Archivi categoria: Governo e Parlamento

Licenziamento disciplinare in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 10 luglio, ha approvato un decreto legislativo che prevede disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 20 giugno 2016, n. 116, in materia di “licenziamento disciplinare”.


RIFORMA DELLA P.A., NORME INTEGRATIVE SUL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 20 giugno 2016, n.116, recante modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a norma dell’articolo 17, comma 1, lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di licenziamento disciplinare (decreto legislativo – esame definitivo)

Il Consiglio dei ministri, su proposta della Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo che, in attuazione della legge di riforma della pubblica amministrazione (articoli 16, comma 7, e 17, comma 1, lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124), prevede disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 20 giugno 2016, n. 116, in materia di “licenziamento disciplinare”.

In particolare, le innovazioni apportate riguardano l’accoglimento dei pareri parlamentari in merito all’introduzione di un obbligo di carattere generale per le pubbliche amministrazioni concernente la comunicazione all’Ispettorato per la funzione pubblica dell’avvio e della conclusione dei procedimenti disciplinari e del relativo esito. Al fine di consentire un efficace e tempestivo monitoraggio, gli atti di avvio e conclusione del procedimento disciplinare, nonché l’eventuale provvedimento di sospensione cautelare del dipendente saranno comunicati dall’ufficio competente di ogni amministrazione, per via telematica, all’Ispettorato per la funzione pubblica, entro venti giorni dalla loro adozione.

Il nuovo testo prevede, infine, sul testo originario e sulle modifiche apportate in sede di correttivo, l’acquisizione dell’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e ha ottenuto, dopo l’esame preliminare del Consiglio dei ministri, l’intesa della medesima Conferenza nonché di quella Unificata. (…)

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DIRITTI E INTEGRAZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e dell’integrazione delle persone con disabilità, a norma dell’articolo 3, comma 5, lettera b) della legge 3 marzo 2009, n. 18 (decreto del Presidente della Repubblica – esame preliminare)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, ha approvato, in esame preliminare, il “Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e dell’integrazione delle persone con disabilità” predisposto dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Il Programma, che dovrà essere adottato con apposito decreto del Presidente della Repubblica, verrà ora inviato alla Conferenza unificata per l’acquisizione del parere prescritto.

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Manovra correttiva di Bilancio al Senato

Il 15 giugno l’Aula del Senato ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando definitivamente il ddl n. 2853 “Conversione in legge del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”

Nella seduta dell’1 giugno 2017 la Camera approva il disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo (C. 4444-A).

Vaccini e Riforma PA in Consiglio dei ministri

Il Consiglio dei ministri, nel corso della riunione del 19 maggio 2017,  ha approvato un decreto legge contenente misure urgenti in materia di prevenzione vaccinale e due decreti legislativi contenenti disposizioni di attuazione della riforma della pubblica amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124)


VACCINAZIONI OBBLIGATORIE IN ETÀ INFANTILE

Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale (decreto legge)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e della Ministra della salute Beatrice Lorenzin, ha approvato un decreto legge contenente misure urgenti in materia di prevenzione vaccinale.

Il decreto è diretto a garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica con particolare riferimento al mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, superando l’attuale frammentazione normativa.

In questa prospettiva, che tiene conto anche degli obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo e internazionale, il decreto in primo luogo estende il novero delle vaccinazioni obbligatorie in coerenza con il Piano nazionale di prevenzione vaccinale. In particolare, saranno obbligatorie le seguenti vaccinazioni:

  • anti-poliomelitica;
  • anti-difterica;
  • anti-tetanica;
  • anti-epatitica B;
  • anti-pertossica;
  • anti Haemophilus influenzae tipo B;
  • anti-meningoccocica B;
  • anti-meningoccocica C;
  • anti-morbillosa;
  • anti-rosolia;
  • anti-parotite;
  • anti-varicella.

Tali vaccinazioni potranno essere omesse o differite solo in casi particolari quali ad esempio l’accertato pericolo per la salute.

Al fine di assicurare l’adempimento dell’obbligo di vaccinazione, il decreto prescrive specifici adempimenti con particolare riferimento all’iscrizione ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia (0-6 anni), pubblici e privati, i cui responsabili saranno tenuti, ai fini dell’iscrizione, a richiedere ai genitori la presentazione di idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle predette vaccinazioni, fatti salvi i casi particolari ivi comprese le ipotesi di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale. La mancata presentazione della predetta documentazione comporta il rigetto della domanda di iscrizione, di cui viene informata l’azienda sanitaria locale per gli adempimenti di competenza.

Inoltre, sempre al fine di rendere cogente l’obbligo di vaccinazione, il decreto eleva le sanzioni ammnistrative pecuniarie attualmente previste per la sua violazione, le quali saranno applicabili per ciascun anno dell’intero percorso della scuola dell’obbligo.

Infine, sono dettate disposizioni transitorie per consentire un ordinato passaggio al nuovo sistema di vaccinazioni obbligatorie.

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RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Il Consiglio dei ministri, su proposta della Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, ha approvato, in esame definitivo, due decreti legislativi contenenti disposizioni di attuazione della riforma della pubblica amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124).

Di seguito le principali misure introdotte con i decreti.

1. Testo unico del pubblico impiego

Modifiche e integrazioni al “Testo unico del pubblico impiego”, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z) della legge 7 agosto 2015, n.124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche

Il decreto introduce disposizioni mirate al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • il progressivo superamento della “dotazione organica” come limite alle assunzioni, fermi restando i limiti di spesa, attraverso il nuovo strumento del “Piano triennale dei fabbisogni”, con la definizione di obiettivi di contenimento delle assunzioni differenziati in base agli effettivi fabbisogni, la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici e la previsione di un sistema informativo nazionale volto ad orientare la programmazione delle assunzioni;
  • l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreta e certa nei tempi l’azione disciplinare;
  • l’aggiornamento delle procedure, prevedendo la più estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa;
  • la previsione nelle procedure concorsuali pubbliche di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare l’esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall’esterno;
  • la possibilità di svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata e la previsione dell’accertamento della conoscenza della lingua inglese e di altre lingue, quale requisito di partecipazione al concorso o titolo di merito valutabile dalle commissioni giudicatrici, e la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca;
  • la disciplina delle forme di lavoro flessibile, anche al fine di prevenire il precariato, unitamente ad una soluzione transitoria per superare il pregresso: viene stabilito a regime il divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione e vengono introdotte specifiche procedure per l’assunzione a tempo indeterminato di personale in possesso dei requisiti;
  • l’integrazione nell’ambiente di lavoro delle persone con disabilità attraverso l’istituzione di una Consulta nazionale composta da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali, e la nomina, da parte delle amministrazioni pubbliche con più di 200 dipendenti, di un responsabile dei processi di inserimento;
  • la definizione delle materie escluse dalla contrattazione integrativa, anche al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito e la parità di trattamento tra categorie omogenee, nonché di accelerare le procedure negoziali;
  • la riorganizzazione delle funzioni di accertamento medico legale in caso di assenze per malattia, con l’attribuzione all’I.N.P.S. delle relative competenze;
  • la razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, lo sviluppo di sistemi di misurazione dei risultati raggiunti dall’organizzazione e dai singoli dipendenti e forme di semplificazione specifiche per i diversi settori della pubblica amministrazione.

2. Valutazione della performance dei dipendenti pubblici

Modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, in attuazione dell’articolo 17, comma 1, lettera r), della legge n. 124 del 2015

Il provvedimento persegue l’obiettivo generale di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico e di garantire l’efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Con il decreto, ispirato ai principi di semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito e della premialità, di razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, di riduzione degli adempimenti in materia di programmazione e di coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni, si introducono, tra le altre, le seguenti novità:

  • viene chiarito che il rispetto delle disposizioni in materia di valutazione costituisce non solo condizione necessaria per l’erogazione di premi, ma rileva anche ai fini del riconoscimento delle progressioni economiche, dell’attribuzione di incarichi di responsabilità al personale e del conferimento degli incarichi dirigenziali; è stato chiarito che la valutazione negativa delle performance, come specificamente disciplinata nell’ambito del sistema di misurazione, rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale e, in casi specifici e determinati, a fini disciplinari;
  • ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti o gruppi di dipendenti;
  • oltre agli obiettivi specifici di ogni amministrazione, è stata introdotta la categoria degli obiettivi generali, che identificano le priorità in termini di attività delle pubbliche amministrazioni coerentemente con le politiche nazionali, definiti tenendo conto del comparto di contrattazione collettiva di appartenenza;
  • gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV), tenendo conto delle risultanze dei sistemi di controllo strategico e di gestione presenti nell’amministrazione, dovranno verificare l’andamento delle performance rispetto agli obiettivi programmati durante il periodo di riferimento e segnalare eventuali necessità di interventi correttivi. A tal proposito, sono previsti strumenti e poteri incisivi per garantire il ruolo degli OIV, specie con riferimento al potere ispettivo, al diritto di accesso al sistema informatico e agli atti e documenti degli uffici;
  • viene riconosciuto, per la prima volta, un ruolo attivo dei cittadini ai fini della valutazione della performance organizzativa, mediante la definizione di sistemi di rilevamento della soddisfazione degli utenti in merito alla qualità dei servizi resi;
  • nella misurazione delle performance individuale del personale dirigente, è attribuito un peso prevalente ai risultati della misurazione e valutazione della performance dell’ambito organizzativo di cui hanno essi diretta responsabilità;
  • è definito un coordinamento temporale tra l’adozione del Piano della performance e della Relazione e il ciclo di programmazione economico-finanziaria, introducendo sanzioni più incisive in caso di mancata adozione del Piano;
  • sono introdotti nuovi meccanismi di distribuzione delle risorse destinate a remunerare la performance, affidati al contratto collettivo nazionale, che stabilirà la quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale e i criteri idonei a garantire che alla significativa differenziazione dei giudizi corrisponda un’effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati.

Il testo del decreto recepisce e fa proprie gran parte delle osservazioni e delle indicazioni poste, nei rispettivi pareri, dalle Commissioni parlamentari, dal Consiglio di Stato e dalla Conferenza unificata.

Cyberbullismo alla Camera

L’Aula della Camera, il 17 maggio, approva definitivamente la proposta di legge “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” (già approvata dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato).


Cyberbullismo, Fedeli: “Tema molto serio, bene approvazione della legge. Miur già al lavoro per dare immediata attuazione”

“Il cyberbullismo è un tema serissimo. Ritengo per questo molto importante l’approvazione di una legge specifica per il contrasto di questo fenomeno. Il Parlamento ha fatto un lavoro che era necessario: finalmente si affronta pienamente e in modo deciso un problema che non può essere sottostimato. Ringrazio i colleghi parlamentari, in particolare la Senatrice Elena Ferrara, per l’impegno profuso nel raggiungere questo obiettivo. Il Ministero è già al lavoro affinché la legge trovi immediatamente piena attuazione”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, commenta la definitiva approvazione alla Camera della legge sul cyberbullismo.

“Con questo provvedimento – sottolinea Fedeli – mettiamo al centro la tutela delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. Lo facciamo, in un’ottica di prevenzione, a partire dalla scuola che è luogo principale di formazione, di inclusione e accoglienza. Finalmente abbiamo imboccato la strada giusta”.

Nei giorni scorsi il Ministero ha già riunito la Conferenza dei coordinatori regionali degli Uffici scolastici sul bullismo per attivare immediatamente la ricognizione delle docenti e dei docenti in ciascuna istituzione scolastica, così come richiesto dalla legge appena approvata. I referenti, spiega il provvedimento, coordineranno le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo, anche avvalendosi della collaborazione delle Forze di polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio.

Deleghe “Buona Scuola”

Pubblicati nel Supplemento Ordinario n° 23 alla Gazzetta Ufficiale n° 112 del 16 maggio 2017 i decreti legislativi di attuazione dell’articolo 1, commi 180 e 181, della legge 13 luglio 2015, n. 107

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 59
Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera b), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00067)

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 60
Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creativita’, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera g), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00068)

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 61
Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonche’ raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00069)

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 62
Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00070)

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 63
Effettivita’ del diritto allo studio attraverso la definizione delle prestazioni, in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio e ai servizi strumentali, nonche’ potenziamento della carta dello studente, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera f), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00071)

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 64
Disciplina della scuola italiana all’estero, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera h), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00072)

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 65
Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00073)

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 66
Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilita’, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (17G00074)


Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 7 aprile 2017, approva definitivamente i decreti legislativi attuativi delle deleghe previste dall’art. 1, c. 180, della Legge 13 luglio 2015, n. 107.



BUONA SCUOLA

Attuazione della delega al governo in tema di riordino, semplificazione e codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione (decreti legislativi – esame definitivo)

Il Consiglio dei ministri, su proposta della Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca Valeria Fedeli, ha approvato in esame definitivo otto decreti legislativi di attuazione dell’articolo 1, commi 180 e 181, della legge 13 luglio 2015, n. 107, “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”.

Nello specifico, i provvedimenti prevedono:

  1. formazione e accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria e tecnica.  Il decreto delinea l’articolazione del percorso unitario di accesso e formazione ai ruoli a tempo indeterminato del personale docente della scuola secondaria, nonché dell’insegnamento tecnico-pratico, denominato “Sistema di formazione iniziale e di accesso”. Elenca inoltre i criteri e le metodologie da adottare al fine di realizzare un percorso unitario tra formazione e accesso ai ruoli. Viene prevista l’emanazione con cadenza regolare del bando di concorso sul numero di posti che si prevedono vacanti e disponibili al termine del triennio corrispondente al percorso formativo.

  2. promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità Il decreto aggiorna, riorganizza e razionalizza i provvedimenti vigenti in materia, tenendo conto della nuova prospettiva nazionale ed internazionale dell’inclusione scolastica, riconosciuta quale identità culturale, educativa e progettuale del sistema di istruzione e formazione in Italia. Nell’ambito della promozione dell’inclusione il decreto mette a sistema gli interventi a sostegno dell’inclusione scolastica, per armonizzare e valorizzare le politiche e la cultura inclusiva di tutti gli attori coinvolti: interviene, in particolare, sulla revisione delle modalità e dei criteri di certificazione, la modificazione della formazione iniziale degli insegnanti di sostegno e l’obbligo di formazione sulle tematiche dell’inclusione per il personale della scuola. L’obiettivo principale è quello di garantire all’alunno e allo studente con disabilità certificata di poter fruire, un un’ottica ragionata, di tutti i servizi di cui ha diritto; si chiariscono inoltre i beneficiari di specifiche misure di inclusione scolastica peculiari per i minori disabili;

  3. revisione dei percorsi dell’istruzione professionale, nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, e raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale Il decreto supera la sovrapposizione tra istruzione professionale e istruzione tecnica attraverso il rafforzamento dell’identità dell’istruzione professionale, prevedendo indirizzi di studio ispirati a un moderno concetto di occupabilità, riferito ad ampie aree di attività economiche, e non a singoli mestieri. Si supera anche la sovrapposizione dei percorsi dell’istruzione professionale con quelli di formazione professionale (IeFP) di competenza delle Regioni, prevedendo il raccordo tra l’istruzione professionale e le istituzioni formative in modo stabile e strutturato. Viene inoltre riconosciuta alle scuole la possibilità di ampliare l’offerta formativa anche attraverso la realizzazione di percorsi di qualifica professionale, sempreché previsti dalla programmazione regionale. Si potenziano gli indirizzi di studio quinquennali dell’istruzione professionale attraverso l’incremento delle ore di laboratorio e si prevede la presenza, su tutto il territorio nazionale, di un sistema unitario e articolato di “Scuole professionali”. Sono stanziati 25 milioni per l’apprendistato;

  4. sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e per i bambini in età compresa dalla nascita fino ai sei anni Il decreto nasce dall’esigenza primaria di garantire, sin dalla nascita, pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco a tutte le bambine e a tutti i bambini, concorrendo ad eliminare disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali attraverso il superamento della dicotomia tra servizi educativi per la prima infanzia e la scuola dell’infanzia, costruendo un percorso educativo e formativo unitario, pur nel rispetto delle specificità di ciascun segmento. In questa prospettiva il provvedimento valorizza l’esperienza educativa dalla nascita a sei anni, con l’obiettivo di dare adeguata collocazione a tale esperienza all’interno del percorso di formazione della persona. Il decreto, tenuto anche conto dell’orientamento europeo, elimina la cesura tra i due periodi dell’infanzia, fornendo indicazioni e linee guida per servizi educativi e di istruzione di qualità;

