Inidonei, possibile la dispensa

da ItaliaOggi

Inidonei, possibile la dispensa

In alternativa saranno impiegati nelle attività di recupero

di Nicola Mondelli  

Nell’aula di Montecitorio è iniziato, anche se con qualche giorno di ritardo rispetto a quanto inizialmente calendarizzato, e con un ricorso al voto di fiducia già autorizzato ma che si proverà a evitare fino alla fine, l’esame del decreto legge 12 settembre 2013, n.104, contenente misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca.

Rispetto al testo approvato dal consiglio dei ministri, quello all’esame della camera, e che il senato dovrà licenziare a tempi di record, contiene varie modifiche apportate dalla VII commissione cultura presieduta dal Giancarlo Galan (Pdl), modifiche oggetto di molte tensioni tra Pd, Pdl e governo, che hanno prodotto anche le dimissioni da relatore di Galan (si veda ItaliaOggi di sabato scorso). Relatrice in aula, Manuela Ghizzoni, Pd: «Spero che si possa lavorare sugli emendamenti in aula senza ostruzionismo e senza dover ricorrere così alla fiducia». Oltre 400 le richieste di modifica a ieri sera depositate.

Docenti di sostegno

Relativamente all’assunzione dei docenti di sostegno, l’emendamento Galan approvato in commissione ha aggiunto al comma due il seguente periodo: «A decorrere dall’anno scolastico 2013/2014 ai Tfa, ai Master e ai Corsi di perfezionamento sulla pedagogia speciale, conseguiti a livello universitario, vengono riconosciuti dei crediti formativi afferenti la didattica speciale o al tirocinio sulla disabilità utili ai fini della precedenza nel conferimento degli incarichi di sostegno rispetto alle graduatorie d’istituto incrociate e di quello in possesso del titolo di specializzazione non inserito in nessuna graduatoria». É confermata la rideterminazione della percentuale di aumento dell’organico dei docenti di sostegno (settantacinque per cento nel 2013/2014 e novanta per cento nel 2014/2015). A decorrere dall’anno scolastico 2015/2016 dovrà essere pari al cento per cento di quello in vigore nel 2006/2007.

Docenti inidonei

Nessuna modifica è stata apportata al comma 4. Pertanto dal 1° gennaio 2014 sono abrogate le disposizioni che dispongono il passaggio d’ufficio nei ruoli del personale Ata dei docenti che alla data del 31 dicembre 2013 risultano essere dichiarati permanentemente inidonei per motivi di salute a svolgere la funzione docente, ma idonei ad altri compiti. Importante risulta la modifica apportata al comma 6, su proposta da Maria Coscia ed altri (Pd). Viene infatti disposto che il docente dichiarato permanentemente inidoneo ma idoneo ad altri compiti, successivamente al 1° gennaio 2014, potrà chiedere, ove ne abbia i requisiti (quindici anni di servizio), di essere dispensato dal servizio. In alternativa dovrà presentare, entro 30 giorni dal riconoscimento dell’inidoneità, istanza per il passaggio nel personale Ata. In assenza di posti richiesti dovrà essere assoggettato obbligatoriamente alla mobilità compartimentale in ambito provinciale.Nelle more dell’applicazione della mobilità intercompartimentale, il personale può essere utilizzato per le iniziative di cui all’articolo 7 del decreto (aiuto allo studio,l’aggregazione giovanile e il recupero da situazioni di disagio) o per altre iniziative per la prevenzione della dispersione scolastica, per attività culturali e di supporto alla didattica, anche in reti di istituzioni scolastiche. Per quanto riguarda invece il personale docente, già dichiarato permanentemente inidoneo alla data dell’entrata in vigore del decreto, è confermato che entro il 20 dicembre 2013 dovrà essere sottoposto a nuova visita da parte delle competenti commissioni mediche che però non saranno integrate, come prevedeva il testo originale, da un rappresentante del ministero dell’istruzione. Nel caso di mancata conferma dell’inidoneità dovrà tornare ad insegnare. In caso invece di conferma , i docenti potranno chiedere, ove ne hanno i predetti requisiti, di essere dispensati dal servizio. Alla nuova visita i docenti inidonei potranno tuttavia rifiutare di esservi sottoposti In tale caso trovano integrale applicazione le disposizioni del comma 6 dell’articolo 15, come modificato in commissione.

Ok alle palestre

Tra gli emendamenti accolti, ok alla proposta di Scelta civica di estender gli interventi straordinari di manutenzione alla realizzazione o al miglioramento delle palestre negli edifici scolastici.

No agli ex enti locali

Ancora disco rosso invece alla richiesta del personale Ata e degli insegnanti tecnico pratici, già dipendenti degli enti locali e poi trasferiti allo stato, di essere inquadrati nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base dell’anzianità maturata nell’ente locale di provenienza. Non è stato infatti accolto un emendamento in tale senso proposto da Centemero Elena e altri(Pdl).

