candidati ha preso un voto sopra il 70
In calo i 60, promosso il 99,4% degli studenti
In terza media passa il 99,8% degli ammessi all’esame
Scrutini di fine anno: alle superiori 1 su 4 deve recuperare le insufficienze

Maturità 2015, aumentano gli studenti che conseguono il diploma con una votazione sopra il 70, con un leggero incremento delle lodi e una consistente diminuzione dei 60. All’Esame di terza media passa il 99,8% dei candidati. Mentre 1 ragazzo su 4, alle superiori, dovrà colmare a settembre una o più insufficienze. Sono i dati sugli Esami di Stato e gli scrutini finali che emergono dalle rilevazioni condotte dal Miur. Il quadro completo e definitivo sarà pubblicato in appositi Focus nel mese di ottobre.

Maturità, migliorano i risultati dei candidati
All’Esame di quest’anno è stato ammesso il 95,6% degli alunni di quinta superiore. Il 99,4% dei maturandi ha ottenuto la promozione, con un leggero incremento (era il 99,2%) rispetto al 2014. Aumenta il numero di studenti, dal 59,6% al 62,2%, che prende un voto superiore ai 70 centesimi. Mentre diminuiscono i 60, la votazione minima per conseguire il diploma.

In leggero aumento i diplomati con lode: sono lo 0,9%, rispetto allo 0,8% dell’anno scorso. Le Regioni con il maggior numero di ‘super bravi’ sono: Puglia (788 lodi), Campania (455), Sicilia (372) e Lazio (345). Un quadro stabile rispetto al 2014. Anche i 100 aumentano, passando dal 4,5% al 4,9%, così come crescono le votazioni 91-99, che salgono dal 7,7% all’8,4%, e quelle 81-90, dal 18% al 18,9%. Salgono dal 28,6% al 29,1% anche i voti fra il 71 e l’80 e diminuiscono i voti più bassi: i 61-70 scendono dal 30,8% al 29,3% e i 60 dal 9,6% all’8,4%.

Le votazioni dei liceali sono mediamente più alte: l’1,5% ha conseguito la lode, il 6,9% il 100, il 10,7% ha preso tra 91 e 99, il 22,3% tra 81 e 90. Ma le performance dei candidati sono in miglioramento anche nei Tecnici e nei Professionali dove aumentano i 100 e i voti sopra il 70.

Scrutini di fine anno, bocciati in calo
Alle superiori scende la percentuale dei bocciati: dal 9,8% del 2014 al 9% di quest’anno. I non ammessi si concentrano soprattutto nel primo anno: sono il 13,7% (14,8% lo scorso anno). La percentuale di non promossi è del 15,2% negli Istituti professionali, seguono gli Istituti tecnici con l’11,5% e i Licei con il 4,8%.
Gli studenti con giudizio sospeso restano il 25% (25,1% nel 2014), concentrati maggiormente negli Istituti tecnici (29,1%), seguiti da Professionali (27,6%) e Licei (21,2%). Per un ragazzo su quattro si profila, dunque, un’estate di ripassi. La Regione con più promossi è la Puglia con il 72%. Seguono Umbria (71,5%), Molise (71,4%), Calabria (70,8%). Il maggior numero di sospensioni dal giudizio è in Sardegna (30%), seguita da Lombardia (28%) e Toscana (27,4%). In Sardegna anche la più elevata percentuale di bocciature (14,1%), seguono Campania (11,2%) e Sicilia (10,5%).

La scuola secondaria di I grado
La percentuale degli ammessi all’Esame del I ciclo si conferma quella dell’anno scorso: 97,2%. Aumentano dello 0,1% i ragazzi che hanno poi superato l’esame: il 99,8%, rispetto al 99,7% del 2014. Aumenta, infine, il numero degli ammessi alla classe successiva: 96,9% rispetto al 96,5% dello scorso anno.

Gli immatricolati nell’anno accademico 2014/2015

Gli immatricolati nell’anno accademico 2014/2015
Il percorso universitario dei diplomati 2010
(Maggio 2015)

a cura del Servizio Statistico MIUR

Università, pubblicato il Focus sulle immatricolazioni 2014/2015

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca mette a disposizione il Focus sulle immatricolazioni nell’anno accademico 2014/2015. La pubblicazione contiene anche un approfondimento su coloro che si sono diplomati nel 2010 e hanno poi intrapreso un percorso universitario.

Il numero complessivo degli immatricolati nell’anno accademico 2014/2015 è pari a circa 265.500 unità. Pur facendo registrare un lieve calo rispetto all’anno accademico precedente, questo dato fa ritenere che il trend decrescente degli anni passati possa essere ormai superato. Soprattutto se si guarda al numero di immatricolati di età non superiore ai 19 anni che risale leggermente rispetto al dato dell’anno precedente.

