Bianchi chiude la porta a sanatorie Sui precari maggioranza divisa

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Nessuno sta cercando sanatorie, io non ne faccio, è offensivo pensarlo. Individuiamo dei percorsi: ci sono coloro che hanno già maturato dei diritti e c’è sicuramente un problema di formazione e di verifiche; va raggiunta una sintesi politica che è ora di trovare. Credo che tutte le forze politiche si devono esprimere in modo esplicito». Lo ha detto il ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, durante il suo intervento ieri al convegno «Prima la Scuola» promosso dal senatore del Pd, Francesco Verducci, al Senato. L’appello è stato indirizzato ai partiti ma anche agli esponenti del suo partito, il Pd, che ancora non ha assunto una posizione chiara sulla soluzione da adottare per risolvere il problema del reclutamento dei docenti nella scuola.

L’intervento del ministro è avvenuto dopo l’incontro interlocutorio che si è tenuto, sempre ieri, al ministero dell’istruzione, tra amministrazione e sindacati, proprio sulla questione del reclutamento. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, tra i partiti di governo sarebbe in atto uno scontro muro contro muro che sta determinato una situazione di stallo. Il Movimento5 stelle sta mantenendo fermamente la propria posizione di opposizione a qualsiasi forma di sanatoria in favore dei docenti precari attualmente in servizio. Dall’altro lato la Lega ha da tempo una posizione favorevole ad una soluzione che consenta ai precari storici di bypassare il concorso in senso stretto. E tra i due contendenti, l’uno contro l’altro armati, c’è il Pd che, al momento non ha ancora assunto una posizione né nell’uno né nell’altro senso. A fronte di questa situazione, i rappresentanti del dicastero di viale Trastevere non hanno potuto fare altro che assumere una posizione attendista nel vertice mattutino. Che si è tradotta in una mera richiesta ai rappresentanti sindacali presenti circa l’esposizione delle proposte coincidenti con le richieste avanzate già in passato dalle sigle di appartenenza.

Richieste già note all’amministrazione e ribadite al tavolo di confronto. E che consistono nella richiesta di un concorso essenzialmente per titoli, basato sulla valorizzazione del servizio prestato, con una prova orale da tenersi davanti al comitato di valutazione al termine dell’anno di prova. In rotta di collisione la proposta dell’Anp, pure presente al tavolo. Che ha riproposto la chiamata diretta. Un’istanza che, se accolta, allungherebbe esponenzialmente i tempi delle assunzioni, perché la relativa disciplina andrebbe riscritta ex novo. E in ogni caso non comporterebbe l’aggiramento dell’obbligo di superare un concorso. Resta il fatto, però, che il 1° settembre 2021 si avvicina e, allo stato attuale, il governo non ha ancora trovato una soluzione. E i tempi delle selezioni già avviate rischiano di protrarsi oltre le previsioni.

Il concorso riservato, infatti, ha già subito uno stop, oltre che per l’inasprimento delle misure di contenimento del contagio da Covid-19 dei mesi scorsi, anche per la questione delle prove suppletive. Il Tar del Lazio, infatti, ha accolto alcuni ricorsi di candidati che non avevano potuto partecipare alle prove perché in quarantena o in isolamento fiduciario. E adesso bisognerà attendere anche che la procedura faccia il suo corso. A ciò vanno aggiunti i mali di sempre: la difficoltà di reperire i commissari e le dimissioni dei commissari in itinere. In più bisogna anche considerare che il concorso ordinario, pure previsto, non è ancora stato avviato. E anche qualora fosse avviato a breve, la prospettiva del vincolo di permanenza quinquennale nella sede di prima assegnazione potrebbe scoraggiare gli aspiranti docenti del Sud a presentare la domanda di partecipazione al Nord. Il fenomeno si è già verificato con la call veloce. E il rischio che si corre è che, nonostante l’indizione dei concorsi, le cattedre al Nord continuino a rimanere prive di titolari. Nel frattempo, la platea dei supplenti si allarga sempre di più.

Attualmente i precari che lavorano nella scuola sono circa 200 mila. In più bisogna considerare che i posti vuoti sono destinati ad aumentare per effetto dei pensionamenti. Pertanto, è ragionevole ritenere che, se e quando il governo deciderà di intervenire, la soluzione ipotizzata dovrà essere affrontata con provvedimenti legislativi anche d’urgenza. A peggiorare ulteriormente la situazione c’è anche la questione della gestione dei licenziamenti a raffica dei supplenti assunti da Gps, che si stanno verificando dall’inizio dell’anno. La particolare complessità della normativa contenuta nell’ordinanza 60/2020 e la novità della disciplina, infatti, ha indotto molti aspiranti docenti a dichiarare titoli che non erano valutabili. Ma vi sono anche casi in cui le scuole hanno agito in modo difforme. E ciò ha contribuito ad accrescere notevolmente il clima di incertezza. A differenza che in passato, infatti, la valutazione delle domande di inclusione nelle Gps non è stata gestita direttamente dagli uffici, ma dalle scuole.

Al via il rinnovo del contratto

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Al via la riapertura del tavolo negoziale per il rinnovo del contratto di lavoro del personale della scuola. I rappresentanti dell’Aran e delle confederazioni sindacali, il 15 aprile scorso, hanno siglato l’ipotesi di contratto quadro sulla composizione dei comparti. L’accordo conferma i 4 comparti esistenti (funzioni centrali, funzioni locali, istruzione e ricerca, sanità) e costituisce il presupposto per l’avvio delle trattative per il rinnovo dei contratti di comparto. Tra cui quello che riguarda il personale della scuola.