Senza il nuovo Cnpi rischio paralisi per l’attività del ministero

da ItaliaOggi

Senza il nuovo Cnpi rischio paralisi per l’attività del ministero

Dalle sperimentazioni ai concorsi, cosa può succedere

Giorgio Candeloro

Cnpi-Cspi: sulla soppressione del vecchio parlamentino della scuola e la mancata istituzione del nuovo si gioca un’altra puntata della prossima, probabile, «battaglia d’autunno» tra sindacati e ministero. Un decreto legge del 1999 (governo D’Alema) stabilisce l’istituzione del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, organo collegiale consultivo del ministero, con rappresentanti sia nominati che eletti, delle varie componenti della scuola, in sostituzione del precedente Cnpi, più vecchio del paese stesso, in quanto costituito nel 1847 nell’allora Regno di Sardegna;

Per dodici anni il nuovo organismo non viene costituito e il Cnpi rimane in funzione in regime di prorogatio, sebbene nei fatti svuotato di contenuti e di attribuzioni;

Nel 2012 il governo Monti decide di non procedere più alla prorogatio delle funzioni del Cnpi e quest’ultimo esce definitivamente di scena il 31-12-2012. Nella primavera scorsa la Flc-Cgil ricorre al Tar del Lazio contro questa decisione, chiedendo in sostanza o una nuova prorogatio del Cnpi o l’istituzione del «nuovo» Cspi (in realtà vecchio di 12 anni). Il 15 ottobre 2013 il Tar del Lazio dà Ragione al sindacato (si veda ItaliaOggi di martedì scorso), «condanna l’inerzia del ministero», e intima, entro 60 giorni, di istituire il Cspi. In caso di inadempienza il Tar individua fin d’ora nel prefetto di Roma il commissario ad acta per costituire il Consiglio e procedere ad elezioni e nomine. La posizione del Tar Lazio è che, sebbene il vecchio consiglio sia stato cancellato, non lo sono state tutte le funzioni consultive previste su vari atti del ministero.Il consiglio, recita il decreto legislativo n. 297/1994, «esprime i pareri obbligatori in ordine alla promozione della sperimentazione e della innovazione sul piano nazionale e locale, e ne valuta i risultati;…. esprime il parere obbligatorio previsto dall’articolo 74, in materia di calendario scolastico; … esprime pareri obbligatori in ordine alle disposizioni di competenza del Ministro della pubblica istruzione in materia di concorsi, valutazione dei titoli e ripartizione dei posti di cui agli articoli 404, 416, 419, 422, 425, e 427 in materia di utilizzazioni di cui all’articolo 455, in materia di trasferimenti e passaggi di cui agli articoli 463 e 471 in materia di titoli valutabili e punteggi per il conferimento delle supplenze, al personale docente, in materia di concorsi e conferimento delle supplenze per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, di cui agli articoli 553 e 581».

Secondo questa ricostruzione, un ministero inadempiente sul Cnpi-Cspi potrebbe essere non legittimato ad assumere decisioni importanti, tra le quali perfino un nuovo concorso, e rischierebbe di non vedersi più registrati dalla Corte dei conti gli atti sui quali è previsto un parere. Insomma, un’amministrazione quasi paralizzata

Sì all’aggiornamento coatto dei prof

da ItaliaOggi

Sì all’aggiornamento coatto dei prof

Tra i formatori, entrano le associazioni professionali

Antimo Di Geronimo

Torna l’aggiornamento obbligatorio con i corsi organizzati dalle associazioni accreditate presso il ministero e dalle università. Lo prevede un emendamento al decreto 104/2013 approvato dalla VII commissione della camera il 24 ottobre scorso. Che stanzia 10 milioni di euro per reintrodurre per legge l’aggiornamento coatto, mediante la frequenza a percorsi formativi organizzati da terzi estranei alle scuole e all’amministrazione scolastica.

Un po’ come è avvenuto dal 1995 al 1999, quando per passare al gradone successivo bisognava documentare la frequenza a 100 ore di formazione. La modifica riguarda il comma 1, dell’articolo 16, che cancella l’automatismo dell’obbligatorietà della frequenza ai corsi solo per i docenti delle scuole in cui risultati delle prove Invalsi fossero risultati particolarmente bassi. Ma estende l’obbligatorietà a tutto il personale.

E a differenza della precedente stesura, l’emendamento amplia il catalogo degli aventi titolo ad organizzare i corsi includendo anche le associazioni professionali accreditate. L’aggiornamento obbligatorio tramite la frequenza ai corsi organizzati da queste associazioni era stato cancellato da tempo.

Oltre tutto questa facoltà è qualificata alla stregua di diritto nel contratto collettivo di settore.

In ciò lasciando intendere che il docente abbia diritto a scegliere liberamente gli strumenti e le modalità tramite le quali provvedere al proprio aggiornamento. Non di meno, se di obbligo si tratta, tale prescrizione non può che rientrare nella prestazione ordinaria. Perché lo straordinario è facoltativo per definizione. E quindi le ore di aggiornamento obbligatorie non potranno che rientrare nell’orario di lavoro ordinario, nel rispetto dei limiti fissati dalla contrattazione collettiva per le relative prestazioni.

Quanto alle materie per le quali sono previsti gli interventi di formazione esse sono indicate in un elenco tassativo contenuto nello stesso articolo 16. I

n primo luogo sono previsti interventi volti al rafforzamento delle conoscenze e delle competenze di ciascun alunno, per migliorare gli esiti nelle valutazioni nazionali Invalsi e degli apprendimenti. In più sono previsti percorsi formativi per migliorare l’integrazione degli alunni disabili e svantaggiati.

E per aumentare le competenze relative all’educazione all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere. Idem per aumentare le competenze relativamente ai processi di digitalizzazione e di innovazione tecnologica e per favorire i percorsi di alternanza scuola-lavoro.

