IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Vista la legge 3 marzo 2009, n. 18, recante «Ratifica ed esecuzione
della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con
disabilita', con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13
dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla
condizione delle persone con disabilita'»;
Visto in particolare, l'art. 3 della citata legge n. 18 del 2009,
che al comma 1 prevede l'istituzione, presso il Ministero del lavoro,
della salute e delle politiche sociali, dell'Osservatorio nazionale
sulla condizione delle persone con disabilita', ed al comma 5,
lettera b), assegna al predetto Osservatorio il compito di
predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei
diritti e l'integrazione delle persone con disabilita', in attuazione
della legislazione nazionale e internazionale;
Visto il regolamento di cui al decreto ministeriale 6 luglio 2010,
n. 167, recante la disciplina dell'Osservatorio nazionale sulla
condizione delle persone con disabilita', ai sensi dell'art. 3, comma
3, della citata legge n. 18 del 2009;
Visto, in particolare, l'art. 5, comma 2, del citato decreto
ministeriale n. 167 del 2010, il quale prevede che il programma di
azione biennale di cui all'art. 3, comma 5, lettera b), della citata
legge n. 18 del 2009, e' adottato con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, sentita la Conferenza unificata, che si esprime entro trenta
giorni, e previa deliberazione del Consiglio dei ministri;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri,
adottata nella riunione del 26 giugno 2013;
Acquisito il parere della Conferenza unificata, ai sensi dell'art.
5, comma 2, del citato decreto ministeriale n. 167 del 2010, reso
nella seduta del 24 luglio 2013;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella
riunione del 27 settembre 2013;
Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
Emana
il seguente decreto:
Art. 1
Adozione del programma di azione biennale per la promozione dei
diritti e l'integrazione delle persone con disabilita'.
1. E' adottato il programma di azione biennale per la promozione
dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilita',
predisposto dall'Osservatorio nazionale sulla condizione delle
persone con disabilita' ai sensi dell'art. 3, comma 5, lettera b),
della legge 3 marzo 2009, n. 18, di cui all'Allegato al presente
decreto, che ne costituisce parte integrante.
Il presente decreto, previa registrazione da parte della Corte dei
conti, sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Dato a Roma, addi' 4 ottobre 2013
NAPOLITANO
Letta, Presidente del Consiglio dei
ministri
Giovannini, Ministro del lavoro e
delle politiche sociali
Registrato alla Corte dei conti il 21 novembre 2013
Ufficio di controllo sugli atti del MIUR, MIBAC, Min. salute e Min.
lavoro, registro n. 14, foglio n. 260
Allegato
Proposta di Programma di azione biennale per la promozione dei
diritti e l'integrazione delle persone con disabilita' in
attuazione della legislazione nazionale e internazionale ai sensi
dell'art. 5, comma 3, della legge 3 marzo 2009, n. 18. (1)
Capitolo 1
Introduzione
La ratifica italiana (2) della Convenzione sui diritti delle
Persone con Disabilita' dell'ONU (Convention on the Rights of Persons
with Disabilities, CRPD) ha aperto un nuovo scenario di riferimento
giuridico, culturale e politico. Da quel momento le persone con
disabilita' non devono piu' chiedere il riconoscimento dei loro
diritti, bensi' sollecitare la loro applicazione e implementazione,
sulla base del rispetto dei diritti umani. Le persone con disabilita'
divengono parte integrante della societa' umana e lo Stato italiano
deve garantire il godimento di tutti i diritti contenuti nella
Convenzione per sostenere la loro «piena ed effettiva partecipazione
alla societa' su base di uguaglianza con gli altri» (Preambolo,
lettera e, CRPD).
Passando da un modello medico/individuale, che vedeva nelle
persone con disabilita' "dei malati e dei minorati", a cui doveva
essere garantita solo protezione sociale e cura, ad un modello
bio-psico-sociale della condizione di disabilita' basata sul rispetto
dei diritti umani, la CRPD valorizza le diversita' umane - di genere,
di orientamento sessuale, di cultura, di lingua, di condizione
psico-fisica e cosi' via - e rileva che la condizione di disabilita'
non deriva da qualita' soggettive delle persone, bensi' dalla
relazione tra le caratteristiche delle persone e le modalita'
attraverso le quali la societa' organizza l'accesso ed il godimento
di diritti, beni e servizi.
Il cambiamento di prospettiva e' profondo: le persone con
disabilita', infatti, subiscono dalla societa' condizioni di
discriminazione e di mancanza di pari opportunita'. La Convenzione e'
molto chiara quando definisce la condizione di disabilita' come «il
risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere
comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed
effettiva partecipazione alla societa' su base di uguaglianza con gli
altri» (preambolo, punto e). I Principi Generali (art. 3) della
Convenzione, percio', non fanno riferimento alla condizione di
salute, ma sottolineano valori che non sono mai stai applicati prima
alle persone con disabilita':
a) il rispetto per la dignita' intrinseca, l'autonomia
individuale, compresa la liberta' di compiere le proprie scelte, e
l'indipendenza delle persone;
b) la non discriminazione;
c) la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella
societa';
d) il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone
con disabilita' come parte della diversita' umana e dell'umanita'
stessa;
e) la parita' di opportunita';
f) l'accessibilita';
g) la parita' tra uomini e donne;
h) il rispetto dello sviluppo delle capacita' dei minori con
disabilita' e il rispetto del diritto dei minori con disabilita' a
preservare la propria identita'.
Fondamentale risulta definire politiche di mainstreaming in tutti
gli ambiti della vita sociale, in cui le persone con disabilita'
incontrano barriere, ostacoli e pregiudizi, che si cristallizzano in
uno stigma sociale che spesso preclude alle persone con disabilita'
l'accesso al mondo del lavoro, alla piena mobilita', alla
possibilita' di contribuire allo sviluppo della comunita' in cui
vivono e di beneficiare di beni e servizi come gli altri cittadini.
Il livello di inclusione risulta ancora lontano dall'aver garantito
una condizione soddisfacente di eguaglianza di opportunita' e non
discriminazione a livello internazionale, al punto che il Comitato su
diritti umani delle Nazioni Unite ha raccomandato ai paesi membri di
non penalizzare, in una situazione di crisi economica come l'attuale,
i gruppi piu' vulnerabili.
La ratifica della CRPD da parte dell'Unione europea - impegnata a
monitorare le politiche di propria competenza e quelle condivise con
gli altri Stati membri - arricchisce il campo delle tutele e comporta
un maggior coordinamento delle politiche e delle azioni sia a livello
europeo che nazionale, visto che ormai sono 24 i paesi membri che
hanno fatto propria la Convenzione. Allo stesso tempo, la ratifica
della Convenzione impegna lo Stato italiano ad aggiornare e
migliorare la legislazioni e le politiche indirizzate alle persone
con disabilita'. Il presente programma nazionale biennale d'azione
sulla disabilita', che si compone di sette linee di intervento cosi'
come emerse a seguito della riflessione condotta in seno
all'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con
disabilita', rappresenta un primo contributo alla definizione di una
strategia italiana sulla disabilita', in accordo con il primo
Rapporto all'ONU sulla implementazione della CRPD, consegnato
dall'Italia nella seconda meta' del 2012, per promuovere la
progressiva e piena inclusione delle persone con disabilita' in tutti
gli ambiti della vita sociale, economica e culturale.
Il ruolo dell'Osservatorio e' risultato molto positivo per
l'attivazione di un confronto tra istituzioni e societa' civile, che
trovano una sede nazionale per affrontare i percorsi per
l'implementazione italiana della Convenzione sui diritti delle
persone con disabilita'. L'Osservatorio, infatti, e' espressione
della forma di coordinamento di cui la Convenzione fa cenno all'art.
33, quale sede appropriata di discussione sule politiche nazionali
sulla disabilita', ed e', allo stesso tempo, l'organismo deputato
alla definizione e monitoraggio del Programma d'azione sulla
disabilita' (vedi infra 2).
Capitolo 2
Quadro generale e articolazione del Programma d'azione biennale
Il presente programma di azione biennale, di cui all'articolo 3,
comma 5, lettera b), della legge 3 marzo 2009, n. 18, individua le
aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la
promozione e la tutela dei diritti delle persone con disabilita', in
una prospettiva coerente ed unitaria alla politica nazionale e
locale, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi
generali della Strategia europea sulla disabilita' 2010-2020 e della
Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilita'.
Le priorita' di azione, individuate a seguito di un processo di
ricognizione sullo stato del dibattito, partecipato e condiviso in
seno all'Osservatorio, e delle principali evidenze emerse in
occasione dei lavori di redazione del Report ONU, sono state
declinate in sette linee d'intervento a loro volta articolate nelle
voci di seguito indicate:
titolo: raggruppa per tematiche omogenee uno o piu' obiettivi;
premessa/presentazione: descrive il contesto tematico di
riferimento evidenziando le principali criticita' su cui s'intende
intervenire;
tipologia azione: classifica l'azione proposta - al fine di
assicurare il necessario raccordo tra i diversi livelli di
responsabilita' decisionale, programmatoria, organizzativa e
operativa - in relazione alle tipologie previste e ai diversi livelli
di attuazione normativa e amministrativa come di seguito indicati:
interventi di tipo legislativo, che impegnano principalmente le
Amministrazioni centrali in fase di proposta normativa, in stretto
raccordo con le Regioni e Province Autonome;
interventi di tipo amministrativo generale e/o programmatorio,
di competenza delle amministrazioni centrali, in stretto raccordo con
le Regioni e Province Autonome o di loro esclusiva competenza;
interventi di natura amministrativa operativa, quali ad esempio
i progetti a sperimentazione decentrata e gli orientamenti unitari;
obiettivo: individua uno o piu' obiettivi specifici,
determinati sulla base delle principali evidenze emerse in esito ai
lavori di redazione del Report ONU, cui si riferisce la Linea di
intervento di riferimento;
azione/intervento: descrive l'azione che si propone di
intraprendere per raggiungere l'obiettivo individuato;
soggetti coinvolti: in relazione al livello territoriale cui si
riferisce ciascuna azione (nazionale, regionale, sub regionale) sono
indicati i diversi soggetti coinvolti (istituzionali e non
istituzionali), in ragione di una governance di responsabilita' ed in
osservanza del principio di partecipazione della societa' civile,
intesa come insieme di corpi intermedi organizzati. I soggetti
indicati si distinguono in soggetti "promotori" (soggetti che per
responsabilita' istituzionali o per competenza o altro titolo sono
chiamati a progettare e/o avviare l'azione proposta) e soggetti
"collaboratori" (soggetti che collaboreranno alla progettazione e/o
alla realizzazione dell'azione proposta);
destinatari finali: sono i soggetti (persone, imprese o
organismi) che usufruiscono della realizzazione delle azioni, cioe'
delle singole attivita' nelle quali si sviluppa un
intervento/progetto. I destinatari possono essere anche indiretti, in
particolare nel caso delle azioni di accompagnamento e di
rafforzamento dei sistemi (ad esempio gli utenti dei servizi
all'impiego, gli utenti dei servizi sociosanitari, i lavoratori delle
imprese interessate, ecc.);
sostenibilita' economica: individua le esigenze di ricorso a
finanziamenti per il sostegno delle attivita' previste dagli
interventi.
Pur chiaramente articolato nelle sue specifiche linee di
intervento, il programma d'azione biennale si presenta dunque come un
sistema integrato di proposte che pongono al centro dell'attenzione
le persone con disabilita' e la loro piena ed effettiva
partecipazione alla societa'. In tale prospettiva, e' possibile
fornire un primo quadro di organicita' al programma illustrando
alcuni fattori ricorsivi in ciascuna delle Linee di intervento,
segnalati prima come criticita' esistenti e, successivamente, come
ipotesi di lavoro sulle quali intervenire per la creazione delle
condizioni utili all'efficacia dei processi di attuazione del
Programma.
In questo quadro, il ruolo dell'Osservatorio, proprio per la sua
connotazione composita ed inclusiva delle diverse istanze, si e'
rivelato particolarmente positivo ed efficace nel ruolo propulsivo di
stesura del primo Rapporto italiano alle Nazioni Unite, cosi' come
previsto dalle disposizioni convenzionali, e nel coordinamento delle
molteplici esigenze che si sono manifestate nel corso delle attivita'
ed espresse nei gruppi di lavoro che hanno attivamente partecipato
alla elaborazione del testo.
In modo simile, la redazione del programma d'azione, che recupera
ed implementa i contenuti ed i caratteri di innovazione culturale
propri della Convenzione, ha ribadito la fondamentale funzione di
coordinamento dell'Osservatorio, rilanciandone l'importanza e
l'utilita' anche per la futura gestione ed analisi degli avanzamenti,
di carattere amministrativo, legislativo ed attuativo, che lo stesso
programma d'azione prevede. La lettura di questo documento, infatti,
mette in evidenza come, a fronte di una legislazione comunemente
considerata avanzata e complessivamente idonea a soddisfare i criteri
di inclusione sociale e lavorativa, sia necessaria una pluralita' di
interventi, di diversa natura, finalizzati a promuovere la piena
corrispondenza dei dispositivi italiani alle indicazioni della
Convenzione.
Leggendo il testo del programma d'azione, difatti, si ritrovano
in modo ricorrente indicazioni finalizzate alla realizzazione di atti
amministrativi da parte, ad esempio, di singoli dicasteri, cosi'
come, fra le azioni/intervento, la sollecitazione di atti legislativi
che richiedono un coinvolgimento della sede parlamentare; si
sottolinea la fondamentale importanza di rilevare indicatori, di
processo e di risultato, ed anche il pieno coinvolgimento di
soggetti, istituzionali e non, molto diversi fra loro quali
amministrazioni centrali e locali, enti di ricerca, enti pubblici.
La finalizzazione delle indicazioni puntuali, contenute
all'interno delle singole linee di intervento per lo specifico ambito
(lavoro, accessibilita', istruzione e formazione, etc...) non deve
tuttavia far perdere di vista la necessita' di azioni che siano
condivise nelle modalita' di intervento, onde superare la
frammentarieta' che necessariamente deriva dalla specificita' degli
ambiti e superare la perdita di efficacia che spesso caratterizza i
sistemi di sperimentazione, soprattutto a livello locale, per la
mancanza di una regia capace di amplificarne i risultati e
promuoverne la messa a sistema.
La funzione dell'Osservatorio da questo punto di vista si
caratterizza per la sua dimensione strategica di centro di
coordinamento, in grado di interfacciarsi con le diverse realta', di
mettere a fattore comune le diverse esperienze, di unificare in un
quadro omogeneo le esigenze di cambiamento, sostenendo modifiche
nella legislazione e nelle pratiche amministrative correnti, che
possano essere condivise ed inquadrate all'interno del nostro sistema
di welfare.
L'illustrazione del programma d'azione biennale introduce, a
seconda della tipologia di azioni previste per ogni tematica presa in
considerazione, l'opportunita' di individuare indicatori di processo
e risultato che consentano di definire la linea operativa e di
concretizzare il contenuto di quanto espresso a livello
programmatico. Per ogni intervento, a partire dall'imprescindibile
definizione dei concetti rilevanti, nonche' dal richiamo degli
articoli della Convenzione ONU connessi al tema, individua
l'obiettivo prefigurato e il tipo di azione necessaria a conseguirlo.
Sulla base di quanto definito, gli indicatori di processo devono
indicare i passi necessari e tutto cio' che nella pratica e' congruo
fare per costruire le operazioni utili al conseguimento del risultato
previsto. Gli indicatori di risultato rappresentano la controparte
empirica di quanto raggiunto attraverso l'intero processo e, quindi,
di quanto auspicato a livello di programmazione teorica.
La fase di individuazione degli indicatori e' una procedura
complessa e implica una serie di problematiche che possono, in
estrema sintesi, essere riassunte nei seguenti punti sostanziali:
1. l'esaustivita' della batteria di indicatori definiti,
rispetto a quanto si intende rappresentare sul piano empirico;
2. la capacita' del singolo indicatore di dare conto sul piano
empirico del concetto teoricamente definito a monte;
3. la necessita' di costruire indicatori che siano
sottoponibili a misurazione, monitoraggio e controllo della loro
capacita' rappresentativa.
La realizzazione di un programma di azione, di per se' molto
complesso, comporta, fra le altre questioni, la consapevolezza della
molteplicita' degli attori coinvolti, nonche' dei vincoli di natura
legislativa e normativa imprescindibilmente connessi a tale percorso.
Appare dunque evidente che lo sforzo di rappresentare sul piano
empirico e operativo un piano di azione cosi' complesso comporta la
necessita' di uno sforzo di integrazione di competenze e la
consapevolezza che al fine di pervenire all'individuazione di
indicatori di processo e risultato adeguati si rende necessario il
supporto e il coinvolgimento di organi istituzionali in grado di
ottimizzare opportunamente tale procedura.
Nell'analisi di contesto relativo alle diverse linee di
intervento, viene manifestata l'esigenza di una messa a sistema delle
informazioni disponibili sul tema della disabilita', con l'obiettivo
di arrivare a disporre di flussi informativi atti a permettere una
conoscenza approfondita di carattere quantitativo e, quando
possibile, di carattere qualitativo, sulla situazione delle persone
con disabilita' sul territorio nazionale, permettendo cosi' di
orientare con maggiore incisivita' gli sforzi in atto e le azioni
delle diverse istituzioni coinvolte nella elaborazione dei documenti
e orientamenti programmatici e nell'attuazione delle politiche.
Le informazioni disponibili provengono da fonti (amministrative
e/o statistiche) con origini e finalita' diverse e per questo non
sempre confrontabili tra loro. Per quanto riguarda le fonti
amministrative, inoltre, ogni amministrazione ha una propria funzione
di raccolta dati e di gestione dei relativi archivi, derivata da
leggi e norme ad hoc. Ne consegue che ogni fonte amministrativa usa
concetti, definizioni, classificazioni, regole di iscrizione e
cancellazione propri, vincolati alle funzioni che l'amministrazione
e' chiamata a svolgere e per questo le informazioni rilevate non
assumono una valenza statistica.
Un aspetto importante e' l'introduzione di definizioni e
strumenti di valutazione della disabilita' ispirati ai contenuti
della Convenzione, in quanto, ad oggi, il sistema italiano di welfare
e' di fatto ancorato ad una visione medica/medicolegale
caratterizzata da una mancanza di indicazioni metodologiche
(riconoscimento di handicap e handicap grave) e fortemente
differenziata e frammentata a livello territoriale. Nella
disponibilita' delle informazioni sul tema della disabilita',
inoltre, si ritiene fondamentale il superamento degli elementi
"discriminatori" nell'offerta di dati e statistiche sulla condizione
delle persone con disabilita' e delle carenze nella qualita' e
quantita' dei dati disponibili, in particolar modo per quanto
concerne la situazione occupazionale.
Secondo tale approccio, assumono particolare rilevanza le
categorie di classificazione utili a rilevare eventuali condizioni di
discriminazione multipla quali il sesso, l'eta', l'etnia, la
religione, ecc.
Al fine di supportare l'azione di monitoraggio del processo di
inclusione sociale delle persone con disabilita' e di migliorare la
conoscenza generale sulle condizioni di vita e di salute di queste
persone e' auspicabile il potenziamento delle attivita' di
integrazione delle basi dati disponibili nel nostro Paese. A tal
fine, si invitano le amministrazioni pubbliche a contribuire,
nell'ambito delle attivita' previste dal Sistema Statistico Nazionale
(decreto legislativo n. 322 del 1989), alla valorizzazione a fini
statistici dei flussi informativi di natura amministrativa gia'
esistenti, o di progettare i nuovi flussi, strumentali per i fini
amministrativi, in un'ottica di integrazione con quelli di natura
statistica.
In tal senso, si inserisce l'accordo siglato con ISTAT da parte
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con lo scopo di
sviluppare l'analisi delle condizioni di vita delle persone con
disabilita' attraverso un set di quesiti aggiuntivi da inserire nella
rilevazione ISTAT sulle "Condizioni di salute e ricorso ai servizi
sanitari" (anni 2012-13), e analisi sperimentale della condizione di
disabilita' dei minori (0-17 anni) attraverso l'inserimento di
quesiti specifici; la realizzazione di uno studio di fattibilita' per
la predisposizione di una lista anagrafica nazionale delle persone
con disabilita', distinte per genere, eta', residenza, tipologia e
gravita' della disabilita'; la progettazione di un sistema di
indicatori per il monitoraggio del livello di inclusione sociale
delle persone con disabilita'; il consolidamento, aggiornamento e
ampliamento delle informazioni presenti nelle aree tematiche del
sistema informativo (assistenza sanitaria e sociale, famiglie,
incidenti, istituzioni no profit, istruzione e integrazione
scolastica, lavoro e occupazione, protezione sociale, salute,
trasporto e vita sociale) del sito www.disabilitaincifre.it; la
progettazione di nuovi strumenti statistici per la stima della
disabilita' mentale e intellettiva.