Le trattative, però, partiranno dopo la firma definitiva del contratto quadro e, soprattutto, dopo l’emanazione dell’atto di indirizzo del comitato di settore del governo. Il contratto della scuola attende ormai da 3 anni di essere rinnovato. I fondi, peraltro, anche se esigui, sono disponibili per tutto il pubblico impiego già dal 2018. L’articolo 1, comma 436, della legge 145/2018, prevede infatti uno stanziamento di 1.100 milioni di euro per l’anno 2019, 1.750 milioni di euro per l’anno 2020 e 3.375 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. A ciò va aggiunto un ulteriore stanziamento di 400 milioni di euro previsto dalla legge di bilancio di quest’anno. I 400 milioni vanno ad impinguare la dotazione finanziaria dal 2021 in poi. Quindi, la somma a regime dovrebbe essere pari a 3775 milioni di euro.

Considerato che i dipendenti pubblici, secondo le rilevazioni Istat del 2018 (le più recenti disponibili) sono 3.342.816, i fondi consentono incrementi retributivi medi di 1.129 euro l’anno a testa. L’importo, però, è al lordo delle trattenute fiscali e previdenziali (cosiddetto lordo stato). Per arrivare alla cifra netta bisogna togliere circa il 50%. Che è pari, grosso modo, all’importo dei contributi e delle ritenute fiscali. A conti fatti, 40-50 euro in più a testa.

Nella scuola gli importi potrebbero essere ancora inferiori. Perché il criterio che viene applicato per la distribuzione degli aumenti consiste nell’applicare una percentuale identica a prescindere dall’importo di partenza delle retribuzioni. E siccome le retribuzioni della scuola sono le più basse del pubblico impiego, ad ogni rinnovo contrattuale la forbice si apre sempre di più e il divario tra qualifiche analoghe nei vari comparti aumenta costantemente. E poi c’è il problema del coordinamento delle disposizioni del contratto del 2007 e del 2018 con le innovazioni legislative introdotte nel corso degli anni. Coordinamento che dovrebbe essere attuato tramite la compilazione di un corposo testo unico delle disposizioni contrattuali che andrebbero attentamente vagliate, una per una, al tavolo negoziale.

Il lavoro da svolgere è tutt’altro che facile. Prima di tutto bisognerà verificare gli effetti delle norme di legge che si sono succedute nel tempo dopo il 2007. Norme che, per effetto della inderogabilità delle disposizioni di legge da parte della contrattazione collettiva, ormai prevalgono sulla disciplina contrattuale. Molte norme di legge hanno peggiorato il trattamento contrattuale.

Per esempio, quelle sul vincolo di permanenza quinquennale nella sede di prima assegnazione per i neoimmessi in ruolo. Oppure quelle che hanno cancellato i rimedi stragiudiziali per le controversie di lavoro, comprese quelle di natura disciplinare. Ma ve ne sono anche altre che hanno ampliato il regime di tutela dei lavoratori come, per esempio, quelle sui congedi parentali e, da ultimo, la norma che ha introdotto il permesso specifico per la vaccinazione. Ma c’è anche un altro aspetto molto importante che riguarda il trattamento deteriore previsto per i precari. Sia per quanto riguarda il trattamento retributivo che per la disciplina dei permessi.

Anche su questa delicata materia le parti dovranno necessariamente aggiornare le vecchie clausole negoziali adeguandole alla legislazione vigente e anche ai più recenti orientamenti della Suprema corte. Si pensi, per esempio, al diritto alla retribuzione professionale docenti per i supplenti con nomina del preside. Diritto che viene ancora negato nonostante la Cassazione abbia spiegato che il diritto sussiste già secondo le disposizioni contrattuali vigenti (si veda l’ordinanza della sezione lavoro 20015/2018). Oppure al diritto al completamento per i precari che, per contro, la Cassazione ha posto praticamente nel nulla con la sentenza 24214/2017. Motivo per cui l’intera disciplina andrebbe totalmente riscritta per consentire ai docenti più titolati di non essere scavalcati in graduatoria da colleghi meno titolati, per questioni meramente organizzative riguardanti la compatibilità di orario, che nulla hanno a che fare con la sostanza di questo istituto giuridico.

Poi c’è la questione della formazione che da diritto è diventata un dovere. Ciò determina quindi la necessità di rivedere la norma sulle attività funzionali di natura collegiale riducendo le ore da destinare alle riunioni dei collegi e agli incontri scuola-famiglia. Oppure, in alternativa, bisognerà prevedere una dotazione finanziaria specifica per retribuire la formazione come lavoro straordinario. Insomma, la strada è tutta in salita e sconta l’inerzia degli anni precedenti.

Il 28% dei prof non è vaccinato

da ItaliaOggi

Angela Iuliano

Si ritorna tutti in classe con quasi 100 mila contagi in più in un mese tra i ragazzi in età scolare. Tra il 14 marzo e il 14 aprile l’Iss (istituto superiore di sanità) ha registrato un aumento del 22,8% di casi tra 0 e 19 anni, ben 99.778 positivi in più. A cui vanno aggiunti altri 10.150 ragazzi contagiati negli ultimi 4 giorni. Così che dall’inizio della pandemia fino a domenica (18 aprile) sono 546.933 i bambini e i ragazzi in età scolare che hanno avuto il Covid: 191.910 nella fascia 0-9 anni e 355.023 in quella 10-19 anni. In appena un mese i bimbi in età da nido, materna e primaria infettati dal virus Sars-Cov-2 sono stati 37.839, mentre i compagni in età da medie e superiori sono stati 61.939. Negli ultimi 4 giorni si sono avuti +4.075 nuovi positivi under 9 e +6.075 casi tra i 10-19enni. Non solo.

