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Computer e lavagne con lo sponsor

da Corriere della Sera

CARROZZA: I PRESIDI FACCIANO «FUND RAISING»

Computer e lavagne con lo sponsor

Nella scuola pubblica comincia l’era dei privati

Gianna Fregonara

Alla «Italo Calvino» di Galliate, provincia di Novara, la preside ha trovato una soluzione da rigattiere: per trovare fondi per la sua scuola ha venduto i vecchi banchi, quelli dei nonni con i calamai e tutto l’arredamento inizio Novecento che ha trovato in cantina. A Monza, l’elementare Buonarroti ha chiesto fondi alle aziende locali per finanziare i laboratori teatrali in cambio di pubblicità online e nella bacheca della scuola. È andata meglio al Mamiani: la preside ha fatto un appello pubblico e sono arrivate, da una nota marca di computer, cinquanta postazioni informatiche complete per i ragazzi dello storico liceo classico romano rimasto senza pc proprio alla vigilia dell’annunciata rivoluzione digitale nella scuola italiana. Tre esempi che sicuramente piacerebbero al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza che ha annunciato l’intenzione di promuovere il fund raising nelle scuole pubbliche in crisi di finanziamento statale, puntando anche ad ottenere l’ok dal ministero dell’Economia per defiscalizzare del tutto le donazioni alle scuole (ora è al 19 per cento).

L’AMERICA – Un modello all’americana, come ha spiegato lei stessa in queste settimane: l’idea del ministro è che, non solo le aziende, ma gli ex allievi, chi ha avuto successo grazie anche ai propri studi, si volti indietro a dare un contributo perché anche le nuove generazioni possano avere le sue stesse opportunità. «A me pare più un modo per eludere il problema vero delle risorse della scuola che non ci sono, non credo che la scuola possa nè debba trasformarsi in un mercato», mette subito le mani avanti Mimmo Pantaleo della Cgil scuola: «Altro sono singoli casi virtuosi di collaborazione che già ci sono». Il tema dei privati nella scuola pubblica non è nuovo, e se ne è molto discusso in questi ultimi anni, fino ad arrivare nel 2012 al ddl Aprea che addirittura prevedeva l’ingresso di soggetti esterni alla scuola nel consiglio di istituto. E se ne parla ad ogni inizio di anno scolastico quando le scuole chiedono i contributi ai genitori. Secondo uno studio di «Tuttoscuola», di qualche anno fa, ammontano a circa cinquecento milioni, mentre secondo una rilevazione della Flc Cgil di quest’anno siamo intorno ai 335 milioni all’anno: «Va benissimo incentivare il contributo della comunità, migliorare il regime fiscale delle donazioni purché sia aggiuntivo rispetto all’impegno dello Stato», spiega Giovanni Vinciguerra di «Tuttoscuola».

FINANZIAMENTI  –  Secondo i dati di Eurostat l’Italia investe solo il 4,4 per cento del Pil per l’istruzione mentre la media europea è del 5,2. «E si vede: lo Stato nei Paesi più evoluti spende molti più soldi per le scuole — insiste l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer —. Va bene chiedere aiuto anche ai privati purché la gestione sia controllata». Un’idea che in molti hanno già sposato per necessità o convinzione, anche se nel decreto Carrozza sono stati stanziati fondi per wi-fi e scuole dopo anni di tagli. Uno studio sul territorio lodigiano dell’anno scorso, confrontando i dati del Miur sui fondi delle scuole superiori, dimostra che, in epoca in cui servono lavagne multimediali e ebook, non ci sia istituto che non ricorra ai fondi privati. Il Liceo Gandini addirittura ha in bilancio il 60 per cento di soldi che arrivano dai privati e solo il 18 da finanziamenti statali, l’Itis Cesaris di Casalpusterlengo ha il bilancio diviso a metà tra soldi privati e fondi pubblici, che spesso non raggiungono che poche migliaia di euro per ogni istituto .

DL 101 alla stretta finale

da Tecnica della Scuola

DL 101 alla stretta finale
di R.P.
Polemiche per le modifiche apportate dalla Camera. Secondo la Flc-Cgil il provvedimento è stato persino peggiorato,
L’iter parlamentare per la conversione in legge del decreto 101 di fine agosto (il cosiddetto “decreto D’Alia”) è giunto quasi al termine. Nei giorni scorsi è stato approvato dalla Camera che però ha apportato significative modifiche rispetto al testo originario. Modifiche che – va detto – non sono piaciute molto ai sindacati, tanto che la Flc-Cgil sostiene apertamente che “il dibattito alla Camera è riuscito a peggiorare un testo non solo gravemente insufficiente ma dannoso: un coacervo di norme barocche che prescrivono minuziosamente cosa, come e quando le amministrazioni pubbliche dovrebbero fare per comprare una matita”. Ma le norme più contestate del provvedimento sono quelle relative alle assunzioni e al precariato. Intanto la validità delle graduatorie passa dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, mentre l’autorizzazione a bandire concorsi è subordinata all’assunzione di tutti i vincitori di concorso e degli idonei di graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007. Inoltre è stata introdotta una disposizione per la quale le amministrazioni saranno vincolate ad assumere da precari gli idonei e i vincitori di concorso. Una modifica riguarda le graduatorie del concorsi per l’accesso all’insegnamento della religione cattolica bandito nel 2004 che vengono trasformate in graduatorie ad esaurimento. Adesso il provvedimento deve tornare nuovamente al Senato che lo dovrà approvare definitivamente entro giovedi 31. In caso contrario il decreto legge decadrà.