  5. effettività del diritto allo studio Al fine di garantire su tutto il territorio nazionale l’effettività del diritto allo studio degli alunni e delle alunne e degli studenti e delle studentesse del sistema nazionale di istruzione e formazione, statale e paritario, fino al completamento del percorso di istruzione secondaria di secondo grado, il decreto riorganizza le prestazioni, anche accessorie, per il sostegno allo studio promuovendo un sistema di welfare studentesco fondato sull’uniformità territoriale dei servizi per il diritto allo studio. Sono stanziati circa 40 milioni per le borse di studio, altri 10 milioni per i sussidi didattici agli alunni con disabilità e ulteriori 10 milioni per il comodato d’uso dei libri di testo e dei sussidi digitali. Il provvedimento definisce inoltre le modalità per l’individuazione dei requisiti di eleggibilità per l’accesso alle prestazioni da assicurare sul territorio nazionale e individua i principi generali per il potenziamento della Carta dello studente;

  6. promozione della cultura umanistica e sostegno alla creatività Il decreto prevede che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, l’Istituto nazionale documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), le istituzioni scolastiche, le Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), gli Istituti tecnici superiori (ITS) e gli Istituti di cultura italiana all’estero concorrano a realizzare un sistema coordinato per la progettazione e la promozione della conoscenza delle arti e della loro pratica quale requisito fondamentale del percorso di ciascun grado di istruzione del sistema nazionale di istruzione e formazione;

  7. disciplina della scuola italiana all’estero Il decreto aggiorna gli ordinamenti per rispondere in maniera flessibile alla realtà socio-economica di ciascuno dei Paesi esteri in cui si opera, rafforza la missione di promozione della cultura italiana all’estero e il suo coordinamento con le iniziative dell’intero sistema Paese e razionalizza le norme sul personale all’estero;

  8. valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato Il decreto riordina e coordina in un unico testo le disposizioni vigenti in materia di:

    • ammissione alla classe successiva per gli alunni del primo ciclo, prevedendo l’ammissione anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione;

    • esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, che viene semplificato nel numero di prove scritte e nelle modalità di attribuzione della valutazione finale. Inoltre la presidenza delle commissioni d’esame viene attribuita al dirigente scolastico;

    • esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, con, tra l’altro, la riduzione a due delle prove scritte e l’eliminazione della prova multidisciplinare predisposta dalla commissione, riconoscendo un maggior peso al percorso scolastico;

    • prove INVALSI, con l’eliminazione della prova scritta a carattere nazionale dall’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione. La prova verrà effettuata in un altro momento dell’anno scolastico e con la sola funzione di requisito obbligatorio di ammissione all’esame. Il decreto prevede inoltre l’integrazione delle prove di italiano e matematica con una ulteriore sezione per la rilevazione dell’apprendimento della lingua inglese;

    • attestazione delle competenze nel primo ciclo, prevedendo la definizione mediante apposito decreto ministeriale di un modello di attestazione delle competenze trasversali e delle competenze chiave di cittadinanza da rilasciare al termine della terza classe di scuola secondaria di primo grado;

    • commissioni d’esame, con l’istituzione di un apposito albo regionale dei Presidenti, cui potranno accedere dirigenti scolastici e docenti della scuola secondaria di secondo grado in possesso di requisiti definiti a livello nazionale nonché la previsione di un’apposita formazione dedicata ai Presidenti di commissione.


La Buona Scuola, in Cdm via libera definitivo ai decreti attuativi
Fedeli: “Testi approvati sono il frutto di un lungo lavoro di consultazione. Qualificano ulteriormente il sistema di Istruzione”

“I provvedimenti approvati oggi in Consiglio dei Ministri sono il frutto di un lungo lavoro di consultazione in sede parlamentare, nelle commissioni competenti. C’è stato un ampio confronto che è servito a migliorare ed arricchire i testi. Si tratta di decreti che qualificano ulteriormente il sistema di Istruzione del nostro Paese”. Lo dichiara la Ministra Valeria Fedeli in occasione del via libera definitivo del Consiglio dei Ministri sui decreti legislativi attuativi della Buona Scuola.

“In Parlamento sono stati auditi circa cento soggetti fra organizzazioni sindacali, associazioni dei genitori, delle studentesse e degli studenti, delle e degli insegnanti, delle famiglie, esperti, che hanno consentito di arricchire e migliorare i testi. Anche al Ministero dell’Istruzione abbiamo svolto incontri e approfondimenti – prosegue Fedeli -. A tutte e tutti coloro che hanno contribuito a portare avanti questo lavoro, facendoci pervenire anche voci critiche che sono sempre necessarie e utili per poter migliorare il risultato finale, vanno i miei più sentiti ringraziamenti”.

Il Governo ha esercitato otto delle nove deleghe previste dalla legge di riforma approvata a luglio del 2015. La nona riguardava la revisione del Testo unico sulla scuola per la quale sarà previsto un disegno di legge delega specifico e successivo.

I decreti approvati oggi riguardano:

– il sistema di formazione iniziale e di accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado;
– la promozione dell’inclusione scolastica delle studentesse e degli studenti con disabilità;
– la revisione dei percorsi dell’istruzione professionale;
– l’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni;
– il diritto allo studio;
– la promozione e la diffusione della cultura umanistica;
– il riordino della normativa in materia di scuole italiane all’estero;
– l’adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti e degli Esami di Stato.

“I provvedimenti approvati sono tutti collegati da un filo rosso: migliorare la qualità del sistema nazionale di istruzione. I decreti mettono le studentesse e gli studenti al centro di un progetto, che parte dalla nascita grazie al sistema integrato 0-6 anni, per dare a tutte e tutti pari opportunità di accesso alla conoscenza, strumenti per costruire il proprio futuro, una formazione adeguata a standard e obiettivi internazionali. I decreti – sottolinea Fedeli –valorizzano la professione docente, insistendo sulla formazione e sulla qualità del reclutamento, mettono tutto il personale della scuola al centro del progetto di rilancio del sistema a partire dal tema, importantissimo, dell’inclusione delle alunne e degli alunni con disabilità”.

Con i provvedimenti approvati oggi “prosegue il cammino avviato nei primi due anni di attuazione della legge Buona Scuola che ha gettato le basi per un cambiamento culturale importante: la scuola vista come comunità aperta, innovativa, inclusiva in cui ragazze e ragazzi diventano cittadini attivi, accorti, protagonisti, capaci di contribuire alla crescita e alla competitività del Paese, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile e nella piena attuazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione”, conclude la Ministra.

LE SCHEDE

Reclutamento e formazione iniziale delle e dei docenti
nella scuola secondaria di I e II grado

Cambia il sistema di accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado, con un nuovo modello di reclutamento e formazione iniziale che punta a: evitare che si formino nuove sacche di precariato; offrire orizzonti temporali certi e un percorso chiaro fra concorso e immissione in ruolo alle giovani e ai giovani che vogliono insegnare; garantire l’elevata qualificazione del percorso di formazione delle future e dei futuri docenti.

Oggi chi vuole diventare insegnante della scuola secondaria deve abilitarsi, dopo la laurea, attraverso un tirocinio formativo (TFA). L’abilitazione dà accesso alle graduatorie di istituto per le sole supplenze. Per entrare in ruolo, infatti, bisogna attendere e superare un concorso. Dal 1999 il primo concorso bandito in tempi recenti è stato quello del 2012 seguito, poi, da quello del 2016. Con lunghi periodi di attesa e di vuoto, senza certezze per le e gli aspiranti docenti.

Con l’approvazione del nuovo decreto, tutte le laureate e tutti i laureati potranno partecipare ai concorsi, a patto che abbiano conseguito 24 crediti universitari in settori formativi psico-antropo-pedagogici o nelle metodologie didattiche. I concorsi avranno cadenza biennale, il primo sarà nel 2018.

Il nuovo concorso prevede due scritti (tre per il sostegno) e un orale. Chi lo passa entra in un percorso triennale di formazione, inserimento e tirocinio (FIT), con una retribuzione crescente che parte fin dal periodo della formazione. Le docenti e i docenti vengono valutati per tutta la durata del percorso. Alla fine del triennio, se la valutazione è positiva, vengono immessi in ruolo. Niente più anni di attesa nelle graduatorie dei supplenti, dunque, ma un percorso certo e definito per diventare insegnanti.

Il decreto prevede una fase transitoria che, in prosecuzione con il Piano di assunzioni della Buona Scuola, continua ad offrire risposte al precariato storico. Saranno esaurite innanzitutto le Graduatorie ad esaurimento e quelle dell’ultimo concorso del 2016. Ci saranno delle procedure concorsuali specifiche per chi sta già insegnando come supplente da tempo. Per le docenti e i docenti abilitati della seconda fascia delle graduatorie di istituto ci sarà un concorso nel 2018 con una prova orale seguita – quando si verificherà disponibilità di posti – da un anno di servizio con una valutazione finale. I partecipanti entreranno in ruolo, dunque, dopo una ulteriore verifica in classe. Le iscritte e gli iscritti nelle terze fasce di istituto, quelli con 3 anni di servizio, potranno accedere a concorsi con uno scritto e un orale, se vincitori accederanno al percorso FIT facendo il primo e terzo anno.

Inclusione delle studentesse e degli studenti con disabilità

Garantire una scuola sempre più accogliente alle alunne e agli alunni con disabilità, rafforzando il ruolo delle famiglie e delle associazioni nei processi di inclusione e coinvolgendo – anche e soprattutto attraverso la formazione in servizio – tutte le componenti del personale scolastico. Questo l’obiettivo del provvedimento approvato.

Insegnanti sempre più preparati: viene rivista la formazione iniziale delle e dei docenti di sostegno dell’infanzia e della primaria, attraverso l’istituzione di un Corso di specializzazione ad hoc a cui si accede dopo aver conseguito la laurea in Scienze della formazione primaria, comprensiva di 60 crediti sulla didattica dell’inclusione. Tutte le future e tutti i futuri docenti, anche nella secondaria, avranno nel loro percorso di formazione iniziale materie che riguardano le metodologie per l’inclusione e ci sarà una specifica formazione anche per il personale della scuola, Ata compresi.

Coinvolgere tutto il personale nella formazione non vuol dire immaginare una riduzione delle docenti e dei docenti di sostegno, ma una maggiore partecipazione di tutte le componenti sul tema dell’inclusione, perché questa possa realizzarsi concretamente. La proposta di quantificazione del personale sul sostegno sarà fatta, infatti, dal dirigente scolastico sulla base del Progetto educativo individualizzato (PEI) di ciascuna alunna e ciascun alunno con disabilità e in coerenza con il Piano dell’inclusione di ciascuna scuola.

Il provvedimento introduce l’obbligo di tenere conto della presenza di alunne e alunni diversamente abili per l’assegnazione del personale Ata alle scuole. Nel processo di valutazione delle istituzioni scolastiche viene introdotto il livello di inclusività. Ogni scuola dovrà predisporre, nell’ambito del Piano triennale dell’offerta formativa, un Piano specifico per l’inclusione. Vengono poi rivisti, razionalizzati e rafforzati nelle loro funzioni gli organismi che operano a livello territoriale per il supporto all’inclusione, con un maggiore coinvolgimento di famiglie e associazioni.

Le commissioni mediche per l’accertamento della disabilità si arricchiscono di nuove professionalità: ci saranno un medico legale e due medici specialisti scelti fra quelli in pediatria e in neuropsichiatria infantile. Per la prima volta le e i supplenti potranno avere contratti pluriennali. In caso di un rapporto positivo con l’alunna o l’alunno e su richiesta delle famiglie le docenti e i docenti con contratto a termine potranno essere riconfermati per più anni senza passare dalle annuali trafile di assegnazione della supplenza. Viene rafforzato l’Osservatorio permanente per l’inclusione insediato al Miur.

Revisione dei percorsi dell’Istruzione professionale

Un sistema di istruzione e formazione professionale che educhi le nuove generazioni al “saper fare di qualità”, consentendo una rapida transizione dal sistema educativo al mondo del lavoro. Lo prevede il decreto approvato oggi che si pone l’obiettivo di dare una chiara identità agli istituti professionali, innovare e rendere più flessibile la loro offerta formativa, superare l’attuale sovrapposizione con l’istruzione tecnica e mettere ordine in un ambito frammentato tra competenze statali e regionali.

I percorsi durano 5 anni: biennio più triennio. Gli indirizzi, a partire dall’anno scolastico 2018/2019, passano da 6 a 11: agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane; pesca commerciale e produzioni ittiche; industria e artigianato per il Made in Italy; manutenzione e assistenza tecnica; gestione delle acque e risanamento ambientale; servizi commerciali; enogastronomia e ospitalità alberghiera; servizi culturali e dello spettacolo; servizi per la sanità e l’assistenza sociale; arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico.

Ogni scuola potrà declinare questi indirizzi in base alle richieste e alle peculiarità del territorio, coerentemente con le priorità indicate dalle Regioni. Si punta ad una sempre maggiore personalizzazione degli apprendimenti in modo tale che le studentesse e gli studenti, attraverso un progetto formativo individuale, possano sviluppare e acquisire competenze che li aiutino nell’accesso del mondo del lavoro. Nel biennio vengono inseriti gli assi culturali, ovvero aggregazioni di insegnamenti omogenei che forniscono competenze chiave di cittadinanza alle giovani e ai giovani, e si dà maggiore spazio all’alternanza scuola-lavoro e all’apprendistato.

Le scuole potranno utilizzare le loro quote di autonomia in relazione all’orario complessivo per rafforzare i laboratori e qualificare la loro offerta in modo flessibile. Gli istituti potranno, poi, avvalersi del contributo di esperti del mondo del lavoro e delle professioni e attivare partenariati per migliorare l’offerta formativa.

Conseguita la qualifica triennale, le studentesse e gli studenti potranno scegliere di proseguire gli studi passando al quarto anno dei percorsi di Istruzione Professionale o dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale e conseguire un diploma professionale tecnico. Al termine dei percorsi di istruzione professionale, in quelle che diventano vere e proprie “scuole territoriali di innovazione”, le ragazze e i ragazzi conseguono il diploma quinquennale di istruzione secondaria di II grado, grazie al quale potranno accedere agli Istituti tecnici superiori (ITS), alle Università e alle Istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), in base alle loro inclinazioni e ai loro desideri.

Le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale e le istituzioni formative accreditate per fornire percorsi di Istruzione e Formazione professionale (di competenza regionale) entrano a far parte della Rete nazionale delle Scuole Professionali: finalmente un’offerta formativa unitaria, articolata e integrata sul territorio. Il sistema sarà in vigore a partire dall’anno scolastico 2018/2019. Un tavolo coordinato dal Miur – al quale prendono parte le Regioni, gli Enti locali, le Parti Sociali, gli altri Ministeri interessati, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione (Invalsi), l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) e l’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro (Anpal) – monitora i percorsi dell’istruzione professionale e aggiorna gli indirizzi con cadenza almeno quinquennale. Vengono stanziati oltre 48 milioni a regime per incrementare il personale necessario all’attuazione delle novità previste. Sarà stabilizzato lo stanziamento di 25 milioni all’anno per l’apprendistato formativo.

Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni

I servizi per l’infanzia escono dalla dimensione assistenziale ed entrano a pieno titolo nella sfera educativa. Viene istituito infatti per la prima volta un Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni per garantire “ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”. Particolare attenzione verrà data alle bambine e ai bambini con disabilità.

Attraverso la costituzione del Sistema integrato progressivamente si estenderanno, amplieranno e qualificheranno i servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia su tutto il territorio nazionale. I servizi saranno organizzati all’interno di un assetto di competenze tra i diversi attori in campo (Stato, Regioni, Enti locali) chiaro ed efficiente. Per finanziare il nuovo Sistema viene creato un Fondo specifico (239 milioni all’anno a regime) per l’attribuzione di risorse agli Enti locali.

Il decreto prevede un Piano di azione nazionale di attuazione che coinvolgerà attivamente tutti gli attori in campo. Anche le famiglie saranno coinvolte attraverso gli organismi di rappresentanza. Sarà promossa la costituzione di Poli per l’infanzia per bambine e bambini di età fino a 6 anni, anche aggregati a scuole primarie e istituti comprensivi. I Poli serviranno a potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico. I Poli saranno finanziati anche attraverso appositi fondi Inail (150 milioni per la parte edilizia). Sarà prevista la qualifica universitaria come titolo di accesso per il personale, anche per i servizi da 0 a 3 anni, nell’ottica di garantire una sempre maggiore qualità del sistema. Per la prima volta sarà istituita una soglia massima per la contribuzione da parte delle famiglie.

È prevista una specifica governance del Sistema integrato di educazione e di istruzione. Al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca spetterà un ruolo di coordinamento, indirizzo e promozione, in sintonia con le Regioni e gli Enti locali, sulla base del Piano di Azione Nazionale che sarà adottato dal Governo.

Diritto allo studio

Una nuova governance per garantire una maggiore partecipazione delle studentesse e degli studenti e delle famiglie. La promozione di un sistema di welfare fondato su livelli di prestazioni nazionali, misure su libri di testo, tasse scolastiche, trasporti. Il potenziamento della carta dello studente IoStudio. Oltre sessanta milioni di investimento fra borse di studio, mobilità, supporti per la didattica. Questi i principali contenuti del decreto sul Diritto allo Studio.