In riferimento alla indicazione delle modalita' di finanziamento
degli interventi previsti nel presente Programma, si precisa che le
azioni richiamate e da attuarsi nell'ambito della legislazione
vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti
previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere
di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto
della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria. A
tali impegni e', quindi, da riconoscere carattere meramente
programmatico, in quanto la sede nella quale saranno ponderate le
diverse esigenze di settore e' la Decisione di finanza pubblica
(DFP), sulla base della quale verra' definito il disegno di legge di
stabilita'.
Capitolo 3
Linea di intervento 1
Revisione del sistema di accesso, riconoscimento/certificazione della
condizione di disabilita' e modello di intervento del sistema
socio-sanitario.
Premessa/presentazione del tema
La Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilita'
introduce una visione culturale, scientifica e giuridica della
condizione di disabilita' e della persona con disabilita' che deve
ispirare una riformulazione dei fondamentali strumenti normativi
italiani ed essere operativamente tradotta dai modelli organizzativi
del sistema di welfare del nostro paese.
In particolare le plurime definizioni presenti nelle normative
vigenti hanno in comune una visione della disabilita' tendenzialmente
al "negativo" poiche' si soffermano essenzialmente sulle menomazioni
e limitazioni "funzionali" della persona e quindi non sono di
orientamento per la progettazione personalizzata assistenziale e
ancor meno per progetti di inclusione sociale. Una
concettualizzazione appropriata dovrebbe spostare il focus
dall'individuo alla relazione tra persona e ambiente.
In questo senso ai fini di un'applicazione coerente e rigorosa
dei principi della Convenzione ONU nel nostro ordinamento e nel
nostro sistema di welfare non e' sufficiente proporre una semplice
sostituzione di termini, ad esempio da handicap a disabilita'. Si
pone piuttosto la necessita' di introdurre definizioni e modelli di
valutazione e intervento sulla disabilita' ispirati ai contenuti
della Convenzione: ovvero la promozione dei diritti umani,
l'inclusione sociale, la modificazione dell'ambiente eliminando
barriere e modulando facilitatori, il contrasto alla discriminazione
e all'impoverimento. Questa considerazione suggerisce una riforma del
welfare che nel valorizzare gli aspetti positivi del sistema attuale
sappia tuttavia profondamente innovare e ricondurre ad unita' la
frammentazione normativa esistente.
Per quel concerne le modalita' di accertamento della condizione
di disabilita' adottate nel nostro Paese, sono evidenti gli aspetti
di complessita' e inefficienza, indotti da un sistema normativo
stratificato e complesso, caratterizzato dalla sovrapposizione di
molteplici responsabilita' istituzionali, luoghi e modi di
valutazione, che rendono talvolta difficile il rapporto tra cittadino
e sistema di welfare e alti costi di gestione.
Il sistema italiano di welfare non adotta strumenti per valutare
la disabilita' coerenti con la logica della Convenzione ONU, e' di
fatto "ancorato" ad una visione medica e medicolegale (invalidita'
civile) o manca ancora di indicazioni metodologiche (riconoscimento
di handicap e handicap grave) o e' fortemente differenziata e
frammentata (sistemi regionali di valutazione della non
autosufficienza) con la conseguenza che i criteri di accesso ai
servizi e il riconoscimento di benefici economici tendono a non
considerare in modo adeguato i livelli di attivita' e partecipazione
della persona con disabilita', tendendo cosi' ad escludere la
considerazione di condizionamenti e influenze dei fattori ambientali
sulla condizione della persona, pongono seri problemi di equita' e
diseguaglianze su base territoriale e/o della tipologia di problema
di salute della persona.
La revisione dei criteri di accertamento della disabilita' pone
la necessita' di un cambio di prospettiva nel modo di organizzare le
politiche e i criteri di allocazione delle risorse pubbliche E'
basandosi sul "funzionamento" globale della persona valutato
sull'intero fronte dei sui diritti/doveri, che la valutazione assume
un significato di pratico e operativo supporto alla progettazione
personalizzata, superando definitivamente le logiche 'tutte al
negativo' di: percentualizzazione dell'inabilita'/invalidita', della
capacita' lavorativa, dell'handicap.
Tipologia azione
Atti delle Amministrazioni Centrali coordinati con le Regioni e
le Province Autonome e l'INPS
Obiettivo
Riformare il sistema di valutazione/accertamento della condizione
di disabilita' e il sistema dell'accesso alle politiche, interventi,
servizi e prestazioni al fine di creare reali condizioni di contrasto
delle discriminazioni, promozione delle pari opportunita',
dell'inclusione sociale e dell'incremento della qualita' di vita
delle persone con disabilita'.
Azione/Intervento
Viene avviato un percorso istituzionale, anche nel quadro di
rinnovati rapporti e responsabilita' di governo, tra livello centrale
e competenze regionali, di riforma della legge della Legge 104/92 che
preveda l'introduzione specifica della definizione di "persona con
disabilita'" indicato dalla Convenzione ONU a cui associare, con
valenza per l'intero territorio nazionale e come riferimento per il
Servizio sanitario nazionale e per il sistema degli Enti Locali, un
processo di valutazione/accertamento della condizione di disabilita'
globale e modulare, unitario e coerente con l'articolo 1 della stessa
Convenzione ONU.
La nozione di invalidita' civile cosi' come formulata nella legge
n. 118/71, viene superata. L'accertamento delle menomazioni della
persona, elemento di riferimento anche per la definizione ONU di
persona con disabilita', diventa parte del percorso di valutazione
della disabilita' che dovra' scaturire dalla modifica della legge n.
104/92. La descrizione delle malattie/menomazioni della persona
utilizza come riferimento gli strumenti dell'Organizzazione Mondiale
della Sanita': Classificazione statistica internazionale delle
malattie e dei problemi sanitari correlati (ICD10) e la
Classificazione Internazionale del Funzionamento, Disabilita' e
Salute (ICF) per la parte di funzioni e strutture corporee.
La parte del nuovo sistema valutativo orientata alla definizione
di una progettazione personalizzata e all'erogazione di interventi
assistenziali e finalizzati all'inclusione sociale, scolastica e
lavorativa e' basata sulla valutazione dei funzionamenti della
persona con riferimento specifico ai principali luoghi di vita della
persona con disabilita': famiglia, scuola e lavoro. L'accertamento di
cui alla legge n. 68/99 art. 1, comma 4, e le indicazioni tecniche
del DPCM 13 gennaio 2000 saranno armonizzate nel quadro del nuovo
sistema valutativo anche sulla base degli strumenti valutativi
sperimentati e promossi nel territorio nazionale da ItaliaLavoro su
impulso del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali a partire
dall'anno 2003 e tutt'oggi in corso.
Ai fini dell'accesso a servizi o a specifici benefici economici
per i quali le norme richiedano la definizione di livelli di
priorita', la graduazione della disabilita' sostituisce la
graduazione dei livelli di handicap prevista dalla legge n. 104/92 e
le percentuali di invalidita' previste dalla legge n. 118/71. La
valutazione viene articolata su una lista differenziata per fasce
d'eta' e riferita ai principali nuclei di Attivita' e Partecipazione
di ICF. Ai fini della graduazione della condizione di disabilita' si
terra' conto dell'insieme dei fattori ambientali necessario alla
garanzia dei diritti/funzionamenti di base: salute, cura di se',
scuola/formazione, lavoro e inclusione sociale determina la
condizione di "gravita' della disabilita'". In fase di avvio del
nuovo sistema la graduazione si puo' basare sulla sola valutazione
della necessita' di "sostegno" personale. Le informazioni essenziali
prodotte dal processo avviato dal nuovo sistema di accertamento,
confluiranno nel sistema informativo sanitario e sociale e nel
sistema statistico nazionale.
Il riconoscimento/valutazione della condizione di disabilita' e'
compresa nei livelli essenziali di assistenza e realizzata, in forma
compartecipata, come funzione integrata socio-sanitaria e
multidisciplinare dalle aziende sanitarie e dal sistema integrato di
interventi e servizi sociali garantito dagli enti locali.
Si auspica la prosecuzione dell'esperienza positiva avviata con
l'istituzione, presso il MLPS, del Fondo nazionale per le non
autosufficienze (legge finanziaria 2007). A tale proposito, il 24
gennaio 2013 e' stata siglata l'intesa con il Governo, in sede di
conferenza unificata delle Regioni per il riparto del Fondo Nazionale
delle Non autosufficienze per l'anno 2013. Tale fondo e' finalizzato
alla realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali
nell'ambito dell'offerta integrata di servizi socio-sanitari in
favore di persone non autosufficienti, sulla base di aree prioritarie
concordate fra il livello nazionale e le regioni, destinatarie dei
fondi a seguito di decreto di riparto.
Coerentemente con la definizione dei livelli essenziali di
assistenza sanitaria e sociale alla persona con disabilita', riferiti
ai principali diritti indicati dalla Convenzione ONU, e organizzati
anche tenendo conto delle indicazioni gia' formulate dalla legge n.
328/2000 all'art. 24 che distingue tra almeno tre tipologie: benefici
orientati al sostegno del reddito, interventi assistenziali e
interventi volti a facilitare i processi di inclusione, le formule
allocative devono prevedere un aumento percentuale delle risorse
destinate ai processi di inclusione sociale che costituiscono lo
strumento principale per assicurare dignita' alla persone e rendere
maggiormente efficace ed efficiente la spesa.
Si propone di accompagnare e motivare le ipotesi di riforma delle
attuali forme di assistenza economica (comprese le ipotesi di cui
all'art. 24 legge n. 328/2000) con le valutazioni e il confronto sui
dati connessi al rischio di "impoverimento" della persona con
disabilita' e fortemente acuito in questa fase di crisi economica del
Paese. Al riguardo particolare valore assumono i dati e le
valutazioni riscontrabili nella letteratura scientifica e statistica
a disposizione e gli studi richiamati nella recente intesa raggiunta
in sede di Conferenza Unificata in materia di "linee di indirizzo e
promozione per il miglioramento della qualita' e dell'appropriatezza
degli interventi assistenziali nel settore dei Disturbi pervasisi
dello sviluppo". (rep. atti n. 133/2012).
Per la parte di benefici e servizi orientati specificamente ai
processi di inclusione sociale viene rafforzato il diritto del
cittadino con disabilita' e il dovere del sistema socio-sanitario, di
elaborare in accordo e condivisione, una progettazione
personalizzata, e la definizione di un budget integrato di progetto
anche con previsione di investimenti decrescenti in funzione degli
obiettivi raggiunti e consolidati, e una chiara identificazione delle
responsabilita' di realizzazione, e monitoraggio (case management)
degli interventi. Le norme garantiranno la liberta' di scelta dei
servizi accreditati attivabili a fronte del progetto e la
possibilita' di forme di finanziamento diretto alla persona
(famiglia).
Al riguardo la normativa nazionale e i suoi strumenti attuativi
dovranno indicare alle Regioni i modelli organizzativi che consentano
di realizzare forme di integrazione socio-sanitaria su base
istituzionale favorendo una regia unica degli interventi
sociosanitari, sociali e assistenziali e una drastica semplificazione
sul piano operativo e dei livelli decisionali.
Soggetti Coinvolti
Promotori
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Ministero della salute
Collaboratori
MIUR
Dipartimento per le pari opportunita' della Presidenza del
Consiglio dei Ministri
Regioni
Enti locali
Associazioni delle persone con disabilita'
Terzo settore
INPS
In relazione agli specifici temi, realta' Accademiche che
possano fornire utilmente la propria collaborazione
ISGI - Istituto di studi giuridici internazionali - CNR
CINSEDO (Centro Interregionale Studi e Documentazione - presso
la Conferenza delle regioni e delle Province autonome)
Destinatari finali
Servizio Sanitario Nazionale
Sistema integrato di interventi e servizi sociali
Persone con disabilita' e famiglie
Sostenibilita' economica
Il processo di revisione normativa e organizzativa disegnato
dalle azioni sopra indicate non richiede investimenti aggiuntivi e
mira in modo specifico ad aumentare l'efficienza ed efficacia della
spesa:
semplificando il processo di accertamento,
spingendo verso un'effettiva integrazione socio-sanitaria,
accentuando la finalita' inclusiva dell'intervento del sistema
di welfare,
riducendo progressivamente la quota inappropriata di interventi
compensativi e puramente risarcitori.
Capitolo 4
Linea di intervento 2
Lavoro e occupazione
Premessa/presentazione del tema
Il lavoro rappresenta un elemento essenziale dell'inclusione
sociale. La legislazione italiana con la legge n. 68/99 ha introdotto
la metodologia del collocamento mirato che inserisce la persona
giusta al posto di lavoro appropriato, sostenendola con adeguati
incentivi e facilitazioni.
Dalla VI Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della
legge n. 68/99 (3) , a cura del Ministero del lavoro e delle
Politiche Sociali, risulta elevato il rapporto, nel 2011, tra numero
di iscrizioni alle liste del collocamento e numero di avviamenti.
Infatti, si registrano 65.795 nuove iscrizioni a fronte di 22.023
avviamenti (il tasso di disoccupazione delle persone con disabilita'
non e' disponibile sulle attuali fonti statistiche e amministrative
nazionali). Elevato e' il numero degli iscritti alle liste
provinciali (644.029 nel 2011, il 51,2% nel sud).
Nel comparto privato sulla quota di riserva di 228.709
risultavano 48.375 posti disponibili nel 2010 e sulla quota di
riserva di 143.532 risultavano 28.784 posti disponibili nel 2011.
Nel comparto pubblico erano 74.741 i posti riservati nel 2010,
che sono scesi a 34.165 nel 2011. A diminuzione della quota di
riserva di quasi 40.576 posti, (condizionata da una riduzione delle
informazioni da parte delle regioni del Sud per i dati 2011), e'
corrisposto un numero di scoperture proporzionale: 13.863 posti
disponibili nel 2010 e 8.591 nel 2011.
Nell'ultimo anno considerato, dunque, il numero di posti
riservati (nel comparto pubblico e privato) ma non occupati da
persone con disabilita' era di oltre 37.375, pari ad un tasso di
scopertura del 21%.
Per le donne con disabilita' permane la discriminazione di
genere, essendo occupate solo 4 donne su 10 lavoratori con
disabilita'.
In concomitanza con la crisi economica, si e' rilevato un elevato
numero di sospensioni temporanee dall'obbligo di assunzione
autorizzate per il 2011 (pari a 3.789 pratiche, che interessano 7.232
persone con disabilita'), mentre e' un dato poco confortante
l'incremento negli ultimi anni dei contratti a tempo determinato
rispetto a quelli a tempo indeterminato.
Il tasso di inattivita' dei lavoratori con disabilita' e' molto
elevato, soprattutto femminile (dato confermato da varie ricerche
europee). La presenza prolungata di persone con disabilita' nelle
graduatorie del collocamento mirato e' elevata, mentre le scarse
opportunita' di lavoro dissuadono dall'aspettativa di un lavoro e
dall'iscrizione al collocamento.
Il trend delle assunzioni risulta pesantemente diminuito: da
28.306 avviamenti registrati nel 2008, agli inizi della crisi
occupazionale, ai 22.023 del 2011 (-22,2%).
Tipologia azione
Leggi, Atti delle Amministrazioni Centrali coordinati con le
Regioni e le Province Autonome, INPS, ANCI, UPI, ISTAT.
Progettualita' nazionali a compartecipazione decentrata/linee guida o
di orientamento unitarie etc...
Obiettivo
Favorire il mainstreaming della disabilita' all'interno delle
politiche generali per il lavoro e nella raccolta dati. Aggiornare la
legislazione in vigore e renderla piu' efficace nell'offrire
occasioni di lavoro, in particolare attraverso un miglior
funzionamento del collocamento mirato di cui alla legge n. 68/99:
Azione/Intervento
Ricerche e Dati
Vi sono elementi discriminatori nell'offerta di dati e
statistiche sulla condizione delle persone con disabilita' e nello
stesso tempo carenza nella qualita' e quantita' dei dati disponibili.
Da qui vanno attivate la seguenti iniziative:
1. i dati disponibili dovrebbero integrare le fonti
amministrative con quelle statistiche, per permetterne un utilizzo
piu' efficace a supporto della definizione di politiche;
2. i dati sulla situazione occupativa delle persone con
disabilita' - con le necessarie attenzioni legate al genere,
all'eta', alla professionalita' - dovrebbero essere svolti con la
stessa frequenza e periodicita' dei dati disponibili sulla situazione
occupazionale nel mercato ordinario, identificando gli stessi
elementi utili a definire politiche attive del lavoro, attualmente
non sufficienti per sviluppare politiche nel campo dei diritti alle
persone con disabilita' (in particolare ricavare il tasso di
disoccupazione, attualmente assente, indagando i prospetti annuali
che le aziende devono inviare alle province; rilevare dati oggi non
disponibili come il numero di esoneri complessivi, le somme versate
come oblazioni, rapportare il numero di convenzioni attivate con
utilizzo delle agevolazioni sul numero dei potenziali beneficiari
iscritti alle graduatorie, etc...);
3. e' necessario approfondire le dinamiche del mercato del
lavoro e l'applicazione della legge n. 68/99. Sulla base delle
esperienze delle regioni meglio attrezzate nella raccolta dati, si
possono realizzare ricerche per analizzare le tipologie di lavoratori
che accedono alle convenzioni, l'utilizzo di strumenti contrattuali,
le professionalita' richieste, etc...;
4. carenti sono anche i dati relativi alle persone con
disabilita' intellettiva e di relazione;
5. andrebbero sviluppati indicatori che permettano di
"identificare e rimuovere le barriere che le persone con disabilita'
affrontano nell'esercizio dei propri diritti" (art. 31 CRPD), sulla
base dei quali realizzare ricerche ed indagini;
6. esistono circa 4 milioni e trecentomila piccole aziende, con
un numero di dipendenti inferiore a 15 e non soggette all'obbligo di
assunzione ex lege 68, che hanno effettuato 2449 assunzioni nel 2010
e 2641 nel 2011, assicurando una copertura costante degli avviamenti
di circa il 10% annuo. Tale fenomeno potra' essere oggetto di
ricerche e analisi allo scopo di approfondirne modalita' e cause.