Certezza dell’incertezza e l’Ue non c’entra con le pensioni

da Tecnica della Scuola

Certezza dell’incertezza e l’Ue non c’entra con le pensioni
di Pasquale Almirante
Secondo il commissario europeo alla giustizia Viviane Reding, la norma italiana sulle pensioni, in arrivo a gennaio, è in contrasto con l’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che stabilisce la parità di trattamento tra uomini e donne. L’Italia è messa in mora: che succederà?
E come è noto ormai, soprattutto ai diretti interessati, le disposizioni contenute nella legge 214 del 2011 in base alle quali gli anni minimi di contribuzione per ottenere la pensione prima di arrivare all’età massima, fissati in 41 e 3 mesi per le donne e 42 e 3 mesi per gli uomini, sono in contraddizione con quanto stabilisce l’Ue in omaggio al principio di parità. Questo significa che l’Italia è messa in mora se non provvede a equiparare lo squilibrio uomo-donna, garantendo a tutti parità di trattamento. Tuttavia ora il problema sta nel vedere cosa stabilirà il governo, se cioè si orienterà ad abbassare l’età, per concedere la pensione anche agli uomini, o ad innalzarla alle donne per raggiungere l’equilibrio.  Marialuisa Gnecchi, capogruppo Pd nella commissione Lavoro, si augura che si abbassino i requisiti per gli uomini: “L’esperienza del 2009, quando la Commissione Europea aprì una procedura di infrazione contro l’Italia in difesa delle donne auspicando migliori retribuzioni e migliori pensioni, fu utilizzata dal governo Berlusconi per innalzare l’età della pensione delle donne nella Pubblica amministrazione. Ci auguriamo che questo intervento dell’Unione europea serva a portare anche per gli uomini a 41 gli anni di contribuzione per il pensionamento anticipato e non si trasformi in una ulteriore penalizzazione delle donne”. Un augurio che però per i lavoratori della scuola, che hanno già deciso di andare in pensione il prossimo 1 settembre, significa poco, anzi fa aumentare l’apprensione per il futuro, mentre, se bene si riflette, questa faccenda, riferita soprattutto al personale femminile della “Quota 96”, ha il solo esclusivo valore dello scherzetto di Halloween, considerato che il dolcetto rischia di allontanarsi. E infatti, vogliamo ricordare che le lavoratrici di “Quota 96”, dopo due anni di lotte e di promesse, di lusinghe e oblii, si erano rassegnate, in omaggio al frastagliato ingarbuglio della legge Fornero, a ritirarsi dal lavoro al 31 agosto 2014. Di certo, nelle incertezze forneriane e negli ammiccamenti dei politici ubertosi di promesse per risolvere il caso “Quota 96”, avevano questa sola certezza, almeno: uscirsene, così come la legge garantiva. La loro domanda a questo punto è: e se l’Italia sotto lo scacco dell’infrazione Ue alzasse ancora di un anno alle donne la soglia per andare in pensione? Che non è domanda retorica, ma angoscia per il futuro e consapevolezza che in questa Nazione di naviganti e di eroi, a fare i santi martiri sono rimaste solo le donne. Ma non solo, si confermerebbe ancora una volta che nel nostro Paese non c’è alcuna certezza, né di diritto, né di fatto. Appare ancora peggio di quella nave in gran tempesta e ancora più abominevole di quella donna non di provincia. E appare inoltre crudelmente manifesto che non si possono tenere le persone all’amo per anni, senza concedere loro nemmeno una lieve certezza, che è un diritto perfino delle docenti, femmine; il diritto cullato finora e sul quale hanno contato, sapendo, per giuramento legale di una legge, di potere uscire a 41 anni e 3 mesi di contribuzione. Come si fa, se malauguratamente si decidesse a innalzare l’età contributiva, a frenare la giusta indignazione di queste donne, condannando molte altre a ben più gravi conseguenze? Come è possibile tenere ancora, a distanza di due mesi, nella incertezza una si variegata platea di persone? Ma chiediamo soprattutto: possibile che non ci si renda conto che i cittadini di questa nostra Repubblica debbano vivere giorno per giorno nelle più assoluta incertezza, senza che nessuno si prenda la briga di dare almeno, nel bene e nel male, un tarì di certo diritto?