Dalla rilevazione sulle immatricolazioni emerge complessivamente una più elevata attrattività dell’area scientifica e dell’area sociale: la prima è preferita da circa il 49% degli studenti di genere maschile, mentre la seconda da circa il 35% delle studentesse.

Il tasso di passaggio dalla scuola all’università nell’anno corrente mostra che circa la metà dei diplomati si iscrive ad un corso di laurea (subito dopo la maturità). Il valore di tale tasso cambia in base all’area geografica di provenienza dello studente, con un massimo nel Nord-Ovest (52,5%) ed un minimo nelle Isole (42,3%).

Resta confermato che, al crescere della votazione al diploma, aumenta anche la propensione ad immatricolarsi nel sistema universitario: oltre il 90% delle eccellenze, infatti, sceglie di continuare gli studi mentre tale percentuale scende al 20% tra coloro che hanno ottenuto 60/100. La propensione a proseguire gli studi è più elevata per i diplomati con maturità classica e scientifica (rispettivamente 84,4% e 81,4%) mentre scende all’11,4% tra coloro che hanno conseguito il diploma professionale.

Skills Outlook 2015: Youth, Skills and Employability

Skills Outlook 2015: Youth, Skills and Employability

oecd_2015OECD Multilingual Summaries
OECD Skills Outlook 2015
Youth, Skills and Employability
Summary in Italian
La pubblicazione è disponibile all’indirizzo: 10.1787/9789264234178-en

Prospettive dell’OCSE sulle competenze 2015
Competenze e occupabilità dei giovani
Sintesi in italiano

Nel 2013, 39 milioni di giovani di età compresa tra i 16‑29 anni nei Paesi OCSE non avevano un’attività lavorativa né erano inseriti in un percorso di studi o di formazione (i cosiddetti NEET‑‑neither employed nor in education or training)‑‑ 5 milioni di giovani in più rispetto al periodo che ha preceduto la crisi economica del 2008. Inoltre, le stime per il 2014 indicano pochi miglioramenti. I numeri sono particolarmente elevati nei Paesi dell’Europa meridionale che sono stati maggiormente colpiti dalla crisi. In Grecia e Spagna, per esempio, più del 25% dei giovani erano NEET nel 2013. Altro dato ancora più preoccupante: circa metà dell’insieme dei giovani NEET – circa 20 milioni di giovani‑ non sono inseriti nel sistema scolastico e formativo e non cercano lavoro. Si corre quindi il rischio che essi possano essere “dimenticati” nell’ambito delle opportunità offerte dai sistemi formativi, sociali e del mercato del lavoro del loro Paese.
Queste cifre non sono solo un disastro a livello individuale per le persone interessate, ma rappresentano anche uno spreco finanziario poiché le competenze acquisite nei percorsi educativi non sono utilizzate a fini produttivi e costituiscono anche un potenziale carico per i loro Paesi, causato da: minori entrate fiscali, costi maggiori per prestazioni sociali, un possibile clima d’instabilità sociale dovuto al fatto che una parte della popolazione è disoccupata e demoralizzata. I giovani devono essere una ricchezza per l’economia e non un potenziale onere.
Quali sono le cause di questo inaccettabile spreco di potenziale umano? Tra le varie cause, troppi giovani abbandonano il sistema scolastico e formativo senza aver acquisito competenze adeguate e di conseguenza trovano difficilmente un lavoro. Secondo il rapporto Survey of Adult Skills, un prodotto del Programma dell’OCSE per la valutazione internazionale delle competenze degli adulti (PIAAC), il 10% dei giovani che hanno ultimato il percorso di studi entro 2 anni ha scarse competenze in lettura, comprensione e utilizzo delle informazioni (literacy) e il 14% ha scarse competenze in capacità di calcolo (numeracy).
Oltre il 40% dei giovani che hanno lasciato la scuola prima di completare l’istruzione secondaria superiore hanno scarse competenze in aritmetica e in lettura.
Inoltre, troppi giovani abbandonano la scuola con un’esperienza limitata del mondo del lavoro. Meno del 50% degli studenti che seguono percorsi d’istruzione terziaria di tipo tecnico‑professionale (VET) e meno del 40% degli studenti che seguono percorsi accademici nei 22 Paesi dell’OCSE e nelle regioni analizzate dall’Adult Skills Survey partecipano a un qualsiasi tipo di apprendimento basato sull’esperienza lavorativa (il cosiddetto work‑based learning.)
Anche i giovani che hanno acquisito competenze cognitive solide hanno difficoltà a trovare lavoro.
Molte imprese considerano che sia troppo costoso assumere persone senza esperienza del mercato del lavoro. Di fatto, i giovani hanno il doppio di probabilità di essere disoccupati rispetto agli adulti nella fascia intermedia di età.
Anche i giovani che sono riusciti a entrare nel mondo del lavoro spesso devono affrontare ostacoli istituzionali per sviluppare le loro competenze e progredire nelle loro carriere. Per esempio, un giovane occupato su quattro ha un contratto temporaneo. I lavoratori con un contratto temporaneo tendono a utilizzare meno le proprie competenze e hanno meno opportunità di formazione rispetto ai lavoratori assunti con contratti permanenti. Il 12% dei giovani occupati è troppo qualificato per il tipo di attività che svolge. Ciò significa che una parte delle competenze dei giovani non è apprezzata e utilizzata e che i datori di lavoro non beneficiano pienamente dell’investimento fatto su questi giovani.
In considerazione del lento tasso di crescita previsto ancora per qualche anno in molti Paesi OCSE, specie per i Paesi europei, lo scenario economico non sembra destinato a ritrovare subito la sua dinamicità. Che cosa si può fare nel frattempo?