Il D.L. 104 deve passare: altrimenti milioni di studenti e prof torneranno a fumare in cortile

da Tecnica della Scuola

Il D.L. 104 deve passare: altrimenti milioni di studenti e prof torneranno a fumare in cortile
di A.G.
Fabrizio Faggiano, dell’Osservatorio epidemiologico delle dipendenze del Piemonte, ricorda che a scuola il gruppo dei coetanei e dagli insegnanti fanno da traino: vedere loro che fumano nell’atrio o fuori il cancello rende normale questo comportamento. Critiche al decreto: non è stato affiancato da una campagna di comunicazione adeguata ed è arrivato all’improvviso. E ora rischia pure di non diventare legge.
Il mondo della medicina è in apprensione. Il motivo risiede nel pericolo che il decreto legge 104 alla fine possa non essere convertito in legge entro il prossimo 11 novembre: nel D.L. ‘Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca’, all’art. 4, è presente la norma che proibirebbe a studenti, docenti e personale di fumare sigarette anche negli ambienti esterni alle scuole. Quindi pure nei cortili delle scuole. Una misura che, secondo gli esperti, può segnare un passo importante nella lotta contro il fumo e la tutela della salute dei più giovani, soprattutto considerando che è proprio a scuola che avviene la prima iniziazione a tabacco e sigarette.
Il provvedimento vieta il fumo nei cortili, nei parcheggi e negli impianti sportivi di pertinenza delle scuole. ‘
‘Il fumo di tabacco – spiega Fabrizio Faggiano, dell’Osservatorio epidemiologico delle dipendenze del Piemonte sul sito di Epicentro dell’Istituto superiore di sanità – trova nell’adolescenza il periodo a maggior rischio di iniziazione – E’ in questa fase infatti che avviene la maggior parte delle sperimentazioni dell’uso di tabacco, che diventano negli anni successivi dipendenza da nicotina con una probabilità del 30%”. E il primo approccio con tabacco e sigarette avviene molto spesso a scuola, in cortile, in palestra o nei parcheggi davanti l’istituto. “La scuola è un contesto cruciale per l’iniziazione. Il principale fattore di rischio del tabagismo è infatti la pressione sociale, che si esprime soprattutto come percezione della normalità del comportamento. Nella scuola, luogo in cui l’adolescente passa una parte cospicua della propria vita, la pressione sociale è esercitata dal gruppo dei coetanei e dagli insegnanti, e vedere i compagni e i professori che fumano in cortile e davanti alla scuola rende normale questo tipo di comportamento. L’adolescente tende ad adeguarsi all’atteggiamento degli amici e a quello degli adulti di riferimento”.
A conferma di ciò vi sarebbero anche alcuni studi, che dimostrano che il rischio di iniziazione all’uso di tabacco è significativamente maggiore per gli studenti che hanno l’occasione di vedere i propri insegnanti fumare. Tuttavia, non mancano le difficoltà alla messa in pratica di questo decreto, che “non è stato affiancato da una campagna di comunicazione adeguata, ed è arrivato all’improvviso – rileva Faggiano – all’inizio dell’anno scolastico, senza una preparazione preliminare al suo recepimento”. Presidi e insegnanti si sono chiesti cosa fare, se incoraggiare la legge, ammonire, o riferire all’addetto di controllo per multare il fumatore. Quesiti rimasti senza una risposta condivisa, perchè non c’è stato “un periodo di apprendimento della norma”.

Precari “storici”, la Commissione europea risponde a chi vuole essere assunto

da Tecnica della Scuola

Precari “storici”, la Commissione europea risponde a chi vuole essere assunto
di A.G.
La Direzione Generale occupazione, affari sociali e inclusione, pur ricordando di non poter intervenire nei singoli casi, sta chiedendo agli interessati di inviare informazioni aggiuntive per valutare l’eventuale prosecuzione dell’iter in sede europea. L’iniziativa dà impulso alle speranze di almeno 20mila supplenti con più di tre anni di servizio. L’Anief predispone un modello di risposta.
“Caro precario…”: potrebbe iniziare così la missiva che la Commissione europea sta provvedendo a far pervenire in questi giorni a migliaia di precari della scuola italiana, con almeno tre anni di servizio anche non continuativo, che nei mesi scorsi avevano presentato ricorso per la mancata applicazione in Italia di una direttiva Ue di 14 anni fa che permetterebbe di trasformare i loro rapporti di lavoro, in presenza di posti vacanti, in contratti a tempo indeterminato. La Direzione Generale occupazione, affari sociali e inclusione della Commissione europea, pur ricordando di non poter intervenire direttamente nei singoli casi, sta chiedendo agli interessati di inviare una serie di informazioni aggiuntive per valutare l’eventuale prosecuzione dell’iter in sede europea, utili in riferimento alla procedura di infrazione già in corso o per l’apertura di ulteriori procedimenti a carico dello Stato italiano
Come avevamo rilevato su questa testata giornalistica “il giudice del lavoro di Napoli, il 2 gennaio scorso, ha sottolineato che la legge 106/2011 è in totale contrasto con le norme comunitarie, e in particolare con la direttiva europea 1999/70/CE. Ad onore del vero di sentenze come quella espressa dal giudice del lavoro della città partenopea, ce ne sono tante altre, tanto da non rappresentare più una notizia, ma semplicemente una evidente illegittimità della legge 106. Questa legge ha bloccato sul nascere, e con validità retroattiva, la legittima aspettativa di circa ventimila precari ad entrare in ruolo, ovvero a vedere trasformato il contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato”.
Ora, la risposta della Commissione europea sembra dare impulso alle speranze di almeno 20mila docenti e Ata della scuola. L’Anief, che ha tentato prima di tutti questa strada, non nasconde la sua soddisfazione per l’evolversi delle cose: “la Commissione, nel ricordare con la situazione sia già sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles – dopo l’apertura della procedura di infrazione 2010/2124 – dimostra il proprio interesse per le vicende della scuola italiana che, in violazione della Direttiva 1999/70/CE, continua a mantenere in stato di precarietà centinaia di migliaia di docenti e Ata, senza il lavoro dei quali il nostro sistema di istruzione non potrebbe funzionare.”.
L’Anief ha anche predisposto un modello di risposta, corredato di alcuni allegati, da inviare alla Commissione al fine di integrare la denuncia fatta negli scorsi mesi. Si tratta di una serie di osservazioni che il sindacato utilizzerà a supporto delle cause che saranno discusse alla Corte di giustizia europea sulla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Unione, su cui la Ue ha da tempo presentato osservazioni scritte. Insomma, non è ancora il caso che i supplenti ricorrenti si lascino andare a facili entusiasmi. Ma nemmeno si può negare loro di sperare sul buon esito della vicenda.