Il dirigente non può obbligare i docenti a fare parte di una commissione

da Tecnica della Scuola

Il dirigente non può obbligare i docenti a fare parte di una commissione
di Lucio Ficara
In una scuola di Firenze il dirigente scolastico impone ai docenti di completare le 40 ore nella partecipazione alle commissioni di lavoro. Ma è legittimo? Quasi sicuramente no.
Il governo degli Stati Uniti d’America, che è chiamato a governare una popolazione di oltre 300 milioni di persone, lo fa anche attraverso la costituzione di qualche commissione parlamentare. Noi in Italia abbondiamo in tal senso ed abbiamo istituito all’interno dei due rami parlamentari 14 commissioni alla Camera dei deputati e i rispettivi doppioni sono istituiti anche a Palazzo Madama. In Italia siamo proprio campioni nell’istituire commissioni, che proliferano per ogni esigenza e per ogni emergenza. Anche la scuola dell’autonomia non è da meno, ci si inventa qualsiasi tipo di commissione, per apparire efficienti e produttivi. Alcuni dirigenti scolastici arrivano anche all’esagerazione di istituire più di dieci commissioni, per gestire scuole con meno di mille alunni e con un ottantina di docenti. Questa mania di istituire commissioni, spesso inutili e superflue, in un certo Istituto comprensivo di Firenze, ha raggiunto il limite della legittimità. Infatti in questo istituto, la dirigente scolastica, per quanto è dato sapere, avrebbe reso obbligatorio per i docenti di tale scuola, tramite una circolare scritta, l’utilizzo della parte residua delle 40 ore collegiali non impiegate nel piano annuale in partecipazione a talune commissioni istituite per la migliore funzionalità della scuola. Questa circolare a nostro avviso è illegittima, perché invade pesantemente l’art.29 del contratto collettivo della scuola, che nonostante sia scaduto dal 2009, è opportuno ricordarlo, è ancora vigente. Infatti bisognerebbe ricordare cosa è scritto nel comma 3 dell’art. 29 del vigente CCNL scuola, dove troviamo che le attività di carattere collegiale riguardanti tutti i docenti sono costituite dall’obbligo della partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti, ivi compresa l’attività di programmazione e verifica di inizio e fine anno e l’informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali e sull’andamento delle attività educative nelle scuole materne e nelle istituzioni educative, fino a 40 ore annue, nonché la partecipazione alle attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse, di intersezione. Gli obblighi relativi a queste attività sono programmati secondo criteri stabiliti dal collegio dei docenti in modo da prevedere un impegno fino a 40 ore annue. Infine rimane ancora l’obbligo da parte del docente di svolgere scrutini ed esami, compresa la compilazione degli atti relativi alla valutazione. Quindi secondo le norme contrattuali non esistono deroghe possibili all’utilizzo delle 40 + 40 ore previste dall’art. 29 su citato, che rimangono obbligatorie ma in riferimento alle attività previste dallo stesso articolo contrattuale. Se nel piano delle attività deliberato dal collegio dei docenti, per qualche docente, dovessero rimanere ore residue al raggiungimento delle 40, in alcun modo queste potrebbero essere dirottate all’obbligo di partecipare a non ben precisate commissioni di lavoro. Inoltre la partecipazione alle commissioni istituite dal dirigente scolastico, non è in alcun modo obbligatoria e comunque non potrebbe rientrare nel computo delle ore riservate all’espletamento degli organi collegiali. Per una maggiore completezza d’informazione, vogliamo ricordare che nel decreto legge n. 104/2013, all’art. 8, si è aperta una breccia, che va nella direzione intrapresa dal dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Firenze. Infatti in questo art. 8 è scritto che le attività per i percorsi di orientamento per gli studenti delle scuole secondarie di secondo sono ricomprese tra le attività funzionali all’insegnamento non aggiuntive e riguardano l’intero corpo docente. Ma questo, sempre che il decreto legge n. 104/2013, diventi legge riguarda soltanto gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado e non gli istituti comprensivi che solitamente raggruppano istituzioni di scuola primaria o secondaria di primo grado. A nostro avviso per fare funzionare bene una scuola, non è necessario istituire decine di commissioni ed obbligare i docenti a vivere a scuola, stressandoli, avvilendoli e distraendoli, ma sarebbe molto più produttivo creare gli spazi e i tempi perché essi possano prepararsi delle buone lezioni, capaci di fare appassionare i propri allievi.

Sindacati sul piede di guerra: pronti allo sciopero

da Tecnica della Scuola

Sindacati sul piede di guerra: pronti allo sciopero
di Alessandro Giuliani
La manifestazione a Roma del 28 ottobre servirà a confrontare le idee degli organismi dirigenti di Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals e Gilda. Ma il malcontento cresce, soprattutto per il blocco del contratto e degli scatti di anzianità. Oltre che per l’annoso problema dei precari. Pantaleo (Cgil): se non si torna a investire nella scuola già pensiamo ad una manifestazione nazionale in piazza entro un mese. Nigi (Snals): è un declino voluto, non escludiamo lo sciopero.
I sindacati della scuola Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals Confsal e Gilda confermano la manifestazione a Roma, già annunciata nei giorni scorsi, che si svolgerà lunedì 28, dalle ore 11 alle ore 13,30, presso il Centro Congressi Cavour: l’obiettivo dell’iniziativa è esprimere “netto dissenso sulla politica del Governo in merito alla scuola e per avanzare le proprie richieste rispettivamente sullo sblocco del contratto, la corresponsione degli scatti di anzianità e la soluzione del problema del precariato scolastico”.
Alla manifestazione parteciperanno gli organismi dirigenti di tutti i sindacati della scuola. Che si confronteranno sulle modalità di opposizione alle ultime decisioni prese dal Governo. In particolare per dire no a blocco del contratto e degli scatti di anzianità, oltre che la mancata assunzione del problema del precariato scolastico.
Il malcontento tra i lavoratori è alto. E i sindacati lo sanno bene. Domenico Pantaleo, segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza della Cgil non si nasconde dietro a un dito. Anzi, dichiara che “non escludiamo una manifestazione nazionale (stavolta in piazza n.d.r.) entro fine novembre“. Il sindacalista della Cgil di comparto riassume anche i punti al centro dell’attenzione dei sindacati: la riconquista del contratto nazionale “sia nella parte economica che normativa“, il pagamento ed il ripristino degli scatti di anzianità e la necessità di “tornare a investire nella scuola, iniziando con il risolvere il problema del precariato“.
Che la misura sia colma lo dimostrano anche le parole di Marco Paolo Nigi, segretario generale Snals, solitamente tra i leader di comparto più pacati e dediti al confronto: “Ci troviamo di fronte a una sostanziale disattenzione della classe politica verso i reali problemi della scuola, dei giovani e del Paese, a una presa in giro di cui hanno responsabilità tutti i partiti e una parte degli apparati dello Stato. A questo punto dobbiamo dire che il declino cui assistiamo è voluto e non casuale. La mobilitazione – conclude Nigi – è dichiarata e non escludiamo lo sciopero“. E se lo dice lui, dobbiamo credere che non si tratta solamente di una minaccia.