Garantire che tutti i giovani lascino la scuola con un bagaglio adeguato di competenze

I giovani devono avere un’ampia gamma di competenze ‑ cognitive, sociali ed emozionali per avere successo in molti ambiti della propria vita. Il programma di valutazione internazionale degli studenti (PISA) ha dimostrato una forte correlazione tra scolarizzazione nel percorso pre‑primario e il successivo conseguimento di migliori risultati in lettura, matematica e scienza, in particolare tra gli studenti svantaggiati sotto il profilo socioeconomico. I Paesi possono offrire un’istruzione pre‑primaria di alta qualità per tutti i bambini al fine di attenuare le disparità nei risultati educativi e per dare a ogni bambino una solida base di partenza per i futuri successi educativi.
Gli insegnanti e i dirigenti scolastici possono così anche individuare in tempo i bambini che hanno scarsi risultati, al fine di poterli sostenere e di aiutarli ad acquisire capacità sufficienti in lettura, matematica e scienza, a sviluppare le loro competenze sociali ed emozionali e per evitare che abbandonino completamente la scuola.

Aiutare i giovani che abbandonano il sistema scolastico a inserirsi nel mercato del lavoro

Educatori e datori di lavoro possono collaborare per garantire che gli studenti acquisiscano il tipo di competenze richieste dalla domanda di lavoro e che esse siano utilizzate sin dall’inizio della vita lavorativa del giovane. L’apprendimento basato sul lavoro può essere integrato sia nei programmi di formazione tecnica e professionale, che nell’insegnamento accademico post secondario. Questo tipo di apprendimento è utile sia agli studenti sia ai datori di lavoro: gli studenti si familiarizzano con il mondo del lavoro e i diversi tipi di competenze apprezzate nel lavoro ‑ incluse quelle sociali ed emozionali, quali la comunicazione e il lavoro con gli altri; mentre i datori di lavoro hanno la possibilità di conoscere nuovi potenziali dipendenti che hanno formato secondo i propri standard.

Smantellare gli ostacoli istituzionali all’occupazione giovanile

Poiché numerosi giovani iniziano a lavorare con contratti temporanei, è importante assicurare che i lavori temporanei siano “tappe costruttive” verso un lavoro più stabile, piuttosto che un susseguirsi di posizioni precarie che aumentano il rischio dei giovani di diventare disoccupati. Si dovrebbe ridurre l’asimmetria tra le diverse misure di tutela del lavoro che rende costosa la trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti permanenti. Le retribuzioni minime, le tasse e i contributi sociali dovrebbero essere tutti esaminati con attenzione e, se del caso, corretti quando si tenta di ridurre il costo di assunzione di giovani con poca esperienza.

Individuare e aiutare i giovani NEET disorientati a impegnarsi di nuovo

I governi devono individuare i milioni di giovani che sono NEET e che hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro o hanno abbandonato la ricerca di un lavoro. I servizi pubblici dell’impiego, le istituzioni sociali e i sistemi d’istruzione e di formazione possono aiutare questi giovani a trovare un lavoro o a re‑inserirsi in qualche percorso d’istruzione e formazione che offra loro una “seconda opportunità”. Un sistema di obblighi reciproci tra giovani e istituzioni nel settore dell’impiego e dell’istruzione può al tempo stesso individuare e assistere i giovani NEET. In cambio delle prestazioni sociali ricevute, ai giovani sarà chiesto di iscriversi presso servizi sociali o pubblici per l’impiego e di prendere iniziative per prepararsi al mercato del lavoro, partecipando altresì a programmi d’istruzione e di formazione continua.