Modifiche legislative
Per aggiornare la legislazione e renderla piu' efficace
nell'offrire occasioni di lavoro si attiveranno le seguenti azioni:
1) rifinaziamento del fondo nazionale per la legge n. 68/99,
oggi sostanzialmente azzerato (a decorrere dall'anno 2011 le risorse
sono state ripartite esclusivamente alle autonomie speciali);
2) raccordare le norme sulle azioni positive verso le persone
con disabilita' nel campo del lavoro (legge n. 68/99 e successive
integrazioni e modificazioni) con le legislazioni di tutela non
discriminatorie e di parificazione di opportunita' (decreto
legislativo n. 216/2003, legge n. 67/2006, Convenzione ONU),
prevedendo nuove competenze per il collocamento mirato in modo da
seguire i lavoratori con disabilita' durante tutto il percorso
lavorativo;
3) verificare lo stato di attuazione dell'art. 9 del
decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito in legge 14 settembre
2011 n 148, relativo alle compensazioni occupative da parte di
aziende che abbiano piu' sedi, per riscontrare se vi siano
penalizzazioni nell'occupazione di persone con disabilita' nel
mezzogiorno e rischio di ricostruire ghetti lavorativi. In caso di
impatto negativo si propone di sopprimere la norma;
4) alcuni lavoratori, durante gli anni di lavoro, sono colpiti
da malattie ingravescenti/croniche progressive, che a mano a mano ne
modificano alcune capacita' lavorative, come il livello di
concentrazione, la resistenza fisica alla fatica, l'autonomia
personale, la mobilita', etc. In alcuni paesi, come la Danimarca,
sono state approvate legislazioni che prevedono contratti di lavoro
che permettono di rendere flessibili i tempi, prevedono pause e
permettono di produrre condizioni lavorative che consentano di
mantenere proficuamente queste persone al lavoro. Si propone di
prevedere ed elaborare una legislazione ad hoc. Sulla stessa materia
andrebbero definite delle linee guida per sostenere un sistema di
incentivi per la contrattazione di primo e secondo livello;
5) gli strumenti del telelavoro e del lavoro a tempo parziale,
come l'orario flessibile in entrata ed uscita, dovrebbero essere
utilizzati in maniera piu' flessibile per venire incontro a
lavoratori con disabilita' che vivono condizioni che rendono pesante
il raggiungimento del posto di lavoro e/o il mantenimento di orari di
lavoro per loro onerosi. La proposta e' di definire per legge il
diritto al part-time per i lavoratori con handicap con connotazione
di gravita', al pari dei lavoratori con patologia oncologica,
rivedendo, altresi', le forme di attivazione del telelavoro, rendendo
piu' facilmente attivabile questa modalita' di lavoro (anche con
appropriati controlli), nonche' studiare forme di part-time che
tengano conto delle specificita' per i lavoratori coniugando le
esigenze di lavoro con quelle di cura;
6) aggiornamento della legislazione che lega le situazioni di
crisi delle aziende e gli eventuali licenziamenti dei dipendenti con
disabilita' al rispetto delle stesse percentuali d'obbligo con cui
sono stati occupati, previste dalla legislazione vigente,
salvaguardando le situazioni pregresse;
7) aggiornamento della normativa sugli esoneri, mettendola in
linea con lo spirito del collocamento mirato e della Convenzione ONU;
8) miglioramento delle clausole di responsabilita' di impresa,
sia nelle clausole degli appalti pubblici che nei comportamenti verso
i lavoratori con disabilita';
9) il certificato di ottemperanza (art. 17, legge n. 68/99)
deve ritornare competenza degli uffici dei servizi per l'impiego, che
hanno le informazioni per accertare il rispetto degli obblighi di
assunzione, percio' deve essere modificato il decreto-legge n.
112/08, art. 40, comma 5 (convertito in legge n. 133/08).
Politiche attive del lavoro
In materia di politiche attive del lavoro, e' opportuno prevedere
strategie atte a favorire il miglior funzionamento del collocamento
mirato di cui alla legge n. 68/99 attraverso le seguenti azioni:
1. ridefinire i criteri di distribuzione regionale dei fondi
disponibili per la legge n. 68/99 che hanno prodotto una sostanziale
riduzione dei fondi per le regioni centro-meridionali. La proposta
potrebbe tener conto non solo della popolazione residente, ma del
sistema produttivo regionale, del numero di iscritti, etc... Elemento
collegato con questa proposta e' l'attivazione del punto 2 (i fondi
non vengono spesi).
2. Porre necessaria attenzione al disomogeneo funzionamento
degli essenziali e necessari servizi pubblici della legge n. 68/99
(art. 6) nelle varie province, dovuto alla mancanza di servizi
territoriali di inserimento lavorativo che dovrebbero essere
realizzati da vari enti attraverso apposite equipe competenti nel
sostenere in forma tecnica l'inclusione lavorativa di lavoratori con
disabilita' all'interno del mercato aperto. La proposta e' di dotare
progressivamente ogni provincia di questi team, definendoli come
livello essenziale di servizio. In ogni CPI bisognerebbe inserire un
mediatore del collocamento mirato, attivando appositi corsi
universitari di creazione di questa nuova figura professionale. Nello
stesso tempo andrebbero migliorate le competenze degli operatori
responsabili nella definizione del profilo socio-lavorativo del
lavoratore con disabilita', delle bilancio di competenze, della
conoscenza delle ditte obbligate e delle opportunita' di lavoro:
andrebbe realizzato un piano di formazione ed aggiornamento delle
varie figure professionali coinvolte. In vista del raggiungimento di
questo obiettivo e' stato proposto, come primo passo, di definire le
linee guida di funzionamento dei servizi del collocamento mirato;
3. informatizzare tutti i dati disponibili nel collocamento
mirato collegandoli dove possibile anche ad altri dati (raccolti da
ISTAT, ISFOL, INPS, CENSIS, etc.), in modo da poter elaborare in
tempo reale le informazioni ed i dati a livello nazionale, regionale
e locale;
4. Rafforzare la capacita' degli uffici del collocamento mirato
di promuovere politiche attive del lavoro che includano lavoratori
con disabilita'. Questa carenza deriva sia dalla mancanza di figure
professionali capaci, sia dalla carenza di formazione del personale
in servizio. In tal senso andrebbero sviluppati da un lato corsi di
formazione per il personale degli uffici provinciali e dei CPI,
dall'altro l'inclusione delle persone con disabilita' nella
definizione delle politiche attive del lavoro nazionali e
territoriali;
5. affrontare il tema relativo alle donne con disabilita' che
vivono condizioni di multidiscriminazione. Il dato e' che solo 1/3
degli occupati con disabilita' e' di sesso femminile (molto meno del
mercato ordinario): e' possibile prevedere una formazione specifica
sulla disabilita' alle consigliere provinciali di parita'; la messa
in campo di incentivi nazionali e regionali aumentati per
l'occupazione di donne con disabilita'; incentivi ed azioni positive
per le persone con disabilita' ultra 40enni, l'utilizzo del contratto
di apprendistato anche per questo target;
6. la legge n. 68/99 non prevede ne' l'inserimento
nell'aliquota d'obbligo di assunzione nei dirigenti (oppure per i
dirigenti ed alti livelli di inquadramento professionale), ne'
particolari incentivi per i laureati con disabilita', anche se negli
ultimi anni il numero di iscritti all'universita' ha superato le
17.000 unita'. Si propone di prevedere la possibilita' per le aziende
di includere laureati con disabilita' nelle aliquote d'obbligo, pur
mantenendo la liberta' delle stesse di scegliere il personale
dirigenziale. Anche in questo caso andrebbero identificati degli
incentivi maggiori per favorire l'occupazione dei laureati con
disabilita' (per esempio aumentare la percentuale di contributo per
l'adeguamento dei posti e strumenti di lavoro);
7. sviluppare forme di auto impiego, in particolare quello
delle cooperative sociali di tipo B, attraverso l'incentivazione di
regione, province e comuni a definire quote riservate di appalti
pubblici, previste dalla legge n. 381/91; attivare politiche di
sostegno alle imprese cooperative sociali per l'accesso al credito,
per la formazione dei soci e dipendenti svantaggiati, per
progettualita' imprenditoriali; approfondire le opportunita' per i
lavoratori con disabilita' nelle imprese giovanili ad 1 euro,
introdotte dal governo Monti;
8. raccordare le politiche attive del lavoro agli strumenti di
formazione professionale, attivando corsi legati alla domanda di
lavoro, permettendo alle persone con disabilita' di accedere ai corsi
professionali in condizione di eguaglianza di opportunita' (sostegni
adeguati personalizzazione degli esami, etc...);
9. prevedere l'istituzione di un centro nazionale di
informazione, consulenza e sostegno, in cui vengano raccolte le buone
pratiche di inclusione lavorative, realizzata una banca dati sugli
ausilii ed adattamenti sui luoghi di lavoro, creato uno sportello di
consulenza che coinvolga differenti competenze e professionalita' per
sostenere le aziende pubbliche e private nei processi di
reclutamento, inclusione lavorativa, formazione ed aggiornamento. Si
propone che questo centro sia collocato alle dipendenze
dell'Osservatorio;
10. coordinare le politiche nazionali sull'occupazione delle
persone con disabilita' con il punto 4 della Strategia europea sulla
disabilita' (2010-2020) che impegna la Commissione Europea a prendere
iniziative nel campo dell'occupazione (vedi allegato C). Questo
significa utilizzare i programmi e le iniziative europee in modo da
identificare i punti in sinergia e indirizzare le risorse europee
disponibili a sviluppare e mettere in atto i punti del piano d'azione
nazionale sulla disabilita' sia a livello nazionale che regionale;
11. inserire l'INAIL nella rete del collocamento mirato
territoriale, utilizzando forme di collaborazione per valorizzare le
competenze nell'ambito del sostegno delle politiche lavorative in
favore delle persone con disabilita' (riabilitazione per
l'inserimento lavorativo, competenze del personale, adattamento degli
ambienti e strumenti lavoro, banche dati INAIL, etc.);
12. prevedere all'interno delle aziende di grandi dimensioni -
attraverso forme di incentivazione pubbliche - una unita' tecnica
(osservatorio, ufficio antidiscriminazione o di parificazione) in
stretto raccordo con le rappresentanze sindacali aziendali, che si
occupi, con progetti personalizzati, dei singoli lavoratori con
disabilita', di affrontare e risolvere problemi legati alle
condizioni di lavoro dei lavoratori con disabilita' utilizzando
appropriate competenze (disability manager, etc...). Infatti, risulta
urgente seguire il lavoratore non solo nelle fasi di avviamento al
lavoro, ma in tutte le fasi del percorso lavorativo, raccordando la
legislazione della legge n. 68/99 con quella della legislazione non
discriminatoria. Tale figura risulterebbe utile anche per gestire
altre forme di diversita' nelle aziende (immigrati con religioni e
culture diverse, personale anziano, etc. In questo caso si parla di
diversity manager);
13. valorizzare il ruolo delle associazioni, adeguatamente
professionalizzate, nel campo dell'intermediazione e del tutoraggio
al lavoro.
Soggetti coinvolti
Promotori
Parlamento
Ministero del lavoro
Regioni
Province
ISTAT
Collaboratori
Imprese
Sindacati
Universita'
Enti che raccolgono dati (Isfol, Censis, INPS, etc.)
Italia Lavoro
Enti da coinvolgere (INAIL, associazioni, etc.)
Destinatari finali
Lavoratori e disoccupati con disabilita'
Servizi per l'impiego
Sostenibilita' economica
Molte azioni sono a costo zero (tutte quelle legate a normative
da modificare e/o aggiornare). Le azioni onerose sono nella gran
parte a carico di enti locali (Regioni e province) e potrebbero
essere sostenute con vincoli all'uso dei fondi attuali. Sono,
inoltre, da approfondire i possibili utilizzi dei fondi europei della
prossima programmazione 2014-2020 (FSE, etc...), inserendo per
esempio alcune azioni tra gli obiettivi PON e POR.
Capitolo 5
Linea di intervento 3
Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente
e l'inclusione nella societa'
a) Vita indipendente
Premessa/presentazione del tema
La legge 21 maggio 1998, n. 162 ha introdotto nella normativa
italiana, novellando la legge 5 febbraio 1992, n. 104, un primo
riferimento al diritto alla vita indipendente delle persone con
disabilita'. Il Legislatore poneva allora fra le possibilita'
operative delle Regioni in materia di disabilita' quella di
"disciplinare, allo scopo di garantire il diritto ad una vita
indipendente alle persone con disabilita' permanente e grave
limitazione dell'autonomia personale nello svolgimento di una o piu'
funzioni essenziali della vita, non superabili mediante ausili
tecnici, le modalita' di realizzazione di programmi di aiuto alla
persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani
personalizzati per i soggetti che ne facciano richiesta, con verifica
delle prestazioni erogate e della loro efficacia.".
Ancora, la stessa legge n. 162/1998 indicava alla Regioni
l'opportunita' di "programmare interventi di sostegno alla persona e
familiare come prestazioni integrative degli interventi realizzati
dagli enti locali a favore delle persone con handicap di particolare
gravita', di cui all'articolo 3, comma 3, mediante forme di
assistenza domiciliare e di aiuto personale, anche della durata di 24
ore, provvedendo alla realizzazione dei servizi di cui all'articolo
9, all'istituzione di servizi di accoglienza per periodi brevi e di
emergenza, tenuto conto di quanto disposto dagli articoli 8, comma 1,
lettera i), e 10, comma 1, e al rimborso parziale delle spese
documentate di assistenza nell'ambito di programmi previamente
concordati;".
Grazie all'indicazione di principio espressa dalla legge n.
162/1998, negli corso degli anni le Regioni hanno sperimentato e
favorito una progettualita' volta all'assistenza indiretta,
all'incentivazione della domiciliarita' e, pur in modo residuale, al
supporto a percorsi di autonomia personale. Le molteplici esperienze
si sono configurate, talora, come vere e proprie forme di innovazione
sociale. In termini di criticita' sono emersi, sopratutto nei momenti
di maggiore difficolta' finanziaria delle Regione, alcuni elementi
relativi alla programmazione degli interventi. In particolare
nell'individuazione dei cosiddetti "aventi diritto" si sono spesso
adottati criteri sanitari piu' che elementi di valutazione del
rischio di esclusione, finendo del orientare le risorse ad alcune
"categorie" di disabilita'. Altro elemento di criticita' risiede
nella mancata unificazione e concertazione degli interventi (sociali,
educativi, sanitari e sociosanitari), cio' dovuto, anche ma non solo,
all'insufficienza dell'accento posto sui progetti individualizzati.
Infine, ancora non sono cosi' centrali gli interventi che stimolino
l'acquisizione della cosiddetta "disabilita' adulta" e che
consentirebbero di far uscire molte persone, in ispecie con
disabilita' intellettiva, da quella sorta di "eterna fanciullezza" in
cui sono talora relegati.
Un ruolo rimarchevole e' stato ricoperto dei centri o servizi per
la vita indipendente che hanno offerto alle persone e ai servizi
pubblici un supporto alla progettazione individualizzata ma anche un
aiuto per gli aspetti piu' pratici ed operativi nella gestione
dell'assistenza indiretta.
Sul tema della vita indipendente la Convenzione Onu sui diritti
delle persone con disabilita' ha introdotto una lettura improntata ad
una nuova visione culturale, scientifica, e giuridica della
condizione di disabilita' ed in tal senso vanno rivisitati i concetti
gia' elaborati dalla normativa e applicati dalla prassi italiana: la
vita indipendente e la liberta' di scelta sono strettamente connesse
all'inclusione della societa'. Sono, quindi, superati requisiti
connessi alla condizione sanitaria o ad altri criteri non
riconducibili al diritto. Vi e', semmai, una aggiuntiva attenzione
rivolta alle persone con necessita' di sostegno intensivo ("more
intense support") esplicitamente indicata della Convezione ONU in
premessa.
In particolare l'articolo 19 della Convenzione sancisce "il
diritto di tutte le persone con disabilita' a vivere nella societa',
con la stessa liberta' di scelta delle altre persone, e adottano
misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento
da parte delle persone con disabilita' di tale diritto e la loro
piena integrazione e partecipazione nella societa'.". Gli Stati
devono, inoltre, assicurare che "le persone con disabilita' abbiano
la possibilita' di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri,
il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano
obbligate a vivere in una particolare sistemazione." Inoltre gli
stati devono garantire che "le persone con disabilita' abbiano
accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri
servizi sociali di sostegno, compresa l'assistenza personale
necessaria per consentire loro di vivere nella societa' e di
inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione."
Tipologia azione
Atto dello Stato concertato con le Regioni (in forma di Accordo
che definisca linee guida) e le organizzazioni delle persone con
disabilita'.
Obiettivo
Definire linee comuni per l'applicazione dell'articolo 19 della
Convenzione Onu (Vita indipendente ed inclusione nella societa' ),
fissando i criteri guida per la concessione di contributi, per la
programmazione degli interventi e servizi e la redazione dei progetti
individualizzati.
Azione/Intervento
Vengono assunti come principi guida quelli espressi dall'articolo
19 della Convenzione ONU, superando e/o integrando la normativa
vigente, con particolare attenzione:
a) al contrasto delle situazioni segreganti e delle
sistemazioni non rispondenti alle scelte o alla volonta' delle
persone;
b) alla verifica che i servizi e le strutture sociali destinate
a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di
uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilita' e siano
adattate ai loro bisogni.
Vengono assunti come criteri per l'attivazione, l'accesso e la
modulazione dei servizi e delle prestazioni quelli connessi al
riconoscimento/valutazione della condizione di disabilita' intesa
come rischio o costanza di esclusione sociale e di assenza di pari
opportunita', con attenzione aggiuntiva alla necessita' di sostegno
intensivo nelle situazioni in cui questo venga richiesto.
Vengono definiti gli standard e i criteri minimi per
l'autorizzazione, funzionamento, riconoscimento, accreditamento del
servizi per la promozione della vita indipendente operanti in forma
pubblica o privata nel territorio. Precondizione degli standard e' la
garanzia della "partecipazione alla vita comunitaria da parte della
persona disabile" nell'erogazione di prestazioni e servizi.
Nel promozione della vita indipendente, intesa come facolta' di
compiere autonomamente le proprie scelte e gestire direttamente la
propria esistenza, si adottano progetti individualizzati che possono
riguardare vari aspetti della quotidianita' e investire diversi
ambiti (istruzione, lavoro, salute, mobilita' personale, accesso alla
cultura). Nell'elaborazione dei progetti individualizzati e'
strettamente necessario il coinvolgimento diretto della persona, con
attenzione adeguata nel caso in cui questa non sia in grado di
autodeterminarsi.
Viene garantita, in coerenza con la linea 4 del presente
documento, una corretta informazione sul funzionamento dei servizi e
le forme di tutela. In tal senso vanno promossi processi formativi in
favore delle persone disabili e dei loro familiari per
l'accrescimento della consapevolezza (empowerment) rispetto le
proprie scelte.
Viene favorito il generale processo di deistituzionalizzazione da
un lato e lo sviluppo di progetti di "abitare in autonomia" che
coinvolgono piccoli gruppi di persone dall'altro (come nel caso delle
diverse esperienze funzionanti in Italia per persone con problemi
intellettivi). Vengono predisposte forme di intervento propedeutico
all'abitare in autonomia che prevedono budget di spesa decrescenti in
relazione al crescere delle competenze e abilita' delle persone nel
gestire la propria vita relazionale e quotidiana e l'attivazione di
progetti integrati (abitare, lavoro e socialita') per garantire
durata all'esperienza di autonomia.
Nel supporto alla domiciliarita' e alla residenzialita' si assume
come criterio regolatore che le persone con disabilita' abbiano la
possibilita' di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il
proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano
obbligate a vivere in una particolare sistemazione.
Coerentemente con la definizione dei livelli essenziali di
assistenza sanitaria e sociale alla persona con disabilita', riferiti
ai principali diritti indicati dalla Convenzione ONU, e organizzati
anche tenendo conto delle indicazioni gia' formulate dalla legge n.
328/2000 all'art. 24 che distingue tra almeno tre tipologie: benefici
orientati al sostegno del reddito, interventi assistenziali e
interventi volti a facilitare i processi di inclusione, le formule
allocative devono prevedere un aumento percentuale delle risorse
destinate ai processi di inclusione sociale che costituiscono lo
strumento principale per assicurare dignita' alla persone e rendere
maggiormente efficace ed efficiente la spesa.
Al riguardo per la parte di benefici e servizi orientati
specificamente ai processi di inclusione sociale viene rafforzato il
diritto del cittadino con disabilita' e il dovere del sistema
socio-sanitario, di elaborare in accordo e condivisione, una
progettazione personalizzata, e la definizione di un budget integrato
di progetto anche con previsione di investimenti decrescenti in
funzione degli obiettivi raggiunti e consolidati, e una chiara
identificazione delle responsabilita' di realizzazione, e
monitoraggio (case management) degli interventi. Le norme
garantiranno la liberta' di scelta dei servizi accreditati attivabili
a fronte del progetto e la possibilita' di forme di finanziamento
diretto alla persona.
Al riguardo lo Stato e le Regioni, fra loro in accordo, dovranno
indicare i modelli organizzativi che consentano di realizzare forme
le finalita' di cui all'articolo 19 della Convenzione ONU.
Soggetti Coinvolti
Promotori
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Ministero della giustizia
Collaboratori
Regioni
Enti Locali
Associazioni delle persone con disabilita'
Destinatari finali
Persone con disabilita'
Sistema integrato di interventi e servizi sociali
Sostenibilita' economica
L'ormai pluriennale sperimentazione e pratica nell'ambito
dell'integrazione dei servizi, consente di affermare che la
ridefinizione degli interventi in termini partecipazione
coinvolgimento e appropriatezza, permette una piu' efficiente
riallocazione delle risorse. Al contempo l'enfatizzazione della
domiciliarita' e della permanenza nella propria comunita' di
riferimento, oltre ad un miglioramento della qualita' della vita. In
una seconda fase sara' necessario verificare il rapporto fra la spesa
sociale nazionale e PIL e la spesa media in ambito europeo.
b) Protezione giuridica delle persone con disabilita' e loro
autodeterminazione
Premessa/presentazione del tema
La convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilita',
all'art. 12, prevede che:
1. Gli Stati Parti riaffermano che le persone con disabilita'
hanno il diritto al riconoscimento in ogni luogo della loro
personalita' giuridica.
2. Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilita'
godono della capacita' giuridica su base di uguaglianza con gli altri
in tutti gli aspetti della vita.
3. Gli Stati Parti adottano misure adeguate per consentire
l'accesso da parte delle persone con disabilita' al sostegno di cu
dovessero necessitare per esercitare la propria capacita' giuridica.
4. Gli Stati Parti assicurano che tutte le misure relative
all'esercizio della capacita' giuridica rispettino i diritti, la
volonta' e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni
conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano
proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano
applicate per il piu' breve tempo possibile e siano soggette a
periodica revisione da parte di un'autorita' competente, indipendente
ed imparziale o di un organo giudiziario. Queste garanzie devono
essere proporzionate al grado in cui le suddette misure incidono sui
diritti e sugli interessi delle persone.
5. Sulla base di quanto disposto nel presente articolo, gli
Stati Parti adottano tutte le misure adeguate ed efficaci per
garantire l'uguale diritto delle persone con disabilita' alla
proprieta' o ad ereditarla, al controllo dei propri affari finanziari
e ad avere pari accesso a prestiti bancari, mutui e altre forme di
credito finanziario, e assicurano che le persone con disabilita' non
vengano arbitrariamente private della loro proprieta'.
Oggi, dopo la ratifica in Italia della Convenzione Onu sui
diritti delle persone con disabilita', l'unica vera misura idonea,
nell'ordinamento italiano, a dare dignita' alla persona con
disabilita', proteggendola, ma al tempo stesso sostenendone le
autonomie con i soli interventi strettamente necessari, e'
l'amministrazione di sostegno.
Infatti, con la legge n. 6/2004, che ha introdotto in Italia tale
istituto, si e' finalmente posta una misura di protezione giuridica
utile "a tutelare, con la minor limitazione possibile della capacita'
d'agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia
nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana" (art. 1).
Prima di allora, non vi era alcuna possibilita' di far affiancare
tali persone da una figura (amministratore di sostegno) che le
sostenesse nel compimento di atti giuridici personali (es. consenso
ai trattamenti terapeutici) e/o patrimoniali (es. dichiarazione di
accettazione di un'eredita'). i di cui sopra. Invero, l'unico rimedio
all'impossibilita' di compiere atti giuridici era quella prevista
dagli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, tuttora
vigenti nell'ordinamento, che, solo per gli "infermi di mente"
(dicitura del 1942 che rievocava piu' che altro i pazienti
psichiatrici e nemmeno la disabilita' intellettiva e/o relazionale),
poneva come soluzione giuridica la mera privazione, a priori, per le
persone con disabilita' della capacita' d'agire, in via totale o
parziale (a seconda della gravita' o meno dell' "infermita'") per
gruppi di atti gia' prefissati dal codice civile, facendoli attuare,
in loro vece, da altre persone quali il tutore o il curatore,
dichiarando di fatto, nel caso dell'interdizione, la pressoche'
totale "morte civile".
Con l'amministrazione di sostegno, viceversa, oltre ad ampliarsi
il novero delle persone protette, si evidenzia la necessita' di
valutare sempre concretamente le situazioni vissute dalle singole
persone con disabilita', individuando, caso per caso, quali autonomie
le stesse hanno e di quali specifici sostegni ed interventi
necessitano, individuando, laddove necessario, una figura che le
affianchi (amministratore), senza che i poteri di quest'ultima siano
predeterminati dal codice civile.
Cio' ha portato soprattutto ad una nuova visione giuridica della
protezione delle persone con disabilita' da attuarsi e garantirsi non
attraverso interventi di progressiva privazione della possibilita' di
porre atti giuridici (determinando la c.d. "morte civile"), ma con
l'individuazione, dopo concreta valutazione dell'autorita'
giudiziaria, di congrui ed idonei poteri di intervento
dell'amministratore di sostegno a fianco della persona con
disabilita' per le sole e singole fattispecie per le quali la stessa
e' ritenuta in tutto o in parte non autonoma e necessitante, appunto,
di sostegno. Infatti, a riprova di cio' l'art. 409 che il
beneficiario conservi la capacita' di agire per tutti gli atti che
non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria
dell'amministratore. (4)
In sostanza, a differenza dell'interdizione/inabilitazione, non
si protegge piu' la persona togliendole dei poteri di agire (c.d.
capacita' d'agire), ma fornendole specifico supporto affinche' la
stessa sia sostenuta, in maniera mirata e con la minor limitazione
possibile della sua sfera di azione (per via dell'affiancamento
dell'AdS), nell'esercizio dei suoi diritti e doveri
Da cio' discende anche l'assoluta importanza di considerare
sempre i bisogni ed i desideri espressi (anche con linguaggi non
convenzionali) dalle persone con disabilita', anche se gravissima, in
quanto persone che hanno il diritto, nell'ambito della loro
protezione, di essere sentite, considerate e rese fulcro
dell'intervento. Tale attenzione, sicuramente prevista sia al momento
dell'attivazione dell'amministrazione di sostegno che nel corso della
stessa (vedasi art. 409 c.c.), e' del tutto esclusa nelle procedure
di interdizione e di inabilitazione, che pertanto vanno considerate
ormai anacronistiche e totalmente configgenti con la CRPD,
soprattutto laddove si prevede che le misure da adottare sono
finalizzate a garantire l' "esercizio della capacita' giuridica
rispettino i diritti, le volonta' e le preferenze della persona".
Pertanto, e' da considerarsi l'abrogazione degli istituti giuridici
dell'interdizione e dell'interdizione, prevedendo un contestuale e
coordinato rafforzamento dell'istituto dell'amministrazione di
sostegno.
Tipologia azione A:
modifica del codice civile che preveda l'eventuale abrogazione
dell'interdizione e dell'inabilitazione, mantenendo come sola misura
di protezione giuridica, variamente modulabile, l'amministrazione di
sostegno, rafforzata in alcuni aspetti oggi del tutto annullati dalle
due piu' vecchie figure giuridiche;
coordinamento di tutto l'impianto civilistico, specie in tema
di esercizio dei diritti della persona e dei diritti patrimoniali,
rispetto alla mutata considerazione giuridica degli atti posti in
essere dai beneficiari dell'amministrazione di sostegno anche in
riferimento ai divieti o alle interpretazioni restrittive che
colpivano e tuttora colpiscono molte persone con disabilita', non
solo intellettiva e/o relazionale (occorre considerare una nuova
struttura della sostituzione fedecommissaria ex art. 692 c.c.;
rivisitare la definizione codicistica di capacita' di donare, di
testare, di accettare donazioni e testamenti, di contrarre
matrimonio, di riconoscere figli, di adottare, etc...);
modifica delle protezioni giuridiche a base degli assetti
negoziali (prevedere abusivita' di clausole contrattuali che, in via
indiretta, ledano maggiormente le persone con disabilita' che hanno,
spesso, una carenza informativa maggiore o non possono contrattare
(contratti di assicurazioni per infortuni a favore delle persone con
disabilita', anche se il problema e' stato in parte risolto con le
recenti prese di posizioni dell'ISVAP), delle legislazioni speciali
in tema di consensi informati. e di manifestazioni di volonta'
unilaterali (esercizio del diritto di voto e del diritto di richiesta
di cittadinanza).
Obiettivo
Rendere la persona con disabilita' protagonista della propria
vita, partecipando, nella misura massima possibile, alle scelte della
propria esistenza, della propria salute e del proprio patrimonio e
mettendola nelle condizioni di porre in essere atti giuridici che
prima le erano negati.
Azioni/interventi
1. Intervento legislativo statale di riforma del codice civile
che non si limiti ad intervenire specificatamente solo sulle misure
di protezione giuridica delle persone (Libro I Titolo XII del codice
civile), ma possa novellare:
tutte le parti in cui entrano in gioco tali figure
(successioni, donazioni, famiglia, ecc..);
tutta la disciplina della volonta' negli atti negoziali e degli
assetti di tutela specie nei contratti (Libro IV del codice civile);
2. intervento legislativo di recepimento delle istanze di minor
limitazione possibile nella manifestazione della propria volonta' o
del proprio consenso, specie terapeutico (vedasi alcune tenui
resistenze sul tema rispetto all'art. 6 della Convenzione di Oviedo
del 1997 ed alla valida scelta terapeutica di un non interdetto) o di
sperimentazione clinica.
Soggetti Coinvolti
Associazioni di persone con disabilita' e di familiari di persone
con disabilita'
Promotori
Parlamentari o elettori che avanzano un progetto di legge,
Governo
Collaboratori
Comunita' scientifiche, Universita', comitati etici e comitati
di operatori del diritto
Destinatari finali
Persone con disabilita', operatori giuridici, operatori del
mondo sociale e sanitario
Sostenibilita' economica
L'intervento non comporta alcun costo aggiuntivo, ma potrebbe
prevedere consistenti risparmi sia per il sistema che per le persone
con disabilita' e loro familiari per la semplificazione che si
avrebbe (pur col mantenimento di tutte le cautele del caso) nel
compimento di atti giuridici, oggi, purtroppo, irrigiditi secondo gli
schemi autorizzativi e di controllo dell'attuale disciplina, specie
codicistica.
Alla maggior attenzione verso la singola persona potrebbero
corrispondere risparmi burocratici di alto livello, oltre che modelli
giuridici da utilizzare poi anche negli interventi sociali, sanitari,
di relazione da attivare verso la medesima persona
Tipologia azione B:
rendere consapevoli gli operatori del diritto, le persone con
disabilita' ed i loro familiari, gli operatori sociali e sanitari
delle potenzialita' della figura dell'amministrazione di sostegno e
delle modalita' con cui essa va attivata e vissuta;
fare in modo che il decreto di nomina dell'amministrazione di
sostegno, in quanto ricognitivo delle situazioni vissute dalla
persona con disabilita', dei suoi bisogni e delle sue necessita' nel
porre certi atti giuridici nell'ambito della propria singola vita, si
saldi in maniera stretta con il progetto individuale della persona
con disabilita' previsto dall'art. 14 legge n. 328/00. Tale istituto
giuridico puo', infatti, essere al servizio del progetto individuale
della persona con disabilita', determinando una maggiore
partecipazione, anche attraverso l'assistenza dell'amministratore di
sostegno, alla redazione dello stesso, nonche' facendo convergere
vivere giuridico e vivere sociale nella fase di realizzazione dello
stesso da parte di tutti gli attori sociali.
Obiettivi
Fare in modo che l'amministrazione di sostegno sia conosciuta ed
utilizzata in tutte le sue potenzialita' di affiancamento concreto
della persona con disabilita', attraverso interventi e misure che ne
limitino quanto meno possibile la sua capacita' d'agire, ma anzi la
valorizzino e la supportino. Tale obiettivo deve essere visto
soprattutto nel momento in cui:
vi sono servizi (sociali/sanitari) che prendono in cura e
carico la persona con disabilita', che, comunque, va evidenziato,
hanno l'obbligo di valutare se tale persona abbia necessita', a
fianco del loro intervento, anche di una protezione giuridica,
dovendosi attivare in tal senso (art. 406 u.c. del codice civile).
Occorre che tale valutazione emerga sin dalla redazione del progetto
individuale della persona con disabilita' e non solo al momento di
insorte difficolta' nell'erogazione dei servizi in esso prefigurati;
l'autorita' giudiziaria deve valutare concretamente, se
attivare un'amministrazione di sostegno ed individuare i poteri da
conferire all'amministratore di sostegno;
l'autorita' giudiziaria e tutti gli attori sociali valutano,
durante tutta l'amministrazione, se gli interventi poi posti in
essere dall'AdS siano nel senso sopra prospettato e/o se i poteri
precedenti ad esso conferiti vadano adeguatamente rimodulati.
Azioni/Interventi:
1. al Ministero della Giustizia si chiede di assicurare
omogenea applicazione dell'attuale normativa sull'amministrazione di
sostegno per tutto il territorio italiano, vigilando soprattutto sul
rispetto dei tempi di emissione del decreto di nomina e
sull'assegnazione di adeguate risorse umane (giudici, operatori di
cancelleria) e tecnologiche alle Sezioni della volontaria
giurisdizione. Tale azione potra' attuarsi attraverso verifiche
ispettive dedicate specificatamente a tali aspetti, intervenendo su
situazioni patologiche ed emettendo periodiche circolari ministeriali
ricognitive anche di buone prassi nella gestione dei suddetti Uffici;
2. al Consiglio Superiore della Magistratura si chiede di
implementare, anche attraverso la Scuola Superiore della
Magistratura, formazione ad hoc per magistrati, non soltanto per le
procedure di emissione del decreto di nomina dell'AdS, ma anche per
tutto il controllo giurisdizionale e le modifiche da porre in essere
in corso di amministrazione. A tal proposito, puo' essere utile
dotare i giudici della Volontaria Giurisdizione anche di alcune
nozioni in merito alle relazioni giuridiche ed amministrative che le
persone con disabilita' si trovano quotidianamente a dover vivere, ma
soprattutto di come interagire rispetto ai vari attori del progetto
individuale che la persona con disabilita' puo' richiedere ai sensi
dell'art. 14 legge n. 328/00. Si chiede al Ministero della Giustizia
di operare in ordine ai coordinamenti interministeriali ed
interistituzionali per il raggiungimento di tale fine;
3. la formazione potra' anche essere aperta ad altre figure
professionali, quali assistenti sociali, avvocati, medici legali,
affinche' si crei un continuo scambio di esperienze
multidisciplinare;
4. occorre prevedere l'implementazione di sportelli regionali e
territoriali di tutela del cittadino, inseriti nei livelli essenziali
delle prestazioni inerenti i diritti civili e sociali, che hanno il
compito di coordinare e promuovere, in relazione all'amministrazione
di sostegno, progetti innovativi di formazione su tale figura (per
esempio corsi formativi multi professionali a seguito di un'intesa
tra Ordine degli avvocati, Ambiti Sociali di Zona, Tribunali ed
associazioni di persone con disabilita' e/o di loro familiari) o la
sottoscrizione di intese per agevolare i rapporti cittadino/servizi
sociali/enti del Terzo Settore/Tribunali (vedasi gestione della
relazione periodica sull'andamento dell'amministrazione di sostegno);
5. le regioni e le province dovranno essere coinvolti al fine
sostenere i vari progetti di divulgazione della figura
dell'amministrazione di sostegno e di autodeterminazione della
persona con disabilita', anche avvalendosi delle realta' del Terzo
Settore.
Soggetti Coinvolti
Giudici, operatori di cancelleria, assistenti sociali, ispettori
del Ministero della giustizia, professori universitari, esperti anche
provenienti dal mondo no profit, dirigenti e funzionari delle
pubbliche amministrazioni
Promotori
Ministero della giustizia, C.S.M., Scuola Superiore della
Magistratura, Stato, Conferenza Unificata, Regioni ed Enti Locali,
Governo
Collaboratori
Associazioni di persone con disabilita' e/o dei loro familiari,
universita', comunita' scientifiche, collegi ed ordini, Aziende
Sanitarie Locali, Centri dei Servizi per il volontariato.
Destinatari finali
Operatori del diritto, operatori sanitari e sociali, persone
con disabilita' e loro familiari, associazioni
Sostenibilita' economica
Non si prevedono costi significativi. Si prevede, allo stesso
tempo, un migliore utilizzo delle risorse, razionalizzando la spesa e
riposizionando le risorse gia' allocate. Una piu' mirata formazione
permetterebbe agli operatori che sono a contatto con le persone con
disabilita' di acquisire una modalita' di azione piu' efficiente, che
riesca anche a creare per il futuro proficue sinergie, cosi' da
alleggerire la gestione dei futuri casi di presa in carico,
soprattutto facendo vivere insieme il progetto individuale ex art. 14
legge n. 328/00.
Capitolo 6
Linea di intervento 4
Promozione e attuazione dei principi di accessibilita' e mobilita'
Premessa/presentazione del tema
Sin dal Preambolo, la Convenzione ONU delinea inequivocabilmente
quale sia la portata - innanzitutto culturale - del valore
dell'accessibilita', una delle quattro priorita' su cui e' costruito
l'impianto complessivo dell'atto. L'accessibilita' e' un
"pre-requisito" per consentire alle persone con disabilita' di godere
pienamente di tutti i diritti umani e delle liberta' fondamentali:
essa va garantita con riferimento ad ogni ambito della vita di un
persona. Non soltanto quindi il pieno accesso all'ambiente fisico,
urbano e architettonico, alle strutture ed edifici, ma altresi' ai
beni, ai servizi, all'informazione e alla comunicazione: per questo
motivo e' richiamata all'articolo 3 tra i Principi Generali della
Convenzione, ed al successivo articolo dedicato agli Obblighi
generali. In particolare, essa e' declinata da un lato in relazione
al diritto alla mobilita' personale (art. 9 e art. 20) e quindi
all'accesso all'ambiente fisico e ai trasporti; dall'altro, e'
strettamente correlata alla liberta' di espressione, di opinione e
quindi al diritto di accedere all'informazione (art. 21 della
Convenzione), e alla comunicazione, nonche' alle altre attrezzature e
servizi offerti al pubblico.
L'accessibilita' riguarda quindi:
(a) edifici, viabilita', trasporti e altre strutture interne ed
esterne, comprese scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di
lavoro; strutture turistiche e sportive;
(b) servizi di informazione, comunicazione e altri, compresi i
servizi informatici e quelli di emergenza.
Dalla piena attuazione del principio di accessibilita' dipende la
possibilita' di attuare il diritto alla vita indipendente e
all'inclusione sociale (art. 19) che non si conseguono senza
accessibilita', mobilita' personale, liberta' di espressione e
opinione e senza l'accesso all'informazione. Il concetto di
accessibilita' e' quindi piu' di altri strettamente correlato alla
non discriminazione: ogni limitazione alla piena mobilita' e/o alla
piena accessibilita' su base di uguaglianza ad ambiente, beni,
servizi, informazione, comunicazione, edifici pubblici, luoghi di
lavoro, ecc.; si configura come una discriminazione ed una violazione
ai dettami convenzionali. Questo il nuovo paradigma affermato a
livello internazionale in questo ambito.
L'osservanza del principio dell'accessibilita' ha come corollario
la progettazione universale (universal design) la cui promozione e'
parte integrante degli obblighi indicati dalla Convenzione agli Stati
Parti. Cio' significa progettare prodotti, ambienti, servizi
utilizzabili da tutti nel modo piu' esteso possibile senza dover
ricorrere ad adeguamenti o soluzioni speciali/specifiche. Da qui
nasce il concetto di «utenza ampliata» che cerca di considerare le
differenti caratteristiche individuali, dal bambino all'anziano,
includendo tra queste anche la molteplicita' delle condizioni di
disabilita', al fine di trovare soluzioni inclusive valide per tutti
e non «dedicate» esclusivamente alle persone con disabilita'. Il tema
dell'accessibilita' deve costituire un modo di «pensare», la
progettazione di qualsiasi spazio od oggetto per l'uomo che tenga
conto delle esigenze di una notevole fascia di utenza, la piu' ampia
possibile, evitando soluzioni e attrezzature «speciali». Uno dei
aspetti fondamentali dell'UD e' la partecipazione diretta delle
persone-utenti: e' con loro infatti che occorre valutare le soluzioni
individuate. La progettazione universale non esclude comunque il
ricorso a dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone
con disabilita' ove siano necessari.
Dato l'ampio raggio di attuazione del principio di
accessibilita', utile puo' essere illustrare il quadro di riferimento
in relazione alle diverse aree della sua applicazione: accessibilita'
ad ambiente, a strutture interne ed esterne; mobilita'; accesso alle
ITC, comunicazione, ed informazione.
a) In tema di accessibilita' alle strutture interne ed esterne,
l'impianto legislativo nazionale (molto corposo, spesso disarticolato
e di difficile interpretazione e applicazione) e' basato sui concetti
di accessibilita', visitabilita' e adattabilita', definiti dal D.M.