È partita l’era dei privati nella scuola?

da Tecnica della Scuola

È partita l’era dei privati nella scuola?
di P.A.
In una scuola in provincia di Novara, per trovare soldi, si vendono i vecchi banchi, con i calamai e porta pennino, e a Monza si chiedono fondi alle aziende per finanziare i laboratori teatrali in cambio di pubblicità, mentre a Roma una azienda di computer ha fornito 50 postazioni informatiche
Il Corriere della Sera pubblica una piccola inchiesta dopo quanto ha dichiarato la ministra Carrozza in merito alla promozione del “fund raising” nelle scuole pubbliche, in crisi di finanziamento statale, e puntando anche ad ottenere l’ok dal ministero dell’Economia per defiscalizzare del tutto le donazioni alle scuole. Un modello all’americana, insomma, con cui non solo le aziende, ma gli ex allievi, chi ha avuto successo grazie anche ai propri studi, si volti indietro a dare un contributo perché anche le nuove generazioni possano avere le sue stesse opportunità.
 Il tema dei finanziamenti dei privati nella scuola pubblica non è nuovo, mentre secondo una rilevazione della Flc Cgil di quest’anno ammonterebbe intorno a 335 milioni all’anno i contributi delle famiglie alle scuole, a cui si aggiungono i dati di Eurostat l’Italia per la quale lo Stato investe solo il 4,4 per cento del Pil per l’istruzione mentre la media europea è del 5,2. Dice l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer: “Va bene chiedere aiuto anche ai privati purché la gestione sia controllata”. Un’idea che in molti hanno già sposato per necessità o convinzione, anche se nel decreto Carrozza sono stati stanziati fondi per wi-fi e scuole dopo anni di tagli. Uno studio sul territorio lodigiano, scrive sempre il Corriere, dell’anno scorso, confrontando i dati del Miur sui fondi delle scuole superiori, dimostra che, in epoca in cui servono lavagne multimediali e ebook, non ci sia istituto che non ricorra ai fondi privati. Il Liceo Gandini addirittura ha in bilancio il 60 per cento di soldi che arrivano dai privati e solo il 18 da finanziamenti statali, l’Itis Cesaris di Casalpusterlengo ha il bilancio diviso a metà tra soldi privati e fondi pubblici, che spesso non raggiungono che poche migliaia di euro per ogni istituto

Licei di quattro anni. Meglio tardi che mai

da TuttoscuolaFOCUS

Licei di quattro anni. Meglio tardi che mai

La notizia che tre scuole secondarie superiori della Lombardia (tutte e tre paritarie) sono state autorizzate dal ministro dell’istruzione Carrozza a sperimentare la riduzione di un anno della durata del percorso liceale, dando seguito concreto a un progetto dell’ex ministro Profumo, ha suscitato l’immediata opposizione dei sindacati della scuola che – al di là delle obiezioni di carattere socio-pedagogico che alcuni di essi hanno mosso – si sono trovati uniti su un punto: il rifiuto di un modello di scuola secondaria superiore (i licei farebbero da apripista) che ridurrebbe l’organico degli insegnanti di un quinto, circa 40.000 posti.

Il ministro Carrozza ha però difeso con forza la sua iniziativa, auspicandone l’estensione alle scuole statali e dicendo che se da giovane avesse avuto l’opportunità di fare il liceo in quattro anni anziché in cinque lei l’avrebbe certamente colta.

Ora, se per una serie di ragioni – politiche, sindacali, organizzative, di necessaria riprogettazione curricolare – sembra assai improbabile che la sperimentazione si generalizzi fino a tradursi in una riforma (che comunque richiederebbe una legge), non c’è motivo perché essa debba essere criticata a priori.

Quello dell’allineamento della durata dell’istruzione scolastica in Italia ai 12 anni di quasi tutti i più importanti Paesi del mondo (USA, Cina, Russia, Giappone, Corea, quasi tutta l’Europa) è un nodo cruciale da approfondire, trattandosi di una questione strategica, di sistema-Paese.

E’ bene che se ne parli con spirito costruttivo. L’Italia è anche su questo piano in grave ritardo. Ma meglio tardi che mai.

Rassegna Stampa 28 ottobre 2013

in  primo  piano

 
il Giornale  del  28-10-2013
PRESIDI IN RIVOLTA: “OCCUPARE E’ UN LUSSO” (F.Angeli) [solo_testo] pag. 15
la Repubblica  del  28-10-2013
STUDENTE GAY SI UCCIDE, IL BIGLIETTO SHOCK “OMOFOBI, FATE I CONTI CON LA COSCIENZA” (F.Angeli) [solo_testo] pag. 20/21
Corriere della Sera  del  28-10-2013
ATENEI, IN POCHI POSSONO ASSUMERE BARI E NAPOLI PERDONO PIU’ PROF (G.Fregonara) [solo_testo] pag. 16/17
L’Unita’  del  28-10-2013
L’ITALIA IN RITARDO CAMBI MARCIA SULL’INNOVAZIONE (C.Buttaroni) [solo_testo] pag. 10
 

ministro

 
il Mattino  del  28-10-2013
ATENEI, I RETTORI AL MINISTRO: CAMBIARE SUBITO [solo_testo] pag. 1
il Mattino  del  28-10-2013
UNIVERSITA’, COSI’ LA CARROZZA HA TRADITO IL PRINCIPIO DI EQUITA’ (M.Esposito) [solo_testo] pag. 8
il Mattino  del  28-10-2013
STOP ALLA FUGA DEI CERVELLI CARROZZA A CITTA’ DELLA SCIENZA [solo_testo] pag. 42