Facilitare una migliore corrispondenza tra competenze dei giovani e posti di lavoro

Prevedere e anticipare le competenze necessarie per la forza lavoro. Assicurare che tali competenze siano sviluppate nei sistemi educativi e formativi in modo da limitare l’incidenza dell’asimmetria tra le competenze in possesso dei giovani e quelle richieste dalle varie occupazioni. E poiché molti datori di lavoro hanno difficoltà a valutare le competenze dei nuovi giovani lavoratori, specialmente nei Paesi con sistemi d’istruzione complessi, il settore educativo e le imprese possono lavorare insieme per creare quadri di riferimento delle qualifiche che indichino con precisione le reali competenze che i nuovi qualificati, diplomati e laureati devono possedere.



© OECD
Traduzione a cura della Sezione linguistica italiana.
La riproduzione della presente sintesi è autorizzata sotto riserva della menzione del Copyright OCSE e del titolo della pubblicazione originale.
Le sintesi sono traduzioni di stralci di pubblicazioni dell’OCSE i cui titoli originali sono in francese o in inglese.
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Il testo integrale in lingua inglese è disponibile online sul sito OECD iLibrary!
© OECD (2014), OECD Skills Outlook 2015: Youth, Skills and Employability, OECD Publishing.
doi: 10.1787/9789264234178-en
OECD SKILLS OUTLOOK 2015 – ISBN 978-92-64-234178 © OECD 2014

Rapporto annuale 2015 – La situazione del Paese

Mercoledì 20 maggio, alle ore 10.30, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, il Presidente Giorgio Alleva presenta il Rapporto annuale 2015 – La situazione del Paese.

Il Rapporto Istat, come è tradizione, sviluppa una riflessione documentata sulle trasformazioni che interessano economia e società per individuare le prospettive per il futuro e le potenzialità di crescita del Paese.

Grazie all’integrazione delle informazioni prodotte dall’Istat e dal Sistema statistico nazionale, il Rapporto di quest’anno – giunto alla 23esima edizione – concentra l’attenzione sui punti di forza e di debolezza che caratterizzano i diversi soggetti nel sistema produttivo, nella società e nei territori. In quest’ottica, l’analisi fa leva sulla capacità di rappresentare la varietà degli attori in campo, di leggerne le interazioni, di legarne le vicende ai luoghi in cui vivono e operano, per individuare i fabbisogni di intervento da offrire alle decisioni dei policy maker.


Rapporto annuale 2015 – La situazione del Paese

ISTAT

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Better life 2015 – Istruzione

OECD – Better life 2015

betterlife

Istruzione

Contesto

L’istruzione svolge un ruolo fondamentale nel trasmettere a ciascun individuo le conoscenze, qualifiche e competenze di cui ha bisogno per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica. Inoltre, può migliorare la vita delle persone in ambiti come la salute, l’impegno civico, la partecipazione politica e la felicità. Gli studi mostrano che le persone istruite vivono più a lungo, partecipano in modo più attivo alla vita politica e della comunità in cui vivono, commettono meno reati e sono meno dipendenti dai sussidi sociali.

Anni d’istruzione

In un’economia della conoscenza in costante evoluzione, lo scopo dell’istruzione è l’acquisizione di competenze per la vita. Ma quanti anni di scuola, di università o di formazione occorreranno alle generazioni future per acquisirle? A giudicare dalla proporzione di persone di età compresa tra i 5 e i 39 anni iscritte a scuola o all’università, la risposta è che in media le popolazioni dei Paesi dell’OCSE possono sperare di compiere 17,7 anni di studio. I risultati variano da 14,4 anni in Messico, a circa 20 anni in Islanda.

Livello d’istruzione

Possedere un buon livello d’istruzione migliora considerevolmente le possibilità di trovare un lavoro e guadagnare bene. Le persone con un livello d’istruzione elevato sono meno colpite dalla disoccupazione, perché in genere le loro qualifiche sono molto richieste sul mercato del lavoro. La remunerazione lungo tutto l’arco della vita aumenta ugualmente in funzione del livello di studi conseguito.