Nell’ultimo report settimanale dell’Iss si legge che «nelle ultime due settimane si rivela un lievissimo aumento della percentuale di casi nella fascia di età 0-18 anni pari al 15,8% (nelle due settimane precedenti era del 15,3%)». Mentre, osserva il rapporto, «diminuisce leggermente la proporzione di casi nella fascia di età 19-50 anni (43,1% vs 43,4%) e nella fascia di età over 50 (41,1% vs 41,3%)». Anzi, a leggere i nuovi dati disaggregati per età tra gli under 19, che da fine marzo il report settimanale dell’Iss riporta, emerge che a guidare la crescita dei contagi è proprio la fascia di bambini e ragazzi in età scolare.

I più colpiti i bambini del nido, con +10,18% di casi tra 0 e 3 anni, passati dai 36.657 del 31 marzo ai 40.391 del 14 aprile. Seguono i bambini in età da materna: +8,79% nella fascia 3-5 anni, cioè da 46.699 positivi a 50.806. Poi, si piazzano i ragazzi della primaria, quelli tra 6 e 10 anni di età registrano un +7,92% di positivi, passando da 116.361 infettati a 125.577. Subito dopo si collocano i ragazzi in età da scuole superiore con un +7,45% di casi arrivano a 218.589 infetti rispetto ai 203.391 del 31 marzo. Infine, gli studenti delle medie vedono +7,355 di positivi, arrivando a 98.955 rispetto ai 92.176.

In tutte le altre fasce di età della popolazione l’incremento di nuovi positivi è stato inferiore al 7%. Addirittura la metà tra gli ottantenni (+4,44%). Si tratta, inoltre, di un periodo, quello tra il 31 marzo e il 14 aprile, in cui oltre alla vacanze scolastiche di Pasqua, in tutta Italia hanno frequentato la scuola in presenza i bambini dal nido alla prima media, cioè da 0 a 11 anni, e in 11 regioni anche i compagni di II e III media, tra 12 e 13 anni e il 50% di ragazzi delle superiori, tra 14 e 19 anni.

Una conferma, quindi, che la scuola in presenza è motore di contagi. Del resto, proprio Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss e nuovo portavoce del Cts, recentemente in conferenza stampa ha ammesso che sui contagi a scuola «dati precisi non ci sono, si considera solo la fascia di età».

Mentre sul fronte vaccinazione del personale scolastici i dati regionali elaborati dal comitato nazionale Idea Scuola e aggiornati al 15 aprile, rivela che ben 419.760 docenti e Ata non sono ancora stati vaccinati neppure con una sola dose, cioè il 27,87% del totale del personale scolastico. Con punte del 50-60% in regioni come Liguria, Calabria, Sardegna, Sicilia e Bolzano. Mentre il 72,13% che ha ricevuto la prima dose riceverà la seconda in media a giugno: 1.086.284 docenti e lavoratori della scuola che quindi completerà il ciclo vaccinale ad anno scolastico terminato. In base ai dati forniti dal MI i contagi tra i docenti, ricorda il comitato, sono 2 volte maggiori rispetto a quelli della media di tutta la popolazione italiana.

Riapertura scuole, Draghi non vuole tornare indietro. Ipotesi lezioni in musei e spazi all’area aperta

da OrizzonteScuola

Di Fabrizio De Angelis

La riapertura scuole viene salutata positivamente da molti esponenti di spicco ma non convince tutti: alcuni Governatori ma anche i dirigenti scolastici e i sindacati sollevano dubbi. Dubbi che proprio le Regioni affronteranno con il Governo nel corso di un incontro domani alle 17. Ma il premier Draghi sembra essere il più convinto di tutti.

Racconta all’Adnkronos uno dei ministri che ne ha preso parte: “Draghi era convintissimo sul ritorno in aula, il più convinto di tutti. Su questo sono certo che non tornerà indietro, vuole i ragazzi in classe. La scuola prima di tutto, ha detto mentre decidevamo delle riaperture, ricordandoci come l’istruzione sia rimasta drammaticamente indietro in questo anno di pandemia“. La parola d’ordine resta ‘ripartire in presenza’, senza tralasciare il tema prioritario della sicurezza.

Si fa strada l’ipotesi di lezioni ‘outdoor’, in musei, palestre, parchi attrezzati e spazi all’aria aperta soprattutto, sul modello della ‘scuola diffusa’ partito in Emilia Romagna -regione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi- ancor prima che la pandemia investisse l’Italia.

Ogni strada verrà battuta affinché la scuola riapra in massima sicurezza, ma il 26 aprile si torna in classe“, ribadiscono fonti di governo alla vigilia dell’incontro con le Regioni sulla scuola.

Dal canto suo Fedriga, Governatore del Friuli Venezia Giulia,  dice “ci dovrà essere un mix di soluzioni che non può essere semplicemente sul trasporto, ma evidentemente sull’organizzazione scolastica. Vogliamo trovare delle soluzioni, ma bisogna raccontare la verità, dire fin dove è possibile arrivare perché altrimenti si fanno dei danni. E’ meglio dire con chiarezza e serietà dove sono i limiti perché si fa confusione e non si risolvono i problemi

Ci sono troppe carenze che riguardano il ritorno in classe: tra le ipotesi sul tavolo, quella di orari scaglionati per le entrate negli istituti, mantenendo il 50% di presenza sui mezzi rispetto alla capienza. Oppure, per non rischiare di aumentare questa stessa percentuale, chiedere (anche se i tempi sarebbero troppo stretti) un potenziamento di mezzi e numero di personale. C’è anche l’idea dei test salivari per gli studenti, anche se non su questo bisogna sentire il Comitato Tecnico Scientifico e attendere la validazione.