ministero

il Tempo  del  28-10-2013
CLASSI OKKUPATE, MILLE EURO AL GIORNO [solo_testo] pag. 45
Corriere della Sera  del  28-10-2013
“HO PAURA DELL’OMOFOBIA” SUICIDA A ROMA A 21 ANNI (R.Frignani) [solo_testo] pag. 19
Corriere della Sera – ed. Roma  del  28-10-2013
“GAY LASCIATI SOLI, ROMA E’ INSENSIBILE VANNO APERTI SUBITO CENTRI D’ASCOLTO” (F.Di frischia) [solo_testo] pag. 5
L’Unita’  del  28-10-2013
SE LA LETTURA E’ FATICOSA (G.Nucci) [solo_testo] pag. 19
Corriere della Sera – ed. Roma  del  28-10-2013
PIANTE, STRADE PER LA SCIENZA (L.Garrone) [solo_testo] pag. 11
il Giornale – ed. Milano  del  28-10-2013
LEZIONI DI CORANO ALLA SCUOLA PUBBLICA (A.Giannoni) [solo_testo] pag. 5
Corriere della Sera – ed. Milano  del  28-10-2013
NIENTE MENSA SE LE FAMIGLIE NON PAGANO [solo_testo] pag. 9
Corriere della Sera  del  28-10-2013
GIUSTIZIA E RIFORME, ECCO L’AGENDA RENZI (M.Guerzoni) [solo_testo] pag. 2/3
Corriere della Sera  del  28-10-2013
LA PROPOSTA INGLESE: TEST GENETICI PER SCEGLIERE LA SCUOLA PIU’ ADATTA (M.Piattelli palmarini) [solo_testo] pag. 17
la Gazzetta del Mezzogiorno  del  28-10-2013
PETROCELLI: DA CAMBIARE I PARAMETRI SUGLI ATENEI (C.Petrocelli) [solo_testo] pag. 9
il Sole 24 Ore  del  28-10-2013
DOCENZE “FRENATE” DAI CONCORSI (D.Braga) [solo_testo] pag. 15
il Sole 24 Ore  del  28-10-2013
LA CSR “CONQUISTA” LE UNIVERSITA’ [solo_testo] pag. 27
Corriere della Sera – ed. Milano  del  28-10-2013
NUOVA UNIVERSITA’ HUMANITAS PIU’ VICINO IL VIA LIBERA DA ROMA [solo_testo] pag. 3
Italia Oggi Sette  del  28-10-2013
SETTEMILA BORSE PER LA FORMAZIONE [solo_testo] pag. 43
Italia Oggi Sette  del  28-10-2013
L’IMPRESA SANITA’ (F.Grossi) [solo_testo] pag. 43
Affari&Finanza (la Repubblica)  del  28-10-2013
BENVENUTI NEL PRIMO “LED” A TORINO E’ GIA’ REALTA’ IL LABORATORIO DIGITALIZZATO (S.Parola) [solo_testo] pag. 24/25
Affari&Finanza (la Repubblica)  del  28-10-2013
Int. a M.Gilli: “CON QUESTO ACCORDO IL MIO POLITECNICO APRE LE PORTE DELL’INNOVAZIONE ALLE PMI” [solo_testo] pag. 25
Affari&Finanza (la Repubblica)  del  28-10-2013
DIGITALI PER CRESCERE: LA SFIDA ITALIANA E’ PORTARE SUL CLOUD LE PICCOLE IMPRESE (S.Carli) [solo_testo] pag. 23
la Repubblica  del  28-10-2013
Int. a G.Delrio: DELRIO: “VIA ALLO SVUOTA-PROVINCE ENTRO LA FINE DELL’AMO LE ABOLIREMO TUTTI I POTERI ANDRANNO AI COM (M.Vanni) [solo_testo] pag. 11
il Messaggero  del  28-10-2013
Int. a A.Catricala’: CATRICALA’: “LA RAI DEVE RESTARE PUBBLICA” (B.Corrao) [solo_testo] pag. 7
Giorno/Resto/Nazione  del  28-10-2013
Int. a G.Minoli: “TV DI STATO? MOLTO CANONE E POCO SERVIZIO PUBBLICO” (B.Bertuccioli) [solo_testo] pag. 2
il Messaggero  del  28-10-2013
II EDIZIONE – UNA GARA TRA PRIVATI PER MIGLIORARE LA TV PUBBLICA (O.Giannino) [solo_testo] pag. 1
 
  A cura di Giuseppe Colella e Federico Bandi

Quando imparare è difficile ma non impossibile

“Quando imparare è difficile ma non impossibile”

Seminario promosso dall’associazione Gli Elefanti e dalla Cooperativa Domus CoopFORLI’ – Martedì un seminario sulle difficoltà dell’apprendimento, dal titolo “Quando imparare è difficile ma non impossibile”. L’incontro intende offrire alle persone interessate spunti di riflessione a partire dall’esperienza degli educatori e dei volontari dell’Associazione Gli Elefanti e della Cooperativa Domus Coop di Forlì.

Il seminario è rivolto agli operatori socio-sanitari, ai docenti della scuola, ai genitori, agli educatori e ai volontari.