Inoltre, le competenze richieste dal mercato del lavoro sono sempre più basate sulla conoscenza. Questo cambiamento nella domanda ha fatto sì che un diploma di scuola secondaria superiore, o di maturità, sia il titolo minimo per ottenere un lavoro in quasi tutti i Paesi membri dell’OCSE. Le percentuali di diplomati della scuola secondaria superiore danno, in questo senso, una buona indicazione della capacità di ciascun Paese a preparare i propri studenti alle esigenze minime del mercato del lavoro.

In media, nei Paesi dell’OCSE, il 75% degli adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni, ha completato gli studi secondari superiori. Tale percentuale è leggermente più alta per gli uomini, poiché il 76% di essi completa gli studi secondari superiori, a fronte del 75% delle donne. Nei 29 Paesi dell’OCSE e nella Federazione Russa, almeno il 60% della popolazione di età compresa tra i 25 e i 64 anni ha completato almeno gli studi secondari superiori. In alcuni Paesi, è esattamente l’opposto: in Messico, Portogallo e Turchia almeno il 60% della popolazione compresa tra i 25 e i 64 anni non ha completato gli studi secondari superiori. Le donne hanno tuttavia maggiori possibilità, rispetto agli uomini, di conseguire una laurea o un diploma di istruzione terziaria nella maggior parte dei Paesi dell’OCSE, e ciò rappresenta un’inversione di tendenza rispetto al passato. In media, nei Paesi dell’OCSE, il 35% delle donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni ha conseguito un titolo di studio universitario a fronte del 31% degli uomini.

Competenze degli studenti

Sebbene importanti, i tassi di conseguimento di un diploma dicono poco sulla qualità dell’insegnamento ricevuto. Il Programma internazionale per la Valutazione degli Studenti (PISA) esamina in che misura gli studenti hanno acquisito, alla fine della scuola obbligatoria (in genere intorno ai 15 anni) alcune conoscenze e competenze, in particolare in lettura, matematica e scienze, essenziali per una piena partecipazione alla società moderna.

Nel 2012,il programma PISA ha valutato gli studenti di 65 paesi, compresi i Paesi membri dell’OCSE, il Brasile e la Federazione Russa. I test hanno valutato le loro competenze in lettura, matematica e scienze. Gli studi mostrano che queste competenze costituiscono degli indicatori più attendibili del livello di benessere economico e sociale rispetto al numero di anni di scuola o d’insegnamento post-scolastico. Lo studente medio nell’area OCSE ha ottenuto un punteggio di 497. Le ragazze hanno ottenuto risultati migliori dei ragazzi in tutti i Paesi, tranne che in Cile, Giappone e Lussemburgo. In media nei Paesi dell’OCSE, le ragazze hanno ottenuto un punteggio di 501 a fronte di un punteggio di 493 per i ragazzi. Tale divario tra ragazze e ragazzi è ancora più ampio in Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Islanda, Israele, Norvegia, Polonia, Slovenia, Svezia, Turchia e Federazione Russa.

Giappone e Corea sono i Paesi dell’OCSE in testa alla classifica, con un punteggio rispettivo di 542 e 540 punti. Seguono la Finlandia (529), l’Estonia (526), il Canada (522) e la Polonia (521). In fondo alla classifica, il Messico con un punteggio medio di 417. Il divario tra il primo e l’ultimo Paese dell’OCSE classificato è quindi di 125 punti. Il divario con il Brasile è ancora più ampio: 140 punti separano il punteggio medio del Brasile e della Corea.

I sistemi scolastici più efficaci riescono a trasmettere un insegnamento d’alta qualità a tutti gli studenti. In Estonia, Islanda e Norvegia, ad esempio, gli studenti ottengono buoni risultati a prescindere dal contesto socioeconomico. In Francia, Nuova Zelanda e nella Repubblica Ceca, invece, il divario tra gli studenti provenienti da contesti socioeconomici più elevati e gli studenti provenienti da contesti socioeconomici più disagiati è di oltre 125 punti, un dato che suggerisce che il contesto socioeconomico degli studenti ha un impatto sui loro risultati. In media, nei Paesi dell’OCSE, il divario tra studenti provenienti da contesti socioeconomici più avvantaggiati e studenti provenienti da contesti socioeconomici più svantaggiati è di 96 punti.


ITALIA

Principali risultati

Una popolazione dotata di un buon livello di istruzione e di formazione è molto importante per il benessere sociale ed economico di un Paese. L’istruzione ha un ruolo fondamentale nel trasmettere alle persone conoscenze, qualifiche e competenze necessarie per partecipare attivamente alla società e alla vita economica. Possedere un buon livello d’istruzione migliora considerevolmente le opportunità di trovare un lavoro e di guadagnare bene.