236/89 ed e' di tipo prescrittivo, fissando requisiti minimi
obbligatori in relazione ai tre livelli di accessibilita' da
applicare al tipo di edificio/struttura. Le norme ed i regolamenti
stabiliscono da un lato i requisiti minimi di accessibilita' che le
nuove costruzioni di edifici pubblici (dalla data di entrata in
vigore dei riferimenti normativi citati) devono rispettare,
dall'altro prevedono l'attivazione di un servizio di assistenza in
ciascun edificio pubblico esistente in attesa che questo venga
adeguato. Tali requisiti riguardano sia indicazioni tecniche,
dimensionali e qualitative, per la progettazione di edifici
accessibili che l'individuazione di percentuali di spazi accessibili
sul totale in spazi e/o edifici pubblici. Con l'entrata in vigore
della legge n. 104/1992 i PEBA (Piani di Abbattimento delle Barriere
Architettoniche di cui all'articolo 32, comma 21, della legge n. 41
del 1986) sono stati modificati con integrazioni relative
all'accessibilita' agli spazi urbani (PISU), con particolare
riferimento all'individuazione e alla realizzazione di percorsi
accessibili, all'installazione di semafori acustici per non vedenti,
alla rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la
circolazione delle persone handicappate. Dal 1992 e' quindi previsto
e prescritto l'obbligo di pianificare il superamento delle barriere
architettoniche in edifici e spazi pubblici. Meccanismi sanzionatori
sono stati introdotti dalla medesima legge prevedendo la
dichiarazione di inabitabilita' e inagibilita' per gli edifici non
utilizzabili e la responsabilita' del progettista, del direttore dei
lavori, del responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilita'
o l'abitabilita' ed il collaudatore.
Tuttavia, il concetto di tre livelli di accessibilita' sul quale
e' imperniato il sistema normativo nazionale non e' evidentemente
compatibile con gli obiettivi di accessibilita' come elemento
basilare di una situazione ambientale antidiscriminatoria: la
normativa vigente infatti fissa in maniera aprioristica i parametri
dell'accessibilita' (prevista soltanto in alcune parti dell'ambiente
costruito). Ancora piu' difficilmente riconducibili ai principi della
Convenzione sono i concetti di visitabilita' (cioe' l'accessibilita'
limitata ad una porzione dell'edificio) e quello di adattabilita'
(che prevede una accessibilita' differita nel tempo). Analogamente
lontani e vetusti risultano i minimi dimensionali riportati nella
normativa: fanno riferimento ad un concetto di requisiti minimi
necessari ad una persona con disabilita' di oltre 40 anni fa, sia dal
punto di vista antropometrico che funzionale, che degli ausili. Il
meccanismo inoltre di verifica, controllo e sanzionatorio e' stato
sostanzialmente svuotato dall'introduzione dal "silenzio-assenso"
nelle piu' generali procedure edilizie.
Mancano infine, nella normativa elementi chiari riguardanti
l'abbattimento delle barriere, sebbene le indicazioni tecniche
partono da un riconoscimento della cosiddetta "barriera percettiva" e
della barriera della comunicazione Questo comporta gravi danni alla
possibilita' di orientamento, di autonomia e comunicazione delle
persone con disabilita' sensoriali poiche' o non viene adottata
alcuna soluzione oppure vengono realizzate soluzioni applicative
varie e disomogenee.
E' evidente che un approccio di questo tipo ha poco a che fare
con il principio di accessibilita' come strumento di esercizio di
diritti umani. La normativa italiana non e' fondata sull'idea che
occorre realizzare un ambiente accessibile a tutti, progettato per
tutti, ma prescrive modalita' minime per rendere parte di edifici
accessibili.
b) In tema di mobilita', nel corso degli ultimi anni in Italia si
e' assistito a un graduale miglioramento dell'accessibilita' e
fruibilita' del sistema di trasporto pubblico, ma nel complesso la
situazione non puo' dirsi soddisfacente e il diritto alla mobilita'
del PRM non e' sufficientemente garantito. Anche in questo ambito si
registra una grande produzione normativa nazionale, che tuttavia
appare oramai inadeguata. Essa infatti o stabilisce principi molto
generali e generici di accessibilita' al trasporto pubblico (si
vedano ad esempio la legge n. 104/1992 Art. 8 punto g) e 26; la legge
n. 118/1971 Art. 27) oppure detta alcune prescrizioni specifiche o
tecniche per l'accessibilita' di veicoli e infrastrutture di
trasporto (si vedano ad esempio il DM 2 ottobre 1987; il DPR n.
503/1996 Art. 24-28; il decreto legislativo 8 marzo 2005, n. 52).
A partire dal 2006, l'entrata in vigore di una serie di
Regolamenti europei che disciplinano le varie tipologie di trasporto
pubblico (trasporto aereo, ferroviario) segna il vero discrimine tra
la vecchia e la nuova disciplina: i regolamenti europei infatti
delineano un regime normativo fondato sulla cultura dei diritti
umani, della non discriminazione e di accesso ai trasporti su base di
uguaglianza. I vari Regolamenti europei - nei rispettivi preamboli -
ribadiscono l'importanza di perseguire l'accessibilita' di veicoli e
infrastrutture, ma completano poi il quadro dedicandosi a
disciplinare gli aspetti di "servizio" del trasporto pubblico,
ponendo l'accento su:
tutela del diritto alla mobilita' dei PRM in base al principio
di non discriminazione e pari opportunita';
qualita' dei servizi di assistenza offerti ai PRM;
qualita' della formazione del personale degli enti di
trasporto;
completezza e accessibilita' delle informazioni per i PRM prima
e durante il viaggio;
Il tutto e' completato dalla previsione di un sistema di tutela
dei diritti dei PRM in caso di inconvenienti di viaggio.
Si registrano invece a livello nazionale lentezze ed incertezze
nell'attuazione delle norme regolamentari e manca ancora una visione
organica e complessiva del trasporto pubblico come sistema di
relazioni fra una pluralita' di fattori, in cui la componente del
"servizio" gioca un ruolo centrale e debole risulta il ruolo delle
Autorita' centrali preposte al controllo sull'attuazione ed al
confronto con le associazioni di rappresentanza.
c) Per quel che riguarda l'accessibilita' alle ITC, la legge
italiana inquadra l'accessibilita' degli strumenti informatici tra le
condizioni di attuazione del principio costituzionale di uguaglianza
dei cittadini e fornisce indicazioni circa i requisiti cui devono
attenersi gli strumenti ICT per essere considerati accessibili.
Le norme sono rivolte in primo luogo alle Pubbliche
amministrazioni, agli enti pubblici e ai concessionari di servizi
pubblici fornendo obblighi ed indicazioni per:
acquisire strumenti informatici idonei alla fruizione da parte
di disabili (con relative sanzioni di nullita' dei contratti
stipulati qualora i siti internet delle pubbliche amministrazioni non
rispettino le condizioni stabilite di accessibilita' - tali sanzioni
non valgono per altri strumenti):
dotare di strumenti di telelavoro accessibili i dipendenti con
disabilita';
garantire l'accessibilita' degli strumenti didattici e
formativi;
Le norme contengono inoltre indicazioni per la formazione e le
responsabilita' dei funzionari pubblici rispetto ai contenuti della
legge in questione (provvedimenti disciplinari in caso di
inosservanza delle disposizioni), nonche' il monitoraggio
dell'attuazione e la possibilita' di un'adesione volontaria alla
valutazione della sussistenza dei requisiti (logo di accessibilita'
posseduto ad oggi da circa un migliaio di enti (precisamente 1036
siti appartenenti a 993 enti). A sostegno del monitoraggio, in
un'ottica di partecipazione degli utenti, e' stato lanciato nel
dicembre 2009 l'Osservatorio per l'accessibilita' dei servizi delle
P.A. Tuttavia, sin dai primi anni di applicazione ci si e' trovati di
fronte ad un processo di adeguamento di siti e applicazioni che, pur
procedendo nella direzione giusta, e' stato estremamente lento. I
deterrenti non hanno trovato fino ad oggi applicazione e i controlli
dell'ente preposto (ex CNIPA) non sono stati di per se' sufficienti a
colmare il vuoto causato dal disinteresse delle amministrazioni
nell'attuazione della legge. Inoltre, la scarsa continuita' delle
attivita' riguardanti l'accessibilita' a suo tempo promosse dal CNIPA
e dalla Commissione interministeriale per l'impiego delle ICT in
favore delle categorie svantaggiate, hanno determinato uno stop al
processo di attuazione della normativa, seppur orientato nella giusta
direzione.
Va anche tenuto in contro, quale principio generale che
l'introduzione della tecnologia, ove non sia data la dovuta
attenzione e considerazione alle diverse necessita' e peculiarita' di
ciascun individuo, puo' portare a nuove ed inaspettate forme di
esclusione sociale come, ad esempio, nel caso delle persone cieche ed
ipovedenti.
d) Con riferimento all'accesso agli ausili, l'attuale situazione
nazionale in merito alla tutela del diritto di ciascuna persona con
disabilita', di avere libero accesso ad ausili o forme di aiuto che
ne possano facilitare la mobilita' personale e quindi l'integrazione
sociale, vede come principali norme di riferimento la Legge quadro
per l'assistenza e l'integrazione sociale delle persone con
disabilita' n. 104 del 1992 e il decreto ministeriale n. 332 sul
Nomenclatore Tariffario delle protesi e degli ausili. Quest'ultimo,
aggiornato l'ultima volta nel 1999, e' diviso in elenchi. I listini
riportati all'interno degli elenchi rappresentano le tariffe massime
consentite dal SSN per la fornitura degli ausili, anche se ciascuna
regione fissa dei propri limiti tariffari che sono al di sotto del
limite massimo stabilito dalla sanita' pubblica.
La normativa, apparentemente in linea con la Convenzione Onu, non
soddisfa ancora pienamente le esigenze di vita indipendente delle
persone con disabilita', per diverse ragioni. Il primo motivo e' la
liberta' di scelta. Ancora oggi le persone con disabilita' non
possono ottenere un ausilio se non hanno una prescrizione medica, un
atto formale medico-legale che regolarizza la richiesta del presidio
e la scelta e' operata piu' in base a criteri burocratici che non
tenendo conto delle reali esigenze della persona e della famiglia. Lo
sviluppo tecnologico, inoltre, soprattutto negli ultimi anni, ha
visto la progettazione di ausili sempre piu' "sofisticati" e sempre
piu' apparentemente vicini alle esigenze delle persone (carrozzine
con lavorazioni particolari ultraleggere e realizzate in leghe di
alluminio) che hanno pero' inevitabilmente causato un aumento dei
costi. Nel contempo non vi e' stato un adeguato aggiornamento degli
elenchi e dei tariffari con il risultato di non riuscire a
nomenclatore degli ausili o adeguare le spese per la fornitura degli
stessi. Le persone , i soggetti usufruenti o le associazioni di
categoria, non hanno alcuna possibilita' di contribuire alla stesura
dei listini e degli elenchi che vengono invece realizzati in seguito
ad accordi tra le aziende costruttrici e gli enti locali, togliendo
ogni possibilita' di controllo alle persone con disabilita' e quindi
le stesse che dovranno usare i prodotti.
Tipologia azione
Approvazione proposta legge parlamentare; approvazione nuovi
regolamenti attuativi della normativa; atti di coordinamento con le
Regioni e le Province Autonome ed elaborati in confronto con le
associazioni; attuazione linee guida, Libro Bianco.
Obiettivi
Se l'obiettivo di lungo periodo deve riguardare necessariamente
la razionalizzazione, l'aggiornamento e l'adeguamento dell'impianto
complessivo della normativa italiana alla dimensione culturale e
operativa promossa dalla Convenzione ONU in materia di
accessibilita', quello piu' vicino da perseguire riguarda l'adozione
dei regolamenti attuativi secondo quanto gia' elaborato a livello
tecnico ("Schema di Regolamento per la eliminazione delle barriere
architettoniche");
ove possibile, il Parlamento dovrebbe procedere all'approvazione
della proposta di legge in materia di inserimento dello studio della
tecnica e della tecnologia atte al superamento delle barriere
architettoniche negli edifici pubblici e privati (5) ;
in tema di mobilita' attuare pienamente i Regolamenti europei in
materia di trasporto delle persone a mobilita' ridotta (PMR),
riservando particolare attenzione al tema della partecipazione delle
persone con disabilita' ai processi di implementazione della
normativa comunitaria, e quindi alla definizione dei sistemi di
confronto, monitoraggio e valutazione;
incidere profondamente nel sistema educativo formativo attraverso
l'inserimento nei curricula scolastici ed universitari delle
tematiche relative all'accessibilita', all'universal design
promuovere con maggior forza l'attuazione del diritto all'accesso
alle tecnologie e ai media, anche attraverso un impegno specifico
dell'Agenzia per l'Italia Digitale;
dare impulso al processo di approvazione del nuovo Nomenclatore
degli ausili;
promuovere la cultura del turismo accessibile dando attuazione
agli impegni assunti dal Governo in tale ambito.
Azione/Intervento
Adeguamento normativo/regolamentare
Nell'attesa di un organico aggiornamento della normativa
riguardante l'accessibilita' e l'abbattimento delle barriere
architettoniche ai principi della introdotti dalla Convenzione,
occorre aggiornare i regolamenti esistenti sulla base di quanto
elaborato dalla Commissione di studio permanente (gia' istituita in
attuazione dell'articolo 12 del decreto ministeriale 14 giugno 1989,
n. 236 e ricostituita su base paritetica tra lo Stato e le Regioni e
Province Autonome con decreto n. B3/1/792 del 15 ottobre 2004 del
Ministro delle infrastrutture dei trasporti, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali): la Commissione ha provveduto ad una
organica revisione ed aggiornamento di un testo unificato tra il
decreto ministeriale 236/1989 e il regolamento 503/1996, portata a
termine nel maggio 2012 ("Schema di Regolamento per la eliminazione
delle barriere architettoniche");
promuovere la produzione di linee guida per la progettazione
universale per mezzo della gia' citata Commissione di studio
permanente;
portare ad approvazione la proposta di legge (6) finalizzata a
promuovere la conoscenza della cultura dell'accessibilita', ed a far
rispettare la normativa gia' vigente in favore delle persone con
disabilita' anche rendendo piu' stringente l'obbligo di adeguare le
strutture pubbliche alla normativa vigente in materia di
accessibilita' e di eliminazione delle barriere architettoniche.
rafforzare l'efficacia di strumenti programmatori di rimozione
delle barriere in edifici e spazi pubblici esistenti (Piano per
l'Eliminazione delle Barriere Architettoniche - P.E.B.A. - e Piani
Integrati Spazi Urbani - P.I.S.U. - previsti dall'art. 32 della legge
n. 41/86 e dall'art. 24, comma 9, della legge n. 104/92) e fissare
obiettivi temporali certi per l'ottenimento dei risultati.
Contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche
La legge n. 13/89 introduceva la possibilita' da parte della
persona con disabilita' di richiedere ed ottenere fondi statali per
l'abbattimento delle barriere architettoniche apportato da privati
nelle proprie abitazioni e negli spazi condominiali. Questi
contributi coprono una cifra molto modesta rispetto alla spesa
(specialmente quando ci sono barriere architettoniche in spazi
condominiali), il loro stanziamento e' stato effettuato in passato in
maniera episodica ed insufficiente ed e' interrotto da tempo;
ad oggi e' evidente l'inadeguatezza dell'impianto complessivo
nelle finalita', modalita' e nella quantita' e, a distanza di oltre
vent'anni, e' necessario che il tema dell'accessibilita' del
patrimonio edilizio privato venga assunto nel piu' ampio quadro
strategico dell'adeguamento e restauro degli edifici privati
esistenti.
parallelamente al rilancio degli strumenti di pianificazione per
l'adeguamento e all'abbattimento delle barriere architettoniche negli
edifici e spazi pubblici (Piano per l'Eliminazione delle Barriere
Architettoniche - P.E.B.A. - e Piani Integrati Spazi Urbani -
P.I.S.U. - previsti dall'art. 32 della legge n. 41/86 e dall'art. 24,
comma 9, della legge n. 104/92) occorre inserire come elemento
prioritario il tema dell'accessibilita' nel quadro piu' generale del
rinnovamento/restauro del patrimonio edilizio del paese (ad es. il
Piano Casa);
attraverso opportuni meccanismi (ad es. di detrazione fiscale) si
rilancia il rinnovamento del patrimonio edilizio privato esistente
associando l'elemento qualitativo "accessibilita'" all'edificio
piuttosto che alla persona con disabilita', per la quale
continuerebbero a valere i contributi regionali.
Formazione
Inserire nei programmi didattici delle scuole secondarie di
secondo grado a indirizzo tecnico insegnamenti riguardanti gli
aspetti funzionali, edilizi e urbanistici relativi all'universal
design e al superamento delle barriere architettoniche nonche' lo
studio della domotica in rapporto alla disabilita';
inserire lo studio dell'universal design (come disciplina
obbligatorie di base delle classi di laurea L-7 ingegneria civile e
ambientale, L-17 scienze dell'architettura, L-21 scienze della
pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale
e L-23 scienze e tecniche dell'edilizia) nell'ambito degli
insegnamenti impartiti presso le universita' statali e non statali,
comprese le universita' telematiche, apportando le necessarie
modificazioni al decreto del Ministro dell'universita' e della
ricerca 16 marzo 2007, Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007;
inserire nei piani formativi obbligatori previsti dal decreto
legislativo n. 81/08 in tema di sicurezza sul lavoro specifici
argomenti sull'accessibilita', sull'universal design, sulla
comunicazione e gestione dell'emergenza in relazione alla sicurezza
delle persone con disabilita', analogamente a quanto proposto nel
citato Atto Camera 2367 (7) ;
realizzare programmi formativi/informativi rivolti a chi gestisce
servizi, edifici e spazi pubblici per la gestione dell'accoglienza
alle persone con disabilita'.
Trasporti
Attuare i Regolamenti Ue per quanto attiene all'esplicito invito
a enti gestori e vettori affinche' si confrontino con le
organizzazioni che rappresentano le persone con disabilita' e
collaborino quantomeno su: 1) definizione delle condizioni di accesso
non discriminatorie al servizio di trasporto per le persone con
disabilita'; 2) definizione degli standard di qualita'
dell'assistenza per le persone con disabilita'; 3) formazione e
aggiornamento del personale che presta assistenza diretta alle le
persone con disabilita' e del personale che lavora a diretto contatto
coi passeggeri, con riferimento alle esigenze specifiche e alle
modalita' di rapportarsi ad essi;
attuare i Regolamenti Ue per quanto attiene il monitoraggio della
qualita' del servizio offerto e sistemi di trattamento dei reclami
ricevuti ottenendo dagli enti gestori e vettori che vengano rese
pubbliche sintesi statistiche annuali per consentire anche alle
organizzazioni delle persone con disabilita' di fare delle
valutazioni fondate sullo stato di efficienza/efficacia dei servizi e
sulla loro evoluzione nel tempo;
gli organismi nazionali responsabili dell'applicazione dei
regolamenti dovranno pubblicare i report annuali sui reclami di cui
sono stati messi a conoscenza, cosi' come sul numero e la tipologia
di sanzioni che hanno comminato a enti gestori e societa' di
trasporto inadempienti;
il nuovo regolamento Ue in materia di trasporto urbano ed
extraurbano e' entrato in vigore il 1° marzo 2013. Gli Stati membri
possono esonerare dall'applicazione del Regolamento stesso alcune
tipologie di servizio, purche' i diritti dei passeggeri siano
garantiti in modo comparabile dalla legislazione nazionale. L'Italia
deve ancora comunicare se esercitera' o meno tale facolta' di deroga.
Occorre inoltre nominare l'Organismo responsabile dell'applicazione
del Regolamento in Italia istituire il tavolo di confronto con le
associazioni della disabilita';
in tema di partecipazione della associazioni ai percorsi di
attuazione delle norme comunitarie, occorre estendere le buone
pratiche gia' attivate ad esempio da ENAC sul trasporto aereo
(attivazione di un tavolo di lavoro con le associazioni di categoria
dei gestori aeroportuali, delle compagnie aeree, dei consumatori e
delle persone con disabilita') anche ai settori del trasporto
ferroviario e a quello con autobus;
il regime sanzionatorio relativo al Regolamento Ue sul trasporto
aereo e' stato emanato entro in termini previsti dalla Ue, con
decreto legislativo 24 febbraio 2009, n. 24. Manca tuttora
all'appello il regime sanzionatorio per il Regolamento UE sul
trasporto ferroviario, che vede l'Italia inadempiente, in quanto
andava definito e notificato alla Commissione europea entro il 3
giugno 2010;
definire i Regimi sanzionatori per i Regolamenti Ue sul trasporto
navale e su quello con autobus, da notificare alla Commissione
europea rispettivamente entro il 18 dicembre 2012 e il 1° marzo 2013.