Sentenza di Torino: chi accetterà ancora incarichi per la sicurezza?

da Tecnica della Scuola

Sentenza di Torino: chi accetterà ancora incarichi per la sicurezza?
di R.P.
Se i docenti dovessero rifiutare gli incarichi la sentenza avrebbe effetti paradossali: la sicurezza nelle scuole anzichè migliorate peggiorerebbe.
La condanna di tre docenti responsabili della sicurezza del liceo Darwin di Rivoli apre un problema rilevante di cui certamente i giudici piemontesi non hanno tenuto conto ma di cui, da domani, dovranno tenere nella dovuta considerazione il ministero e soprattutto i dirigenti scolastici. La questione è semplice ma di difficile soluzione: quanti insegnanti, d’ora in poi, saranno disponibili ad assumere incarichi di qualche genere nell’ambito della sicurezza per pochi spiccioli di fondo di istituto ma con il rischio di finire in un’aula di tribunale e di essere condannati ad un paio d’anni di reclusione? Non vorremmo essere catastrofici, ma non è improbabile che, già dai prossimi giorni, in molte scuole italiane docenti e personale amministrativo si dimettano da incarichi in materia di sicurezza. Non è da escludere, oltretutto, una sorta di “effetto domino”: se in una scuola vi sono 3-4 docenti responsabili, in caso di dimissioni anche di uno solo di loro, le responsabilità verrebbero comunque a ricadere su coloro che restano in carica che vedrebbero così aumentare il proprio impegno. C’è anche da considerare che la pesante riduzione dei fondi destinati al pagamento degli incarichi aggiuntivi sta rendendo sempre meno “appetibili” ulteriori impegni oltre a quelli contrattualmente dovuti. Ma, se davvero una buona percentuale di docenti dovesse rinunciare ad incarichi sulla sicurezza, l’effetto paradossale della sentenza di Torino sarà esattamente contrario a quello auspicato da più parti: la sicurezza nelle scuole anziché aumentare diminuirà ulteriormente perché non ci saranno più figure “sensibili” che potranno segnalare ai dirigenti scolastici i problemi su cui intervenire. Insomma, la sentenza di Torino potrebbe aprire una nuova stagione nelle scuole italiane con dirigenti scolastici sempre più oberati da impegni legati alla sicurezza della scuola e con sempre meno tempo e meno risorse per garantire che la scuola svolga la propria funzione educativa.

Il decreto scuola alla Camera, riferisce Ghizzoni

da Tecnica della Scuola

Il decreto scuola alla Camera, riferisce Ghizzoni
di P.A.
Esodatosi Giancarlo Galan, relatrice del provvedimento è l’on Manuela Ghizzoni. Il decreto prevede l’assunzione di 26mila insegnanti di sostegno, un piano triennale per l’immissione in ruolo 69mila docenti e 16mila Ata, il sostegno al welfare degli studenti e più borse di studio
Dopo la Camera, scrive Il Sole 24 Ore, il Dl – che scade l’11 novembre – passerà al Senato con delle modifiche approvate in commissione Cultura rispetto al testo presentato dalla ministra Carrozza. A parte l’annunciata manifestazione del 30 novembre dei sindacati della scuola per chiedere delle modifiche alla legge di stabilità, l’attenzione sembra rivolta a una maggiore contaminazioni tra mondo della scuola e lavoro anche attraverso giornate di formazione in azienda per gli studenti delle superiori, specie degli istituti tecnici e professionali. Un altro emendamento approvato apre anche alla formazione in azienda dei docenti impegnati nelle attività di alternanza scuola-lavoro, mentre all’articolo 8 è stata introdotta una modifica che anticipa l’attività di orientamento all’ultimo anno delle medie, oltre agli ultimi due anni delle superiori. Confermato il via libera al divieto di fumo esteso alle aree all’aperto di pertinenza delle istituzioni scolastiche statali e paritarie. Tra le altre novità approvate dalla commissione Cultura spicca l’ammorbidimento della mobilità interprovinciale dei professori e l’arrivo, con gradualità, dell’area unica per i docenti di sostegno. Tra le ultime novità c’è l’arrivo dell’Erasmus in azienda per gli studenti universitari e degli Its: sarà attivato in base a una convenzione con singole aziende e gruppi di aziende e garantiranno allo studente un numero di crediti formativi (massimo 60). Torna il bonus maturità, ma solo per chi ha partecipato alla tornata di test d’ingresso dello scorso settembre. Un emendamento approvato in commissione reintegra infatti per quest’anno il pacchetto di punti extra (da 1 a 10) da aggiungere a quelli ottenuti nei test d’ingresso alle facoltà a numero programmato, dando così la possibilità – se l’emendamento passerà anche in aula -, di immatricolarsi in sovrannumero a coloro che sono rimasti fuori dalla graduatoria – si parla di 2mila studenti – quando lo scorso 9 settembre con il decreto scuola è stato abrogato il bonus