Gli Italiani possono sperare di compiere 16,8 anni di studio, tra i 5 e i 39 anni, ossia un numero inferiore di anni rispetto alla media dell’OCSE pari a 17,7.

Possedere un diploma di scuola media secondaria è diventato sempre più importante in tutti i Paesi, da quando le competenze richieste dal mercato del lavoro sono sempre più basate sulla conoscenza. Le percentuali di diplomati della scuola secondaria superiore danno, in questo senso, una buona indicazione della capacità di ciascun Paese a preparare i propri studenti alle esigenze minime del mercato del lavoro. In Italia, il 57% degli adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni ha completato gli studi secondari superiori, ovvero una percentuale nettamente inferiore alla media dell’OCSE pari al 75%.Nei Paesi dell’OCSE, un percentuale leggermente più alta di uomini ha un diploma di scuola secondaria superiore rispetto alle donne dello stesso gruppo di età. In Italia, invece, il 59% delle donne ha completato con successo l’istruzione secondaria superiore, a fronte del 56% degli uomini. Anche a livello di istruzione terziaria, una percentuale più elevata di donne completa gli studi universitari rispetto agli uomini, il 18% e il 14% rispettivamente. Tale differenza 4 punti percentuali è in linea con la media dell’area OCSE.

Sebbene importanti, i tassi di conseguimento di un diploma dicono poco sulla qualità dell’insegnamento ricevuto. Il Programma internazionale per la Valutazione degli Studenti (PISA) esamina in che misura gli studenti hanno acquisito, alla fine della scuola obbligatoria (in genere intorno ai 15 anni) alcune conoscenze e competenze, in particolare in lettura, matematica e scienze, essenziali per una piena partecipazione alla società moderna. Nel 2012,il programma PISA ha valutato le competenze in lettura, matematica e scienze degli studenti, poiché gli studi mostrano che tali competenze costituiscono degli indicatori più attendibili del livello di benessere economico e sociale rispetto al numero di anni trascorsi a scuola.

In Italia, il punteggio medio ottenuto dagli studenti in lettura, matematica è pari a 490, ovvero inferiore alla media dell’OCSE pari a 497. Le ragazze superano mediamente i ragazzi di 6 punti, un divario inferiore alla media dell’area OCSE pari a 8 punti.

I sistemi scolastici più efficaci riescono a trasmettere un insegnamento d’alta qualità a tutti gli studenti. In Italia, il divario medio tra studenti provenienti da contesti socioeconomici più avvantaggiati e studenti provenienti da contesti socioeconomici più svantaggiati è pari a 83 punti, ovvero inferiore alla media di 96 punti dell’area OCSE. Tale dato sembra indicare che il sistema scolastico italiano fornisce un accesso relativamente equo a un’istruzione di alta qualità.

Politiche migliori per vite migliori

Educazione tra pari per gli studenti a rischio

L’istituto d’istruzione superiore “Filippo Bottazzi” di Casarano, in provincia di Lecce, ha istituito un programma di educazione tra pari in cui gli studenti delle classi superiori fanno da tutor agli studenti più giovani a rischio. Circa il 35% degli studenti della scuola provengono da contesti disagiati e la scuola registra un tasso medio di abbandono scolastico del 30%.

I tutor sono scelti tra i volontari che mostrano grande motivazione per il programma e sono dotati di competenze sociali. Frequentano un corso di formazione prima di fornire assistenza didattica.

I tutor interagiscono con gli studenti non solo durante le lezioni in classe, ma anche durante le giornate di orientamento e le attività ricreative.

Il progetto ha dato ottimi risultati in termini di aumento del livello d’impegno degli studenti nelle attività scolastiche (+18%), autostima (+22%) e senso del benessere a scuola (+25%) rispetto all’anno precedente. Esistono inoltre numerose indicazioni dell’aumentata efficacia in termini di abilità legate alle competenze sociali e comportamentali come la comunicazione (+ 18%), la condivisione e la collaborazione (+21%). Il tasso di abbandono scolastico è notevolmente diminuito (-8%). Livelli di soddisfazione più elevati (+32% rispetto ai dati precedenti) si registrano anche tra gli insegnanti.