In materia di trasporto privato
Va sostenuto l'impegno degli Enti Locali nel dare piena
attuazione alle previsioni contenute nel decreto del Presidente della
Repubblica n. 151 del 30 luglio 2012 concernente l'adozione del
Contrassegno Unificato Europeo per persone Disabili, anche attraverso
la promozione della conoscenza e della diffusione delle Linee Guida
elaborate da ANCI e Ministero del lavoro e delle politiche sociali
nel 2011;
deve essere inoltre attuato l'articolo 119, comma 10, del Codice
della Strada che ha previsto l'istituzione di un "comitato tecnico"
con funzioni di valutazione delle nuove tecnologie in materia di
sistemi di guida per disabili. E' incaricato altresi' di divulgarle
alle Commissioni Mediche Locali preposte al rilascio dell'idoneita'
di guida delle persone disabili. In seno a tale Comitato, e' stata
prevista la presenza di due rappresentanti delle associazioni di
categoria.
Accessibilita' alle ITC
Occorre invertire la tendenza registrata negli ultimi anni di
progressivo rallentamento nell'attuazione della normativa del 2004
riattivando a tutti i livelli istituzionali una forte attenzione al
tema dell'inclusione digitale. L'impegno assunto dal Governo nel 2012
con l'istituzione dell'Agenzia per l'Italia Digitale ed il varo
dell'Agenda Digitale Italiana (ADI) nonche' con l'emanazione della
normativa provvedimento Crescita 2.0 (decreto-legge del 18 ottobre
2012, n. 179, recante "Ulteriori misure urgenti per la crescita del
Paese") - in cui sono previste le misure per l'applicazione concreta
dell'ADI - deve tradursi in un reale avanzamento e sviluppo
dell'accessibilita' alle ITC per le persone con disabilita', anche ai
fini di quanto previsto nella linea di intervento 6, in particolare,
in materia di progetto di vita e riabilitazione .In tale contesto
potrebbe esser utile riattivare forme di cooperazione
interistituzionale a suo tempo stimolate dall'attivita' del CNIPA
attraverso ad es. la Commissione Interministeriale per l'impiego
delle ICT in favore delle categorie svantaggiate;
auspicabile infine per le ragioni esposte, e' l'approvazione del
nuovo Nomenclatore tariffario.
Accessibilita' al turismo
Nel mese di febbraio 2013 la Presidenza del Consiglio dei
Ministri ha presentato il volume "Accessibile e' Meglio", Primo Libro
Bianco sul turismo per tutti in Italia. E' strategico dare piena
attuazione agli indirizzi e alle proposte contenute nel testo, che
scaturiscono da un confronto attento tra istituzioni ed associazioni
delle persone con disabilita' principalmente nell'ambito del Comitato
per lo sviluppo del turismo accessibile coordinato dalla Struttura di
Missione per il rilancio dell'immagine dell'Italia.
Soggetti Coinvolti
Promotori
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Ministero infrastrutture e trasporti
Ministero dell'istruzione, universita' e ricerca
Ministero della salute
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministro per la PA e la
semplificazione
Collaboratori
Regioni
Enti Locali
Agenzia per l'Italia digitale
Associazioni delle persone con disabilita'
Destinatari finali
Persone con disabilita' e famiglie
ENAC e altri organismi analoghi
Ferrovie dello Stato
Universita' ed istituti tecnici
Ordini professionali (geometri, architetti, ingegneri)
Capitolo 7
Linea di intervento 5
Processi formativi ed inclusione scolastica
Premessa/presentazione del tema
A. Istruzione scolastica
Nel campo dell'istruzione scolastica, esiste una legislazione
articolata finalizzata ad assicurare l'inclusione nel sistema
generale d'istruzione a tutti gli alunni e studenti con disabilita'
ed e' importante vigilare affinche' i principi trovino ovunque reale
e convinta applicazione.
Negli ultimi anni si e' registrata una progressiva estensione
delle forme di tutela e una particolare attenzione educativa verso
una piu' ampia fascia di utenza definita come alunni con "Bisogni
Educativi Speciali". E' un fenomeno considerevole, con significativi
e concreti interventi innovativi sia dal punto di vista normativo che
culturale, nonche' nella reale pratica scolastica.
Tipologia azione
Diffusione dell'approccio ai bisogni educativi speciali (BES)
Elaborazione di linee guida e indicatori di qualita'
Integrazioni alla legislazione vigente, atti amministrativi
centrali, anche coordinati con le Regioni e le Provincie, in
relazione all'accesso all'educazione per tutto l'arco della vita e
alla formazione professionale.
Obiettivo
Potenziare l'inclusione scolastica degli alunni con BES
prevedendo sistematicamente il coinvolgimento di tutti gli operatori
scolastici.
Attivare reti di supporto, formazione e consulenza, valorizzando
le professionalita' disponibili, comprese quelle formate
espressamente con master e corsi di perfezionamento.
Con una definizione preliminare degli ambiti di intervento e
delle soluzioni da adottare, prospettare chiarificazioni in ambito
giuridico cosi' da rendere piu' definiti i presupposti e le modalita'
di intervento.
Prodigarsi al fine di offrire la garanzia, in termini
organizzativi e/o normativi, della continuita' del rapporto docente
di sostegno/alunno.
Azione/Intervento
Poiche' resta elevato il tasso di abbandono scolastico degli
alunni/studenti con disabilita', si rende necessario:
a. introdurre nella legislazione corrente il termine di
accomodamento ragionevole e la sua definizione
b. migliorare la qualita' del sistema educativo in termini di
efficacia ed efficienza, affinche' gli alunni e le alunne, gli
studenti e le studentesse con disabilita' acquisiscano "competenze
pratiche e sociali necessarie a facilitare la loro piena ed eguale
partecipazione all'istruzione e alla vita della comunita'" (art.
24.2). La prospettiva e' di una implementazione sostenibile del
diritto all'educazione per tutti nell'ambito del sistema scolastico,
attraverso:
b.1 formazione obbligatoria iniziale e in servizio per
l'accrescimento delle competenze dei docenti sia curricolari che di
sostegno sulle strategie educative appropriate a favorire
l'apprendimento per gli alunni con disabilita' e necessita' educative
speciali, compreso l'uso e l'insegnamento di modalita' di
comunicazione aumentativa/alternativa, coerentemente con le azioni
individuate nella Convenzione e nella Strategia Europea per la
Disabilita' 2010-2020;
b.2 istituzione di percorsi formativi specifici (master e
corsi di perfezionamento) per i docenti specializzati per
l'inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilita' e per i
docenti curricolari, tenuto peraltro conto delle norme primarie e
delle relative disposizioni attuative in materia di inclusione
scolastica (legge n. 53/2003; legge n. 170/2010 e D.M. 5669/2011), e
di quanto previsto nella direttiva Miur del 27 dicembre 2012
riguardante "strumenti d'intervento per alunni con bisogni educativi
speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica"
in materia di formazione (paragrafo 1.6);
b.3 permanenza dell'insegnante per il sostegno nella classe
con alunno con disabilita' per tutto il ciclo scolastico a garanzia
della continuita' didattica;
c. potenziare le reti territoriali per costruire strutture in
grado di sostenere realmente le scuole, con concrete azioni di
supporto in presenza di criticita', disservizi o particolari esigenze
didattiche, educative o tecniche;
d. sperimentare, discutere e diffondere modalita' organizzative
in grado di intervenire in modo efficace ed economicamente
sostenibile;
e. incrementare l'alta formazione dei docenti con riferimento
alla disabilita', ai DSA, all'ADHD e agli altri BES:
f. realizzare un piano di adeguamento e progettazione di tutti
gli edifici e plessi scolastici alla normativa relativa
all'abbattimento delle barriere architettoniche, secondo i principi
della progettazione universale, compresi i dispositivi elettronici e
di emergenza;
g. garantire il rispetto del numero di alunni per classe
secondo le previsioni dell'art. 5, comma 2 del D.P.R. n. 81/09;
h. incrementare i CFU sull'inclusione scolastica nei corsi di
formazione iniziale per i docenti della scuola secondaria con
particolare riguardo alle modalita' di comunicazione
aumentativa/alternativa appropriate, (compresi elementi della LIS,
del Braille e dei formati Easy To Read), coerentemente con la
Convenzione e con le azioni individuate anche nella Strategia Europea
per la Disabilita' 2010-2020;
i. attivare corsi di formazione in servizio rivolti ai
dirigenti scolastici;
j. prevedere, a cura degli Enti competenti, corsi di formazione
per gli assistenti per l'autonomia, gli assistenti per la cura e
l'igiene personale, gli assistenti alla comunicazione (LIS, bimodale,
oralista);
k. garantire la formazione per tutto il personale docente
finalizzata all'utilizzo di strumenti e ausili tecnologici di ultima
generazione personalizzabili, anche attraverso l'uso di software
specifici, garantendone il costante aggiornamento;
l. dare attuazione all'art. 50 della legge n. 35/2012, con
particolare riferimento all'organico funzionale di rete;
m. istituire percorsi formativi specifici e la classe di
concorso per le attivita' di sostegno, al fine di acquisire
competenze professionali adeguate a garantire l'apprendimento per
tutti gli alunni con disabilita', anche attraverso l'uso di strumenti
di comunicazione aumentativa/alternativa appropriate, (compresi
elementi della LIS, del Braille e dei formati Easy To Read);
n. facilitare la partecipazione attiva delle famiglie anche
attraverso un sostegno adeguato alla comunicazione per i familiari
con necessita' speciali.
Soggetti Coinvolti
Promotori
MIUR
Ministero della salute
Collaboratori
CTS
Associazioni
Enti locali
Destinatari finali
Alunni e studenti con disabilita' e le loro famiglie
Scuole di ogni ordine e grado
Sistema sanitario
Sostenibilita' economica
Razionalizzazione della spesa con potenziamento delle aree di
competenza gia' attive sul territorio
B. Istruzione per adulti e formazione continua lungo tutto l'arco
della vita
Il termine originale inglese "education" definito nell'art. 24
della Convenzione ONU ha un significato piu' ampio dell'istruzione
scolastica, comprendendo anche la formazione professionale e il life
long learning, cioe' un processo di apprendimento lungo l'intero arco
della vita, non solo per conseguire un titolo di studio ma anche per
far fronte ai continui cambiamenti della societa'.
Nel campo dell'istruzione degli adulti viene assicurato il
diritto all'istruzione delle persone con disabilita' in coerenza con
quanto previsto dall'art. 24 della Convenzione Infatti il MIUR dal
1997 assicura nei Centri Territoriali Permanenti la piena
integrazione delle persone in situazione di handicap nel rispetto
dell'attuale quadro normativo con la ordinanza n. 455/97, ripresa
dalla sentenza della Corte cost. n. 226/01 e riformulata dalla
recente circolare sulle iscrizioni n. 96/2012.
Il diritto all'educazione integrata permanente degli adulti con
disabilita' e necessita' di sostegno intensivo inseriti al termine
del percorso scolastico in servizi socio-sanitari semi-residenziali e
residenziali e l'accesso a percorsi di formazione professionale sono
demandati al livello regionale e locale, e non esistono standard
definiti a livello nazionale o meccanismi di monitoraggio atti a
verificare l'effettivo accesso degli adulti con disabilita' inseriti
in questi servizi a percorsi di educazione e formazione continua
lungo tutto l'arco della vita. La discrezionalita' regionale nel
settore della formazione professionale e dei servizi socio-sanitari
per adulti con disabilita' e' quindi ampliata in modo improprio per
l'assenza di norme nazionali.
Tipologia azione
Integrazioni normative nazionali e regionali
Obiettivo
Promuovere l'inclusione e la partecipazione degli adulti nel
contesto sociale, mediante reti operative e accordi tra CTP, Corsi
serali e i soggetti competenti in materia di promozione
dell'occupazione
Promuovere la presenza di docenti di sostegno nei CTP, laddove
richiesti.
Potenziare le reti territoriali tra CTP, Corsi serali e i
soggetti che si occupano di disabilita'.
Promuovere l'alta formazione e l'aggiornamento professionale dei
docenti dei CTP e dei Corsi serali con riferimento alla disabilita',
ai DSA e agli altri BES.
Garantire un sostegno quantitativamente e qualitativamente
adeguato alle necessita' educative individuali degli adulti con
disabilita' nei CTP, nei Corsi Serali nei centri di formazione
professionale, nei tirocini lavorativi e nei servizi socio-sanitari,
in applicazione dell'art. 14 della legge n. 328/00, anche limitando
la discrezionalita' regionale nel settore della formazione
professionale e dei servizi socio-sanitari per adulti con
disabilita'.
Azione/Intervento
1. Le azioni per rendere effettivo l'adempimento degli obblighi
della Convenzione nel campo dell'educazione degli adulti comprendono:
A. potenziamento delle reti territoriali tra CTP, Corsi serali
e soggetti che si occupano di disabilita';
B. promuovere l'alta formazione dei docenti dei CTP e dei Corsi
serali con riferimento alla disabilita', ai DSA e agli altri BES;
C. integrazione normativa al fine di promuovere la presenza di
docenti di sostegno nei CTP, laddove richiesti;
D. definizione a livello nazionale di standard relativi ai
percorsi di formazione professionale e istruzione permanente per
adulti con disabilita' in ogni contesto, dai CTP e Corsi serali ai
corsi di formazione e qualificazione/riqualificazione professionale,
percorsi di apprendistato e servizi sociosanitari semiresidenziali e
residenziali per adulti con disabilita'. Tali standard dovrebbero
definire:
a. gli accomodamenti ragionevoli necessari a garantire
l'accesso agli adulti con ogni tipo di disabilita' alla istruzione e
formazione professionale, compresi gli strumenti di comunicazione
aumentativa/alternativa, l'interpretariato LIS, linguaggio e testi
facili da leggere;
b. l'entita' e la qualita' del sostegno all'apprendimento,
proporzionato alle necessita' educative degli studenti con
disabilita';
c. la formazione del personale docente/educativo alle
strategie educative adeguate alle necessita' individuali degli
studenti con disabilita', compreso l'uso di modalita' di
comunicazione aumentativa/alternativa appropriate;
d. l'attivazione di corsi di formazione in servizio ad hoc;
2. inserire l'accesso all'istruzione permanente e alla formazione
professionale nei livelli essenziali di assistenza;
3. promuovere l'adozione a livello regionale di criteri di
accreditamento dei servizi diurni e semi-residenziali, comprese le
qualifiche del personale impiegato, tali da garantire agli adulti con
disabilita', e in particolare a quelli con necessita' di sostegno
educativo intensivo, "percorsi di apprendimento delle competenze
pratiche e sociali necessarie a promuovere la loro piena ed eguale
partecipazione alla vita della comunita'";
4. riformare i sistemi di valutazione della qualita' dei servizi
incentrandoli sui risultati per gli utenti in termini di godimento
dei diritti e di sviluppo delle potenzialita' individuali (Total
Quality Management) piuttosto che su criteri legati alla struttura
(Quality assessment);
5. favorire il passaggio tra il mondo della scuola e quello del
lavoro, promuovendo, gia' a partire dal periodo scolare, periodi di
alternanza scuola-lavoro, stage, tirocini, etc..
Soggetti Coinvolti
Promotori
MIUR
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Centri Territoriali Permanenti
Amministrazioni regionali
Amministrazioni locali
Collaboratori
Ministero della salute
Presidenza del consiglio dei ministri
Enti locali
Associazioni
Destinatari finali
Adulti con disabilita'
Istituti di ogni ordine e grado, sedi dei CTP e/o dei corsi
serali
Sostenibilita' economica
Alcune azioni, come l'inserimento dell'accesso a programmi
educativi e formativi per gli adulti con disabilita' nei livelli
essenziali di assistenza, sono atti amministrativi a costo zero.
Alcuni interventi di sostegno alla frequenza di corsi di formazione o
di aggiornamento professionale potranno essere finanziati attraverso
le risorse di ripartizione del Fondo ex lege n. 68/99 e - nelle
Regioni "Obiettivo convergenza" - con il Fondo Sociale Europeo previo
inserimento nel PON e nei POR. L'introduzione del sistema di Total
Quality Management rappresenta un risparmio rispetto ai sistemi di
Quality Assessment, poiche' si basa sulla supervisione fra pari sotto
la guida di un'Universita' invece che su verifiche periodiche da
parte di enti esterni. Le azioni onerose - come l'implementazione di
percorsi educativi e formativi nei servizi socio-sanitari
semi-residenziali e residenziali e l'adeguamento dell'entita' del
sostegno educativo e della qualificazione del personale nei servizi
semi-residenziali e residenziali - sono a carico delle regioni e
degli enti locali, e rappresentano un investimento che a lungo
termine previene lo sviluppo di ulteriori disabilita' cognitive e
comportamentali, la dipendenza e la necessita' di sostegno.
Dovrebbero inoltre essere identificati e applicati indicatori di
efficacia delle azioni - vedi A Istruzione scolastica (Art. 24); B
Istruzione per adulti e formazione continua lungo tutto l'arco della
vita (Art. 24.5) - sopra descritte.
Capitolo 8
Linea di intervento 6
Salute, diritto alla vita, abilitazione e riabilitazione
a) Sostegno alla fase prenatale e neonatale
Premessa/presentazione del tema
Secondo l'art. 4 della legge n. 194 del 22 maggio 1978, Norme per
la tutela sociale della maternita' e sull'interruzione volontaria
della gravidanza, entro i primi novanta giorni, la donna che accusi
circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o
la maternita' comporterebbero un serio pericolo per la sua salute
fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue
condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in
cui e' avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o
malformazioni del concepito, si puo' rivolgere ad un consultorio
pubblico istituito o a una struttura socio sanitaria dalla regione, o
a un medico di sua fiducia per l'interruzione volontaria della
gravidanza.
La legge n. 104 del 4 febbraio 1992, Legge-quadro per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate, contiene alcune norme relative agli interventi per la
prevenzione e la diagnosi prenatale e precoce della disabilita'. Ai
sensi dell'art. 6 della legge citata tali interventi consistono: a)
nell'informazione e nell'educazione sanitaria della popolazione sulle
"conseguenze della disabilita'", b) nella prevenzione in fase
preconcezionale, durante la gravidanza, il parto, il periodo
neonatale e nelle varie fasi di sviluppo della vita, e sui servizi
che svolgono tali funzioni, c) nei servizi per la consulenza genetica
e la diagnosi prenatale e precoce per la prevenzione delle malattie
genetiche che possono essere causa di disabilita' fisiche, sensoriali
di "neuromotulesioni"; d) nel controllo periodico della gravidanza
per la individuazione e la terapia di eventuali patologie complicanti
la gravidanza e la prevenzione delle loro conseguenze; e) negli
accertamenti, nel periodo neonatale, utili alla diagnosi precoce
delle malformazioni e l'obbligatorieta' del controllo per
l'individuazione ed il tempestivo trattamento dell'ipotiroidismo
congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica; f)
nell'attivita' di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin
dalla nascita anche mediante il coordinamento con gli operatori degli
asili nido, delle scuole materne e dell'obbligo, per accertare
l'inesistenza o l'insorgenza di patologie e di cause invalidanti e
con controlli sul bambino entro l'ottavo giorno, al trentesimo
giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal
compimento del primo anno di vita e g) negli interventi informativi,
educativi, di partecipazione e di controllo per eliminare la
nocivita' ambientale e prevenire gli infortuni in ogni ambiente di
vita e di lavoro, con particolare riferimento agli incidenti
domestici.
Infine l'art 25 della Convenzione al punto a) prevede che gli
Stati Parte forniscano "alle persone con disabilita' servizi sanitari
gratuiti o a costi accessibili, che coprano la stessa varieta' e che
siano della stessa qualita' dei servizi e programmi sanitari forniti
alle altre persone, compresi i servizi sanitari nella sfera della
salute sessuale e riproduttiva e i programmi di salute pubblica
destinati alla popolazione".
Tipologia azione
Applicazione operativa dell'articolo 6 della legge n. 104/92 allo
scopo di sviluppare Servizi a sostegno della maternita' e della
primissima infanzia.