Da anni l’Associazione e la Cooperativa hanno attivato servizi educativi extra scolastici per rispondere ai crescenti bisogni delle famiglie rispetto alle fatiche dell’apprendimento – Difficoltà, Disturbi Specifici dell’Apprendimento, Bisogni Educativi Speciali -.
Dal 2008 l’Associazione di Volontariato Gli Elefanti ha avviato il Centro di Aiuto allo Studio per bambini e ragazzi dai 9 ai 16 anni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento e difficoltà rispetto ai risultati scolastici e allo sviluppo delle abilità sociali.
Il seminario è realizzato con POLO APPRENDIMENTO di Padova (direzione scientifica: Prof.ssa Daniela Lucangeli – Università di Padova e Prof.ssa Elisabetta Genovese – Università di Modena), che dal 2011 collabora con il Centro di Aiuto allo Studio per realizzare con i ragazzi percorsi di potenziamento educativo delle aree di difficoltà; un intervento in grado di favorire lo sviluppo di una funzione al meglio delle potenzialità individuali.
Questa metodologia, innovativa a livello locale, verrà presentata dalla dott.ssa Valentina Dovigo  nel corso del seminario e saranno riportati i risultati raggiunti nel biennio 2011-2013 a Forlì.
Interverranno inoltre la dott.ssa. Silvia Evangelisti, pedagogista del Comune di Forlì, e Gabriele Boselli, ispettore scolastico. E’ prevista la partecipazione della prof.ssa Gabriella Tronconi, Assessore alle Politiche Educative e Formative del Comune di Forlì, e della dott.ssa Agostina Melucci, Provveditore agli Studi di Forlì-Cesena.
La partecipazione al seminario è libera e aperta a tutti.

Martedì 29 ottobre 2013 ore 15,00 presso la SALA ZAMBELLI – Camera di Commercio Piazza Saffi, 36- Forlì

COMMISSIONE EUROPEA RISPONDE AI PRECARI CHE HANNO INVIATO IL MODELLO DI DENUNCIA ANIEF

da IMGPress

SCUOLA: COMMISSIONE EUROPEA RISPONDE AI PRECARI CHE HANNO INVIATO IL MODELLO DI DENUNCIA ANIEF
(26/10/2013)Grazie all’azione dell’ANIEF, l’Europa guarda con sempre maggiore attenzione al problema del precariato nella scuola italiana. Migliaia di docenti e ata stanno ricevendo in questi giorni la risposta della Commissione europea alle denunce inviate alcuni mesi prima, con la richiesta di informazioni aggiuntive. Il sindacato ha predisposto un modello di risposta da inviare per e-mail entro 40 giorni a Bruxelles. Scrivi a denuncia.ue@anief.net per riceverlo.

Nuovo importante successo nell’azione che l’ANIEF, prima in Italia, porta avanti dal 2010 contro l’abuso nella reiterazione dei contratti TD per il personale docente e Ata precario della scuola. La Commissione europea sta inviando in questi giorni risposta alle migliaia di denunce spedite nel 2012 da coloro che avevano utilizzato il modello messo a disposizione dal nostro sindacato.

La Commissione, nel ricordare con la situazione sia già sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles – dopo l’apertura della procedura di infrazione 2010/2124 – dimostra il proprio interesse per le vicende della scuola italiana che, in violazione della Direttiva 1999/70/CE, continua a mantenere in stato di precarietà centinaia di migliaia di docenti e Ata, senza il lavoro dei quali il nostro sistema di istruzione non potrebbe funzionare.

Non a caso, la Direzione Generale occupazione, affari sociali e inclusione della Commissione europea – pur ricordando di non poter intervenire direttamente nei singoli casi – chiede agli interessati di inviare una serie di informazioni aggiuntive per valutare l’eventuale prosecuzione dell’iter in sede europea, utili in riferimento alla procedura di infrazione già in corso o per l’apertura di ulteriori procedimenti a carico dello Stato italiano.

Per questo, ANIEF ha predisposto un modello di risposta, corredato di alcuni allegati, da inviare alla Commissione al fine di integrare la denuncia fatta negli scorsi mesi. Si tratta di una serie di osservazioni che il sindacato utilizzerà a supporto delle cause che saranno discusse alla Corte di giustizia europea sulla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’unione, su cui la UE ha presentato osservazioni scritte.

Tutti coloro che hanno già ricevuto la risposta della Commissione possono scrivere a denuncia.ue@anief.net per ricevere il nuovo modello da compilare e inviare per e-mail entro 40 giorni dalla ricezione della comunicazione della DG europea occupazione, affari sociali e inclusione.

Il Liceo delle larghe intese durerà un anno in meno?