In particolare, il provvedimento prevede l’istituzione di una Conferenza Nazionale. Una novità assoluta che consentirà una governance più partecipata: al tavolo ci saranno Associazioni dei genitori e delle studentesse e degli studenti, Consulte provinciali delle studentesse e degli studenti, il Miur, ma anche Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regioni, Comuni.

Sono previsti specifici finanziamenti per sostenere il welfare studentesco: 30 milioni vengono destinati per il 2017 (diventano 39,7 a regime dal 2019) alla copertura di borse di studio grazie alle quali studentesse e studenti delle scuole secondarie di II grado potranno avere supporto per l’acquisto di materiale didattico, per trasporti, per accedere a beni di natura culturale. Si tratta, a regime, di quasi 30 milioni in più rispetto allo stanziamento previsto dal testo iniziale, prima del passaggio parlamentare.

Altri 10 milioni (all’anno, fino al 2019/2020) vengono stanziati per l’acquisto di sussidi didattici nelle scuole che accolgono alunne e alunni con disabilità. Ancora altri 10 milioni vengono investiti, a partire dal 2019, per l’acquisto da parte delle scuole di libri di testo e di altri contenuti didattici, anche digitali, per il comodato d’uso dalla primaria fino alle classi dell’assolvimento dell’obbligo. Supporto aggiuntivo anche per la scuola in ospedale e per l’istruzione domiciliare con uno stanziamento di 2,5 milioni di euro all’anno dal 2017.

È previsto l’esonero totale dal pagamento delle tasse scolastiche – in base all’Isee – per le studentesse e gli studenti delle quarte e delle quinte della secondaria di II grado. Si parte nell’anno scolastico 2018/2019 con le quarte. Rafforzata la Carta dello studente (IoStudio) che sarà estesa anche a chi frequenta i corsi dell’Afam (Alta formazione musicale e coreutica) e ai Centri Regionali per la Formazione Professionale.

Promozione e diffusione della Cultura umanistica,
arriva il Piano delle Arti

Musica e danza, teatro e cinema, pittura, scultura, grafica delle arti decorative e design, scrittura creativa entrano a pieno diritto nel Piano dell’offerta formativa delle scuole di ogni ordine e grado. Le studentesse e gli studenti potranno così sviluppare creatività, senso critico, capacità di innovazione attraverso la cultura e la pratica diretta delle arti e la conoscenza diretta e il rilancio del patrimonio storico e artistico del nostro Paese.

Dopo il Piano Nazionale Scuola Digitale, arriva il Piano delle Arti, un programma di interventi con validità triennale che il Miur metterà in campo di concerto con il Mibact (Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo) e che conterrà una serie di misure per agevolare lo sviluppo dei temi della creatività nelle scuole. Il Piano viene finanziato con 2 milioni all’anno a partire dal 2017 e per la prima volta il 5% dei posti di potenziamento dell’offerta formativa sarà dedicato allo sviluppo dei temi della creatività. Ci saranno perciò risorse e personale.

Le scuole dovranno recepire gli indirizzi del Piano nell’ambito della loro offerta formativa e potranno costituirsi in Poli a orientamento artistico-performativo (per il primo ciclo) e in Reti (scuole secondarie di secondo grado) per condividere risorse laboratoriali, spazi espositivi, strumenti professionali, esperienze e progettazioni comuni.

Ogni istituto potrà stabilire se articolare singoli progetti o specifici percorsi curricolari anche in verticale, in alternanza scuola-lavoro o con iniziative extrascolastiche, in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati e con soggetti del terzo settore che operano nel campo artistico e musicale.

Tra le novità del decreto, i percorsi a indirizzo musicale delle scuole secondarie di I grado (che rappresenteranno la naturale evoluzione delle scuole di I grado ad indirizzo musicale), una più omogenea diffusione dell’insegnamento dello strumento musicale anche attraverso le docenti e i docenti dell’organico dell’autonomia e l’armonizzazione dei percorsi formativi della filiera artistico-musicale. Promosse, inoltre, forme di collaborazione strutturata tra licei artistici, accademie di belle arti, istituti superiori per le industrie artistiche, università, enti locali e tra licei musicali e coreutici e gli istituti superiori di studi musicali e i territori.

Plurale è anche la governance di questo settore: oltre al Miur e al Mibact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) le attività di indirizzo e coordinamento saranno gestite dall’Indire (Istituto nazionale documentazione, innovazione, ricerca educativa), le istituzioni Afam (Alta formazione musicale e coreutica), le Università, gli Its (Istituti tecnici superiori), gli Istituti del Mibact, gli istituti di cultura italiana all’estero, soggetti pubblici e privati.

Il patrimonio culturale e artistico italiano può diventare occasione di crescita per il Paese se le nuove generazioni sapranno coniugare tradizione e innovazione. Per questo motivo l’alternanza Scuola-Lavoro, prevista dalla legge 107/2015, potrà essere svolta presso soggetti pubblici e privati che si occupano della conservazione e produzione artistica.

Scuole italiane all’estero

Una scuola che formi cittadine e cittadini italiani anche all’estero e che diffonda e promuova il nostro patrimonio culturale fuori dai confini nazionali: è questo l’obiettivo del decreto legislativo sulle scuole italiane all’estero.

La volontà è quella di colmare le distanze e le frammentazioni oggi esistenti fra le scuole del sistema nazionale e quelle all’estero, estendendo le innovazioni introdotte dalla Buona Scuola anche negli istituti scolastici che operano fuori dal Paese. Questo si tradurrà, per esempio, nell’istituzione dell’organico del potenziamento anche all’estero. Si tratta di 50 ulteriori insegnanti (si passa da 624 a 674), nuove risorse professionali grazie alle quali si potrà lavorare di più su musica, arte o cinema e garantire il sostegno alle alunne e agli alunni che ne hanno bisogno.

Queste figure professionali verranno selezionate per la prima volta dal Miur sulla base di requisiti predisposti insieme al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci). In precedenza era il solo Maeci ad effettuare queste selezioni. È prevista per queste figure una formazione obbligatoria prima della partenza per l’estero e in servizio, così come richiesto nel territorio nazionale dopo l’entrata in vigore della Buona Scuola. I tempi di permanenza fuori dall’Italia passano dai 9 anni attuali a due periodi di 6 anni scolastici che dovranno però essere intervallati da un periodo di 6 anni nelle scuole italiane del Paese. Questo per evitare che il personale all’estero perda contatto con il sistema di istruzione e con il Paese di riferimento.

Le scuole italiane all’estero potranno partecipare ai bandi relativi al Piano nazionale scuola digitale e saranno inserite nel sistema nazionale di valutazione. Sono previste maggiori e nuove sinergie con istituzioni ed enti che promuovono e diffondono la nostra cultura nel mondo e, infine, piena trasparenza delle scuole all’estero all’interno del portale unico della scuola.

Vengono promossi, inoltre, servizio civile e tirocini nelle istituzioni del sistema di formazione italiano nel mondo. Maggiori e nuove sinergie con istituzioni ed enti pubblici e privati che promuovono la nostra cultura nel mondo. Viene istituita una Cabina di Regia Miur-Maeci, cui spetta il compito di riorganizzazione e coordinamento strategico del sistema.

Valutazione ed Esami di Stato

Nessun cambiamento per gli Esami di Stato di quest’anno. Le novità saranno applicate nel 2018 per l’Esame del primo ciclo e nel 2019 per la Maturità. Alla primaria e alla secondaria di I grado cambia la modalità di valutazione: restano i voti, ma saranno espressione dei livelli di apprendimento raggiunti e saranno affiancati da una specifica certificazione delle competenze. Maggiore peso viene dato alla valutazione delle competenze in ‘Cittadinanza e Costituzione’, che saranno anche oggetto di colloquio anche all’Esame di Maturità. Sono alcune delle novità previste dal decreto su valutazione ed Esami di Stato.

La valutazione nel primo ciclo: il tema dell’ammissione alla classe successiva diventa parte di un processo più ampio di presa in carico delle studentesse e degli studenti. Le attività svolte nell’ambito della disciplina trasversale ‘Cittadinanza e Costituzione’ diventano oggetto di valutazione.

Alla primaria varrà la normativa vigente: la non ammissione è prevista solo in casi eccezionali e con decisione unanime dei docenti della classe. Ma con una novità: viene esplicitato che l’ammissione è prevista anche in caso di livelli di apprendimento “parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”. Le scuole dovranno attivare, anche questa è una novità, specifiche strategie di miglioramento per sostenere il raggiungimento dei necessari livelli di apprendimento da parte degli alunni e delle alunne più deboli. Per una scuola più inclusiva e capace di non lasciare solo chi resta indietro.

Nella secondaria di I grado resta ferma la necessità di frequenza di almeno tre quarti del monte ore annuale per poter essere ammesse o ammessi alla classe successiva. Anche alla secondaria di I grado, a differenza di quanto avviene oggi, in un’ottica di maggiore trasparenza dei voti e in linea con le esperienza di molti Paesi europei, si può essere ammessi o ammesse alla classe successiva e all’Esame finale in caso di mancata acquisizione dei necessari livelli di apprendimento in una o più discipline. In questo caso, come per la primaria, le scuole dovranno attivare percorsi di supporto per colmare le lacune. Alla fine del I ciclo viene rilasciata una apposita certificazione delle competenze oggi già sperimentata da oltre 3.000 istituzioni scolastiche.

Esame del I ciclo. Tre scritti e un colloquio saranno le prove previste alla fine della classe terza della secondaria di I grado. Oggi le prove sono cinque più il colloquio. L’Esame viene riequilibrato e si torna a dare più valore al percorso scolastico rispetto al peso delle prove finali. Sono previste: una prova di italiano, una di matematica, una prova sulle lingue straniere, un colloquio per accertare le competenze trasversali, comprese quelle di cittadinanza. Il test Invalsi (la prova nazionale standardizzata) resta, ma si svolgerà nel corso dell’anno scolastico, non più durante l’Esame.

Esame del II ciclo. Due prove scritte e un colloquio orale. Questo il nuovo Esame. Oggi le prove scritte sono tre più il colloquio. Lo svolgimento delle attività di alternanza Scuola-Lavoro diventa requisito di ammissione, insieme allo svolgimento della Prova nazionale Invalsi. Si viene ammessi e ammesse all’Esame con tutti sei. Fatta salva la possibilità per il Consiglio di classe di ammettere, con adeguata motivazione, chi ha un voto inferiore a sei in una disciplina (o in un gruppo di discipline che insieme esprimono un voto). L’ammissione con una insufficienza incide sul credito finale con cui si accede all’Esame. Questo non vale per il voto legato al comportamento: chi ha l’insufficienza non viene ammessa o ammesso.

L’Esame sarà composto da: prima prova scritta nazionale che accerterà la padronanza della lingua italiana, seconda prova scritta nazionale su una o più discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi, colloquio orale che accerterà il conseguimento delle competenze raggiunte, la capacità argomentativa e critica del candidato, l’esposizione delle attività svolte in alternanza. L’esito dell’Esame oggi è espresso in centesimi: fino a 25 punti per il credito scolastico, fino a 15 per ciascuna delle tre prove scritte, fino a 30 per il colloquio. Con il decreto il voto finale resta in centesimi, ma si dà maggior peso al percorso fatto nell’ultimo triennio: il credito scolastico incide fino a 40 punti, le 2 prove scritte incidono fino a 20 punti ciascuna, il colloquio fino a 20 punti. La Commissione resta quella attuale: un Presidente esterno più tre commissari interni e tre commissari esterni. La prova Invalsi viene introdotta in quinta per italiano, matematica e inglese, ma si svolgerà in un periodo diverso dall’Esame.

Le novità per le prove Invalsi: si introduce una prova di inglese standardizzata al termine sia della primaria sia della secondaria di I e II grado per certificare, in convenzione con enti certificatori accreditati, le abilità di comprensione e uso della lingua inglese in linea con il Quadro Comune di Riferimento Europeo per le lingue. Nelle classi finali della secondaria di I e II grado la prova Invalsi è requisito per l’ammissione all’Esame, ma non influisce sul voto finale.


Il 24, 25, 26, 27, 30, 31 gennaio, 1, 2, 6, 7, 8, 13, 14, 21, 22, 28 febbraio, 1, 2, 7, 8, 9, 14, 15, 16, 21 e 22 marzo le Commissioni di Camera e Senato esaminano gli schemi di decreti legislativi attuativi delle deleghe previste dall’art. 1, c. 180, della Legge 13 luglio 2015, n. 107 e svolgono audizioni sui profili attuativi della legge n. 107/15.



Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 14 gennaio, esamina i decreti legislativi in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione previsti dall’art. 1, c. 180, della Legge 13 luglio 2015, n. 107.

I decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze nonché con gli altri Ministri competenti, previo parere della Conferenza unificata.
Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si esprimono nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione.


BUONA SCUOLA

Attuazione della delega al governo in tema di riordino, semplificazione e codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione (decreti legislativi – esame preliminare)

Il Consiglio dei ministri, su proposta della Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca Valeria Fedeli, ha approvato in esame preliminare otto decreti legislativi di attuazione dell’articolo 1, comma 180, della legge 13 luglio 2015, n. 107.

Nello specifico, i provvedimenti prevedono:

1.        accesso ai ruoli del personale docente

Il decreto delinea l’articolazione del percorso unitario di accesso e formazione ai ruoli a tempo indeterminato del personale docente della scuola secondaria, nonché dell’insegnamento tecnico-pratico, denominato “Sistema di formazione iniziale e di accesso”. Elenca inoltre i criteri e le metodologie da adottare al fine di realizzare un percorso unitario tra formazione e accesso ai ruoli.

Viene prevista l’emanazione con cadenza regolare del bando di concorso sul numero di posti che si prevedono vacanti e disponibili al termine del triennio corrispondente al percorso formativo.

2.        promozione dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità

Il decreto aggiorna, riorganizza e razionalizza i provvedimenti vigenti in materia, tenendo conto della nuova prospettiva nazionale ed internazionale dell’inclusione scolastica, riconosciuta quale identità culturale, educativa e progettuale del sistema di istruzione e formazione in Italia.

Il testo chiarisce chi sono i beneficiari di specifiche misure di inclusione scolastica peculiari per i minori disabili. Viene previsto che, ove siano presenti studenti con disabilità certificate, le sezioni per la scuola dell’infanzia e le classi prime per ciascun grado di istruzione, non abbiano classi di più di ventidue alunni, fermo restando il numero minimo di alunni e studenti per classe previsto dalla normativa vigente;

3.        revisione dei percorsi dell’istruzione professionale, nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale

Il decreto supera la sovrapposizione tra istruzione professionale e istruzione tecnica attraverso il rafforzamento dell’identità dell’istruzione professionale, prevedendo indirizzi di studio ispirati a un moderno concetto di occupabilità, riferito ad ampie aree di attività economiche, e non a singoli mestieri. Si supera anche la sovrapposizione dei percorsi dell’istruzione professionale con quelli di formazione professionale (IeFP) di competenza delle Regioni, prevedendo il raccordo tra l’istruzione professionale e le istituzioni formative in modo stabile e strutturato. Viene inoltre riconosciuta alle scuole la possibilità di ampliare l’offerta formativa anche attraverso la realizzazione di percorsi di qualifica professionale, sempreché previsti dalla programmazione regionale. Si potenziano infine gli indirizzi di studio quinquennali dell’istruzione professionale e si prevede la presenza, su tutto il territorio nazionale, di un sistema unitario e articolato di “Scuole professionali”;

4.        sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e per i bambini in età compresa dalla nascita fino ai sei anni

Il provvedimento valorizza l’esperienza educativa dalla nascita a sei anni, con l’obiettivo di dare adeguata collocazione a tale esperienza all’interno del percorso di formazione della persona. Il decreto, tenuto anche conto dell’orientamento europeo, elimina la cesura tra i due periodi dell’infanzia, fornendo indicazioni e linee guida per servizi educativi e di istruzione di qualità;

5.        diritto allo studio

Al fine di garantire su tutto il territorio nazionale l’effettività del diritto allo studio degli alunni e degli studenti del sistema nazionale di istruzione e formazione, statale e paritario, fino al completamento del percorso di istruzione secondaria di secondo grado, il decreto riorganizza le prestazioni, anche accessorie, per il sostegno allo studio. Il provvedimento definisce inoltre le modalità per l’individuazione dei requisiti di eleggibilità per l’accesso alle prestazioni da assicurare sul territorio nazionale e individua i principi generali per il potenziamento della Carta dello studente;

6.        cultura umanistica

Il decreto prevede che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, l’Istituto nazionale documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), le istituzioni scolastiche, le Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), gli Istituti tecnici superiori (ITS) e gli Istituti di cultura italiana all’estero concorrano a realizzare un sistema coordinato per la progettazione e la promozione della conoscenza delle arti e della loro pratica quale requisito fondamentale del percorso di ciascun grado di istruzione del sistema nazionale di istruzione e formazione;

7.        disciplina della scuola italiana all’estero

Il decreto aggiorna gli ordinamenti per rispondere in maniera flessibile alla realtà socio-economica di ciascuno dei Paesi esteri in cui si opera, rafforza la missione di promozione della cultura italiana all’estero e il suo coordinamento con le iniziative dell’intero sistema Paese e razionalizza le norme sul personale all’estero;

8.        valutazione, certificazione delle competenze ed esami di Stato

Il decreto riordina e coordina in un unico testo le disposizioni vigenti in materia di:

–          ammissione alla classe successiva per gli alunni del primo ciclo, prevedendo l’ammissione anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione;

–          esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, che viene semplificato nel numero di prove scritte e nelle modalità di attribuzione della valutazione finale. Inoltre la presidenza delle commissioni d’esame viene attribuita al dirigente scolastico;

–          esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, con, tra l’altro, la riduzione a due delle prove scritte e l’eliminazione della prova multidisciplinare predisposta dalla commissione e il potenziamento delle attività di alternanza scuola-lavoro;

–          prove INVALSI, con l’eliminazione della prova scritta a carattere nazionale dall’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione. La prova verrà effettuata in un altro momento dell’anno scolastico e con la sola funzione di requisito obbligatorio di ammissione all’esame. Il decreto prevede inoltre l’integrazione delle prove di italiano e matematica con una ulteriore sezione per la rilevazione dell’apprendimento della lingua inglese;

–          attestazione delle competenze nel primo ciclo, prevedendo la definizione mediante apposito decreto ministeriale di un modello di attestazione delle competenze trasversali e delle competenze chiave di cittadinanza da rilasciare al termine della terza classe di scuola secondaria di primo grado;

–          commissioni d’esame, con l’istituzione di un apposito albo regionale dei Presidenti, cui potranno accedere dirigenti scolastici e docenti della scuola secondaria di secondo grado in possesso di requisiti definiti a livello nazionale nonché la previsione di un’apposita formazione dedicata ai Presidenti di commissione.