Attuazione dei principi di non discriminazione nell'erogazione
dei servizi riproduttivi ed in particolare quelli previsti dalla
legge n. 194/78
Obiettivo
Promuovere il bambino con disabilita' e tutelarne i suoi bisogni
sin dalla primissima infanzia. Garantire che le donne con disabilita'
possano accedere sulla base di uguaglianza a servizi ginecologici e
riproduttivi.
Azione/Intervento
Accoglienza in contesti adeguati di bambini con disabilita'
abbandonati in culla o nella prima infanzia.
Servizi di supporto ed orientamento per le madri che decidono di
portare a termine una gravidanza a rischio
Accessibilita' fisica e tecnico - professionale dei servizi
sanitari diretti alle donne
Soggetti Coinvolti
Promotori
Ministero della salute
MIUR
Collaboratori
Comuni
ASL
Pediatria di base
Regioni
Associazioni delle persone con disabilita'
Destinatari finali
Sistema sanitario
Sistema integrato di interventi e servizi sociali
Persone con disabilita' e famiglie
Sostenibilita' economica
Le leggi richiamate sono gia' in vigore e richiamano risorse gia'
allocate in relazione all'adeguamento e alla riorganizzazione dei
Servizi. Il rispetto dell'articolo 10 della Convenzione Onu sui
diritti delle persone con disabilita' prevede fondi aggiuntivi da
identificare ed allocare a supporto delle politiche sulla maternita',
in relazione ai bambini con disabilita' 0-5 anni. Altre azioni, da
sviluppare negli anni successivi di vita del bambino, quali la
riabilitazione e l'inclusione scolastica, non richiedono risorse
aggiuntive, ma un miglior coordinamento dei servizi in linea con il
modello biopsicosociale. Inoltre, in relazione ai diritti del bambino
con disabilita' si richiama anche la Convenzione Onu sui diritti del
Bambino e le relative azioni da essa sviluppate.
Analogamente, per la tutela della salute e della procreazione
delle donne con disabilita' si tratta di programmare l'adeguamento e
la riorganizzazione dei servizi per i quali i vincoli economici sono
gia' previsti.
b) Politiche sulla salute delle persone con disabilita', integrazione
Sanitaria e Socio-Sanitaria e Punto unico di Accesso ai Servizi
Premessa/presentazione del tema
In ambito sanitario per adeguare l'ordinamento italiano alla
Convenzione ONU, coerentemente a quanto gia' previsto nella linea di
intervento 1, sarebbe necessario: individuare i livelli essenziali di
assistenza sociale e socio-sanitaria alle persone con disabilita';
ridefinire in modo univoco nella legislazione italiana i concetti di
gravita' e di non autosufficienza conformemente con la Convenzione
ONU, dove tali condizioni sono definite come "necessita' di sostegno
intensivo" (preambolo lettera j), una definizione che permette
flessibilita' di applicazione ad una gamma di necessita' di sostegno
anche estremamente diverse in termini qualitativi.
La nozione di non autosufficienza, che e' in aperta
contraddizione con la visione di disabilita' introdotta dalla
Convenzione ONU, dovrebbe essere rivista e ridefinita. Le politiche
per la "non autosufficienza", ovvero, secondo la Convenzione, per le
disabilita' con necessita' di sostegno intensivo, dovrebbero essere
radicalmente ridisegnate per rispondere alle necessita' di sostegno
intensivo in tutti i loro aspetti, con la finalita' di garantire pari
opportunita' di accesso al godimento di tutti i diritti elencati
nella Convenzione a tutte le persone con disabilita' (Art.4, obblighi
generali). Le politiche per la non autosufficienza dovrebbero quindi
sostenere e garantire un sistema di "long term care" paragonabile a
quello dei principali paesi europei, alle persone con disabilita' e
necessita' di sostegno intensivo.
A tal fine si dovranno predisporre i supporti necessari a rendere
effettivi diritti all'assistenza sanitaria attraverso la definizione
di standard di assistenza sanitaria per i problemi di salute generale
per le persone con disabilita'.
I principi basilari del diritto alla salute sono espressi
chiaramente dall'art. 32 della Costituzione che affida alla
Repubblica il compito di tutelare la salute come diritto fondamentale
dell'individuo e interesse della collettivita' e di garantire cure
gratuite agli indigenti.
La legge 23 dicembre 1978, n. 833, Istituzione del servizio
sanitario nazionale, ha definito i principi su cui si fonda il
sistema sanitario nazionale, vale a dire i principi
dell'universalita' ed equita' di accesso ai servizi sanitari e il
principio della globalita' di copertura in base alle necessita'
assistenziali di ciascuno.
In Italia, l'assistenza sanitaria a persone con disabilita'
rientra nelle "prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione
sanitaria", cosi' definite perche' caratterizzate dall'integrazione
di risorse sanitarie e sociali e quindi non attribuibili ad un ambito
di competenze esclusivamente sanitarie o sociali. In base all'art. 3
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge
23 ottobre 1992, n. 421, modificato dal decreto legislativo 19 giugno
1999, n. 229, Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario
nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n.
419, le prestazioni socio-sanitarie comprendono tutte le attivita'
del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in
stato di bisogno, con problemi di disabilita' o di emarginazione
condizionanti lo stato di salute.
In linea con la filosofia delle prestazioni socio-sanitarie ad
elevata integrazione sanitaria si pone la legge n. 328 dell'8
novembre 2000, Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali. La legge riconosce alle
persone e alle famiglie il diritto ad un sistema integrato di
interventi e servizi sociali e mira a prevenire, eliminare o ridurre
le condizioni di disabilita', di bisogno e di disagio individuale e
familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficolta' sociali
e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli artt. 2, 3 e 38
della Costituzione (art. 1). La legge n. 328/2000 dedica
un'attenzione particolare ai soggetti in condizione di disabilita',
prevedendo (art. 14) che i Comuni, d'intesa con le aziende sanitarie
locali, predispongano progetti individuali finalizzati al recupero e
all'integrazione sociale del soggetto, definendo anche gli eventuali
sostegni per il nucleo famigliare. A livello regionale e' stata data
applicazione alle norme relative all'integrazione socio-sanitaria
delle persone con disabilita'.
In riferimento al Piano Socio Sanitario Nazionale 2011-2013,
possiamo rilevare come l'Italia sia attualmente impegnata in
interventi di sviluppo dell'assistenza territoriale, nel
riequilibrare l'intervento di cura e presa incarico tra ospedale e
territorio, e nel gestire con appropriatezza e razionalizzazione,
secondo criteri di vicinanza e prossimita', l'uso delle risorse. Le
istituzioni si stanno confrontando per sviluppare risposte
assistenziali efficaci e sostenibili finalizzate al miglioramento
dell'accessibilita' e dell'appropriatezza d'utilizzo dei servizi
attraverso la costituzione di una funzione di accesso unitario (in
termini di procedure) alla rete dell'offerta.
Lo schema del nuovo Piano Sanitario Nazionale 2011-2013,
approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri a gennaio
2011, riporta: "2.7. Centralita' delle cure primarie e delle
strutture territoriali. Le cure primarie costituiscono un hub
attraverso il quale gli individui vengono guidati all'interno del
servizio sanitario. Tali hub possono trovare configurazione nei Punti
Unici di Accesso (PUA)". Il PUA e', inoltre, previsto nel paragrafo
2.7.2 "Continuita' delle cure ed integrazione ospedale territorio"
come una modalita' organizzativa atta a facilitare un accesso
unificato alle prestazioni sanitarie, sociosanitarie e sociali.
La progettazione di un PUA e' inoltre in linea con uno degli
obiettivi individuati per il Tavolo di lavoro sugli interventi
sanitari e di riabilitazione delle persone con disabilita' (D.M. 5
novembre 2008) ossia: "Definire criteri per la realizzazione di un
sistema di sostegno che fa leva sul punto unico di accesso, PUA,
responsabile dell'accoglienza della persona con disabilita' e
dell'attivazione dei percorsi di valutazione, mirati sia all'accesso
ai benefici di legge, sia alla definizione di un progetto
personalizzato di interventi integrati socio sanitari, tenendo conto
dei principi di appropriatezza, qualita' ed equita'.
Uno studio condotto dall'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari
Regionali (Age.na.s) nel 2008, evidenzia che in 18 Regioni italiane
sono presenti riferimenti normativi che prevedono i Punti Unici di
Accesso (PUA). In alcuni Regioni, tali riferimenti normativi hanno
gia' stimolato conseguenti sperimentazioni per valutare l'efficacia e
l'efficienza dei PUA sul territorio.
Inoltre, come descritto nel progetto promosso dal Ministero del
lavoro e delle politiche sociali e condotto dall'Istituto per la
Ricerca Sociale nel 2010: "Il sistema di protezione e cura delle
persone non autosufficienti. Prospettive, risorse e gradualita' degli
Interventi", nel panorama nazionale non si trova un modello univoco
di PUA, bensi' diverse configurazioni sperimentali riconducibili a
quattro possibili scenari:
mantenimento della situazione attuale che non prevede alcun
cambiamento;
modello reticolare secondo cui il PUA e' una modalita' generale
di accoglienza territoriale;
modello sistemico secondo cui il PUA e' anche luogo specifico
della presa in carico;
modello struttural-funzionale secondo cui il PUA rappresenta
una "macrofunzione complessa" in termini di snodo degli interventi
integrati.
Tale studio ha anche permesso di mettere a fuoco le maggiori
criticita' emerse nelle varie sperimentazioni:
notevole disomogeneita' degli stili attuativi di questo
dispositivo nei diversi contesti locali all'interno di una
configurazione "ad assetto variabile";
marcata difformita' delle pratiche di sperimentazione in atto
tale da generare forti squilibri territoriali;
sensibile differenziazione dell'assetto interno del PUA per
quanto riguarda:
l'impianto organizzativo: luogo fisico e/o modalita'
organizzativa;
i processi di lavoro: gli approcci tecnico-metodologici e le
funzioni specifiche del PUA.
Grazie al progetto ministeriale "Individuazione e implementazione
di un sistema di accesso unico alla rete dei servizi sociali e
sanitari della persona con disabilita'", affidata alla Regione
Toscana ed effettuata a partire da marzo 2008, con il coinvolgimento
delle Regioni Lazio, Campania, Friuli Venezia Giulia e Veneto, sono
invece emerse alcune raccomandazioni per definire le caratteristiche
del servizio offerto dai PUA.
In particolare si raccomanda un'attenzione al miglioramento
nell'accessibilita' e nell'appropriatezza nell'utilizzo dei servizi
attraverso la costituzione di una funzione di accesso unitario (in
termini di procedure) alla rete dell'offerta. Questo si concretizza,
quindi, attraverso la presenza dei seguenti elementi:
mappatura e identificazione della rete dei servizi disponibili
sul territorio;
continuita' della presa in carico dal momento della prima
segnalazione del bisogno;
attenzione alle risorse, sia a livello economico sia umane, per
una loro adeguata allocazione;
adeguata rilevazione dei livelli di scostamento tra i vari
modelli organizzativi territoriali;
facilitare l'integrazione istituzionale-professionale e la
circolazione delle informazioni;
corretta analisi della domanda grazie a una figura
adeguatamente formata (ad esempio una persona con competenza di
Disability & Case manager).
Il Punto unico di accesso per l'organizzazione delle cure e della
presa in carico risulta focale per l'adempimento agli obblighi come
da articolo 25 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con
disabilita'. Inoltre questo approccio ai servizi risulta conforme con
quanto dichiarato nella "Alma Ata Declaration", la quale afferma come
l'assistenza sanitaria di base dovrebbe essere sostenuta da sistemi
di riferimento integrati, funzionali e che siano complementari,
conducendo ad un progressivo miglioramento globale dei servizi di
assistenza sanitaria. La necessita' di un sistema integrato ed
efficace e' stata espressa anche da Paul Hunt, relatore delle Nazioni
Unite in riferimento al diritto alla salute, all'interno del Report
2008 per lo Human Rights Council. Hunt sottolinea come un sistema
sanitario dovrebbe essere organizzato secondo un mix di servizi
primari (community-based), secondari (district-based) e terziari
(specialized), strutturati al fine di fornire un continuum di
prevenzione e cura. Un sistema cosi' organizzato ha anche bisogno di
un processo efficace di dialogo tra il cittadino che usufruisce del
servizio e operatore, al fine di valutare l'eventuale necessita' di
servizi aggiuntivi, o la modifica degli stessi. E' necessario creare
un continuum di comunicazione tra cittadino e servizio al fine di
garantire il piu' alto livello di salute possibile. Quanto proposto
e' in linea anche con l'articolo 19 della Convenzione ONU sui diritti
della persone con disabilita' che richiede servizi di comunita' che
siano in grado di rispondere alle esigenze delle persone con
disabilita'.
Tipologia azione
Sviluppare di un modello integrato socio-sanitario di Punto Unico
di Accesso e di disability-case management.
Sviluppare e garantire misure atte ad assicurare alle persone con
disabilita' l'accesso ai servizi sanitari nella comunita' in cui
vivono, comprese le aree rurali.
Favorire una adeguata, corretta e precoce diagnosi e una completa
valutazione funzionale della persona che consideri sia la persona, la
sua condizione di salute e sia l'ambiente in cui la persona vive
secondo un approccio biopsicosociale.
Obiettivo
Facilitare l'accoglienza e la presa in carico di tutti i
cittadini, con una condizione di salute, per superare la criticita'
di una frammentazione dei servizi, della scarsa conoscenza dei
percorsi socio-sanitari da parte dei cittadini, nonche' della
complessita' dei percorsi amministrativi per l'erogazione dei
presidi, delle cure e altri servizi di supporto.
La figura del Disability & Case Manager dovra' essere in grado di
esaminare le esigenze e la situazione individuale e di relazionarsi
direttamente con il cittadino, per strutturare con lui una risposta
adeguata ai bisogni. Inoltre il Case Manager potrebbe fungere anche
da facilitatore, veicolo per un'informazione corretta sulla salute,
nel momento in cui il cittadino si trovi di fronte a scelte di cura e
presa in carico particolarmente complesse. Questa azione potrebbe
eliminare alcune barriere rispetto all'accessibilita'
dell'informazione. Ulteriori vantaggi potrebbero essere identificati
nella riduzione dei tempi di attesa per le prestazioni, una
tempestiva risposta nell'assistenza sanitaria e/o sociale, un
indirizzamento verso gli attori del SSN (sul territorio o in
ospedale) che possano garantire una identificazione precoce delle
patologie e la attuazione immediata di un piano di trattamento e
presa in carico individuale.
Tutto questo richiede un sistema di gestione dei servizi sanitari
moderno, efficace ed efficiente, che supporti il lato clinico della
gestione di una condizione di salute, ma che sappia creare momenti di
gestione condivisa delle attivita' di presa in carico e soprattutto
coordinate a livello di servizi di comunita'.
Azione/Intervento
Adottare a livello nazionale standard per l'accoglienza delle
persone con disabilita' nei servizi sanitari di prevenzione e cura.
Definire e approntare accomodamenti ragionevoli nei servizi di
salute generale per favorire pari opportunita' di accesso alla
diagnosi e cura per le persone con disabilita'.
Promuovere la formazione del personale sanitario sulle
problematiche dell'assistenza sanitaria alle persone con disabilita'.
Promuovere percorsi di facilitazione all'accesso delle cure e
servizi personalizzati.
Identificato il Servizio (Punto Unico di Accesso) e la
professione che ne coordinera' e gestira' l'operato (Disability &
Case Manager), il tutto va pensato e inserito all'interno di una
realta' gia' operante.
L'analisi della situazione ospedale e territorio dovra' essere
effettuata per mirare ad un'integrazione, quale primo nodo della
rete. Va dato impulso alla rete degli ospedali anche per le loro
funzioni ospedaliere e territoriali. L'ospedale deve diventare sempre
piu' un luogo tecnologicamente avanzato, dotato della strumentazione
di eccellenza, nel quale la persona con disabilita' deve permanere il
tempo strettamente necessario alla cura della sua fase acuta quando
possibile (vedi ad esempio l'intervento previsto dalle Linee Guida
sulle attivita' di riabilitazione del 1998 in materia di traumi
cranici e lesioni midollari). La funzione territoriale dell'ospedale,
attuata dai suoi bracci operativi sul territorio, riguardera'
l'attivita' di diagnosi e cura di primo e secondo grado di
complessita' e l'erogazione di servizi post-acuzie intermedi fra
l'ospedale e il domicilio (per es. sub-acuta). Per tale
riqualificazione, dovranno essere implementati modelli organizzativi
e gestionali in rete per funzioni, atti a realizzare forme di
continuita' assistenziale comprendendo anche l'ospedalizzazione
domiciliare e forme alternative al ricovero, presidiando il raccordo
con le cure domiciliari socio sanitarie ed integrandosi con esse. E'
necessario inoltre garantire strumenti omogenei di valutazione
funzionale della persona. In questo senso per ottenere flussi
informativi omogenei e con essi una migliore programmazione dei
servizi e degli interventi e' importante favorire l'utilizzo dell'ICF
come linguaggio comune.
In un contesto di territorio modellato sulle reti di patologia i
principali punti di raccordo della rete saranno i Medici di Medicina
Generale, i Pediatri di Libera Scelta, le Aziende Sanitarie Locali, i
soggetti erogatori di ricovero e cura e quelli extraospedalieri di
specialistica ambulatoriale, nonche' gli erogatori di prestazioni
socio sanitarie che dovranno lavorare in sinergia attraverso una
maggiore integrazione operativa. Verificati i benefici per gli
utenti, sara' necessario dare maggiore enfasi alla costituzione di
modelli di aggregazione nell'ambito della medicina generale, che
rispettino le caratteristiche peculiari dell'assetto territoriale e
del livello di integrazione gia' in essere.
L'integrazione dovra' prevedere uno stretto collegamento tra
sistema sanitario, socio sanitario e sociale, atta a garantire una
continuita' ed una semplificazione dei processi di accesso
all'assistenza. E' importante favorire interventi volti a garantire
un maggiore livello di accessibilita' e fruibilita' dei servizi
sanitari attraverso la realizzazione e promozione di strumenti
organizzativi dedicati.
In questa direzione la ricerca sociale e sanitaria ha dato in
questi anni elementi di valutazione e indicazioni di policy per lo
sviluppo di un sistema sociosanitario e sociale sempre piu'
accessibile, integrato e attento ai bisogni. In una prospettiva
sussidiaria l'impegno sara' quello di coinvolgere gli stakeholder
nella definizione delle priorita' di ricerca, valorizzare il
patrimonio conoscitivo prodotto dai diversi attori sociali, anche
promuovendo il confronto, ricercando sinergie, aumentando la
visibilita' e fruibilita' dei risultati ottenuti. Oltre alla
valorizzazione degli osservatori regionali, che devono comprende il
monitoraggio del lavoro svolto a livello comunale, sara' sviluppata
la collaborazione con le universita', i centri di ricerca, gli enti e
le fondazioni dei sistemi regionali.
Un'azione cosi' impostata deve prendere in considerazione la
dimensione dell'accessibilita' secondo tutte le sue sfumature, meglio
definita quindi come fruibilita', particolare garantire
accessibilita' fisica, accessibilita' nell'informazione e in
particolare garantire il diritto di non discriminazione e di
uguaglianza. Su questa linea, particolarmente rilevante risulta la
prossimita' dei Servizi al cittadino (accessibilita' geografica). Un
ulteriore vantaggio di un sistema di servizi basati sul PUA potrebbe
orientarsi ad una riduzione del peso economico del sistema sanitario.
Questo obiettivo puo' essere aggiunto grazie ad una migliore
razionalizzazione delle risorse collegata ad una razionalizzazione
delle cure e dei processi di presa in carico.