Sono 802.844 gli alunni stranieri nelle scuole italiane

da Vita

Sono 802.844 gli alunni stranieri nelle scuole italiane

Secondo il rapporto “Alunni con cittadinanza non italiana. Tra difficoltà e successi”, dal 2001/02 ad oggi sono quadruplicate le iscrizioni degli studenti stranieri
Decolla l’integrazione sui banchi di scuola. Sono infatti 802.844 gli alunni con cittadinanza non italiana che ogni mattina ripsondono all’appello nelle nostre scuole. Un aumento del 16% rispetto all’anno precedente. I dati  diffusi dal rapporto “Alunni con cittadinanza non italiana. Tra difficoltà e successi. Rapporto nazionale 2013/2014”, elaborati da Miur-Fondazione Ismu, confermano un costante e significativo incremento nelle iscrizioni degli alunni stranieri: dal 2001/02 al 2013/14 essi sono quadruplicati. Si è passati infatti da 196.414 alunni nell’anno scolastico 2001/2002 (2,2% della popolazione complessiva) agli 802.844 dell’anno scolastico 2013/2014 (9% del totale). Gli iscritti stranieri fra il 2009/2010 e il 2013/2014 sono cresciuti con ritmi del 19,2% a fronte di un decremento del -2,0% nelle presenze di alunni italiani.
Gli alunni italiani sono diminuiti in tutti i livelli scolastici, mentre gli alunni stranieri sono cresciuti in tutti gli ordini e gradi, soprattutto nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole secondarie di secondo grado. Negli ultimi 5 anni si è assistito a un aumento delle presenze di stranieri nelle scuole non statali (+16% nel 2013/14 rispetto al 2009/2010). Per quanto riguarda gli italiani, nello stesso periodo, il declino numerico che li caratterizza è più accentuato nelle scuole non statali (-7,5% in 5 anni) rispetto a quelle statali (-1,1%).

I rumeni i più numerosi. Nella graduatoria delle presenze, i romeni (154.621), gli albanesi (107.847), i marocchini (101.176).

Prevale la componente maschile. Le femmine sono meno numerose dei maschi e corrispondono al 48% del totale (385.365), una percentuale di poco inferiore a quella osservata tra gli italiani (48,3%). La componente femminile prevale solo nelle scuole secondarie di secondo grado.

La regione con più alunni stranieri è la Lombardia. La Lombardia si conferma come la prima regione per maggior numero di alunni stranieri (197.202), ma anche per il numero più alto di alunni in generale (1.409.671), seguita da Emilia Romagna (93.434), Veneto (92.924), Lazio (77.071), e Piemonte (75.276).

I nati in Italia sono la maggioranza. Un dato particolarmente significativo da segnalare è che i nati nel nostro paese costituiscono ormai la maggioranza di questi alunni. Infatti, nell’a.s. considerato costituiscono il 51,7% (415.283) degli alunni stranieri. Tra il 2007/8 e il 2013/14 si evidenzia una crescita esponenziale di nati in Italia nelle scuole secondarie, in cui questi alunni si sono quasi triplicati (scuole di primo grado) o più che triplicati (secondarie di secondo grado). Un approfondimento specifico sulla distribuzione territoriale evidenzia che il primato lo detiene il Nord Ovest, che accoglie nell’anno scolastico 2013/14 167.182 nati in Italia (40,2%), seguito dal Nord Est (123.142, 29,6%), dal centro (93.094 pari al 22,4%), e dal Sud e dalle Isole (31.865, 7,8%). La Lombardia è la regione con il maggior numero di alunni nati in Italia (oltre 110mila unità).

Neo-entrati tornano ad aumentare. Dall’a.s. 2007/08 al 2013/14 gli alunni stranieri entrati per la prima volta nel sistema scolastico italiano si sono ridotti da 46.154 a 30.825. Tuttavia tra il 2012/13 e il 2013/14 questo gruppo è tornato a crescere (+7.989 soggetti). Un aumento che si spiega in parte con l’incremento significativo dei ricongiungimenti familiari e dei minori stranieri non accompagnati (10.536 nel 2014).

Alunni stranieri con disabilità. Nel 2007/08 erano 11.760, nell’a.s. 2013/14 sono 26.626. Un aumento notevolissimo che si spiega con il prolungamento dell’obbligo scolastico, e con la disponibilità di questi alunni a proseguire gli studi dopo il biennio obbligatorio.

Alunni rom, sinti e camminanti. Sono diminuiti del -5,6% dal 2007/08 al 2013/14. Una riduzione che è ancora più sensibile nelle scuole d’infanzia e primaria.

Ritardo scolastico e ripetenze. Nella misura in cui crescono i nati in Italia, si constata anche un miglioramento nei percorsi scolastici, con una diminuzione dei ritardi scolastici e delle ripetenze, cioè diminuiscono in parte le difficoltà che, peraltro, rimangono elevate. Nell’a.s. 2013/14 gli alunni con cittadinanza non italiana in ritardo rappresentano il 14,7% nella primaria (contro 1,9% degli italiani), il 41,5% nella secondaria di primo grado (contro il 7,4% degli italiani), e il 65,1% nella secondaria di secondo grado (contro il 23,3% degli italiani). I tassi di ripetenza degli alunni stranieri nell’a.s. 2013/14 confermano tuttavia il divario tra italiani e stranieri, in particolare nei primi anni di corso.