I decreti saranno inviati alle Camere per l’acquisizione dei prescritti pareri parlamentari.


La Buona Scuola, da Cdm primo via libera a otto deleghe
Fedeli: “Sono la parte più innovativa della legge. Oggi primo passo: ora parte la fase di ascolto dei soggetti coinvolti.
I testi finali
saranno frutto della massima condivisione possibile”

Primo via libera oggi in Consiglio dei Ministri a otto decreti legislativi di attuazione della legge Buona Scuola.

I decreti riguardano:

  • il sistema di formazione iniziale e di accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado;
  • la promozione dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità;
  • la revisione dei percorsi dell’istruzione professionale;
  • l’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni;
  • il diritto allo studio;
  • la promozione e la diffusione della cultura umanistica;
  • il riordino della normativa in materia di scuole italiane all’estero;
  • l’adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti e degli Esami di Stato.

Per la revisione del Testo unico sulla scuola sarà previsto un disegno di legge delega specifico e successivo. I provvedimenti vanno ora alle Commissioni parlamentari competenti e in Conferenza Unificata per l’apposito parere.

“I decreti attuativi delle deleghe rappresentano la parte più innovativa e qualificante della legge 107. Rivelano e concretizzano la vera portata di riforma della Buona Scuola: mettono le studentesse e gli studenti al centro di un progetto che punta a fornire loro un’istruzione e una formazione adeguate a standard e obiettivi internazionali. Si lavora sul sapere e sul saper fare, per dare alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi gli strumenti utili per realizzare il loro progetto di vita e contribuire alla crescita e alla competitività del Paese”, dichiara la Ministra Valeria Fedeli.

“Abbiamo scelto di salvaguardare le deleghe, la loro attuazione e il lavoro fatto finora avviandone l’iter di approvazione prima della loro scadenza prevista il 15 gennaio. Oggi comincia un percorso, è un punto di partenza. Aver dato il primo via libera in Consiglio dei Ministri non significa pensare che i testi siano chiusi: lavoreremo nelle Commissioni parlamentari – assicurando una forte partecipazione e presenza del Ministero e del Governo – per ascoltare in audizione tutti i soggetti coinvolti. Dirigenti scolastici, insegnanti, personale della scuola, sindacati, studenti, famiglie, associazioni, stakeholder in modo che i testi finali saranno frutto della massima condivisione possibile”.

LE SCHEDE

Formazione iniziale e accesso all’insegnamento
nella scuola secondaria di I e II grado

Oggi chi vuole insegnare nella scuola secondaria di I e II grado deve abilitarsi, dopo la laurea, attraverso il tirocinio formativo attivo (TFA). L’abilitazione consente di accedere alla seconda fascia delle graduatorie di istituto per fare le supplenze. Per il ruolo occorre attendere e superare un concorso. Il decreto prevede che dopo la laurea si parteciperà ad un concorso. Chi lo supererà si inserirà in un percorso di formazione di tre anni, due dei quali fatti anche a scuola. Il percorso si concluderà, dopo il terzo anno, con l’assunzione a tempo indeterminato. Il decreto riguarda le future e i futuri insegnanti e prevede una fase transitoria per chi oggi è già iscritto nelle graduatorie di istituto.

Inclusione scolastica

Semplificazione e snellimento delle pratiche burocratiche, maggiore continuità didattica e formazione del personale docente e della comunità scolastica, costruzione di un progetto di vita che coinvolgerà più attori della società che collaborano in rete.

Sono questi i punti cardine del decreto sull’inclusione scolastica, provvedimento che propone un cambiamento culturale mettendo al centro le alunne e gli alunni con disabilità, per i quali la scuola, coinvolgendo tutte le sue componenti, elabora un progetto educativo individuale.

Non sarà solo la gravità della disabilità a determinare le risposte offerte delle alunne e degli alunni: si cercherà di determinare in senso più ampio i loro bisogni. L’attività di presa in carico degli alunni sarà più condivisa: la scuola fornirà al nuovo Gruppo di Inclusione Territoriale il Piano di inclusione, la valutazione diagnostico-funzionale e il progetto individuale per l’alunno che costituiranno la base delle richieste all’Ufficio scolastico regionale.

Insegnanti di sostegno più formati e preparati, poi, grazie a una formazione iniziale che prevede l’obbligo di 120 crediti formativi universitari (cfu) sull’inclusione scolastica (non più 60 come è oggi) per tutti i gradi di istruzione, 60 prima del percorso di specializzazione e 60 durante,  (il doppio rispetto ad oggi). Tutti i futuri docenti avranno nel loro percorso di formazione iniziale materie che riguardano le metodologie per l’inclusione e ci sarà una specifica formazione anche per il personale della scuola, Ata compresi.

Revisione dei percorsi dell’Istruzione professionale

Dare una chiara identità agli istituti professionali, innovare la loro offerta formativa, superando l’attuale sovrapposizione con l’istruzione tecnica e  rispondendo anche alle esigenze delle filiere produttive del territorio. Questi gli obiettivi del decreto che mette ordine in un ambito frammentato tra competenze statali e regionali e punta a ridare dignità a questi percorsi formativi.

I percorsi durano 5 anni: biennio più triennio. Gli indirizzi passano da 6 a 11: servizi per l’agricoltura, lo sviluppo rurale e la silvicoltura; pesca commerciale e produzioni ittiche; artigianato per il Made in Italy; manutenzione e assistenza tecnica; gestione delle acque e risanamento ambientale; servizi commerciali; enogastronomia e ospitalità alberghiera; servizi culturali e dello spettacolo; servizi per la sanità e l’assistenza sociale; arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico.

Ogni scuola potrà declinare questi indirizzi in base alle richieste del territorio, coerentemente con le priorità indicate dalle Regioni. Vengono rafforzate le attività laboratoriali: nel biennio più del 40% delle ore sarà destinato a insegnamenti di indirizzo e attività di laboratorio, ci sarà uno spazio del 10% per apprendimenti personalizzati e per l’alternanza Scuola-Lavoro (dal secondo anno del biennio), il resto delle ore sarà dedicato a insegnamenti generali. Nel triennio, invece, lo spazio per gli insegnamenti di indirizzo sarà superiore (55% per anno) per dare la possibilità ai giovani di specializzarsi e approfondire quanto appreso nel biennio, nell’ottica di un ingresso facilitato nel mondo del lavoro. Conseguita la qualifica triennale, lo studente potrà scegliere di proseguire gli studi passando al quarto anno dei percorsi di Istruzione Professionale o dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale e conseguire un diploma professionale tecnico. Le istituzioni scolastiche (statali o paritarie) che offrono percorsi di istruzione professionale e le istituzioni formative accreditate per fornire percorsi di Istruzione e Formazione professionale (di competenza regionale) entrano a far parte di un’unica rete, la Rete nazionale delle Scuole Professionali: finalmente un’offerta formativa unitaria, articolata e integrata sul territorio. Il sistema sarà in vigore a partire dall’anno scolastico 2018/2019. 

Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni

La delega istituisce per la prima volta un Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni per garantire “ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”. Attraverso la costituzione del Sistema integrato progressivamente si estenderanno, amplieranno e qualificheranno i servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia su tutto il territorio nazionale. A questo scopo viene creato un Fondo (229 milioni all’anno) per l’attribuzione di risorse agli Enti locali.

La delega prevede un Piano di azione nazionale per l’attuazione del Sistema integrato che coinvolgerà attivamente tutti gli attori in campo. Sarà promossa la costituzione di poli per l’infanzia per bambine e bambini di età fino a 6 anni, anche aggregati a scuole primarie e istituti comprensivi. I poli serviranno a potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico di tutte le bambine e dei bambini. I poli saranno finanziati anche attraverso appositi fondi Inail (150 milioni). 

È prevista una specifica governance del Sistema integrato di educazione e di istruzione. Al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca spetterà un ruolo di coordinamento, indirizzo e promozione, in sintonia con le Regioni e gli Enti locali, sulla base del Piano di Azione Nazionale che sarà adottato dal Governo.

Diritto allo studio

Una nuova governanceche garantisca una maggiore partecipazione degli studenti, la promozione di un sistema di welfare fondato su livelli di prestazioni nazionali, misure su libri di testo, tasse scolastiche, trasporti, il potenziamento della carta dello studente IoStudio. Questi i principali contenuti della delega sul Diritto allo Studio.

Il provvedimento prevede l’istituzione di una Conferenza Nazionale. Una novità assoluta che consentirà una governance più partecipata: al tavolo ci saranno Associazioni dei genitori e degli studenti, Consulte provinciali degli studenti, il Miur, ma anche Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regioni, Comuni.

A partire al 2017 sono previsti 10 milioni di euro per l’erogazione di borse di studio a favore degli studenti iscritti agli ultimi due anni delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado, per l’acquisto di libri di testo, per la mobilità e il trasporto, per l’accesso a beni e servizi di natura culturale. Il Miur stabilisce ogni anno i criteri per il riparto delle risorse.

Fra le novità, l’esonero totale dalle tasse scolastiche per le studentesse e gli studenti delle quarte e delle quinte della secondaria di II grado. Si parte nell’anno scolastico 2018/2019 con le quarte. Previste maggiori agevolazioni sui libri di testo, con una spinta per la diffusione del comodato d’uso gratuito alla secondaria di I e II grado. Saranno previste borse di studio per chi frequenta la secondaria di II grado per: libri, trasporti e vitto. Rafforzata la Carta dello studente (IoStudio) che sarà estesa anche a chi frequenta i corsi dell’Afam (Alta formazione musicale e coreutica) e ai Centri Regionali per la Formazione Professionale.

Promozione e diffusione della Cultura umanistica

Il Made in Italy al centro della Buona Scuola. Musica e danza, teatro e cinema, pittura, scultura, grafica delle arti decorative e design, scrittura creativa saranno solo alcune delle arti che verranno potenziate negli istituti scolastici.

Le scuole saranno aperte anche a contributi esterni: reti o poli a orientamento artistico e performativo di scuole collaboreranno con l’Indire (Istituto nazionale documentazione, innovazione, ricerca educativa), le istituzioni Afam (Alta formazione musicale e coreutica), le Università, gli Its (Istituti tecnici superiori) e soggetti pubblici e privati sotto il coordinamento del Miur. Il Miur lavorerà a stretto contatto con il Ministero dei Beni Culturali.

La pratica musicale, già presente nelle scuole del primo ciclo, verrà potenziata e ulteriormente sviluppata e le scuole secondarie di II grado potranno collaborare con gli Istituti tecnici superiori per progetti di innovazione digitale e tecnologica applicata alla musica.

Il patrimonio culturale e artistico italiano può essere occasione di crescita per l’Italia se le nuove generazioni sapranno coniugare tradizione e innovazione. Per questo motivo l’alternanza Scuola-Lavoro, prevista dalla legge 107/2015, potrà essere svolta presso soggetti pubblici e privati che si occupano della conservazione e produzione artistica.

Scuole italiane all’estero

Una scuola che formi cittadini italiani anche all’estero, diffondendo e promuovendo il nostro patrimonio culturale fuori dai confini nazionali, così come avviene nelle scuole del Paese: è questo l’obiettivo del decreto legislativo sulle scuole italiane all’estero.

La volontà è quella di colmare le distanze, estendendo le innovazioni introdotte dalla Buona Scuola anche negli istituti scolastici che operano fuori dal Paese. Questo si tradurrà, per esempio, nell’istituzione dell’organico del potenziamento all’estero, 50 nuovi insegnanti, nuove risorse professionali grazie alle quali si potrà lavorare di più su musica, arte o cinema e garantire il sostegno alle alunne e agli alunni che ne hanno bisogno. Le scuole italiane all’estero potranno partecipare ai bandi relativi al Piano nazionale scuola digitale. Per quanto riguarda gli insegnanti Miur e Maeci definiranno criteri e modalità per la formazione del personale all’estero, per riconoscere un profilo professionale specifico. Il periodo di permanenza fuori dei docenti verrà ridotto dagli attuali 9 a 6 anni per evitare un periodo troppo lungo di distacco dal sistema nazionale.

Sono previste maggiori e nuove sinergie con istituzioni ed enti che promuovono e diffondono la nostra cultura nel mondo e, infine, piena trasparenza delle scuole all’estero all’interno del portale unico della scuola.

Valutazione

Nessun cambiamento per gli Esami di Stato di quest’anno. Le novità entreranno in vigore dagli Esami del 2018.

Esame del I ciclo. Tre scritti e un colloquio saranno le prove previste alla fine della classe terza della secondaria di I grado. Oggi le prove sono sei più il colloquio. L’Esame viene riequilibrato e si torna a dare più valore al percorso scolastico rispetto al peso delle prove finali. Il decreto prevede: una prova di italiano, una di matematica, una prova sulle lingue straniere, un colloquio per accertare le competenze trasversali. Il test Invalsi (la prova nazionale standardizzata) resta in terza, ma si svolgerà nel corso dell’anno scolastico, non più durante l’Esame.

Esame del II ciclo. Due prove scritte e un colloquio orale. Questo il nuovo Esame. Oggi le prove scritte sono tre più il colloquio. Lo svolgimento delle attività di alternanza Scuola-Lavoro diventa requisito di ammissione. L’Esame sarà composto da: prima prova scritta nazionale che accerterà la padronanza della lingua italiana, seconda prova scritta nazionale su discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi, colloquio orale che accerterà il conseguimento delle competenze raggiunte, la capacità argomentativa e critica del candidato, l’esposizione delle attività svolte in alternanza. L’esito dell’Esame oggi è espresso in centesimi: fino a 25 punti per il credito scolastico, fino a 15 per ciascuna delle tre prove scritte, fino a 30 per il colloquio. Con il decreto il voto finale resta in centesimi, ma si dà maggior peso al percorso fatto nell’ultimo triennio: il credito scolastico incide fino a 40 punti, le 2 prove scritte incidono fino a 20 punti ciascuna, il colloquio fino a 20 punti.La Commissione resta quella attuale: un Presidente esterno più tre commissari interni e tre commissari esterni. La prova Invalsi viene introdotta in quinta per italiano, matematica e inglese, ma si svolgerà in un periodo diverso dall’Esame.

Le novità per le prove Invalsi: si introduce una prova di inglese standardizzata al termine sia della primaria sia della secondaria di I e II grado per certificare le abilità di comprensione e uso della lingua inglese in linea con il Quadro Comune di Riferimento Europeo per le lingue. Nelle classi finali della secondaria di I e II grado la prova Invalsi è requisito per l’ammissione all’Esame, ma non confluisce nel voto finale: il punteggio è riportato nella documentazione allegata al diploma.

Riforma Terzo settore e Impresa sociale in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 12 maggio, approva, in esame preliminare, tre decreti legislativi di attuazione della legge delega per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale.