Infine il PUA potrebbe farsi intermediario di garanzia, tra Stato
e cittadini, della qualita' dei Servizi secondo criteri
scientificamente validi e clinicamente appropriati
Soggetti Coinvolti
Promotori
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Ministero della salute
Collaboratori
Regioni
Enti Locali
Assessorati alla Sanita'
ASL
Ospedali
Medicina di base
Associazioni delle persone con disabilita'
Terzo settore
Agenas
Destinatari finali
Sistema sanitario
Sistema integrato di interventi e servizi sanitari e sociali
Persone con disabilita' e famiglie
Sostenibilita' economica
Il processo di revisione normativa e organizzativa disegnato
dalle azioni sopra indicate non richiede investimenti aggiuntivi e
mira in modo specifico ad aumentare l'efficienza ed efficacia della
spesa, semplificando il processo accertamento e spingendo verso
un'effettiva integrazione socio-sanitaria.
c) Interventi in ambito di abilitazione e riabilitazione continua
Premessa/presentazione del tema
Il concetto di abilitazione e riabilitazione della Convenzione
(art. 26) introduce elementi di assoluta novita', in quanto si
riferisce non solo alla riabilitazione medica, ma anche alla
acquisizione di nuove capacita' psichiche, sociali e lavorative, o al
recupero di capacita' perdute a causa della disabilita', funzionali
al raggiungimento e al mantenimento della massima indipendenza, della
realizzazione personale e della partecipazione in tutti gli aspetti
della vita, all'inclusione e al pieno sviluppo delle potenzialita'
della persona. Sarebbe quindi necessario innanzi tutto adottare una
definizione di abilitazione e riabilitazione coerente con la
Convenzione ONU.
L'abilitazione e la riabilitazione delle persone con disabilita'
sono previste in Italia dalla legge n. 833/1978, dalla legge n.
104/1992 e dalla legge n. 328/1992. Conformemente all'art. 26 della
Convenzione, tali atti normativi garantiscono il diritto alle
prestazioni riabilitative e l'integrazione socio-sanitaria della
conduzione dei programmi di riabilitazione.
La legge n. 104/1992 ha innovato la normativa italiana in materia
di disabilita' attraverso un approccio inteso al recupero funzionale
e sociale della persona disabile, prevedendo che la Repubblica
Italiana assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione,
l'abilitazione e la riabilitazione (art. 1). L'art. 7 della
Legge-quadro stabilisce i principi e gli obiettivi dell'abilitazione
e della riabilitazione delle persone con disabilita'. In particolare,
la cura e la riabilitazione della persona handicappata deve essere
perseguita attraverso l'adozione di programmi che prevedano
prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che valorizzino
le abilita' di ogni persona handicappata e agiscano sulla globalita'
della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la
comunita'.
Le Linee-guida del Ministro della sanita' per le attivita' di
riabilitazione (Gazzetta Ufficiale 30 maggio 1998, n. 124)
introducono il progetto riabilitativo individuale come l'insieme di
proposizioni, elaborate dall'equipe riabilitativa, ed in particolare
tiene conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del
paziente (e/o dei suoi familiari, quando e' necessario), delle sue
menomazioni, disabilita' e, soprattutto, delle abilita' residue e
recuperabili, oltre che dei fattori ambientali, contestuali e
personali; definisce gli esiti desiderati, le aspettative e le
priorita' del paziente, dei suoi familiari, quando e' necessario, e
dell'equipe curante; deve dimostrare la consapevolezza e
comprensione, da parte dell'intera equipe riabilitativa, dell'insieme
delle problematiche dei paziente, compresi gli aspetti che non sono
oggetto di interventi specifici, e di regola puo' non prevedere una
quantificazione degli aspetti di cui sopra, ma ne da' una descrizione
in termini qualitativi e generali; definisce il ruolo dell'equipe
riabilitativa, composta da personale adeguatamente formato, rispetto
alle azioni da intraprendere per il raggiungimento degli esiti
desiderati; definisce, nelle linee generali, gli obiettivi a breve,
medio e lungo termine, i tempi previsti, le azioni e le condizioni
necessarie al raggiungimento degli esiti desiderati. Introducono
inoltre la "riabilitazione sociale" presupposto dell'abilitazione e
dell'empowerment che ha visto sperimentazioni significative nelle
ausilioteche o nei programmi del c.d. "budget di salute".
In riferimento alle Azioni per lo Sviluppo del Servizio Sanitario
Nazionale (Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 del Ministero della
salute), in materia di riabilitazione, si afferma come il quadro
epidemiologico evidenzia un incremento di persone con malattie
croniche o con disabilita' ed un crescente ricorso alla
riabilitazione intesa come processo che mira al recupero delle
persone con disabilita'. Sempre nel Piano Sanitario Nazionale
2011-2013 si afferma come tutte le regioni hanno affrontato la fase
della riabilitazione intensiva con l'attivazione di strutture
dedicate, ospedaliere pubbliche o private accreditate o strutture
extraospedaliere territoriali, mentre nella fase di riabilitazione
estensiva gli interventi rieducativi sono stati spesso articolati in
maniera sovrapposta a quelli di inclusione sociale. Si rende,
pertanto, necessaria una definizione dei vari setting riabilitativi,
definendo i criteri ed i requisiti che ne stabiliscano
l'appropriatezza d'uso in coerenza con le risorse a disposizione. A
livello nazionale (Ministero della salute, 2011) e' stata evidenziata
l'importanza di implementare la ricerca in ambito di abilitazione e
di riabilitazione continua, ad oggi molto debole. La complessita' di
ogni singolo caso e la variabilita' negli interventi e' un problema
conosciuto. Le metodologie solitamente utilizzate in ricerca molto
spesso sono di difficile trasferibilita' in questo campo, quindi sono
accolte favorevolmente studi su caso singolo o altre nuove
metodologie.
In riferimento al Piano di Indirizzo per la riabilitazione,
promulgato dal Ministero della salute (2011) e' possibile affermare
che per definire correttamente il grado di necessita' della persona
da riabilitare, si possono individuare tre dimensioni che
opportunamente combinate permettono di allocare la persona in setting
maggiormente appropriati in relazione alla fase del percorso di cura:
complessita' clinica;
disabilita' (definita come la perdita delle capacita'
funzionali nell'ambito delle attivita' fisiche, motorie, cognitive
che, nella piu' attuale concezione bio-psico-sociale, impattano con i
fattori ambientali riducendo il livello di partecipazione
dell'individuo nello svolgimento delle attivita' della vita
quotidiana e di relazione);
multimorbidita' (questo aspetto considera l'importanza di
prendere in considerazione altre condizioni di salute che si
accompagnano alla diagnosi principale).
Il piano di indirizzo suggerisce una via per la riabilitazione
medica, sebbene non siano contemplate le azioni di abilitazione, tra
cui il peer counselling che raggiunga degli obiettivi che fanno
riferimento all'empowerment della persona, al suo livello di
partecipazione. Risultano piu' evidenti le convergenze tra i principi
delle Linee guida per la riabilitazione e la Convenzione ONU sui
diritti delle persone con disabilita'.
In secondo luogo, analogamente a quanto rilevato a proposito del
diritto all'educazione permanente, non esistono in Italia standard o
meccanismi di monitoraggio a livello nazionale atti a verificare
l'effettivo accesso degli adulti con disabilita', specie se con
necessita' di sostegno intensivo, a percorsi di abilitazione sociale
e professionale sul territorio o nei servizi semi-residenziali o
residenziali, anche attraverso un sostegno quantitativamente e
qualitativamente adeguato alle necessita' abilitative individuali, in
applicazione dell'art. 14 della legge n. 328/00. Anche in questo
settore la discrezionalita' regionale e' quindi ampliata in modo
improprio per l'assenza di norme nazionali.
Sarebbe quindi necessario riconoscere l'accesso a percorsi di
abilitazione e riabilitazione sociale e lavorativa come un diritto
esigibile, non come una possibilita' condizionata alla disponibilita'
di risorse, attraverso la definizione di vincoli definiti per le
amministrazioni regionali ed enti locali, per il sistema integrato
dei socio-sanitari. Tale accesso dovrebbe realizzarsi sul territorio
attraverso percorsi e sostegno flessibili, adeguati e appropriati
alle necessita' individuali, e anche nei servizi socio-sanitari
residenziali e semi-residenziali per adulti con disabilita', che
dovrebbero garantire un orientamento fortemente abilitativo nonche'
il sostegno qualitativo e quantitativo appropriato e adeguato alle
necessita' di ogni persona con disabilita', indipendentemente
dall'eta', dal tipo di disabilita'.
Tipologia azione
Misure atte a garantire la partecipazione delle persone con
disabilita' a programmi e servizi di abilitazione e riabilitazione e
la disponibilita' di detti servizi a partire dalla riorganizzazione
normativa e ordinamentale in base all'art 26 della Convenzione ONU.
Obiettivo
Assicurare il diritto all'empowerment delle persone con
disabilita' tramite interventi per la riabilitazione e abilitazione
precoce e per quella continua nonche' gli specifici interventi
riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o presso i centri socio
riabilitativi ed educativi a carattere diurno o residenziale
Azione/Intervento
Realizzare un programma di riforma delle attivita' di
riabilitazione e abilitazione attraverso l'armonizzazione normativa e
ordinamentale in base ai principi ed alle prescrizioni dell'art 26
della Convenzione ONU, a partire dai bisogni abilitativi delle
persone con disabilita' con necessita' di sostegni intensivi come le
disabilita' intellettive e relazionali e la salute mentale. Tale
innovazione normativa deve includere la valutazione e
l'identificazione di ausili, strumentazione e strategie dirette
all'autodeterminazione delle persone con disabilita', nonche' del
sostegno tra pari. Infine deve includere la riforma dei criteri di
accreditamento. Fornire un contributo nell'ambito della ricerca nel
campo della riabilitazione continua e della abilitazione orientate
all'empowerment che possa rispondere ad alcune necessita' emergenti e
a modalita' innovative di organizzazione e programmazione dei servizi
territoriali (ivi incluso il peer counselling), e che possa utilmente
trasferito in contesti come la scuola, il lavoro o l'abitazione.
Le azioni che vanno intraprese devono seguire la via della
riduzione nella frammentazione dei servizi di riabilitazione.
Frammentazione che puo' essere ridotta anche attraverso l'apporto
della Classificazione ICF in merito all'uniformare i linguaggi tra
diversi servizi di cura e presa in carico. Linguaggio ICF che
accompagni l'operazionalizzazione delle modalita' di riabilitazione,
degli interventi e dei Servizi, a partire dalla definizione di
disabilita', quale principio della Convenzione ONU.
Classificare la condizione di disabilita' e il funzionamento
delle persone, secondo i livelli di complessita' proposti da ICF, e'
un primo passo per organizzare i Servizi di riabilitazione orientati
ai bisogni della persona avendo chiaro il ruolo che i fattori
ambientali, a partire dagli ausili, fino alle tecnologie assistive,
possono avere nel processo di abilitazione e riabilitazione.
Il coinvolgimento attivo nella pianificazione del progetto
riabilitativo e abilitativo deve essere sempre perseguito. Utilizzare
l'ICF quale tassonomia per la progettazione di piani per la
riabilitazione individuare puo' portare ad una migliore erogazione e
prestazione delle cure, grazie al coinvolgimento della persona, ad
una sistematizzazione nell'applicazione delle Linee guida per la
riabilitazione, creando inoltre un sistema di raccolta dati derivanti
dalle pratiche di riabilitazione.
Realizzare a livello regionale e nazionale una raccolta dati
utile al monitoraggio delle strutture riabilitative, al fine di un
uso razionale delle risorse, grazie ad una valutazione periodica dei
Servizi.
Soggetti Coinvolti
Promotori
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Ministero della salute
Collaboratori
MIUR
Regioni
Enti Locali
Associazioni delle persone con disabilita'
Terzo settore
INPS
Destinatari finali
Sistema sanitario
Sistema integrato di interventi e servizi sociali
Persone con disabilita' e famiglie
Sostenibilita' economica
Le risorse inerenti allo sviluppo dell'azione descritta faranno
riferimento a quanto stabilito nelle Azioni per lo Sviluppo del
Servizio Sanitario Nazionale (Piano Sanitario Nazionale 2011- 2013
Ministero della Salute) in materia di riabilitazione. Nel PSN
2011-2013 si afferma come il quadro epidemiologico evidenzia un
incremento di persone con malattie croniche o con disabilita' ed un
crescente ricorso alla riabilitazione intesa come processo che mira
al recupero delle persone con disabilita'. Sempre nel Piano Sanitario
Nazionale 2011-2013 si afferma come tutte le regioni hanno affrontato
la fase della riabilitazione intensiva con l'attivazione di strutture
dedicate, ospedaliere pubbliche o private accreditate o strutture
extraospedaliere territoriali, mentre nella fase di riabilitazione
estensiva gli interventi rieducativi sono stati spesso articolati in
maniera sovrapposta a quelli di inclusione sociale. Si rende,
pertanto, necessaria una definizione dei vari setting riabilitativi,
definendo i criteri ed i requisiti che ne stabiliscano
l'appropriatezza d'uso in coerenza con le risorse a disposizione.
Capitolo 9
Linea di intervento 7
Cooperazione internazionale
Premessa/presentazione del tema
Nel novembre del 2010 la Direzione Generale per la Cooperazione
allo Sviluppo (D.G.C.S.) del Ministero degli esteri ha approvato le
"Linee Guida per l'introduzione della tematica della disabilita'
nell'ambito delle politiche e delle attivita' della cooperazione
italiana" redatte sulla base degli standard internazionali e, in
particolare, della "Convenzione sui Diritti delle Persone con
Disabilita'". Le suddette Linee Guida prevedono la redazione di un
Piano di Azione per le persone con disabilita' per la loro
applicazione.
Nel 2011 e' stato costituito un "Tavolo di Lavoro per la
redazione del Piano di Azione" MAE, in stretta sinergia con lo
sviluppo delle attivita' previste nel presente programma, a cui
partecipano rappresentanti della societa' civile della Rete Italiana
Disabilita' e Sviluppo.
Obiettivo
Formulazione di un Piano di azione per le persone con disabilita'
della Cooperazione Italiana DGCS/MAE.
Azioni/Interventi
Linea di intervento: Politiche e strategie per la puntuale
definizione degli strumenti di programmazione e monitoraggio delle
politiche della disabilita'.
Azioni:
definizione di un piano formativo indirizzato a tutto il
personale del MAE DGCS e agli enti esecutori di iniziative;
creazione di un "accommodation fund", sulla base delle risorse
disponibili, che sostenga la promozione e realizzazione di progetti
indirizzati alle persone con disabilita', basati sull'approccio a
doppio binario;
finanziamento di un apposito progetto per la creazione di un
sistema di monitoraggio;
identificazione di specifici indicatori utili a misurare
l'impatto dei progetti in favore delle persone con disabilita';
preparazione di un modello di report per le attivita' di
divulgazione e di reporting incluse quelle per l'Osservatorio
Nazionale sulla condizione delle persone con disabilita';
costituzione di un gruppo di lavoro per l'aggiornamento della
raccolta sistematica di dati secondo le categorie OCSE - DAC;
promozione, valorizzazione e scambio di conoscenze ed
esperienze con le istituzioni italiane, con le agenzie di
cooperazione che si occupano di aiuto allo sviluppo e con le
Commissioni per i Diritti Umani presenti nei paesi partner;
definizione di una strategia di intervento nei tavoli europei
ed internazionali che includa la disabilita' e promuova un sistema di
monitoraggio delle azioni e dei progetti sulla base dell'esperienza
acquisita.
Linea di intervento: Progettazione inclusiva
Azioni:
organizzazione di corsi di formazione per la progettazione
inclusiva delle persone con disabilita' anche attraverso il canale
della cooperazione universitaria:
promozioni di moduli di formazione su "sviluppo, diritti umani
e disabilita'" nei corsi e master universitari.
Linea di intervento: Situazioni di emergenza
Azioni:
costituzione di un gruppo di lavoro del MAE e delle istituzioni
competenti per individuare come accrescere le competenze tecniche e
le capacita' di progettazione per la definizione piu' accurata dei
bisogni e dei diritti delle persone con disabilita' in situazioni di
catastrofi e disastri naturali;
Introduzione a livello universitario e di master moduli
formativi su emergenza e persone con disabilita'.
Linea di intervento: Accessibilita'
Azioni:
costituzione di un gruppo di lavoro di esperti del MAE,
rappresentanti delle istituzioni e della societa' civile per la
definizione di direttive da seguire nei progetti di cooperazione
affinche' essi rispettino le norme relative all'accessibilita';
prevedere che i progetti abbiano un abstract sintetico nei
formati accessibili;
promozione di un piano di interventi per rendere accessibili le
infrastrutture del Ministero affari esteri in Italia e all'estero;
individuazione e pubblicizzazione, nei formati accessibili, di
percorsi dedicati per l'accesso alle strutture su citate;
organizzazione di corsi di formazione per il personale preposto
alla sicurezza in servizio in Italia e all'estero;
verifica e adattamento dei siti web del MAE per garantire la
piena accessibilita'.
Linea di intervento: valorizzazione delle competenze ed
esperienze della societa' civile
Azioni:
favorire interventi specificamente diretti alle persone con
disabilita', alle loro organizzazioni e alle loro reti e favorire il
loro coinvolgimento nelle varie fasi di progetto;
prevedere azioni di coordinamento delle ONG, enti esecutori dei
progetti, per la realizzazione di iniziative a livello regionale.
Linea di intervento: Coinvolgimento e valorizzazione delle
imprese
Azioni:
individuazione di strategie che favoriscano il coinvolgimento
del mondo imprenditoriale per le attivita' relative
all'accessibilita' di servizi, edifici e trasporti, informazione e
nuove tecnologie;
coinvolgimento delle imprese nella progettazione e
realizzazione di contesti lavorativi accessibili, in grado di
favorire l'inclusione lavorativa delle persone con disabilita'.
Le azioni su citate dovranno prevedere il coordinamento con le
azioni previste dalle Linee guida trasversali della Cooperazione
Italiana: minori, poverta', salute, genere, cooperazione decentrata
etc.
Soggetti Coinvolti
Istituzioni centrali
Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con
disabilita'
Enti locali
ONG, OPD, Onlus
Fondazioni
Federazioni
Imprese
Cooperative
Consorzi
Universita'
Centri di Ricerca
(1) Testo consolidato cosi' come approvato dall'Osservatorio
Nazionale sulla condizione delle persone con disabilita' in data
12 febbraio 2013 e recante le modifiche concordate in tale sede
ed apportate dalla Segreteria Tecnica dell'Osservatorio.
(2) La ratifica italiana e' avvenuta con la legge n. 18 del 3 marzo
2009 "Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni
Unite sui diritti delle persone con disabilita', con Protocollo
opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione
dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con
disabilita'" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14
marzo 2009 e depositata il 15 maggio dello stesso anno alle
Nazioni Unite. Il testo della Convenzione in italiano e'
scaricabile dal sito del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali (http://www.lavoro.gov.it/).
(3) La Sesta Relazione al Parlamento (2010-2011), a cura della
Direzione Generale per le politiche dei servizi per il lavoro del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e' realizzata
sulla base dei dati trasmessi dalle Regioni al Ministero, ai
sensi dell'articolo 21 della legge n. 68/99, e dell'attivita' di
indagine curata dall'ISFOL, ai sensi della convenzione ISFOL -
Ministero, sullo stato di attuazione della presente legge.
(4) Vedasi decreto del Tribunale di Catanzaro 9 aprile 2009, che,
gia' pochi giorni dopo la ratifica della CRPD in Italia, partendo
dal presupposto della minor limitazione possibile della capacita'
d'agire ai sensi dell'art. 12 della Convenzione e del
riconoscimento per le persone con disabilita' della loro
autonomia ed indipendenza individuale, compresa la liberta' di
compiere le proprie scelte" (lettera n del Preambolo), ha
ritenuto giusto applicare un'amministrazione di sostegno al posto
di un'inabilitazione.
(5) Si veda AC 2037, XVI Legislatura, recante "Norme per
l'inserimento dello studio della tecnica e della tecnologia atte
al superamento delle barriere architettoniche negli edifici
pubblici e privati nei programmi didattici delle scuole
secondarie di secondo grado e nell'ambito degli insegnamenti
impartiti presso le universita', nonche' introduzione di sanzioni
penali per il mancato adeguamento di edifici e spazi pubblici
alla vigente normativa in materia di eliminazione delle barriere
architettoniche".
(6) Proposta di Legge A. C. 2367 Argentin, recante "Norme per
l'inserimento allo studio della tecnica e della tecnologia atte
al superamento delle barriere architettoniche negli edifici
pubblici e privati nei programmi didattici delle scuole
secondarie di secondo grado e nell'ambito degli insegnamenti
impartiti presso le universita', nonche' introduzione di sanzioni
penali per il mancato adeguamento di edifici e spazi pubblici
alla vigente normativa in materia di eliminazione delle barriere
architettoniche".
(7) Si veda nota precedente.
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