Preferiscono gli istituti tecnici ai professionali. Per la prima volta dagli inizi degli anni Duemila, nell’anno 2013/14 gli istituti tecnici rappresentano l’indirizzo maggiormente scelto dagli alunni stranieri (38,5%). Gli istituti professionali perdono quindi il primato degli anni precedenti, passando al secondo posto (37,9%), seguiti dai licei (23,5%). Questo maggior spostamento verso le scelte liceali risulta prevalentemente influenzato dalle scelte degli alunni nati in Italia, che si orientano maggiormente verso istituti tecnici (41,1%) e licei (29,6%).

Formazione professionale. Oltre ai dati Miur, in questo rapporto si è fatto ricorso anche a dati forniti da altri enti e istituzioni, proprio per rimanere fedeli all’opzione di fondo di considerare il sistema formativo in un’ottica policentrica. I dati Isfol mostrano che gli alunni stranieri rappresentano il 15,5% del totale degli iscritti ai primi tre anni del sistema IeFP (istruzione e formazione professionale) e il 15,2% al quarto anno.

Università. Nell’anno scolastico 2013/14, i dati sugli immatricolati all’università (fonte: Anagrafe nazionale dello Studente) mostrano che quasi la metà dei maschi stranieri è in possesso di una maturità tecnica (49,7%) e il 17% di una maturità professionale; mentre la percentuale dei maschi italiani con maturità professionale che prosegue gli studi risulta di gran lunga inferiore (3,8%).

Immigrati adulti e opportunità formative. L’ultimo rapporto Indire disponibile (2012) segnala che sul totale dei frequentanti le scuole pubbliche per adulti (CTP, oggi CPIA) gli stranieri sono il 43,9%: negli ultimi 6 a.s. sono cresciuti significativamente, a fronte di una diminuzione dei frequentati italiani.

Il 15,8% dei Neet è straniero. Secondo i dati Istat, nel 2013 i giovani con cittadinanza non italiana rappresentano il 15,8% del totale dei Neet (Non in Education, Employment or Training) in Italia, con una incidenza maggiore rispetto agli italiani sulla popolazione della stessa età. Una differenza importante è quella di genere: i Neet italiani sono prevalentemente maschi (il 50,3%), mentre i Neet non comunitari sono per il 67,3% giovani donne. Soprattutto per alcune cittadinanze però, questo dato si spiega come indisponibilità a studiare o lavorare per ragioni familiari. Gli apprendimenti in Italiano e Matematica (prove Invalsi). I risultati delle prove nazionali Invalsi a.s. 2013/14 confermano che i punteggi medi degli studenti nativi sono superiori alla media nazionale in tutte le classi campione (II e V primaria, III secondaria di I grado, II secondaria di II grado), mentre quelli relativi agli stranieri sono inferiori alla media, anche se i punteggi sono superiori fra le seconde generazioni rispetto alle prime. Il divario di punteggio medio tra studenti nativi e studenti di origine straniera è minore nella prova di Matematica rispetto a quella di italiano. La rilevazione del 2013/14 rispetto a quelle dell’a.s. precedente, evidenzia che gli studenti nativi non hanno modificato la loro performance in nessun livello scolastico, mentre gli alunni immigrati di prima generazione hanno avuto un significativo miglioramento in II elementare e in III media e un lieve peggioramento nella II secondaria di II grado. Anche i loro compagni di seconda generazione hanno migliorato i loro esiti in terza media, mentre si riscontra un peggioramento (anche se talvolta lieve) nelle altre classi.

Il confronto fra Italia e Europa. Dall’analisi dei risultati dell’indagine PISA OCSE 2012 sui quindicenni, per l’area di matematica emerge che l’Italia si colloca fra i paesi low performers, ovvero Paesi dell’area europea al di sotto della media OCSE (con punteggi inferiori a 490), insieme a Norvegia, Portogallo, Spagna, Repubblica Slovacca, Svezia, Ungheria, Grecia. È anche inserita nel gruppo di Stati che hanno ottenuto mediamente i peggiori risultati sia come performance in Matematica, sia come divario fra studenti autoctoni e migranti: i sistemi scolastici di Italia, Spagna, Grecia, Norvegia, Svezia appaiono meno efficaci come risultati ottenuti dagli alunni e come modello di integrazione.

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