Carenze che i sindacati, nel corso dell’incontro con l’amministrazione del 19 aprile, hanno fatto notare e che li rendono preoccupati: “Ci troviamo davanti a un atto di volontà politica non supportato da condizioni reali. Prima di decidere la riapertura al 100% in presenza bisogna riprendere subito la campagna di vaccinazione, rinnovare i protocolli di sicurezza, effettuare tracciamenti, anche a campione, valutare i dati dei vaccinati, ancora non disponibili. In caso contrario non c’è alcuna garanzia per studenti e personale scolastico”, dice Francesco Sinopoli della Flc Cgil.

L’Anp, ha richiesto “di completare il piano vaccinale del personale in servizio presso le scuole per garantire le condizioni di sicurezza che, sole, possono dare continuità all’erogazione del servizio: è necessario, in particolare, che tutto il personale impegnato nell’imminente esame di Stato porti a termine la procedura vaccinale prima del suo inizio”.

Scrutini fine anno, possibili dal 4 giugno ed entro il termine delle lezioni. In arrivo ordinanza Bianchi

da OrizzonteScuola

Di redazione

“Per l’anno scolastico 2020-2021 gli scrutini finali per le classi delle istituzioni scolastiche statali e paritarie del primo e secondo ciclo di istruzione possono essere conclusi entro il termine delle lezioni fissato dai calendari delle Regioni e delle Province autonome, fermo restando l’avvio non prima del 4 giugno 2021”, si legge nell’ordinanza firmata dal ministro Patrizio Bianchi di prossima pubblicazione.

Il ministro dell’Istruzione, infatti, si accinge a dare facoltà alle scuole di potere anticipare gli scrutini di fine anno scolastico di circa una settimana rispetto alle date già prefissate dalle varie Regioni e collocate tra il 5 e il 16 giugno prossimo: lo prevede un’Ordinanza firmata dal ministro Patrizio Bianchi e trasmessa “ai competenti organi di controllo”. L’intento del professor Patrizio Bianchi è quello di agevolare le operazioni di fine anno, che in presenza della pandemia, soprattutto nella scuola secondaria, potrebbero rivelarsi particolarmente difficoltose.

Come già ricordato nei giorni scorsi, non si tratta in realtà di una novità.  L’anticipo degli scrutini prima del termine delle lezioni è previsto dal decreto Rilancio, che prevede la possibilità di concluderli entro il termine delle lezioni “al fine di consentire l’avvio e lo svolgimento dell’anno scolastico 2020/2021 nel rispetto delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, in deroga quindi alla norma che prevede che gli scrutini debbano necessariamente essere svolti dopo la conclusione delle lezioni.

L’ordinanza era stata già inviata al vaglio Consiglio superiore della Pubblica istruzione (Cspi).

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, si tratta di “un’opportunità di buon senso: è la giusta risposta a chi per settimane ha ipotizzato la conclusione dell’anno scolastico a fine giugno o a luglio inoltrato. Gli apprendimenti, come abbiamo sempre detto, non si recuperano con qualche settimana in più di lezioni, accavallando gli impegni o pregiudicando il regolare svolgimento degli Esami di Stato, a partire dalla maturità. I nostri alunni hanno bisogno di una scuola che offra loro maggiori garanzie, sicuramente rispetto alla priorità assoluta del Covid, ma anche per quando sarà terminata la pandemia. Quello che serve, lo abbiamo ripetuto anche oggi ai dirigenti del ministero dell’Istruzione, è un rinnovato protocollo sulla sicurezza, ma anche organici maggiorati, aule più grandi, il ripristino di 4mila sedi autonome, la proroga e conferma del personale Covid, l’assunzione in ruolo dei precari con almeno due anni di supplenze con procedure per titoli e servizi con la riaperture delle GaE e l’utilizzo delle Gps pure per il reclutamento”.

Per il sindacato Anief si tratta di una decisione saggia, prodotta per venire incontro alle incombenze di fine anno che si svolgeranno con gli alunni in presenza, se il piano del Governo dovesse essere confermato, ma soprattutto con tutte le problematiche che la pandemia da Covid-19 comporta. Bene ha fatto il ministro dell’Istruzione a rompere gli indugi.

Riapertura scuole, cresce la preoccupazione: per esperti e per i sindacati interventi solo annunciati

da La Tecnica della Scuola

I sindacati che hanno partecipato oggi all’incontro in videoconferenza con i rappresentanti del Ministero dell’istruzione in vista della riapertura delle scuole al 100% (tranne che nelle scuole superiori in “zona rossa” per le quali si prevede l’apertura dal 50% al 75% del numero degli alunni) fissata per giorno 26 aprile hanno mantenuto tutte le loro perplessità e preoccupazioni espresse in precedenza.

Già in un altro articolo pubblicato in data odierna sono stati riportati i commenti dei leader della Flc Cgil, della Uil scuola e della Gilda Unams.

I dubbi e le preoccupazioni dei sindacati del comparto scuola

In sintesi ricordiamo che il segretario della Uil scuola, Pino Turi, ha posto una serie di domande che rappresentano un “atto di accusa” contro l’immobilismo di tutti questi mesi: “ci vogliamo chiedere quali interventi sono stati messi in campo? Cosa è cambiato rispetto a prima? Pensiamo al tracciamento che non è stato mai realizzato. I tamponi salivari ci sono, non ci sono?”; mentre Francesco Sinopoli, segretario generale della Federazione lavoratori della conoscenza ha sottolineato che “ci troviamo davanti a un atto di volontà politica non supportato da condizioni reali” e che al momento, anche in considerazione del fatto che non sono stati rinnovati i protocolli di sicurezza (ad esempio fornire alunni e personale di mascherine Ffp2 nonché dotare le aule di sistemi di aerazione), né effettuati tracciamenti, né potenziati i trasporti, “non c’e’ alcuna garanzia per studenti e personale scolastico“. Rincara la dose Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti che afferma si sia trattato di un incontro “del tutto inconcludente, che lascia invariata la situazione sul fronte sicurezza e non accoglie le nostre istanze”, aggiungendo: appare evidente che la riapertura delle scuole rappresenta una scelta politica assunta dal governo senza il supporto di evidenze scientifiche né di interventi mirati”.