Scuola 2.0: senza soldi non si innova e gli insegnanti si arrendono

da Tecnica della Scuola

Scuola 2.0: senza soldi non si innova e gli insegnanti si arrendono
Software, open source, start up italiane, e-book, tablet, sofware, player, fund raising, smart city, wi-fi per la scuola, ma lo Stato non può pagare, come dice la ministra, e quindi si rimane in attesa dei soldi dei privati. Nel frattempo iniziano gli aggiornamenti.
La ministra Carrozza fra l’altro vanta di avere stanziato 15 milioni di euro sul wi-fi, ma tutto il resto è a carico dei Comuni, squattrinati, per cui i docenti continuano ad andare a scuola con fogli volanti, con registri fatti a casa, mentre i formatori dei corsi di aggiornamento mugugnano invece di rispondere alle domande. Lettera43 racconta la frustrazione di un docente alle prese con le “innovazioni” digitali. “Dall’inizio dell’anno noi insegnanti viaggiamo con fogli volanti, con registri fatti da noi a casa, e nel frattempo andiamo a corsi di formazione. Dove i formatori ti rispondono alle mille domande: “Zitti, siete peggio dei vostri alunni”. “Per cui passivamente prendendo mille appunti, e scambiando bigliettini con il tuo collega di banco che ne capisce meno di te, riesci a capire due o tre cose. Ma essenziali. Il codice della scuola, il tuo cognome e la password che, per grazia di dio, ti scegli da sola. Ma il bello arriva quando tenti da casa di irrompere in quel mondo segreto. Scopri amaramente che non puoi firmare a ottobre la lezione fatta i primi di settembre e nel frattempo ti dai una testata all’angolo del tavolo, perché non sei stata così previdente dal primo giorno a segnarti: nomi, cognomi, date, argomenti, assenze, giustificazioni, entrate in ritardo, uscite anticipate, consegna circolari e note disciplinari su un foglio che nel frattempo ti serve per scrivere: poop. Vai a scuola e naturalmente non disponendo di un tablet, cerchi come una tarantolata i computer della scuola. Ovviamente sono tutti occupati o rotti. Con la bava alla bocca capisci in un sol istante che quel cavolo di tablet dovrai comprarlo e peserà sull’economia già disastrata della tua famiglia. Lo prendi con lo sconto per gruppi bisognosi e lo accendi. Per farlo partire ci metti cinque minuti e sul più bello, mentre ti dici: “Ce l’ho fatta!”, ti spunta una visione. Una scritta che non vorresti mai vedere in quel momento, in quel posto e in quel giorno: “Non sei connesso”. Poop, poop, poop. Questo perché la Rete non è abbastanza grande da supportare tutti i tablet, pc, telefonini e lavagne Lim accese nella scuola. Incavolata come un neutrino nel tunnel della Gelmini, chiedi aiuto e, senza averla procurata, arriva la scena che a tratti sfiora la comicità di Pieraccioni nel film Il ciclone. Tu, seguita da una nutrita flotta di insegnanti, percorri tutta la scuola con il tablet acceso sperando di trovare il punto G della connessione. Arrivi anche nei bagni, ma niente: allora tenti nelle scale e lì, misteriosamente, avviene il miracolo. Tra il quarto e il quinto scalino della seconda rampa a sinistra rispetto all’entrata ufficiale, si vede una tacca e l’esultanza ti porta a riscoprire la felicità del primo bacio. Ma non puoi rimanere in quella posizione dalle otto alle 13, allora decidi che scriverai a penna e vai in classe. Ma nel bel mezzo della lezione entra la bidella con 2mila fogli da consegnare e tu, ubbidiente e umile, fai tirare fuori il libretto che per fortuna è ancora di carta, e fai scrivere con la penna l’avviso. Nel frattempo ti rimangono 10 minuti di lezioni in cui c’è sempre un allievo che ha un attacco di diarrea, una ragazza a cui vengono le mestruazioni senza preavvisi e un altro che viene a chiederti se il giorno dopo la mamma può venire a parlare con te. E questo per chi ha una scuola. Per chi ha due scuole con due sistemi diversi, ci saranno due rampe diverse e due punti G diversi. A questo punto diciamo che è una vergogna e che lo Stato se ne strafreghi della scuola, degli insegnanti e degli studenti. Prima di finire a pubblicizzare dalle finestre della scuola, aziende di idraulica, o sistemi antiscasso, io opterei per diventare una bella Onlus. Ma sì. Ci facciamo adottare a distanza con una frase ammiccante come: “Chiamate lo 00000, adotta una scuola: se la incontri ne rimarrai stupefatto. Non contagia e se la conosci previene tutti i mali dovuti all’ignoranza e alla stupidità umana”. Oppure: “Chiama anche tu diventa un fan della scuola pubblica, la nostra vita dipende da voi”. Finiremo di cercare opposizioni alla connessione. E finalmente faremo gli insegnanti. Con un libro, una penna e la fantasia nelle mani”.