RIFORMA DEL TERZO SETTORE, DELL’IMPRESA SOCIALE E DEL CINQUE PER MILLE

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, ha approvato, in esame preliminare, tre decreti legislativi di attuazione della legge delega per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale (legge 6 giugno 2016, n. 106).

Di seguito le principali novità.

     1. Codice del Terzo settore

Il nuovo Codice riordina tutta la normativa riguardante gli enti del Terzo settore al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione dei principi costituzionali.

In questa prospettiva, le amministrazioni pubbliche saranno chiamate a promuovere la cultura del volontariato, in particolare tra i giovani, anche attraverso apposite iniziative da svolgere nell’ambito delle strutture e delle attività scolastiche, universitarie ed extrauniversitarie, valorizzando le diverse esperienze ed espressioni di volontariato, con il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato e di altri enti del Terzo settore nelle attività di sensibilizzazione e promozione.

Nell’opera di razionalizzazione vengono anzitutto definiti gli enti del Terzo settore, individuati nelle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative, società di mutuo soccorso, e in ogni altro ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

Sono altresì puntualmente individuate le attività di interesse generale esercitate dagli enti del Terzo settore in via esclusiva o principale.

Il Codice stabilisce le disposizioni generali e comuni applicabili, nel rispetto del principio di specialità, ai diversi enti che compongono il Terzo settore, dettando disposizione in materia, tra l’altro, di organizzazione, amministrazione e controllo, di raccolta fondi, anche mediante sollecitazione al pubblico o cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, di contabilità e trasparenza.

In base alla loro dimensione, gli enti del Terzo settore saranno chiamati a pubblicare sul proprio sito internet il bilancio sociale, redatto secondo apposite linee guida, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte, nonché gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti e agli associati.

Quanto ai lavoratori degli enti del Terzo settore, oltre a statuire espressamente il loro diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi, il Codice introduce un criterio di proporzionalità in base al quale, in ciascun ente, la differenza retributiva tra lavoratori non può essere superiore al rapporto di uno a sei, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Specifici limiti sono poi disciplinati in relazione ai compensi eventualmente previsti per le cariche sociali, nonché ai trattamenti economici per i lavoratori subordinati o autonomi degli enti.

Viene inoltre semplificata la procedura di acquisto della personalità giuridica e vengono istituiti, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il “Registro unico nazionale del Terzo settore”, al quale gli enti sono tenuti a iscriversi al fine di poter accedere ai benefici, non solo di carattere tributario, ad essi riservati, e il Consiglio nazionale del terzo settore, organo consultivo e rappresentativo degli enti.

Con riferimento alle misure di promozione e sostegno del Terzo settore, il Codice prevede, tra l’altro:

  • la revisione della definizione di enti non commerciali ai fini fiscali e l’introduzione di un nuovo e articolato regime tributario di vantaggio, che tiene conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che prevede la determinazione forfettaria del reddito d’impresa in favore degli enti del Terzo settore non commerciali;
  • l’istituzione del social bonus, ossia un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro effettuate in favore degli enti del Terzo settore non commerciali, che abbiano presentato un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati ai suddetti enti;
  • una serie di agevolazioni in materia di imposte indirette (successioni e donazioni, registro, ipotecaria e catastale) con particolare riferimento agli immobili utilizzati dagli enti, nonché in materia di tributi locali;
  • la ridefinizione della disciplina delle detrazioni e deduzioni per le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti;
  • specifiche disposizioni in ordine al regime fiscale delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale;
  • la nuova disciplina in materia di finanza sociale concernente i “titoli di solidarietà”, finalizzata a favorire il finanziamento ed il sostegno delle attività di interesse generale svolte dagli enti del Terzo settore non commerciali iscritti nell’apposito registro;
  • un regime fiscale agevolato per le attività di social lending svolta dai gestori dei portali on line;
  • misure per favorire l’assegnazione in favore degli enti di immobili pubblici inutilizzati per fini istituzionali;
  • la disciplina dello specifico Fondo istituito per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale promossi dagli enti del Terzo settore.

Il Codice prevede, infine, la disciplina delle attività di monitoraggio, di vigilanza e di controllo, anche di natura fiscale, nonché quella di carattere sanzionatorio.

     2. Revisione della disciplina in materia di impresa sociale

Il decreto ha l’obiettivo di migliorare la disciplina dell’impresa sociale, colmando le attuali lacune, relative soprattutto al regime fiscale, e a rimuovere le principali barriere al suo sviluppo, rafforzandone il ruolo nel Terzo settore, anche in chiave di sistema.

Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private, incluse quelle costituite in forma societaria, che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività.

L’impresa sociale rimane dunque una qualifica che enti costituiti in una qualsiasi forma giuridica (associazione, fondazione, società, cooperativa) possono assumere se rispettano le diverse norme di qualificazione dettate nel decreto, ferma restando la qualificazione di diritto come impresa sociale prevista dalla legge delega per le cooperative sociali e i loro consorzi.

Si ridefinisce, ampliandolo, l’ambito delle attività di interesse generale da esercitare affinché un ente possa assumere tale qualifica. Tra tali attività sono incluse, a titolo esemplificativo: le prestazioni sanitarie riconducibili ai Livelli essenziali di assistenza (LEA); i servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente; gli interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio; la ricerca scientifica di particolare interesse sociale; la formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo; la cooperazione allo sviluppo; il commercio equo e solidale; il microcredito; l’agricoltura sociale e l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche.

Si considera comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l’attività dell’impresa sociale nella quale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, sono occupati, secondo specifiche percentuali in relazione al personale, lavoratori molto svantaggiati, persone svantaggiate o con disabilità e persone senza fissa dimora che versino in una condizione di povertà tale da non poter reperire e mantenere un’abitazione in autonomia.

L’attività di impresa di interesse generale deve essere svolta “in via principale”, ossia deve generare almeno il 70 per cento dei ricavi complessivi. Quale ente del Terzo settore, l’impresa sociale non può avere come scopo principale quello di distribuire ai propri soci, amministratori, dipendenti, ecc., gli utili ed avanzi di gestione, i quali devono essere destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio. Tuttavia, al fine di favorire il finanziamento dell’impresa sociale mediante capitale di rischio, il decreto, in attuazione della delega, ha introdotto la possibilità per le imprese sociali (costituite in forma di società) di remunerare in misura limitata il capitale conferito dai soci.

In particolare, l’impresa sociale, costituita in forma societaria, può destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo calcolate dall’ISTAT per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio in cui gli utili sono stati prodotti, oppure alla distribuzione, anche mediante l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.

Per le imprese sociali è inoltre possibile, nel limite anzidetto, disporre erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano tuttavia fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società da questa controllate; tali erogazioni devono essere finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale.

Anche per le imprese sociali si prevede un criterio di proporzionalità del trattamento retributivo tra lavoratori dipendenti, che in questo caso, in ragione della natura d’impresa dell’attività esercitata, non può essere superiore al rapporto di uno a otto, da calcolarsi sempre sulla base della retribuzione annua lorda.

Ai fini di promozione e sviluppo dell’impresa sociale, si introducono inoltre importanti misure di sostegno, anche fiscale, quali la detassazione degli utili o avanzi di gestione che incrementino le riserve indivisibili dell’impresa sociale in sospensione d’imposta e che vengano effettivamente destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio (analogamente a quanto già previsto per le cooperative sociali e per i consorzi tra piccole e medie imprese). Si prevedono inoltre incentivi fiscali volti a favorire gli investimenti di capitale nelle imprese sociali, altrimenti penalizzate rispetto alle società lucrative che non soggiacciono ai suddetti limiti di remunerazione del capitale.

Infine, relativamente agli obblighi di trasparenza, l’impresa sociale è tenuta a pubblicizzare, anche attraverso il proprio sito internet, il bilancio sociale, da redigersi in ossequio a specifiche linee guida da adottarsi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Si intensificano poi i vincoli a beneficio degli stakeholder, aumentandone il livello minimo di coinvolgimento, in linea con quanto previsto a livello europeo come caratteristica distintiva dell’entità dell’economia sociale, prevedendo tra l’altro, per le imprese sociali di grandi dimensioni, il diritto dei lavoratori ed eventualmente anche degli utenti di nominare almeno un componente degli organi di amministrazione e di controllo.

     3. Disciplina dell’istituto del “cinque per mille” dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef)

Il decreto prevede il completamento della riforma strutturale dell’istituto del cinque per mille, già reso permanente dalla legge di stabilità 2015, attraverso l’individuazione delle modalità per la razionalizzazione e la revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l’accesso al beneficio, la semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l’erogazione dei contributi spettanti, nonché l’introduzione di obblighi di pubblicità delle risorse erogate, attraverso un sistema improntato alla massima trasparenza, con la previsione delle conseguenze sanzionatorie per il mancato rispetto dei citati obblighi.

Rispetto alla disciplina precedente, le nuove norme allargano la platea dei destinatari del beneficio, estendendola a tutti gli enti del Terzo settore iscritti nel Registro unico nazionale. Rimangono inalterati i restanti settori di destinazione del beneficio: il finanziamento della ricerca scientifica e dell’università; il finanziamento della ricerca sanitaria; il sostegno delle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente; il sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute ai fini sportivi dal Comitato olimpico nazionale italiano, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale; la tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

Il decreto, inoltre, prevede una serie di obblighi di trasparenza e informazione, sia per i soggetti beneficiari che per l’amministrazione erogatrice. In particolare, i soggetti beneficiari sono tenuti ad adempiere a un duplice obbligo: il primo, nei confronti dell’amministrazione erogatrice, comporta la redazione e la trasmissione, entro un anno dalla ricezione delle somme, di un apposito rendiconto, unitamente ad una relazione illustrativa, che descriva la destinazione e l’utilizzo del contributo percepito, secondo canoni di trasparenza, chiarezza e specificità. Il secondo obbligo ha ad oggetto la pubblicazione, sul proprio sito web, degli importi percepiti e del relativo rendiconto. In caso di inadempimento ai predetti obblighi, si prevede un sistema sanzionatorio che comporta una preventiva diffida ad adempiere entro il termine di 30 giorni e, solo in caso di persistenza dell’inadempimento, l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, corrispondente al 25% del contributo percepito.

Le amministrazioni erogatrici, dal canto loro, hanno l’obbligo di pubblicare sul proprio sito web l’elenco dei soggetti destinatari del contributo, con l’indicazione del relativo importo e del link al rendiconto pubblicato sul sito web del beneficiario.

Audizione Ministro in 7a Senato

Il 26 aprile ed il 9 maggio si svolge nella 7a Commissione del Senato l’audizione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulle prospettive di riordino della normativa riguardante il settore dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) in relazione ai disegni di legge n. 322 e connessi (934, 972, 1616), Norme per la statizzazione degli istituti musicali pareggiati

DEF 2017 in Consiglio dei Ministri

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione dell’11 aprile 2017, ha approvato:

  • il DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2017;
  • un DECRETO-LEGGE: Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi in favore delle zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo

DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2017

Documento di economia e finanza 2017, a norma dell’articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, ha approvato il Documento di economia e finanza (DEF) 2017, previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009. Il DEF si compone di tre sezioni:

  • Sezione I: Programma di Stabilità dell’Italia
  • Sezione II: Analisi e tendenze di finanza pubblica
  • Sezione III: Programma Nazionale di Riforma (PNR)

Il Documento è completato da alcuni allegati.

Il DEF viene trasmesso alle Camere che dovranno esprimersi sugli obiettivi programmatici, sulle strategie di politica economica e sul programma di riforme. Dopo il passaggio parlamentare ed entro il 30 aprile il Programma di Stabilità e il Programma Nazionale di Riforma saranno inviati al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea.

Programma di Stabilità

Il Programma di Stabilità del DEF 2017 è il quinto elaborato nel corso della legislatura vigente; offre l’opportunità di valutare il percorso compiuto e i risultati finora conseguiti, in base ai quali orientare anche le future scelte di politica economica.

L’andamento del prodotto interno lordo (PIL) è tornato stabilmente con il segno positivo (+0,1% nel 2014, +0,8% nel 2015, +0,9% nel 2016). Obiettivo del Governo è velocizzare il ritmo di crescita grazie al programma di riforme e di investimenti che sarà implementato e arricchito di nuove iniziative.

Il numero di occupati ha superato di 734 mila unità il punto di minimo toccato nel settembre 2013. Anche per effetto delle misure comprese nel Jobs Act, il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro si è riflesso in una contrazione del numero degli inattivi, del tasso di disoccupazione e del ricorso alla Cassa integrazione guadagni (CIG); ne hanno beneficiato i consumi delle famiglie, in crescita dell’1,3 per cento nel 2016, che il Governo precedente ha sostenuto mediante diverse misure di politica economica.

Dal 2014 anche i conti pubblici hanno registrato un costante miglioramento. Il disavanzo in rapporto al PIL è sceso dal 3,0 per cento al 2,7 nel 2015 fino al 2,4 nel 2016; l’avanzo primario è risultato pari all’1,5 per cento del PIL nel 2016.

La somma delle diverse riduzioni d’imposta o misure equivalenti, a partire dalla riduzione dell’Irpef di 80 euro mensili per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, ha portato la pressione fiscale al 42,3 per cento nel 2016 dal 43,6 nel 2013. In aggiunta agli sgravi a favore delle famiglie, si è decisamente abbassata l’aliquota fiscale totale per le imprese tramite gli interventi su IRAP (2015), IMU (2016) e IRES (2017), cui si sono aggiunte una serie di altre misure fiscali in favore della crescita e degli investimenti, a cominciare dal super e iper-ammortamento.

L’obiettivo prioritario del Governo – e della politica di bilancio delineata nel DEF – resta quello di innalzare stabilmente la crescita e l’occupazione, nel rispetto della sostenibilità delle finanze pubbliche.

Per il 2017 è confermata la previsione di crescita dell’1,1% grazie ai risultati attesi dalle riforme avviate negli anni precedenti.

È intenzione del Governo continuare nel solco delle politiche economiche adottate sin dal 2014, volte a liberare le risorse del Paese dal peso eccessivo dell’imposizione fiscale e a rilanciare al tempo stesso gli investimenti e l’occupazione, nel rispetto delle esigenze di consolidamento di bilancio.

In merito alle clausole di salvaguardia, tuttora previste per il 2018 e il 2019, il Governo intende sostituirle con misure sul lato della spesa e delle entrate, comprensive di ulteriori interventi di contrasto all’evasione. Tale obiettivo sarà perseguito nella Legge di Bilancio per il 2018. In prospettiva, il Governo avrà un ruolo attivo insieme ad altri partner europei sull’evoluzione delle regole di governance economica comune, in vista di un percorso di aggiustamento compatibile con l’esigenza di sostenere la crescita e l’occupazione.

Il Governo ritiene prioritario proseguire nell’azione di rilancio degli investimenti pubblici. Per conseguire una maggiore efficienza e razionalizzazione della spesa per investimenti si ritiene necessario intervenire per migliorare la capacità progettuale delle amministrazioni e delle stazioni appaltanti per la realizzazione di opere pubbliche.

INDICATORI DI FINANZA PUBBLICA (in percentuale del PIL)
2015 2016 2017 2018 2019 2020
QUADRO PROGRAMMATICO
Indebitamento netto -2,7 -2,4 -2,1 -1,2 -0,2 0,0
Saldo primario 1,5 1,5 1,7 2,5 3,5 3,8
Interessi 4,1 4,0 3,9 3,7 3,7 3,8
Indebitamento netto strutturale -0,5 -1,2 -1,5 -0,7 0,1 0,0
Variazione strutturale 0,3 -0,7 -0,3 0,8 0,8 -0,1
Debito pubblico (lordo sostegni) 132,1 132,6 132,5 131,0 128,2 125,7
Debito pubblico (netto sostegni) 128,5 129,1 129,1 127,7 125,0 122,6
Obiettivo per la regola del debito 123,7
Impatto netto della manovra 0,2 0,1 0,4 0,4
Proventi da privatizzazioni 0,4 0,1 0,3 0,3 0,3 0,3
QUADRO TENDENZIALE
Indebitamento netto -2,7 -2,4 -2,3 -1,3 -0,6 -0,5
Saldo primario 1,5 1,5 1,5 2,4 3,1 3,4
Interessi 4,1 4,0 3,9 3,7 3,7 3,8
Indebitamento netto strutturale -0,5 -1,1 -1,6 -0,7 -0,2 -0,4
Variazione strutturale 0,3 -0,6 -0,5 0,9 0,5 -0,1
Debito pubblico (lordo sostegni) 132,1 132,6 132,7 131,5 129,3 127,2
Debito pubblico (netto sostegni) 128,5 129,1 129,3 128,2 126,0 124,1
PIL nominale tendenziale (val. assoluti x 1.000) 1.645,4  1.672,4  1.709,5  1.758,6  1.810,4  1.861,9
PIL nominale programmatico (val. assoluti x 1.000) 1.645,4  1.672,4  1.710,5  1.756,8  1.809,0  1.858,8
I valori sono arrotondati al decimo.