Passiamo in rassegna anche le dichiarazioni di altri leader sindacali: ad esempio Maddalena Gissi, segretaria della Cisl scuola ricorda che “in molte scuole gli spazi sono piccoli e quando una classe deve contenere 30 alunni la situazione diventa complicata. Per questo chiediamo che siano le scuole singolarmente a decidere sulla completa riapertura“.

Anche l’Anief si allinea alle perplessità delle altre organizzazioni sindacali: non essendo cambiato niente sarebbe meglio finire l’anno scolastico con la didattica a distanza, completare la vaccinazione, iniziare quella di tutti gli studenti e nel frattempo andare a pensare come utilizzare i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per garantire il diritto allo studio in presenza e in sicurezza con migliaia di aule in piùaveva già dichiararlo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ad Adnkronos. Per il sindacalista è troppo rischioso in questo momento riaprire le scuole per un mese, perché non è stato fatto niente sul distanziamento sociale che bisogna rispettare per essere tutti in presenza”.

Ma le organizzazioni sindacali non dovrebbero a loro volta essere più incisive nell’incalzare il Governo di turno?

Ma ci sarebbe anche da chiedersi cosa hanno fatto in concreto le organizzazioni sindacali per “costringere” il governo precedente e quello attuale a rendere esecutive le azioni necessarie purtroppo solo annunciate ma poi sempre rinviate e non attuate.

E il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, intervenendo alla trasmissione televisiva ‘Omnibus’ sull’emittente La7 ha detto: “il ritorno in presenza è stato da noi sempre auspicato, ma per quanto riguarda le problematiche siamo sempre lì. Una è il trasporto pubblico e inoltre è inutile nascondere che gli spazi sono sempre gli stessi. La differenza è che ci sono state le vaccinazioni al personale scolastico ma il piano è stato sospeso: forse era il caso di non sospenderlo e proseguire”. Poi il rappresentante dell’Associazione nazionale presidi ha dichiarato: “a questo aggiungiamo che il piano di tracciamento per la scuola non riesce a decollare. Quindi qualche preoccupazione è lecito avercela. Io penso che sarebbe giusto lasciare alle scuole la possibilità di decidere quanti studenti possono andare”.

Sarà possibile valutare una rimodulazione delle misure annunciate?

Ora i sindacati attendono la riunione di domani del Comitato tecnico scientifico con il Ministero dell’istruzione auspicando che si possa valutare una rimodulazione delle misure finora applicate. Rimodulazione che le organizzazioni sindacali (e non solo loro) ritengono necessaria anche perché si chiedono: “le varianti del virus che prima non c’erano?”.

Ma la rimodulazione dovrebbe anche considerare la posizione di alcune categorie di insegnanti che da sempre, anche con le scuole in Dad, sono stati chiamati a fare lezione in presenza ad intere classi, anche in istituti di istruzione secondaria di II grado (soprattutto alcune tipologie di insegnanti) e quindi con alunni che si sono recati comunque a loro volta a scuola affollando ugualmente i mezzi pubblici o esponendosi ai rischi di altre situazioni di assembramento. Cosa che non andrebbe pertanto dimenticata, ma evitata.

L’allarme di virologi e infettivologi purtroppo inascoltati anche in passato

Peraltro anche medici, specialisti virologi, infettivologi, epdidemiologi hanno lanciato l’allarme (e il caso della Sardegna passata in pochissime settimane da “zona bianca” a “zona rossa” dovrebbe fare riflettere attentamente). Assai preoccupato sulle riaperture a brevissimo termine l’allarme di Andrea Crisanti, quasi accorato quello di Massimo Galli, che si è soffermato in particolare sull’apertura quasi totale delle scuole in presenza. Illustri medici che avevano avvertito anche in passato, spesso inascoltati.

Maturità 2021, temi degli elaborati vanno nel documento rispettando la privacy degli studenti

da La Tecnica della Scuola

In questi giorni nelle scuole secondarie di secondo grado, vengono convocati i Consigli delle classi quinte per decidere gli argomenti degli elaborati che gli studenti dovranno portare agli esami di Stato.

Elaborato da portare all’esame

L’argomento dell’elaborato deve riguardare le discipline di indirizzo individuate negli allegati dell’O.M. 53 del 3 marzo 2021. Tale argomento è assegnato a ciascun candidato dal consiglio di classe, tenendo conto del percorso personale, su indicazione dei docenti delle discipline caratterizzanti, entro il 30 aprile 2021.

Il consiglio di classe provvede altresì all’indicazione, tra tutti i membri designati per far parte delle sottocommissioni, di docenti di riferimento per l’elaborato, a ciascuno dei quali è assegnato un gruppo di studenti.

L’elaborato è trasmesso dal candidato al docente di riferimento per posta elettronica entro il 31 di maggio, includendo in copia anche l’indirizzo di posta elettronica istituzionale della scuola o di altra casella mail dedicata. Nell’eventualità che il candidato non provveda alla trasmissione dell’elaborato, la discussione si svolge comunque in relazione all’argomento assegnato, e della mancata trasmissione si tiene conto in sede di valutazione della prova d’esame.