Se il dipendente si fa male in missione…

da Tecnica della Scuola

Se il dipendente si fa male in missione…
di L.L.
L’Inail affronta la questione della indennizzabilità dell’infortunio quando il personale si reca in un luogo di lavoro diverso dall’abituale
L’Inail si è trovata recentemente a rispondere a numerosi quesiti in merito alla qualificazione, come infortuni in itinere ovvero in attualità di lavoro, di eventi lesivi occorsi a lavoratori in missione e/o in trasferta, con particolare riguardo a quelli avvenuti durante il tragitto dall’abitazione al luogo in cui deve essere svolta la prestazione lavorativa e viceversa, nonché durante il tragitto dall’albergo del luogo in cui la missione e/o trasferta deve essere svolta al luogo in cui deve essere prestata l’attività lavorativa.
Con la circolare n. 52 del 23 ottobre 2013 l’Istituto ha richiamato la normativa di riferimento in materia, nonché la giurisprudenza di legittimità, e facendo riferimento agli infortuni occorsi durante il tragitto dall’abitazione al luogo in cui deve essere svolta la prestazione lavorativa (e viceversa) ha stabilito che per il lavoratore in missione e/o trasferta, il tragitto dal luogo in cui si trova l’abitazione del lavoratore a quello in cui, durante la missione, egli deve espletare la prestazione lavorativa, non è frutto di una libera scelta del lavoratore ma è imposto dal datore di lavoro. Di conseguenza, la circostanza che il lavoratore si trovi in missione vale, di per sé, a connotare in modo differente l’evento infortunistico che si è verificato lungo il tragitto tra l’abitazione e una sede di lavoro temporaneamente diversa, rispetto a quello che si dovesse verificare lungo il tragitto tra l’abitazione e la sede abituale di servizio. La missione è, infatti, caratterizzata da modalità di svolgimento imposte dal datore di lavoro, per cui tutto ciò che accade nel corso della stessa deve essere considerato come verificatosi in attualità di lavoro, in quanto accessorio all’attività lavorativa e alla stessa funzionalmente connesso, e ciò dal momento in cui la missione ha inizio e fino al momento della sua conclusione. Questo vuol dire che le uniche due cause di esclusione della indennizzabilità di un infortunio occorso a un lavoratore in missione e/o trasferta sono quando l’evento si verifica nel corso dello svolgimento di un’attività che non ha alcun legame funzionale con la prestazione lavorativa o con le esigenze lavorative dettate dal datore di lavoro, e nel caso di rischio elettivo, cioè nel caso in cui l’evento sia riconducibile a scelte personali del lavoratore, irragionevoli e prive di alcun collegamento con la prestazione lavorativa tali da esporlo a un rischio determinato esclusivamente da tali scelte.
Stesso discorso si può fare per gli infortuni occorsi durante gli spostamenti effettuati dal lavoratore per recarsi dall’albergo al luogo in cui deve essere svolta la prestazione lavorativa e viceversa. Anche in questo caso si tratta di infortuni in attualità di lavoro e non infortuni in itinere.
Un ultimo caso trattato dalla circolare riguarda, infine, l’infortunio occorso in albergo. Come anche evidenziato dalla Cassazione, gli eventi accaduti in una stanza di albergo non sono parificabili a quelli avvenuti nella privata abitazione, “in primo luogo poiché il soggiorno in albergo è evidentemente necessitato dalla missione e/o trasferta – e perciò è necessariamente connesso con l’attività lavorativa – e in secondo luogo poiché il lavoratore, con riguardo al luogo in cui deve temporaneamente dimorare, non ha quello stesso controllo delle condizioni di rischio che ha, al contrario, nella propria abitazione”. Per tali ragioni anche tali eventi sono meritevoli di tutela.

Concorso a cattedra sempre più nel caos, per superare le preselezioni bastavano 6/10

da Tecnica della Scuola

Concorso a cattedra sempre più nel caos, per superare le preselezioni bastavano 6/10
di A.G.
Per il Tar di Trento non era necessaria la sufficienza qualificata (35/50), ma quella semplice (30/50). Se anche i giudici amministrativi del Lazio dovessero confermare la precedenza al Testo Unico ai regolamenti successivi, le carte del “concorsone” diventeranno ancora più sparigliate.
Sta destando interesse la decisione del Tar di Trento di dichiarare non corretta la soglia di 35/50 imposta dal Miur in occasione delle preselezioni per l’ultimo concorso a cattedra: secondo quanto riferito dall’Anief, che ha patrocinato i ricorsi, si tratta di una decisione importante perché va a sanare una “illegittima e irragionevole scelta dell’ amministrazione”.
In pratica, i giudici amministrativi hanno annullato il bando della provincia autonoma laddove riportava il criterio della sufficienza qualificata (35/50) piuttosto che della sufficienza semplice (30/50) per il superamento della prova preselettiva sul modello adottato dal ministero dell’Istruzione a livello nazionale.
Il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, ricorda che la sua associazione sindacale aveva “denunciato fin dall’inizio l’illegittimità della soglia utilizzata dall’ex Ministro Profumo e dall’uscente assessore Dalmaso, in particolare la violazione dell’articolo 400, comma 11 del Testo Unico sulla scuola (D.Lgs. 297/94) grazie al quale erano stati emanati i bandi di concorso per immettere in ruolo i futuri insegnanti sia nella Provincia Autonoma di Trento che su tutto il territorio nazionale”.
A Trento erano 93 i posti banditi e ora uno di essi dovrà essere attribuito alla sola ricorrente che è riuscita a superare tutte le altre prove scritte e orali dopo essere stata ammessa con riserva grazie al ricorso promosso dall’Anief insieme ad altri aspiranti: “la pronuncia dei giudici amministrativi trentini arriva prima di quella dei colleghi laziali, attesa per aprile 2014, sempre su altri ricorsi analoghi patrocinati dal sindacato per oltre 4.000 candidati”, conclude il sindacato autonomo. Insomma, se l’esito della sentenza dovesse essere lo stesso di quella trentina, le carte del “concorsone” diventeranno ancora più sparigliate. Con tanti partecipanti alle prove, ammessi con riserva e arrivati fino in fondo, che improvvisamente si ritroveranno in posizione analoga agli altri colleghi per puntare alle sospirate immissioni in ruolo.

Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals-Confsal e Gilda-Unams indicono una manifestazione nazionale a Roma per il giorno 30 novembre

da Tecnica della Scuola

Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals-Confsal e Gilda-Unams indicono una manifestazione nazionale a Roma per il giorno 30 novembre
di P.A.
Cambiamo la legge di stabilità. No alla doppia penalizzazione: blocco del contratto, blocco delle progressioni economiche di anzianità. I sindacati scuola in trincea
Dopo la manifestazione a Roma del 28 ottobre, i sindacati della scuola partono all’attacco: “Esprimiamo netto dissenso sui provvedimenti che prevedono il blocco del contratto, degli scatti di anzianità e dell’Indennità di vacanza contrattuale. Ancora una volta si è voluto infliggere a chi lavora nella scuola un’intollerabile penalizzazione, che non si spiega né si giustifica con le difficoltà finanziarie del Paese”.
Lo Snals manda in rete il comunicato unitario
È inaccettabile che si prelevino dalle tasche dei lavoratori ulteriori risorse, come avviene rastrellando la quota di economie da reinvestire sulla scuola per la valorizzazione della professionalità; così facendo si indebolisce ancor di più il potere d’acquisto delle retribuzioni, peraltro già basso, mentre mancano per i lavoratori pubblici gli annunciati interventi di riduzione della pressione fiscale. No a incursioni legislative in materia contrattuale L’idea di un rinnovo contrattuale che riguardi la sola parte normativa non ci trova disponibili; la contrattazione è una leva importante di miglioramento del sistema che va sostenuta e valorizzata. Occorrono invece più certezze sui diritti contrattuali, messi continuamente in discussione da interventi legislativi, come avviene anche con il decreto legge n. 104/2013. Servono investimenti e strumenti di intervento L’esigenza di passare dalla politica dei tagli, che ha indebolito nell’ultimo decennio l’intero settore formativo, a quella degli investimenti non trova ancora adeguata risposta nell’azione del Governo, che risulta sotto questo profilo insufficiente. Il decreto Istruzione, al vaglio dell’approvazione parlamentare, è solo un pallido inizio di un’indispensabile inversione di tendenza. Le risposte che il mondo della scuola e il suo personale attendono devono arrivare con un rinnovo contrattuale adeguato ai bisogni di un mondo della formazione in continua evoluzione; serve un contratto che riconosca e valorizzi il lavoro di docenti, personale educativo, dirigenti e Ata per gli aspetti economici e normativi e potenzi l’autonomia scolastica. Rispetto a ogni ipotesi di rivisitare la struttura salariale, l’anzianità va considerata anche per il futuro uno dei parametri utilizzati per riconoscere e valorizzare la professionalità, come avviene anche negli altri paesi europei. La contrattazione nazionale e quella di istituto, con regole certe e trasparenti,sono strumenti ineludibili per individuare in maniera condivisa, e quindi rafforzare, i processi di modernizzazione e innovazione del sistema. Anche per questa via è possibile valorizzare, facendo leva sul loro protagonismo, il lavoro di docenti, personale educativo, dirigenti e Ata, di cui per troppo tempo non è stato adeguatamente riconosciuto il ruolo fondamentale che svolgono nell’ambito dell’istruzione e della formazione.
Chiediamo § Un piano pluriennale di investimenti, per allineare la spesa per istruzione e formazione alla media europea; le risorse vanno trovate aggredendo la spesa pubblica improduttiva, rendendo meno oneroso l’assetto politico istituzionale, eliminando sprechi contrastando l’utilizzo improprio delle risorse pubbliche combattendo la scandalosa evasione fiscale, intervenendo sulle rendite finanziarie. § Il rinnovo del contratto nazionale e il pagamento degli scatti di anzianità, a partire dall’annualità 2012, con il reperimento delle economie appostate nei bilanci del Mef e del Miur. § La stabilità degli organici, con l’introduzione dell’organico funzionale e pluriennale. § Continuità e prospettiva, a partire dal nuovo piano triennale di assunzioni, ai percorsi di stabilizzazione del personale su tutti i posti disponibili e vacanti per docenti ed Ata. § Un piano nazionale di formazione per docenti, personale educativo, Ata e dirigenti, sostenuto da adeguate risorse. § Il ripristino delle posizioni economiche orizzontali del personale Ata. § La risoluzione delle questioni aperte su inidonei e docenti ITP (C999 e C555) e sui pensionamenti “quota 96”. § Garanzia del sostegno agli alunni disabili.
Mobilitazione della categoria Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals-Confsal e Gilda-Unams indicono una manifestazione nazionale a Roma per il giorno 30 novembre.

Vigilanza al suono della campanella

da Tecnica della Scuola

Vigilanza al suono della campanella
di A.D.F.
Di solito nelle scuole in cui l’entrata alle lezioni è prevista alle ore otto del mattino, si predispone l’organizzazione della vigilanza in entrata con l’ingresso in classe dei docenti cinque minuti prima, ovvero alle sette e cinquantacinque minuti
In contemporanea deve essere controllato anche il regolare ingresso degli studenti alla campanella delle otto, e non permettere loro un ingresso anticipato alla campanella delle sette e cinquantacinque minuti. Il tutto affinché non possa accadere alcun incidente all’interno del plesso scolastico quando i professori sono già tutti in aula, in quanto la scuola diventerebbe responsabile per mancata vigilanza. Infatti, la Suprema Corte con la sentenza n. 22752 del 4 ottobre 2013 ha riconosciuto il risarcimento danni in favore di una studentessa delle elementari che, salita su un muretto del cortile antistante la scuola, si era fatta male prima dell’inizio delle lezioni.  A tal proposito la Corte di Cassazione scrive così: “In ipotesi di danno come questo, cagionato dall’alunno a sé medesimo (autolesioni), l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo a scuola determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico della scuola l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo per il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica, in tutte le sue espressioni”. Quindi la scuola è obbligata a disporre tutto quello che è necessario per evitare che l’alunno provochi danno a sé o a terzi all’interno e nel cortile della stessa., compresa la scrupolosa osservanza dell’orario di ingresso degli studenti.