Il benessere equo e sostenibile

In linea di principio il benessere trae vantaggio dall’aumento del prodotto interno lordo ma non coincide con esso. La qualità e la sostenibilità dell’ambiente, le diseguaglianze economiche, la qualità del lavoro, la salute ed il livello di istruzione della popolazione sono alcune delle dimensioni che concorrono al benessere di una società. Per queste ragioni, il Governo italiano, primo in Europa e tra i Paesi del G7, ha deciso di introdurre in via provvisoria alcuni indicatori di benessere già a partire da questo Documento programmatico. Quindi, accanto agli obiettivi tradizionali – in primis PIL e occupazione che continuano a essere indicatori cruciali al fine di stimare e promuovere il benessere dei cittadini – il DEF illustra l’andamento del reddito medio disponibile, della diseguaglianza dei redditi, della mancata partecipazione al mercato del lavoro, delle emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti. Per le stesse variabili il DEF fissa anche gli obiettivi programmatici.

Programma Nazionale di Riforma

Il Programma Nazionale di Riforma indica precisi campi di azione che dovranno essere perseguiti per potenziare il ritmo della crescita economica, accrescere l’occupazione e contrastare la povertà e le disuguaglianze.

In materia di lavoro si prevede un rafforzamento delle politiche attive volte a stimolare le competenze, nonché misure a sostegno del welfare familiare. D’altra parte gli interventi in materia di lavoro sono anche alla base delle politiche di stimolo alla crescita e alla produttività. In questo contesto il Governo ritiene fondamentale il ruolo della contrattazione salariale di secondo livello che deve essere ulteriormente valorizzata con interventi sempre più mirati in materia di welfare aziendale.

Per superare le disuguaglianze sono previsti interventi su tre ambiti:

  1. il varo del Reddito di Inclusione, misura universale di sostegno economico ai nuclei in condizione di povertà;
  2. il riordino delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto della povertà;
  3. il rafforzamento e coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, finalizzato a garantire maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni.

Il Governo proseguirà anche nell’attuazione delle misure di riforma della giustizia già avviate, con particolare riguardo al processo penale, all’efficienza del processo civile e alla prescrizione.

*****

MISURE IN FAVORE DEGLI ENTI LOCALI E DEI TERRITORI COLPITI DAL SISMA

Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi in favore delle zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo (decreto legge)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e dei Ministri dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan e delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, ha approvato un decreto legge che dispone misure urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi in favore delle zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo.

Di seguito alcune delle principali disposizioni previste.

  1. Disposizioni in materia di entrate
  • Split Payment

Si estende l’ambito di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti dell’IVA (c.d. split payment) anche alle operazioni effettuate nei confronti di altri soggetti che, a legislazione vigente, pagano l’imposta ai loro fornitori secondo le regole generali. In particolare, l’estensione riguarda tutte le amministrazioni, gli enti ed i soggetti inclusi nel conto consolidato della Pubblica Amministrazione, le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, di diritto o di fatto, le società controllate di diritto direttamente dagli enti pubblici territoriali, le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana. Inoltre, si ricomprendendo anche le operazioni effettuate da fornitori che subiscono l’applicazione delle ritenute alla fonte sui compensi percepiti (essenzialmente liberi professionisti). Le modifiche sopra esposte si applicano dalle fatture emesse a partire dal 1° luglio 2017.

  • Contrasto alle compensazioni fiscali indebite (misure antifrode)

Vengono introdotte norme più stringenti volte a contrastare gli indebiti utilizzi in compensazione dei crediti di imposta. Si riduce dagli attuali 15.000 euro a 5.000 euro il limite al di sopra del quale i crediti di imposta possono essere usati in compensazione solo attraverso l’apposizione del visto di conformità del professionista (o sottoscrizione alternativa del revisore legale) sulla dichiarazione da cui emergono. Se le compensazioni sono effettuare senza il visto di conformità o senza la sottoscrizione alternativa, oppure se questi sono stati apposti da soggetti non abilitati, si procede al recupero dei crediti usati in difformità dalle regole, oltre al recupero degli interessi e alla irrogazione di sanzioni.

  • Giochi

Si prevede l’aumento, a partire dal 1° ottobre 2017, del prelievo erariale unico (PREU) sugli apparecchi da intrattenimento c.d. “new slot” o AWP e sulla raccolta derivante dagli apparecchi c.d. “videolotteries” o VLT.

  • Rideterminazione base ACE (Aiuto alla Crescita Economica)

Si modificano le modalità di determinazione della base di riferimento su cui calcolare il rendimento nozionale ai fini ACE, per la quale si prevede il progressivo abbandono del criterio incrementale su base fissa.

  1. Disposizioni in materia di giustizia tributaria
  • Definizione agevolata delle controversie tributarie

Si prevede la possibilità di definire le controversie rientranti nella giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, mediante il pagamento degli importi contestati con l’atto impugnato e degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, al netto delle sanzioni e degli interessi di mora (la richiesta di definizione deve essere presentata entro il 30 settembre 2017).

 

  1. Disposizioni in materia di enti territoriali
  • Riparto del Fondo di Solidarietà Comunale

Si modifica il correttivo statistico stabilito dalla legge di bilancio 2017 per la definizione degli importi spettanti a ciascun comune a valere sul Fondo di solidarietà comunale, accogliendo in tal modo la richiesta avanzata in merito dall’ Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).

  • Contributo a favore delle province della Regione Sardegna e della città metropolitana di Cagliari

Si prevede un contributo in favore delle province della Sardegna e della città metropolitana di Cagliari per 10 milioni di euro per l’anno 2017 e per 20 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018.

  • Contributo a favore delle province delle regioni a statuto ordinario

La disposizione prevede un contributo in favore delle province delle regioni a statuto ordinario per 110 mln per l’anno 2017 e per 80 mln annui a decorrere dall’anno 2018 per la salvaguardia degli equilibri di bilancio. Inoltre, prevede 100 mln per l’anno 2017 per la manutenzione delle strade.

  • Fabbisogni standard e capacità fiscali per Regioni

Si introduce la procedura per la determinazione di fabbisogni standard e capacità fiscali standard delle Regioni a statuto ordinario, anche ai fini del riparto tra le regioni stesse del concorso alla finanza pubblica.

  • Attribuzione quota investimenti Regioni

Si prevede, a seguito dell’Intesa in Conferenza Stato-regioni, l’attribuzione di risorse in favore delle Regioni per la realizzazione di investimenti a valere sul fondo di cui all’articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, finalizzato ad assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.

  • Trasporto pubblico locale

Si prevedono la stabilizzazione del Fondo destinato al finanziamento del trasporto pubblico locale (4.789.506.000 euro per l’anno 2017 e 4.932.554.000 euro per gli anni dal 2018 in poi) e l’incremento dal 60 % all’80% l’anticipazione dell’erogazione del predetto fondo, anche al fine di ridurre i tempi di pagamento dei debiti della PA.

  • Flussi informativi delle prestazioni farmaceutiche

Si consente, in via sperimentale, l’accesso diretto all’Agenzia Italiana del Farmaco ai flussi informativi di monitoraggio dell’assistenza farmaceutica, ai dati della ricetta dematerializzata farmaceutica presente nel sistema Tessera Sanitaria e ai dati della fatturazione elettronica relativa ai medicinali.

  • Spazi finanziari per investimenti in favore delle Regioni

La norma stabilisce il riparto e le modalità di utilizzo degli spazi finanziari in favore delle Regioni per 500 milioni di euro per l’anno 2017 previsti dalla legge di bilancio 2017.

  • Innalzamento turn over e disposizioni personale Province

Le norme incrementa dal 25 al 75 la percentuale di turn over del personale anche per i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti. Inoltre, eleva al 90% il turn over per gli enti virtuosi nella gestione degli spazi finanziari per investimenti.

  1. Interventi in favore delle zone terremotate
  • Fondo per l’accelerazione della ricostruzione e zona franca

È istituito un Fondo specifico di 1 miliardo di euro per ciascun anno del triennio 2017-2019 finalizzato a consentire l’accelerazione delle attività di ricostruzione.

Tra le misure viene istituita una zona franca urbana nei Comuni delle Regioni del Lazio, dell’Umbria, delle Marche e dell’Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016, in favore delle imprese aventi la sede principale o l’unità locale all’interno della stessa zona franca e che abbiano subito una contrazione del fatturato a seguito degli eventi sismici. Tali imprese possono beneficiare, in relazione ai redditi e al valore della produzione netta derivanti dalla prosecuzione dell’attività nei citati Comuni, di una esenzione biennale IRES e IRPEF (fino a 100 mila euro di reddito), IRAP (fino a 300 mila euro di valore della produzione netta) e IMU, nel rispetto dei limiti e delle condizioni stabiliti dai regolamenti “de minimis”.

  1. Misure per lo sviluppo

Si prevedono infine talune misure per lo sviluppo economico e in materia di infrastrutture, tra cui:

  • il potenziamento degli incentivi alle quotazioni con riferimento alle piccole e medie imprese (equity crowfunding);

  • l’estensione temporale delle agevolazioni per le start-up innovative;

  • norme per agevolare la finanza di progetto nell’ammodernamento degli impianti sportivi pubblici;

  • misure per la qualità del servizio di trasporto pubblico locale ed il rinnovo del materiale rotabile;

  • l’adeguamento delle linee ferroviarie regionali agli standard di sicurezza nazionali;

  • il contenimento dei costi dei servizi di navigazione aerea forniti dall’Enav negli aeroporti a basso traffico;

  • l’allineamento della disciplina del regime patent box (introdotto dalla legge di stabilità 2015) alle linee guida Ocse;

  • disposizioni per la realizzazione del progetto sportivo “Ryder Cup 2022” e per quello delle finali di coppa del mondo di sci a marzo 2020 e i campionati mondiali di sci alpino che si terranno a Cortina d’Ampezzo nel febbraio 2021.

Docenti di seconda fascia e abilitazione precari al Senato

Il 28 febbraio l’Aula del Senato approva un ordine del giorno sui docenti di seconda fascia e sull’abilitazione degli insegnanti precari.


A conclusione della discussione di mozioni sui docenti di seconda fascia e sull’abilitazione degli insegnanti precari, l’Assemblea ha approvato l’ordine del giorno G1, sostenuto dai Gruppi PD, AP e ALA, nonché le mozioni riformulate dei Gruppi CoR e FI-PdL. Sono state invece respinte le mozioni dei Gruppi LN, SI-Sel e M5S.

Nella seduta antimeridiana dello scorso 21 febbraio le mozioni dei diversi Gruppi sono state illustrate, si è svolta la discussione e il rappresentante del Governo, in sede di espressione del parere, ha chiesto numerose riformulazioni.

Nella seduta odierna i sen. Francesca Puglisi (PD), Di Biagio (AP) e Barani (ALA) hanno presentato l’ordine del giorno G1 e hanno ritirato le mozioni nn. 697, 718 e 732. L’ordine del giorno impegna il Governo a proseguire il consolidamento, avviato con la legge di bilancio 2017, dell’organico dio fatto nell’organico dell’autonomia delle scuole che comprenda anche i posti di sostegno; a monitorare e censire le graduatorie ad esaurimento e di merito per determinare il fabbisogno di insegnanti, armonizzando le esigenze della fase transitoria con tempistiche e modalità del nuovo sistema di reclutamento; a definire misure per prospettare un percorso riservato semplificato di immissione in ruolo per insegnanti di seconda fascia delle graduatorie di istituto; a prevedere modalità di immissione in ruolo per docenti che abbiano maturato 36 mesi di servizio, modificando la fase transitoria prevista dallo schema di decreto legislativo all’esame delle Commissioni parlamentari; a determinare i posti a disposizione e la durata della fase transitoria; a garantire l’assunzione di insegnanti specializzati di sostegno.

Il Sottosegretario di Stato per l’istruzione De Filippo ha ricordato che nella legge di bilancio per il 2017 il Governo ha stanziato 400 milioni per il consolidamento dell’organico e che il piano straordinario di assunzioni ha permesso l’immissione in ruolo di 100.000 docenti; ha riconosciuto però che il problema del precariato non è stato risolto e gli iscritti alle graduatorie a esaurimento sono aumentati. Ha quindi evidenziato la necessità di un censimento, quale presupposto per modificare la fase di transizione, disciplinata dal decreto legislativo su formazione iniziale e reclutamento, prevedendo specifici percorsi riservati e semplificati.

Nella fase delle dichiarazioni di voto, il sen. Liuzzi (CoR) ha accolto le riformulazioni alla mozione n. 731, ma ha ricordato gli impegni che non sono stati accolti: una nuova programmazione domanda-offerta del sistema scolastico; la stabilizzazione dei docenti con incarichi di supplenza annuale e di tutti i posti di sostegno. Il sen. Centinaio (LN), invece, non ha accolto le riformulazioni alle mozioni nn. 589 e 590, insistendo sull’opportunità di una selezione di merito dei docenti. Il sen. Mario Mauro (GAL) ha annunciato voto contrario all’ordine del giorno G1, perché risponde a istanze clientelari e aumenta la confusione amministrativa. Le sen. Petraglia (SI-Sel) e Blundo (M5S) non hanno accettato le riformulazioni delle mozioni nn. 715, 716 e 704 e hanno espresso delusione: il Governo non segna una discontinuità rispetto alla legge n. 107 del 2015 e non assume impegni concreti sulla stabilizzazione dei docenti. Il sen. Marin (FI-PdL) ha giudicato generico e superficiale l’ordine del giorno G1, in quanto si limita a rinviare all’attuazione della legge n. 107 senza affrontare i problemi della continuità didattica, dei docenti che hanno seguito a proprie spese tirocini formativi, del numero di alunni per classe. La sen. Pelino (FI-PdL) ha accolto la riformulazione della mozione n. 730. I sen. Barani (ALA), Conte (AP) ed Elena Ferrara (PD) hanno annunciato voto favorevole all’ordine del giorno G1.


Scuola, Fedeli: “Bene ampia convergenza in Senato su precariato.
Ora lavorare tutti insieme per soluzioni condivise”

La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli esprime “piena soddisfazione” per la larga convergenza emersa in Senato sull’ordine del giorno di maggioranza sul personale della scuola che ha recepito le riformulazioni chieste dal Governo. “Questa convergenza – sottolinea Fedeli – risponde alla necessità di fare della scuola non un terreno di scontro politico, ma un tema su cui dibattere, partendo magari anche da posizioni distanti, con l’obiettivo comune di trovare soluzioni condivise ai problemi”.

“Con la legge 107, la Buona Scuola, sono stati fatti passi molto importanti sul tema del precariato – aggiunge Fedeli -. Attraverso il piano assunzionale straordinario del 2015 e il successivo concorso sono state date risposte attese per molti anni. Si è trattato di un’importante opera di stabilizzazione che ora proseguirà, come previsto dalla legge 107, attraverso il decreto attuativo che punta a rivedere il sistema di ingresso nella scuola, con una necessaria fase transitoria. Su questo testo lavoreremo insieme alle commissioni parlamentari, forti anche della convergenza che si è vista oggi in Senato, per continuare a dare risposte a chi le sta aspettando da anni e intanto disegnare un accesso alla professione docente che eviti, in futuro, di replicare errori che hanno lasciato per troppo tempo le docenti e i docenti nell’incertezza e le nostre ragazze e i nostri ragazzi senza la dovuta continuità didattica”.

 


Mozioni sui docenti di seconda fascia e sull’abilitazione degli insegnanti precari

(1-00589) (08 giugno 2016)

CENTINAIO, ARRIGONI, CALDEROLI, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI, TOSATO, VOLPI. –

Il Senato,

premesso che:

due terzi di insegnanti abilitati della seconda fascia di istituto non saranno stabilizzati con il nuovo concorso e, oltre a essere loro preclusa l’assunzione a tempo indeterminato, verrà loro presto negata anche la possibilità di utilizzare contratti a tempo determinato, pur avendo maturato diversi anni di esperienza, che a questo punto rischia di andare dispersa;

le graduatorie ad esaurimento (GAE) degli insegnanti precari, stando al Consiglio di Stato, sono liste a titolo concorsuale e questo dovrebbe valere anche per le graduatorie di istituto (GI) alla luce della sentenza n. 7773 del 15 febbraio 2012 del Consiglio di Stato, sez. VI, ribadito anche dalla sentenza n. 5795 del 24 novembre 2014;

quando le graduatorie permanenti sono state trasformate in graduatorie “ad esaurimento”, si sarebbe dovuto prevedere quantomeno la possibilità per i docenti delle GI di iscriversi a concorsi con cadenza almeno triennale e con un numero di posti a bando in grado di garantire un’adeguata immissione in ruolo di abilitati, mentre è stato bandito un solo concorso a cattedra per un numero di posti esiguo, tanto che nemmeno il piano straordinario di assunzioni è stato sufficiente a diminuire le supplenze nella scuola italiana;

il nuovo concorso, com’è noto, non coprirà l’intero fabbisogno e agli insegnanti abilitati presenti in seconda fascia di istituto continua a essere negata la possibilità di assunzione per scorrimento di graduatoria, poiché potranno entrare in ruolo solo attraverso il concorso, mentre continuano a essere assunti a tempo determinato per svolgere lo stesso lavoro, cosa peraltro praticabile solo fino al raggiungimento dei 36 mesi di servizio,

impegna il Governo a definire azioni precise atte a garantire un futuro, in troppi casi attualmente negato, ai docenti abilitati della seconda fascia di istituto.