Elaborato, documento e privacy

Molto importante è l’inserimento dell’argomento dell’elaborato assegnato alla classe o a gruppi di alunni o ancora ad ogni singolo alunno della classe, all’interno del documento del Consiglio di classe da pubblicare entro il 15 maggio. A tal proposito è anche importante sottolineare una FAQ del ministero sulla privacy degli studenti: L’articolo 10, comma 1 lettera a) dell’OM 53/2021 prevede che il documento del consiglio di classe indichi: “l’argomento assegnato a ciascun candidato per la realizzazione dell’elaborato concernente le discipline caratterizzanti oggetto del colloquio”. È necessario indicare accanto all’argomento anche il candidato cui esso è stato assegnato?
No, gli argomenti saranno inseriti nel documento sotto forma di elenco numerato, rispettando l’ordine dell’elenco alfabetico dei candidati della classe ma, ai sensi delle disposizioni vigenti sulla privacy, senza l’indicazione dei nomi e dei cognomi degli stessi. In separato elenco saranno indicati gli argomenti assegnati a eventuali candidati esterni, sempre nel rispetto dell’ordine alfabetico di tali candidati.

Reclutamento docenti: il Ministro non vuole sanatorie, ma chiede una sintesi politica

da La Tecnica della Scuola

Intervenendo all’incontro “Prima la scuola” organizzato dal senatore PD Francesco Verducci al Senato, il ministro Patrizio Bianchi si è soffermato a lungo sul tema del precariato e del reclutamento (d’altronde l’incontro riguardava appunto questo argomento).

Bianchi: No alle sanatorie

“Non cerchiamo soluzioni di ripiego – ha detto Bianchi secondo quanto riporta l’AGI in un lancio di poco fa – nessuno ha parlato di sanatoria, tutti abbiamo parlato di percorsi, differenziati, per dare risposte in relazione ai bisogni formativi e di crescita di ognuno. Io non faccio sanatorie, non ne voglio, voglio che siano chiari dei percorsi”.

Il fatto – ha proseguito il Ministro – è che “ci sono coloro che hanno maturato dei diritti, altri che devono maturarli, c’è sicuramente un problema di formazione e di verifiche”.
Ma il passaggio più interessante è stato quando ha sottolineato che “dobbiamo raggiungere una sintesi politica, che è ora di trovare, e tutte le forze politiche si devono esprimere in modo esplicito”.
In altre parole, Bianchi chiede alle forze politiche, Lega e M5S in primis, di trovare un accordo in modo che si possa affrontare e risolvere la questione quanto prima.

Concorsi a cadenza annuale

Entrando nel merito del problema il Ministro ha sottolineato che sarà necessario arrivare “a regime ogni anno a un concorso in relazione ai bisogni e però dall’altra parte bisogna consentire a tutti coloro che sono nella professione di poter trovare una condizione di sicurezza. Dobbiamo chiarire quale sarà il percorso per chi decide di fare l’insegnante”.

Nel corso dell’incontro non si è però parlato dell’avvio dell’anno scolastico che è, a nostro parere, una questione da affrontare in modo assolutamente prioritario. Nella migliore delle ipotesi a settembre si potrebbe riuscire a mettere in cattedra qualche decina di migliaia di neoassunti, ma ciò non toglie che si debba lavorare già da subito per fare in modo che con l’inizio delle lezioni ogni cattedra abbia comunque un insegnante.

Maturità, pubblicati gli esiti degli esami a.s. 2019/20

da La Tecnica della Scuola

L’anno scolastico 2019/2020 verrà ricordato come l’anno in cui, a causa del Covid, l’esame di Maturità ha subito un forte ridimensionamento.

Ricordiamo infatti che le prove scritte sono state completamente abolite e sostituite da un colloquio, svolto in presenza, a conclusione di un lungo periodo di didattica a distanza.

Sugli esiti degli esami di Stato del II ciclo è appena uscito il Focus del Ministero.

Nell’a.s. 2019/20 è scesa la percentuale dei diplomati, passando dal 99,7% degli esaminati nell’anno scolastico 2018/2019, al 99,5% nel 2019/20.

In aumento invece la quota di studenti che si si sono diplomati con voti molto alti. In particolare si è registrata una crescita del numero di studenti che hanno ottenuto il voto massimo: la lode l’ha conseguita il 2,6% del totale diplomati. I diplomati che hanno ottenuto il voto 100 passano dal 5,6% dei diplomati nel 2018/19, al 9,6% nel 2019/2020.

La media dei voti più alta si conferma per gli studenti che ottengono un diploma liceale; 22 studenti su 100 diplomati nei Licei ottengono il massimo dei voti e il 6,6 % raggiunge anche la lode.

Al contrario, è diminuita la quota degli studenti che si sono diplomati con il voto minimo, “60”: si passa dal 7% del totale diplomati nell’anno scolastico 2018/2019, al 5,5% degli esami 2020.

In media gli studenti italiani si sono diplomati con un voto finale pari a 79,8.

Reclutamento docenti, per ora nessun passo avanti

da La Tecnica della Scuola

Lo scontro in atto fra Lega e M5S in materia di precariato e reclutamento sta complicando l’intera questione del reclutamento, tanto che l’incontro fra Ministero e sindacati svoltosi nel primo pomeriggio del 19 aprile si è concluso con un nulla di fatto.
Il nodo, come abbiamo più volte ripetuto, è squisitamente politico: Lega e M5S hanno due idee del tutto divergenti in proposito.
La Lega vorrebbe un provvedimento di legge che consenta di immettere in ruolo tutti i precari con almeno tre anni di servizio utilizzando semplicemente un concorso per titoli e servizio.
Al contrario i 5S restano fermi sulla ipotesi dei concorsi ordinari in modo da dare la possibilità di entrare in ruolo anche ai giovani laureati.
E così anche l’incontro odierno fra sindacati e ministero sull’argomento è andato a vuoto.