da Tecnica della Scuola

Il Liceo delle larghe intese durerà un anno in meno?
di Lucio Ficara
E’ casuale che la sperimentazione si faccia in Lombardia? Forse no, perchè la Lombardia, guarda caso, è la regione di Valentina Aprea e di Mariastella Gelmini.
Il laboratorio sperimentale in cui si sta realizzando il progetto di riduzione di un anno scolastico del percorso di studi dell’ordinamento della scuola secondaria di secondo grado, che dovrebbe svilupparsi in quattro anni piuttosto che negli attuali cinque anni, è quello di una certa scuola paritaria lombarda.
Perché è la Lombardia, il palcoscenico laboratoriale dove si sta sperimentando un percorso liceale di soli quattro anni? Alcuni esperti di scuola, sostengono che questa sperimentazione di riduzione di un anno dell’istruzione secondaria di secondo grado, è fortemente condivisa dalla politica delle larghe intese e che la Lombardia è la regione più adatta a seguire questa sperimentazione, ricordando anche che la Lombardia è terra dell’ex ministro Gelmini e dell’ex presidente della Commissione Istruzione e Cultura della XVI legislatura, l’on. Valentina Aprea, attualmente assessore dell’istruzione proprio in questa regione.
Infatti le tre scuole interessate alla sperimentazione su citata sono: il San Carlo di Milano, che avrà già l’anno prossimo le prime maturità brevi, il Guido Carli di Brescia, l’istituto Olga Fiorini di Busto Arsizio.
Intanto, mentre c’è già piena soddisfazione tra gli interpreti del progetto pilota, si lavora per l’introduzione del modello anche presso i licei pubblici, si pensa all’ipotesi di un doppio biennio. La prima candidatura delle scuole pubbliche per avviare tale progetto, è il Liceo scientifico Tosi di Busto Arsizio, in provincia di Varese.
Oltre la condivisone politica su questo progetto di riduzione di un anno del percorso di studi, eliminando il quinto anno di scuola secondaria di secondo grado, che si snoderebbe in un doppio biennio, bisogna dire che il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha egregiamente preso il testimone lasciatole dall’ex ministro Profumo.
Infatti è opportuno ricordare che il ministro Profumo, prima di lasciare il dicastero di viale Trastevere con l’“Atto d’indirizzo 2013” ha firmato le indicazioni per i suoi successori e in quel documento ha redatto il progetto di far durare la scuola un anno di meno, in modo tale che l’intero percorso della scuola fosse di dodici anni, piuttosto che di tredici.
Questa sperimentazione è gradita e ritenuta utile, per una grande maggioranza parlamentare, che pare si trovi in pieno accordo sulla necessità di ridurre a quattro anni, il percorso di studi della scuola secondaria di secondo grado. PD e PDL di nuovo d’accordo su temi che riguardano la scuola, come già era capitato nella fase del governo Monti, quando stavano per approvare la riforma degli organo collegiali, fortemente voluta dagli onorevoli Aprea e Ghizzoni? Sembrerebbe proprio di si !
L’accordo comune tra PD e PDL, su questa riduzione del tempo scuola, nasce con l’idea politica che, senza tenere conto dell’emorragia di perdita delle cattedre (si stimano circa 40 mila cattedre in meno), i giovani studenti italiani si possano laureare a 21 anni, consentendogli di specializzarsi opportunamente, per entrare più facilmente nel mondo del lavoro.
Ma sarà veramente così? Eliminare un anno di scuola, soprattutto per i licei, darà maggiori opportunità agli studenti oppure allontanerà ancora di più la scuola dal mondo universitario?
Sopprimere l’ultimo anno di un liceo scientifico o di un classico significa comprimere i tempi dell’apprendimento, equivale alla rinuncia di concludere un percorso programmatico di apprendimento e di acquisizione di alcune competenze chiave per accedere all’università.
Ma se la scuola che vogliono è la scuola dei test Invalsi, dove non c’è spazio per il pensiero critico e i percorsi per l’apprendimento logico, allora si può comprimere quanto si vuole, si potrebbe anche ridurre i licei ad un triennio come è già oggi la scuola secondaria di primo grado, tagliando 100 mila cattedre e facendo un risparmio di spesa considerevole.
Comunque sia, siamo certi che, con il liceo delle larghe intese che durerà un anno in meno, l’Europa sarà più contenta e noi saremo sempre più ignoranti.

DL 104: forse c’è una via d’uscita

da Tecnica della Scuola

DL 104: forse c’è una via d’uscita
di R.P.
Galan (PdL, presidente Commissione Cultura) e Governo potrebbero trovare un’intesa se si riuscisse a mediare sulla questione della copertura finanziaria.
Per la vicenda del DL 104 potrebbe esserci una via d’uscita.
Nelle ultime ore le due parti contrapposte (Governo e Presidente dalla Commissione Cultura della Camera Giancarlo Galan) si sono presa una “pausa di riflessione” per capire se si riesce a ricomporre lo strappo che si è consumato in Commissione il 25 ottobre.
Nel concreto lunedì 28, prima che inizino i lavori dell’aula, la Commissione sarà nuovamente riunita (forse alle ore 11).
A quel punto il Governo potrebbe ammorbidire la propria posizione sulla questione della copertura finanziaria e in tale caso Galan potrebbe decidere di ritirare il proprio emendamento.
In mancanza di un “passo indietro” del Governo, Galan potrebbe invece riproporre la propria proposta di modifica chiedendo che su di essa la Commissione si esprima con il voto (in effetti l’emendamento Galan 5.28 non è ancora stato messo ai voti).
Il voto contrario della Commissione, però, è scontato e questo vorrebbe dire che Galan sarebbe costretto a dimettersi non solo da relatore ma anche da presidente della Commissione stessa.
Intanto sempre nella mattinata del 28, alle ore 12, scadranno i termini per la presentazione degli emendamenti da proporre per il dibattito in aula.
Il M5S ne ha già pronti almeno un centinaio e questo dato rappresenta un problema altrettanto serio, perché i tempi sono molto stretti e ben difficilmente l’aula potrà esaminarli tutti. Motivo in più perché il Governo decida di presentare un maxi-emendamento ponendo la questione di fiducia.