(1-00590) (08 giugno 2016)

CENTINAIO, ARRIGONI, CALDEROLI, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI, TOSATO, VOLPI. –

Il Senato,

premesso che:

allo scadere della graduatoria, nel 2017, la terza fascia di istituto degli insegnanti precari sarà aggiornata per chi ne fa parte e chiusa a nuovi ingressi e, in assenza di misure transitorie (la possibilità di abilitarsi), gli iscritti saranno tenuti in un limbo lavorativo, per poi essere “spazzati via” dal limite dei 36 mesi per il rinnovo dei contratti a tempo determinato, previsto dalla legge n. 107 del 2015 (“Buona scuola”), anche se svolgono un servizio identico per mansioni e responsabilità a quello dei colleghi di ruolo;

per questi insegnanti servirebbe quindi un nuovo percorso abilitante speciale (PAS), in quanto tale percorso, a differenza del tirocinio formativo attivo (TFA), non prevede numero chiuso e comprende tutte le classi di concorso (anche gli insegnanti tecnico-pratici), non trattandosi di una sanatoria, bensì di un atto che, stando alla direttiva 2005/36/CE, spetterebbe di diritto a coloro che hanno maturato 3 anni di servizio in 10 anni (180 giorni per 3 anni);

gli interessati hanno approntato i ricorsi per la richiesta di un nuovo PAS, da avviare con decreto d’urgenza per chi ha maturato 180 giorni di servizio per 3 anni (e addirittura c’è chi lo chiede per 180 giorni per 2 anni) o, in alternativa, per l’ingresso della terza fascia con servizio nel terzo ciclo TFA in soprannumero;

le abilitazioni all’estero hanno più che dimezzato il prezzo, in quanto con 5.000 euro (alloggio compreso) è possibile abilitarsi in 6 mesi, ottenendo un punteggio superiore al PAS e senza dover effettuare riconoscimenti in Italia;

senza contare che, ancora più temibile per l’amministrazione, visti i risvolti economici, potrebbe rivelarsi la citazione per danni,

impegna il Governo ad adottare, con urgenza, un decreto che proroghi i termini del provvedimento sui percorsi abilitanti speciali (PAS) per gli insegnanti con adeguati livelli di esperienza, dal momento che il limite non è perentorio e che lo stesso TFA, descritto come transitorio, di fatto è consolidato, non essendo ancora attuato il decreto ministeriale n. 249 del 2010 che prevede le magistrali abilitanti.

(1-00697) (testo 3) (21 febbraio 2017)

DI BIAGIO, CONTE, Luigi MARINO, RUTA, BERGER, ZIN, RICCHIUTI, LANIECE, MICHELONI. –

Il Senato,

premesso che:

la legge n. 107 del 2015 di riforma della scuola ha definito un piano straordinario di assunzioni anche al fine di rettificare la storica situazione di precariato scolastico, prevedendo assunzioni dalle graduatorie ad esaurimento (GAE) e dalle graduatorie di merito del concorso 2012 ed escludendo i docenti abilitati tramite percorsi abilitanti ex decreto ministeriale n. 249 del 2010 (cosiddetti TFA e PAS), i docenti abilitati mediante percorsi magistrali e i docenti abilitati mediante laurea specialistica in Scienze della formazione primaria, tutti attualmente inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto (GI);

la legge n. 107 del 2015 ha altresì modificato in modo strutturale le regole per il futuro reclutamento e la formazione del personale docente. Per le citate fattispecie di insegnanti precari, che da anni ricoprono il ruolo di supplenti negli istituti scolastici nazionali, la nuova normativa ha previsto la definizione di un concorso nazionale che, svoltosi nel corso dell’anno 2016 e attualmente in fase di conclusione, è stato caratterizzato da grandi polemiche, non ultimo per gli inevitabili ritardi nell’avvio delle procedure, per il moltiplicarsi di segnalazioni di anomalie relative all’espletamento delle prove, alla definizione delle commissioni, alla mancanza di chiari parametri di valutazione, pubblicati solo quando alcune prove erano state già avviate e in alcuni casi svolte, e molto altro;

il concorso prevedeva la selezione di circa 63.000 nuovi insegnanti, la cui assunzione si sarebbe definita nel corso di 3 anni, ma i dati relativi alle procedure concluse rivelavano, già a settembre scorso, che dei circa 71.000 candidati già esaminati agli scritti, solo 32.000 erano stati ammessi agli orali. Un dato che prefigurava un quadro apocalittico circa l’effettiva possibilità di coprire i posti vacanti messi a concorso e gettava ulteriori ombre su una procedura concorsuale che ha interessato una grossa fetta di candidati che, formati, abilitati e spesso già insegnanti nelle scuole, sono stati ritenuti inadeguati;

ai conseguenti dubbi che un tale quadro solleva, non tanto sulle capacità del sistema formativo, quanto sulle modalità concorsuali previste, è da aggiungere il fatto che moltissimi istituti scolastici, per coprire gli incarichi annuali rimasti comunque vacanti per l’anno scolastico 2016/2017, hanno dovuto ricorrere alle graduatorie di seconda fascia di istituto, per lo più costituite da insegnanti che hanno tentato il concorso. Si determina così il paradosso per cui insegnanti non ritenuti idonei per ottenere il posto messo a concorso sono stati convocati per coprire presumibilmente lo stesso posto, ma in maniera precaria;

la circostanza desta particolari perplessità, laddove insiste su una situazione di precariato particolarmente sofferta da un comparto che, da decenni, tiene in piedi il sistema scolastico italiano, trovandosi ripetutamente di fronte ad un mancato riconoscimento delle proprie istanze;

considerato che:

non si può non far rilevare come qualsiasi grande riforma strutturale debba, in primo luogo, considerare e risolvere le situazioni in essere al momento della sua approvazione. Ad oggi, nella II fascia di istituto si trovano decine di migliaia di docenti abilitati attraverso percorsi formativi istituiti dallo Stato Italiano (Tfa, Pas, diplomati magistrale ante 2002 e parte dei laureati in Scienze della formazione primaria) i quali hanno già investito enormi risorse di tempo ed economiche per ricevere tale formazione. Per tali docenti è necessario prevedere una formula che garantisca loro di spendere le competenze acquisite in questi anni;

gli abilitati ai sensi dei percorsi istituiti prima della legge n. 107 del 2015 sono docenti che hanno già affrontato lunghi ed onerosi percorsi di formazione per ricoprire tali incarichi e che, in molti casi, hanno maturato anche esperienza nel mondo della scuola. In considerazione di questi elementi, sottoporli ad ulteriore formazione, per tempi così lunghi, appare superfluo e svilirebbe il valore dei titoli abilitanti rilasciati loro dallo Stato italiano;

in riferimento al personale docente precario con un’anzianità pari o superiore a 36 mesi di servizio la Corte di giustizia dell’Unione europea, nella sentenza “Mascolo” del 26 novembre 2014, ha sancito il contrasto della normativa italiana con quella europea, in merito all’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali e all’abuso di contratti a termine;

al fine di porre rimedio alle citate criticità, superando le evidenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, la legge n. 107 del 2015 ha previsto, al comma 131 dell’art. 1, che: “A decorrere dal 1º settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi”;

il citato dispositivo normativo, lungi dall’aver risolto il problema, sta definendo una situazione di forte criticità in capo al personale docente, giacché configura una situazione in cui coloro che abbiano già maturato nell’insegnamento un’anzianità di servizio, come supplenti, pari a 36 mesi, ma non siano rientrati ancora in un piano di stabilizzazione assunzionale, non possono proseguire nell’insegnamento e si vedono scavalcati da personale con una minore esperienza professionale;

di fatto, l’imposizione del limite di 36 mesi, anche non continuativi, alla durata complessiva del contratto a tempo determinato, non essendo vincolata ad un’assunzione definitiva al termine dei 36 mesi stessi, si risolve, di fatto, in un annullamento dell’esperienza e della professionalità maturata da docenti che da anni sostengono il sistema scolastico italiano con grande sacrificio;

tale situazione di criticità rischia di generare il moltiplicarsi di ricorsi in sede amministrativa, con conseguente aggravio di spese per il sistema statale. Peraltro, nonostante la citata legge n. 107 del 2015 abbia istituito, al comma all’art. 132 dell’art. 1, anche “un fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili, con la dotazione di euro 10 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016”, la citata norma non sembra aver ancora trovato una chiara attuazione;

gli esiti del concorso 2016 hanno ulteriormente evidenziato i paradossi di un sistema in cui, nonostante tutto, le graduatorie ad esaurimento rappresentano ancora oggi il canale di reclutamento attualmente più stabile e strutturato;

l’inserimento all’interno di tali graduatorie rimane tuttavia precluso ad una molteplicità insegnanti, pur in possesso di titolo abilitante, riconducibili alle seguenti categorie: docenti che hanno conseguito l’abilitazione attraverso i percorsi abilitanti istituiti ai sensi del decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249; docenti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso a cattedra, di cui al decreto del direttore generale 24 settembre 2012, n. 82; docenti in possesso di laurea in Scienze della formazione primaria; docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002;

negli ultimi anni numerose sentenze del Consiglio di Stato in materia hanno manifestato un orientamento favorevole all’inserimento nelle GAE per le predette categorie di insegnanti, attualmente iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto;

lo stesso Consiglio di Stato ha manifestato altrettanto chiaramente la validità concorsuale delle graduatorie di istituto, alla luce della sentenza n. 7773 del 15 febbraio 2012, sez. VI, ribadita anche dalla sentenza n. 5795 del 24 novembre 2014;

considerato inoltre che a quanto risulta ai proponenti del presente atto di indirizzo nelle graduatorie di istituto di III fascia sono ancora presenti docenti che, in questi anni, hanno prestato servizio presso le scuole italiane e non hanno tuttavia potuto frequentare il percorso abilitante speciale nel 2013 e tutti i laureati successivamente al 2014, anno di avvio del secondo ciclo di tirocinio formativo attivo, non hanno ad oggi avuto occasioni per abilitarsi, né hanno potuto inserire nei propri piani di studio i crediti previsti per accedere ai futuri concorsi;

nei due rami del Parlamento, sono attualmente all’esame delle Commissioni competenti gli schemi dei decreti attuativi della cosiddetta “Buona Scuola”, fra i quali l’atto del Governo n. 377 recante “decreto legislativo recante riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione”;

l’art. 17 del suddetto atto del Governo reca disposizioni per la fase transitoria per coprire i posti vacanti e disponibili fino all’anno scolastico 2020/2021, prevedendo, in particolare, una riserva di posti nel concorso per l’accesso ai ruoli della scuola secondaria di primo e secondo grado, per i soggetti già in possesso di abilitazione all’insegnamento e per coloro che siano inseriti nella terza fascia delle graduatorie di istituto e abbiano conseguito almeno 36 mesi di servizio;

nel quadro del nuovo modello delineato, si prevede che, nella fase transitoria, i soggetti abilitati sostengano solo la prova orale del concorso, mentre i soggetti provenienti dalla terza fascia con 36 mesi di servizio sostengono la prova scritta e la prova orale. In entrambi i casi, le prove sono concepite come finalizzate a valutare il grado di conoscenza del candidato nella specifica disciplina;

le disposizioni immaginate per la fase transitoria, tuttavia, non sembrano rispondere alle attese della categoria, né essere ordinate a una reale soluzione delle problematiche, laddove sono comunque concepite come ennesimo passaggio valutativo, che non tiene conto della realtà di personale che già da anni insegna nella scuola e che, per quanto riguarda gli insegnanti della seconda fascia d’istituto, lungi dall’essere sottoposto ad una nuova fase valutativa, dovrebbe essere semplicemente accompagnato verso quella stabilizzazione che rappresenta il doveroso riconoscimento per il servizio lungamente prestato e già abbondantemente valutato nelle fasi dell’abilitazione;

in tal senso, le ipotesi che maggiormente rispecchiano l’oggettivo stato di formazione, abilitazione, servizio prestato e competenza degli insegnanti attualmente inseriti nella seconda fascia di istituto sarebbero l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento o, in alternativa, un concorso per soli titoli e servizio, che, lungi dal rappresentare l’ennesimo passaggio di un’umiliante corsa ad ostacoli, sancisca finalmente la necessaria soddisfazione di attese protrattesi ormai troppo a lungo,

impegna il Governo:

1) a definire opportune misure, anche in sede normativa, al fine di rettificare le criticità che ancora condizionano gli insegnanti iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, risolvendo il problema derivante dall’eventuale superamento dei 36 mesi di servizio prestato e garantendo l’adeguata stabilizzazione, attraverso modalità di valutazione dei soli titoli e servizio prestato;

2) a definire opportune misure, anche in sede normativa, al fine di consentire l’inserimento in graduatorie ad esaurimento per i docenti abilitati e attualmente iscritti nelle seconda fascia delle graduatorie di istituto;

3) a valutare la possibilità di introdurre un esonero dal sistema di formazione triennale post-concorso e a prevedere un solo anno di prova per gli abilitati, ai sensi dei percorsi istituiti prima della legge n. 107 del 2015;

4) a valutare la possibilità di avviare, in tempi rapidi, i nuovi sistemi di abilitazione e reclutamento, al fine di consentire ai neolaureati adeguate possibilità di abilitarsi e accedere ai ruoli della scuola, valutando anche, qualora i tempi di messa a regime del nuovo sistema di reclutamento risultino ancora inevitabilmente lunghi, l’avvio di un terzo ciclo di tirocinio formativo attivo;

5) ad avviare iniziative di monitoraggio e censimento della consistenza attuale delle graduatorie ad esaurimento e delle graduatorie di merito del concorso attualmente in fase di chiusura, al fine di determinare il fabbisogno di insegnanti e le tempistiche e modalità di avvio del nuovo sistema di reclutamento.