Alla riunione, peraltro, non è era neppure presente il Ministro e questo fa ben comprendere che, almeno per ora, siamo ancora ben lontani da una soluzione.
Per il momento non c’è ancora un report dell’incontro, ma sappiamo che i sindacati hanno avanzato le loro proposte, mentre il Ministero si è riservato di riconvocare l’incontro per formulare una proposta concreta.
Il fatto è che il tempo passa e l’inizio dell’anno scolastico è sempre più vicino.

Riapertura scuole: a settembre vaccino studenti?

da La Tecnica della Scuola

Mentre si discute se riaprire tutte le scuole di ogni ordine e grado a partire dal 26 aprile, con il Governo che spinge in questa direzione e le organizzazioni sindacali in direzione ostinata e contraria (laddove non vi fossero adeguate garanzie di sicurezza per il personale della scuola, naturalmente), si fa avanti l’idea che il ritorno in classe a settembre possa vedere una massiva campagna vaccinale sui minorenni, quindi sugli studenti delle scuole.

Lo ipotizza Sergio Abrignani, immunologo della Statale di Milano e componente del Cts, ai microfoni di Che giorno è su Rai Radio1, chiarendo che dipenderà dalle autorizzazioni dell’agenzia regolatoria.

“Gli studi clinici si stanno facendo anche nei giovani, nei ragazzi e nei bambini,” spiega Abrignani, “ed entro giugno ci dovrebbero essere i primi dati su queste fasce di età, che per ora sono escluse dalla vaccinazione perché non esistono studi clinici. Quindi, siccome ci aspettiamo tutti che nella maggior parte dei casi” la reazione ai vaccini “avvenga come negli adulti, probabilmente a fine giugno avremo il via libera dall’agenzia regolatoria su bambini e ragazzi“.

Tutti vaccinati entro novembre

“Io penso – ha aggiunto Abrignani – che dovremo arrivare a vaccinare la stragrande maggioranza della popolazione, se arriva l’autorizzazione per usare anche nei bambini e nei ragazzi questi vaccini, secondo me per ottobre-novembre si potrebbe arrivare ad aver vaccinato tutti gli italiani che vogliono farsi vaccinare che dovrebbero essere l’87% circa“.

Perché la nostra campagna vaccinale fino ad oggi è andata a rilento?

E fa il punto sulla campagna vaccinale effettuata fino ad oggi: “Nei primi tre mesi di quest’anno – ricorda Abrignani – avremmo dovuto avere un po’ più di 28 milioni di vaccini e ne sono arrivati un po’ meno di 14 milioni. Abbiamo usato l’87% dei vaccini che abbiamo avuto e abbiamo vaccinato, nel primo trimestre, circa 12 milioni di persone e di queste un terzo erano di fragili: probabilmente, avremmo dovuto vaccinare più fragili – commenta – cioè più gente ultrasessantacinquenne.

Vaccini scuola

Ma è anche vero, ricorda Abrignani, che in compenso “abbiamo deciso, ad esempio, di vaccinare tutti gli insegnanti, ne abbiamo vaccinato il 75% circa. E il governo ha deciso di riaprire le scuole appunto perché il 75% degli insegnanti è vaccinato.”

Riapertura scuole, i Sindacati: volontà politica priva di evidenze scientifiche e azioni di supporto

da La Tecnica della Scuola

Il Ministero dell’Istruzione ha incontrato nella mattina del 19 aprile le organizzazioni sindacali sul tema della riapertura delle scuole e del rientro in presenza al 100% dal 26 aprile, alla luce del protocollo di sicurezza, che il MI, peraltro, sta valutando di riaggiornare, previa consultazione del CTS.
Un incontro che le parti sindacali non giudicano particolarmente soddisfacente. Il ritorno in classe per i ragazzi di ogni ordine e grado di scuola (almeno in zona gialla e arancione), infatti, voluto dal Presidente del Consiglio Mario Draghi con il benestare del ministro della Salute Roberto Speranza, continua a preoccupare il personale della scuola, specie in considerazione del fatto che non molti cambiamenti sono stati apportati sul fronte della sicurezza, con il paradosso che la campagna di vaccinazione dedicata al personale scolastico è stata bloccata.

FLC CGIL

A margine dell’incontro al MI, Francesco Sinopoli, segretario generale della FLC CGIL denuncia: “Ci troviamo davanti a un atto di volontà politica non supportato da condizioni reali. Prima di decidere la riapertura al 100% in presenza bisogna riprendere subito la campagna di vaccinazionerinnovare i protocolli di sicurezza, effettuare tracciamenti, anche a campione, valutare i dati dei vaccinati, ancora non disponibili. In caso contrario non c’è alcuna garanzia per studenti e personale scolastico”.

La FLC CGIL chiede anche: che vengano forniti i dati esatti relativi alla quantità di personale vaccinato, con prima o seconda dose; che vengano potenziati i trasporti; che le scuole possano auto organizzarsi circa gli orari di ingresso e d’uscita, la durata delle lezioni e quant’altro occorra per garantire il lavoro e le lezioni in sicurezza.

La FLC CGIL chiude con la richiesta al Governo di tornare sui propri passi, per rimettere in discussione l’idea del ritorno in classe del 26 aprile fintanto che le condizioni di sicurezza appena esposte non vengano implementate.

UIL scuola

Il segretario di UIL scuola, Pino Turi, interviene sullo stesso argomento e rincara la dose di critiche nei confronti del Governo: “A questo tavolo una riflessione va posta: per aprire le scuole c’è una volontà politica. Ma vediamo solo questa. Siamo stati sempre per una scuola in presenza, ma in sicurezza.”