La “Rete della conoscenza” lancia un ultimatum al Governo

da Tecnica della Scuola

La “Rete della conoscenza” lancia un ultimatum al Governo
di Aldo Domenico Ficara
Sul sito web della “Rete della conoscenza” si possono leggere alcune date del prossimo mese di novembre che saranno utilizzate per esprimere il proprio disagio verso le azioni politiche del Governo nei confronti della scuola e dell’istruzione
Le prime date sono il 7 e 8 novembre quando la Rete della conoscenza irromperà nelle scuole, università, nelle case dello studente e nei quartieri con blitz e assemblee straordinarie, perché crede che sia necessario discutere delle vere emergenze sociali e democratiche del Paese, riappropriandosi di quei luoghi per dare un segnale di speranza e di riscatto. La Rete della conoscenza non si è arresa all’austerità e vuole che a partire dalle prossime settimane si inneschino meccanismi di partecipazione espansivi e capaci di rimettere al centro i bisogni, le aspirazioni e i diritti dei cittadini. Altra data, forse la più importante è il 15 Novembre quando la Rete della conoscenza riempirà le piazze e le strade di tutto il Paese, perché ritiene che non ci sia più tempo per aspettare. A tal proposito la stessa Rete della conoscenza in un suo comunicato stampa afferma: “Dovrete rispondere all’ultimatum di una generazione che continuamente è costretta ad abbandonare gli studi, a scappare dall’Italia, dovrete rendere conto non alla Commissione Europea ma a una popolazione stanca di subire la vostra gestione autoritaria. Il 15 novembre vogliamo costruire una data ampia e partecipata di mobilitazione territoriale, per dettare dal basso le nostre priorità politiche: 1) Democrazia: non vogliamo più leggi di stabilità decise dalla Troika e senza forme di consultazione; 2) Istruzione: rifinanziamento dell’istruzione e del diritto allo studio, ridando i soldi tagliati dal 2008 in poi e riducendo le spese militari; 3) Lavoro e Precarietà: sblocco del turno over per ridare qualità a scuole e università e un futuro lavorativo alle giovani generazioni e introduzione di forme di reddito e di strumenti che garantiscano l’autonomia sociale degli individui”.

Torna il bonus maturità, chi lo ha può iscriversi all’Università anche in ritardo

da LaStampa.it

Torna il bonus maturità, chi lo ha può iscriversi all’Università anche in ritardo

Reintegrato solo per chi ha partecipato alla tornata di test d’ingresso dello scorso settembre.
Dà la possibilità di immatricolarsi in sovrannumero a coloro che sono rimasti fuori dalla graduatoria.
Tra gli studenti resta il malcontento

Torna il bonus maturità, ma solo per chi ha partecipato alla tornata di test d’ingresso dello scorso settembre. La VII Commissione Cultura della Camera ha approvato un emendamento che reintegra per quest’anno il pacchetto di punti extra (da 1 a 10) da aggiungere a quelli ottenuti nei test d’ingresso alle facoltà a numero programmato, dando così la possibilità, se l’emendamento passerà anche in Aula, di immatricolarsi in sovrannumero a coloro che sono rimasti fuori dalla graduatoria (circa duemila studenti, secondo le stime che circolano in queste ore) quando lo scorso 9 settembre con il Decreto istruzione è stato abrogato il bonus. Una decisione presa dal ministro Carrozza con la speranza di mettere fine alle polemiche che hanno accompagnato questo meccanismo – passato per le mani di quattro ministri – dalla nascita fino al quasi debutto. Una speranza vana visto che l’Udu ha già detto che l’emendamento approvato oggi è solo un palliativo e sta valutando un maxi ricorso.

Se tra gli studenti persiste il malcontento, in sede parlamentare si registra, invece, soddisfazione bipartisan per il reintegro del bonus. Una «battaglia vinta» che ha avuto una coda inaspettata. Il presidente della commissione Cultura, Giancarlo Galan, dopo aver parlato di «grande risultato’’ ha annunciato, via Facebook, di essersi dimesso da relatore del decreto scuola. «Non posso più accettare che le uniche coperture ai decreti vengano rinvenute con nuove tasse», ha spiegato. «Adesso potrei forzare la mano e far cadere tutti gli emendamenti che sono già stati votati ma non lo farò – ha assicurato – per rispetto al lavoro della commissione e soprattutto per rispetto ai ragazzi che aspettavano la reintroduzione di un diritto che gli avevano negato per errore, il bonus maturità».

Intanto, prima di questa inaspettata sortita dell’ex governatore del Veneto, Simona Bonafe’, Simona Malpezzi, Irene Manzi, Caterina Pes, Fausto Raciti (Pd) avevano sottolineato l’inopportunità di cambiare le regole in corsa. «Con l’approvazione di questo emendamento è stata sanata un’ingiustizia per quanti a regole invariate si sarebbero visti negare l’accesso alle facoltà a numero chiuso pur avendone avuto diritto con il bonus».

Positivo anche il giudizio di Elena Centemero, responsabile nazionale Scuola, Università e Ricerca del PdL, secondo cui l’approvazione dell’emendamento «è un grande successo del PdL». «Agli studenti che opteranno per l’ingresso il prossimo Anno accademico verranno riconosciuti – fa notare – i crediti acquisiti in altre facoltà. Resta, ovviamente, salva la posizione di coloro che si sono già iscritti».

Una valutazione per niente condivisa dall’Unione degli universitari. «A essere lesi sono stati sicuramente i ragazzi a cui avevano promesso il bonus, ma – fa notare l’associazione studentesca – anche tutti gli altri che il bonus non avevano e che hanno tarato la loro prova per recuperare `punti´ subendo una decurtazione di punteggio per le domande sbagliate. La verità è che è una prova viziata e che l’emendamento non basta a riparare a tutti i danni fatti; sono migliaia, infatti, gli studenti che consci di non avere il bonus non hanno svolto il test come potevano e dovevano». Per questo l’Udu sta valutando l’opportunità di riaprire le adesioni per il maxiricorso al Tar del Lazio: «L’obiettivo sarà solo uno: la sospensione del numero chiuso per quest’anno accademico». Insomma, la partita sembra essere ancora aperta.