Irc, polemiche dopo la mancata trasformazione in GaE delle graduatorie dell’ultimo concorso

da Tecnica della Scuola

Irc, polemiche dopo la mancata trasformazione in GaE delle graduatorie dell’ultimo concorso
Dopo la bocciatura dei commi dell’art. 1 del D.L. n. 101/2013 che trasformava le graduatorie dell’ultimo concorso per insegnanti di religione cattolica in graduatorie ad esaurimento, si sono levate proteste da parte dei docenti interessati e alcuni deputati hanno presentato un apposito Odg che impegna il Governo ad inserire in un prossimo provvedimento la proroga di validità della graduatoria del 2004 fino all’espletamento del nuovo concorso.
La bocciatura dei commi dell’art. 1 del decreto legge n. 101 relativi alla trasformazione delle graduatorie dell’ultimo concorso per insegnanti di religione cattolica in graduatorie ad esaurimento è dovuta ad un emendamento a firma di Marco Meloni (PD) e Centemero (PdL).

A quel punto, sindacati di categoria e docenti interessati si sono mobilitati, ottenendo alla Camera un impegno, grazie ad un ordine del giorno presentato dai deputati Moretti, Fioroni e Cimbro, da parte del Governo ad inserire in un successivo provvedimento (da non escludere che possa essere nella legge di “stabilità”) la proroga di validità della graduatoria relativa al concorso bandito nel 2004 per l’accesso all’insegnamento della religione cattolica, fino all’espletamento del prossimo concorso.

Fisco e scuola per la legalità

da tuttoscuola.com

Rinnovato il protocollo Miur-Agenzia delle entrate

Fisco e scuola per la legalità

Terzo rinnovo per il protocollo di intesa su Fisco e Scuola, firmato dal Capo Dipartimento per l’Istruzione, Luciano Chiappetta, e dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera.

Con l’accordo le due istituzioni si impegnano a proseguire il progetto di educazione alla legalità, realizzando iniziative di sensibilizzazione e informazione finalizzate a stimolare nei giovani la riflessione sul tema della contribuzione ai beni e ai servizi pubblici.

Il progetto, nato nel 2004 – si legge in una nota -, “conferma a distanza di nove anni il successo ottenuto sin dalla prima edizione, con circa 13 mila iniziative organizzate fino a oggi”.

Nel corso di quest’anno saranno realizzati 1.400 incontri che vedranno i ragazzi impegnati in lezioni con i funzionari del fisco, visite guidate presso gli uffici, seminari, laboratori e rappresentazioni teatrali.

Grazie al Miur, inoltre, la campagna di sensibilizzazione e informazione fa parte da tre anni delle attività promosse nell’ambito della “Nave della legalità”, l’evento che ricorda ogni anno la strage di Capaci.

Il progetto Fisco e Scuola rientra tra le attività istituzionali dell’Agenzia delle Entrate, come l’accertamento, il contenzioso e i servizi ai contribuenti. Dal 2011, infatti, il progetto è compreso fra gli obiettivi della Convenzione triennale stipulata con il ministero dell’Economia e delle Finanze.

Occupazioni scolastiche, ogni giorno si perdono 1000 euro a classe

da tuttoscuola.com

Occupazioni scolastiche, ogni giorno si perdono 1000 euro a classe

A denunciare i costi vivi delle occupazioni è l’Associazione Nazionale Presidi

Mille euro al giorno per ogni classe che occupa. A tanto ammonta il ‘costo’ delle occupazioni scolastiche, al di là di eventuali danni provocati durante la  protesta. A denunciare i costi vivi delle occupazioni l’Associazione Nazionale Presidi che nei giorni scorsi hanno deciso di riunirsi a Roma proprio per capire come “prevenire e gestire le occupazioni” nel tentativo di “arginare il fenomeno” che puntualmente, ogni autunno, si ripropone. Obiettivo “elaborare una linea comune per non lasciare soli i singoli presidi ed evitare disparità controproducenti tra colleghi ‘duri’ o ‘permissivi’”.

A lanciare l’allarme Antonio Petrolino dell’Anp che invita, tra l’altro, a mettere in atto una campagna informativa sui “costi” delle occupazioni. “Uno studente – ha spiegato Petrolino nel corso del convegno “La scuola: un bene della comunità – prevenzione e gestione delle occupazioni studentesche” – costa allo Stato circa 8mila euro l’anno, cioè 40 euro al giorno di lezione. Una classe di 25 studenti ne costa mille. Il ‘fermo’ di una scuola di 30 classi ne costa 30mila, sempre al giorno. In due giorni di sospensione delle lezioni – evidenzia – una scuola di medie dimensioni ha ‘bruciato’ l’equivalente di quanto riceve in un anno di finanziamenti”.

Non solo, Petrolino evidenzia anche che “quel denaro viene dalle tasse, pagate in primo luogo dai lavoratori dipendenti. Il padre di uno degli occupanti deve lavorare in  media quasi un mese per guadagnare quello che la classe di suo figlio dilapida in un giorno”. Di qui l’invito pressante agli studenti che hanno fra i temi favoriti per le occupazioni “più fondi alla scuola pubblica”:”se i ragazzi vogliono difenderla la scuola pubblica – sottolinea – devono capire che questa non è la strada giusta perché genera uno spreco di denaro pubblico”, e rischia di aumentare il divario e le disuguaglianze sociali“.

Per arginare il fenomeno, quindi, secondo i presidi, la parola d’ordine è “prevenzione”. “Bisogna offrire ai ragazzi, già dai primi giorni di scuola spazi di confronto e trattare temi che stanno loro a cuore” ma nella legalità. Tra le proposte “un pacchetto di giorni di didattica flessibile cogestita da alunni e prof”. Ma, se tra i ragazzi prevalesse la “linea dura”, da parte dei presidi è pronto un “giro di vite”. Non necessariamente sgomberi e denunce, strada ipotizzata da alcuni solo nei casi di danneggiamenti o violenze, ma introducendo nei regolamenti di istituto norme che rendano sanzionabili dal punti di vista disciplinare la “permanenza illecita nella scuola, l’utilizzo non autorizzato di aule, l’ingresso non autorizzato di esterni all’istituto”.