E ancora: “Se per aprire i ristoranti e le pizzerie dobbiamo aprire le scuole (senza garanzia di sicurezza), che non possono arrivare dopo – ha osservato in modo provocatorio Turi – c’è un problema politico da risolvere: programmare per tempo. Ci vogliamo chiedere quali interventi sono stati messi in campo? Cosa è cambiato rispetto a prima? Pensiamo al tracciamento che non è stato mai realizzato. I tamponi salivari ci sono, non ci sono? Che cosa possiamo rispondere?”

“Il 26 è alle porte, servono azioni urgenti. Per l’Esame di Stato si può mantenere il protocollo già utilizzato lo scorso anno, che ha funzionato bene. Bisogna guardare a settembre.”

Gilda insegnanti

“Una riunione del tutto inconcludente, che lascia invariata la situazione sul fronte sicurezza e non accoglie le nostre istanze”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, che chiude sull’incontro di oggi con un bilancio decisamente negativo.

“L’Amministrazione – spiega il coordinatore nazionale – ci ha riferito che, in mancanza di una richiesta di modifica da parte del Comitato Tecnico Scientifico, resteranno in vigore i protocolli dell’anno scorso, ovvero gli stessi, va sottolineato, che non sono stati applicati perché i relativi tavoli previsti non sono mai stati convocati. Non c’è alcuna traccia dei tamponi salivari, il tracciamento dei contagi è un miraggio e ben poco è stato fatto per quanto riguarda aule e organico. Appare evidente, dunque, che la riapertura delle scuole rappresenta una scelta politica assunta dal governo senza il supporto di evidenze scientifiche né di interventi mirati.”

Reclutamento docenti, è scontro fra Lega e M5S. Compito difficile per il Governo

da La Tecnica della Scuola

Il problema del reclutamento dei docenti sarà il vero banco di prova per il Ministro Bianchi: la soluzione del problema si prospetta infatti molto difficile per motivi sia tecnici che politici.
Con i numeri in campo in questo momento, a settembre si rischierà infatti di avere ancora 200mila docenti con incarico a tempo determinato.
La sottosegretaria Barbara Floridia (M5S) dice però che questo è un dato falsato, perché ci sono in arrivo le assunzione dal concorso straordinario e da altre graduatorie.
Gissi (Cisl Scuola) ironizza: “Ha ragione la sottosegretaria Floridia, i precari non sono 200.000, sono molti di più”.
Il sottosegretario della Lega Rossano Sasso rilancia e accusa Floridia di essere ideologica.

La situazione insomma è davvero difficilissima, forse dovrà intervenire direttamente Draghi.

Definizione organici personale scuola: quel ‘budget’ assegnato agli USR

da Tuttoscuola

À la guerre comme à la guerre”, recita un noto aforisma francese, il cui significato è più o meno che ogni situazione va accettata per quello che è, facendo il miglior uso possibile delle risorse a disposizione. Purché il realismo e il senso pratico che sono sottintesi in questo motto non si trasformi in una giustificazione dell’immobilismo e della mancanza di programmazione che, a proposito di tradizioni nazionali, sono un dato caratteristico del sistema italiano.

In questi giorni, si stanno costituendo le classi che funzioneranno il prossimo anno scolastico. Tutti gli uffici regionali stanno procedendo alla formazione delle classi e alla distribuzione delle risorse professionali, ossia degli organici del personale docente. Il punto di riferimento è costituito dal DPR 81 del 2009, il quale detta i parametri per la costituzione delle classi. Mai provvedimento normativo fu più discusso: se i critici (gli apocalittici, avrebbe detto Umberto Eco) lo additano come la causa delle “classi pollaio”, i sostenitori (gli integrati, per dirla sempre con il noto studioso piemontese) sottolineano che il numero medio degli alunni per classe è, al contrario, molto basso, sia sul piano nazionale che su quello dei singoli territori provinciali. Entrambi pongono l’accento su un aspetto parziale della vicenda, che non considera il fatto che gli organici del personale scolastico sono un “budget” assegnato agli uffici scolastici regionali (e da questo ai propri terminali provinciali) per far fronte a tutte le esigenze del sistema, in modo tale che, per garantire la presenza della scuola nel più sperduto degli avamposti istituzionali, nel più arroccato dei comuni italiani, soggetto da anni a uno spopolamento emorragico, è giocoforza che nei grandi centri urbani e nei capoluoghi di provincia, dove i  numeri e le strutture sono più ampi, le classi vengano costituite forzando le norme fino, e oltre, i loro limiti.

Se il sistema ha retto fin qui, con la tradizionale pantomima di sindacati (apocalittici) e amministrazione (integrata) che si registra in questo periodo (con replica della rappresentazione ai primi di settembre), è lecito domandarsi se, in epoca di covid e sotto la spinta della non più procrastinabile ripresa dell’attività scolastica in presenza, fissata già al prossimo 26 aprile, non sarebbe stato il caso di porsi il problema della formazione delle classi in modo nuovo, uscendo dagli schemi di una polemica scontata, basata su mezze verità, che portano necessariamente ciascuno dei contendenti a avere ragione e/o torto per metà.

Nota 20 aprile 2021, AOODPIT 594

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione

Ai Direttori Generali e Dirigenti titolari degli Uffici scolastici regionali
e, p.c. All’Ufficio di Gabinetto
Al responsabile della protezione dei dati personali dott.ssa Antonietta D’Amato
al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana di Bolzano
all’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca di Bolzano
all’Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine di Bolzano
al Dirigente del Dipartimento Istruzione e cultura per la Provincia di Trento
al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle D’Aosta
Alle Organizzazioni sindacali del personale scuola e dei dirigenti scolastici

Oggetto: Comunicazione di dati personali del personale scolastico alle organizzazioni sindacali