(1-00704) (20 dicembre 2016)

BLUNDO, SERRA, MONTEVECCHI, GIROTTO, CASTALDI, CATALFO, PUGLIA, PAGLINI, SANTANGELO, MARTELLI. –

Il Senato,

premesso che a febbraio 2016, ai sensi del comma 114 dell’articolo 1 della legge n. 107 del 2015 (cosiddetta Buona Scuola), sono stati banditi concorsi, per titoli ed esami, finalizzati all’assunzione a tempo indeterminato di personale docente, anche di sostegno, presso le istituzioni scolastiche ed educative. In riferimento a tali procedure di selezione, ai sensi del comma 110 della medesima legge, “sono ammessi a partecipare alla prova concorsuale, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto, solo ed esclusivamente i candidati in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento e, per i posti di sostegno per la scuola dell’infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo e secondo grado, solo i candidati in possesso del relativo titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità”;

considerato che:

le predette procedure concorsuali non sono purtroppo servite a coprire l’intero fabbisogno di docenti, anche a causa dell’imprevedibile alto numero di bocciature tra i candidati, peraltro forse avventatamente “motivate” da alcune fonti ministeriali con il fallimento dei percorsi abilitanti TFA (tirocini formativi attivi) e PAS (percorsi abilitanti speciali), ovvero con l’impreparazione dei candidati. Pertanto, per poter accedere al ruolo ed essere assunti con contratto a tempo indeterminato, ai docenti di 2ª fascia è stato imposto di partecipare a un nuovo concorso, nonostante fossero già pienamente in possesso di abilitazione. Ciò è avvenuto perché attualmente i docenti in possesso di titoli abilitanti nazionali, come TFA e PAS, non sono inseriti nelle graduatorie a esaurimento (GAE) a differenza di quanto accaduto fino al 2007. Quando è avvenuto, il loro inserimento si è verificato solo a seguito di pronunce dei tribunali del lavoro e del Consiglio di Stato;

anche nel decreto ministeriale n. 495 del 22 giugno 2016, con cui si è disposto l’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento del personale docente per il triennio scolastico 2014-2017, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha escluso dalle GAE gli abilitati con TFA e PAS, i laureati in Scienze della formazione primaria e i possessori di diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, continuando, in tal modo, a esercitare una palese discriminazione nei confronti di tali categorie di docenti, nonostante la professionalità, la serietà e la dedizione dimostrate nella loro attività di insegnamento in questi anni;

i docenti possessori dei titoli abilitativi citati, nonostante non abbiano potuto accedere al ruolo, a causa della bocciatura all’ultimo concorso, ovvero perché non ammessi nelle graduatorie a esaurimento, continuano paradossalmente a svolgere attività di insegnamento e ad essere assunti con contratto a tempo determinato, soluzione che comunque è attuabile solo fino al raggiungimento dei 36 mesi di servizio (come stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 novembre 2014 e dalla stessa legge n. 107 del 2015), rischiando di fatto di essere esclusi dalla scuola, una volta esaurito tale intervallo di tempo, sebbene in possesso di un titolo di abilitazione o di un percorso lavorativo svolto in un contesto scolastico. Infine, nella sentenza n. 187 del 20 luglio 2016, la Corte costituzionale ha confermato l’illegittimità dell’articolo 4, commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999, laddove si “autorizza il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”;

a ciò si aggiunge l’approccio a giudizio dei presentatori confuso e a dir poco approssimativo, che ha caratterizzato alcune fasi del piano assunzionale previsto dalla legge n. 107 del 2015. È, infatti, accaduto che alcuni docenti, vedendosi assegnato (peraltro da un discutibile algoritmo) il ruolo presso un istituto scolastico molto distante dalla città di residenza o da quella in cui avevano prestato servizio fino a quel momento, hanno dovuto rinunciare, chi per ragioni puramente economiche, chi per non allontanarsi dalla famiglia, a un’assunzione a tempo indeterminato, a vantaggio di docenti che, nonostante avessero minori titoli e professionalità, hanno invece accettato il ruolo, seppur nell’ambito dell’organico del potenziamento;

considerato inoltre che:

alla condizione illustrata per i docenti di 2ª fascia si affianca quella, altrettanto difficile, dei docenti iscritti alla 3ª fascia delle graduatorie d’istituto, in possesso del titolo idoneo all’insegnamento, ma non di quelli abilitanti che ne avrebbero consentito la partecipazione alle prove concorsuali bandite lo scorso febbraio. Questi ultimi, al termine del triennio 2014-2016, necessiteranno dell’abilitazione all’insegnamento, così come previsto dall’articolo 1, comma 107, della legge n. 107 del 2015, per poter proseguire a svolgere il loro importante incarico all’interno del mondo della scuola. Il comma ora citato, infatti, prevede che, a decorrere dall’anno scolastico 2016-2017, l’inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto possa avvenire esclusivamente, a seguito del conseguimento del titolo di abilitazione;

la 3ª fascia verrà aggiornata nel 2017 per coloro che risultano già iscritti, mentre sarà definitivamente chiusa per il resto degli insegnanti. Attualmente, tuttavia, non è previsto un percorso abilitante per quest’ultima categoria di docenti e con ogni probabilità, prima dell’adozione (comunque ancora incerta) della legge delega sulle nuove modalità di reclutamento, nessun bando finalizzato all’abilitazione verrà emanato;

appare ragionevole valutare, anche sulla base della direttiva 2005/36/CE, che prevede il riconoscimento dell’abilitazione a coloro che hanno maturato 36 mesi di servizio (180 giorni per 3 annualità), e della sentenza del 4 giugno 2015 n. 2750 della 6ª sezione del Consiglio di Stato, che riafferma il principio della sufficienza di 360 giorni di servizio, un percorso abilitante, alternativo agli attuali percorsi abilitanti speciali (PAS) o ai tirocini formativi attivi (TFA) che contemperi le diverse esigenze dei docenti, che abbiano già maturato 3 anni di servizio, nonché, nel medesimo tempo, un percorso fondato sul titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento, su un concorso annuale ad accesso programmato con successivo propedeutico tirocinio e prova finale e conseguente immissione in ruolo, per tutti gli insegnanti non in possesso del requisito dei 36 mesi di servizio,

impegna il Governo:

1) in conformità e a seguito di alcune sentenze di tribunali del lavoro e del Consiglio di Stato come quelle richiamate, ad adottare provvedimenti, anche a carattere normativo, affinché sia possibile prevedere un regime transitorio finalizzato a garantire l’ammissione in GAE a tutti i docenti non risultati idonei nell’ultimo concorso a cattedre, ma attualmente in possesso dei titoli abilitativi all’insegnamento, garantendo di fatto il giusto riconoscimento delle professionalità e competenze maturate in anni di servizio precario, nonché dei titoli acquisiti con la frequentazione di corsi professionalizzanti e a pagamento come le SISS, i TFA e i PAS e procedendo, di fatto, alla loro assunzione, perlomeno giuridica, a tempo indeterminato negli istituti scolastici;

2) ad adottare, con sollecitudine, provvedimenti necessari, anche di carattere normativo, finalizzati:

a) all’acquisizione dell’abilitazione per tutti i docenti, con almeno 36 mesi di servizio, inseriti nella 3ª fascia d’istituto;

b) all’istituzione di percorsi abilitanti per i docenti di 3ª fascia, che non abbiano maturato il requisito dei 36 mesi di servizio, che prevedano il possesso di un titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento, nonché una procedura concorsuale ad accesso programmato e un tirocinio finale.

(1-00715) (25 gennaio 2017)

PETRAGLIA, BOCCHINO, DE PETRIS, BAROZZINO, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, CAMPANELLA, MINEO. –

Il Senato,

premesso che:

il concorso pubblico rimane il sistema di reclutamento più trasparente e democratico, mentre la chiamata diretta degli insegnanti, prevista dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, da parte del dirigente scolastico lede il principio costituzionale della libertà di insegnamento e non è garanzia della sua qualità;

il piano straordinario di assunzioni contenuto nella legge non ha risolto il problema del precariato storico, lasciando insoluto il dramma dei docenti della seconda fascia, dove sono collocati docenti abilitati, attraverso percorsi TFA (tirocini formativi attivi) e PAS (percorsi abilitanti speciali), con tanti anni di servizio, anche in materie come matematica per la scuola superiore di primo grado o il sostegno, assenti nelle graduatorie ad esaurimento;

sono migliaia i docenti in terza fascia d’istituto che hanno garantito in questi anni il funzionamento delle scuole, soprattutto di quei territori dove vi è una carenza consistente di personale abilitato;

considerato che:

il concorso del 2015 è stato bandito senza che fossero prima state completamente vuotate le graduatorie ad esaurimento e senza aver dato risposta agli attuali abilitati di seconda fascia;

il comma 132 dell’art. 1 della legge stanzia 10 milioni di euro, e depone per una previsione di sentenze favorevoli ai ricorrenti che in realtà ricorreranno non solo per il risarcimento ma anche e soprattutto per la stabilizzazione e la ricostruzione della carriera;

migliaia di cattedre sono risultate non coperte per un lungo periodo anche a causa delle assegnazioni provvisorie terminate in alcuni casi a dicembre 2016;

ritenuto che:

ad oggi, si parla di 21.000 cattedre non coperte da personale a tempo indeterminato, ed è contradditorio pensare che i docenti chiamati a ricoprirle sono gli stessi giudicati non all’altezza di un posto di ruolo dall’ultimo concorso. Lo Stato, dunque, si serve del contributo di professionisti che hanno i titoli, che a norma di legge possono entrare in aula, spiegare, interrogare, esaminare, ma non riconosce loro il diritto alla stabilità;

a parere dei presentatori di questo atto di indirizzo, al fine di garantire la continuità e la stabilità dei docenti di sostegno consentendo l’innalzamento dei livelli essenziali delle prestazioni, andrebbe inserito l’allineamento tra l’organico di diritto e l’organico di fatto, circa 30.000 posti in deroga ogni anno, così come teorizzato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca,

impegna il Governo:

1) a trovare prima una soluzione definitiva, come un concorso riservato per soli titoli, che agisca in modo pluriennale per tutti coloro che sono abilitati e siano in possesso dei requisiti per la stabilizzazione, così come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea;

2) a rendere possibile l’accesso ai contratti a tempo indeterminato ai docenti della seconda fascia di istituto là dove le discipline non hanno più aspiranti nelle graduatorie ad esaurimento;

3) ad applicare comunque la direttiva europea nei processi di stabilizzazione, prima di procedere a un nuovo concorso;

4) a modificare il comma 131 che dispone il limite dei 36 mesi (anche non continuativi) per la durata dei contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati a decorrere dal 1° settembre 2016, del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario per la copertura di posti vacanti e disponibili, prevedendo che il fondo di cui al comma 132, pari a 10 milioni di euro, venga utilizzato ai fini della stabilizzazione di quanti hanno maturato il diritto previsto dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea;

5) ad indire un nuovo ciclo di TFA o PAS, necessario ai docenti delle terze fasce di istituto per non essere esclusi dal prossimo concorso, a cui si può accedere solo se abilitati;

6) ad attivarsi altresì al fine di velocizzare il nuovo ciclo di specializzazione sul sostegno, già annunciato a dicembre 2016, vista la carenza di docenti specializzati e l’ampio ricorso nelle supplenze a docenti senza titolo;

7) a provvedere all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei diplomati magistrali con titolo conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 , per dar seguito a un diritto riconosciuto dal Consiglio di Stato, ma soprattutto per garantire la continuità didattica, lesa dal continuo cambio di insegnanti, dovuto al balletto delle ordinanze, sfalsate nei tempi.

(1-00716) (25 gennaio 2017)

BOCCHINO, PETRAGLIA, DE PETRIS, CAMPANELLA, BAROZZINO, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, MINEO. –

Il Senato,

premesso che:

la legge 13 luglio 2015, n. 107, ha previsto un piano straordinario di immissioni in ruolo estremamente articolato e complesso, che ha comportato una stratificazione di situazioni, talvolta in antitesi tra categorie di docenti;

delle 103.000 assunzioni promesse dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ne sono state effettuate 87.600 e le supplenze annuali nell’anno scolastico 2015/2016 sono state poco più di 100.000. L’anno precedente sono state 118.000. C’è stato quindi solo un lieve calo;

nonostante le pubbliche e reiterate rassicurazioni del Ministero in merito al corretto avvio dell’anno scolastico 2016/2017, si sono verificati tali e tanti malfunzionamenti, intoppi e problemi che, ad oggi, moltissime cattedre curricolari e sul sostegno risultano scoperte, con gravissimo nocumento degli studenti e del loro diritto allo studio;

appare indispensabile ed urgentissimo intervenire, dato che il fenomeno del precariato risulta particolarmente diffuso in ambito scolastico e risulta avere un’incidenza negativa non solo sulla condizione di incertezza lavorativa ed economica del personale scolastico, ma anche sulla continuità didattica e sulla qualità dell’insegnamento, che risultano fortemente penalizzate;

con la riforma della “Buona scuola” l’Italia non sembra neanche lontanamente riuscire a colmare l’enorme divario formativo col resto d’Europa: sarebbero necessarie risorse certe e adeguate, ed invece si tenta di supplire all’insufficienza degli investimenti pubblici con le “sponsorizzazioni” e con la concessione di crediti d’imposta a cittadini ed imprese per donazioni alle scuole. In questo modo, l’intervento dei privati, anche con l’utilizzo della prassi, a giudizio dei proponenti odiosa, della richiesta del versamento del contributo volontario ai genitori, dovrebbe sostituirsi alla scarsità degli investimenti dello Stato, con il rischio di creare e accrescere le forti diseguaglianze tra scuole di aree economico-sociali diverse;

considerato che:

la ” Buona scuola” sembra oggi, a quasi un anno di distanza dalla sua approvazione, un “cantiere” per molti versi ancora aperto: il piano straordinario di assunzioni, motivato dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e non da una sensibilità politica, non è sufficiente a coprire le carenze di organico del personale docente, mentre nulla è stato fatto sul versante del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che pure ricopre un ruolo fondamentale nel corretto funzionamento dell’istituzione scolastica;

tra i tanti mali che attanagliano la scuola sicuramente quello maggiormente riprovevole è la mancata copertura delle ore di sostegno per gli alunni e le alunne disabili: i docenti di sostegno sono pochi, le nomine sono tardive e non di rado riguardano docenti non specializzati, che in questo caso risultano molto utili al Ministero, le risorse assegnate sono insufficienti;

molte famiglie si organizzano in comitati o prospettano azioni di denuncia per interruzione di pubblico servizio. Non manca nemmeno, purtroppo, chi sceglie di lasciare il proprio figlio a casa, in attesa dell’arrivo dell’insegnante di sostegno. Tutto ciò lede, ovviamente, un costruttivo, proficuo e realistico progetto di inclusione scolastica;

considerato inoltre che:

a seguito del piano assunzionale straordinario contenuto nella legge n. 107, 45.000 docenti rimasti in graduatoria ad esaurimento hanno subito diversi danni, innanzitutto da una legge che ha derogato alla quota del 50 per cento dei posti da mettere a disposizione per i nuovi ruoli, poi da una previsione normativa, che, derogando i vincoli sulle assegnazioni provvisorie, ha minimizzato per loro la possibilità di ottenere un incarico annuale per via della saturazione dei posti in organico di fatto, in particolare per i precari del Sud;

il meccanismo ulteriore della mobilità messo in atto dal Ministero ha prodotto come diretta conseguenza lo svuotamento delle scuole del Nord rimaste a metà novembre con innumerevoli problemi di organizzazione del servizio scolastico. La sola città di Milano ha circa 2.200 cattedre vacanti senza insegnanti e ad oggi si cercano ancora docenti senza titolo specifico, soprattutto per il sostegno, ovvero per gli alunni che, paradossalmente più di altri, avrebbero bisogno di essere seguiti da personale formato ad hoc;

ritenuto che:

il piano assunzionale ha ignorato i docenti precari delle seconde fasce d’istituto che, pur essendo abilitati e utilizzati per lungo tempo all’interno delle scuole per le supplenze, non hanno potuto prendere parte al piano assunzionale, rimanendo di fatto in un limbo lavorativo;

il concorso bandito e previsto dal comma 114 dell’art. 1 della legge ha ulteriormente peggiorato la situazione dei precari del Sud, in quanto, dei posti banditi, sono stati immessi in ruolo percentuali risibili di docenti (in Sicilia l’1,7 per cento), in quanto anche in questo caso i posti sono stati occupati dalla mobilità e di fatto sfumati, sia per i vincitori sia per i precari delle GAE, che invece sarebbero potuti essere immessi secondo il meccanismo del doppio canale,

impegna il Governo:

1) ad avviare nella scuola un piano straordinario di assunzioni, che trasformi un congruo numero di posti dell’organico di fatto in organico di diritto. Tale congruo numero deve essere calcolato sulla media dei posti dell’organico di fatto degli ultimi 3 anni scolastici. Il suddetto piano riguarda tutti i precari che lavorano da anni nella scuola, gli educatori e il personale ATA, attuato prioritariamente grazie allo scorrimento di tutte le graduatorie ad esaurimento;

2) a stabilire che la dotazione organica di diritto degli insegnanti di sostegno per il prossimo anno scolastico sia il 100 per cento del posti di sostegno attivati nel corrente anno scolastico.

(1-00718) (25 gennaio 2017)

PUGLISI, MARCUCCI, DI GIORGI, Elena FERRARA, IDEM, FASIOLO, MARTINI, ZAVOLI. –

Il Senato,

premesso che:

all’inizio della XVII Legislatura, nel 2013, erano migliaia gli insegnanti precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie di istituto, i cui diritti, a seconda della categoria di appartenenza, erano diversi e, spesso, contrapposti, a causa dei diversi sistemi di formazione iniziale e di reclutamento succedutisi negli anni a seguito dell’avvicendarsi dei Governi;

nel ripercorrere l’annosa vicenda, occorre ricordare che il ministro Fioroni aveva creato per il precariato storico le graduatorie ad esaurimento con un piano di assunzioni di 3 anni risolutivo del problema;

purtroppo, con il ministro Gelmini, sono state “tagliate” 85.000 cattedre, sono state riaperte le graduatorie in modo assolutamente improvvido e foriero di ulteriori incertezze, sono state chiuse le Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario, sono stati istituiti i tirocini formativi attivi (TFA) senza valore concorsuale e non è stato bandito alcun concorso nel corso dei 5 anni del Governo Berlusconi;

il ministro Profumo ha dato avvio al nuovo sistema di abilitazione, indicendo, ma in date diverse, corsi di TFA e percorsi abilitanti speciali (PAS) e bandendo, dopo molti anni, un concorso nel 2012, aperto anche ai non abilitati;

il Governo Renzi ha cercato di mettere ordine, con la legge 13 luglio 2015, n. 107, alla disordinata stratificazione delle norme e all’insostenibile precarietà degli insegnanti con un piano straordinario di reclutamento di 100.000 docenti delle graduatorie ad esaurimento, comprensivo di 50.000 nuovi posti necessari per il potenziamento dell’offerta formativa, e bandito nel 2016 un concorso per 63.712 posti, di cui 57.611 comuni, relativi, cioè, alle varie discipline, e 6.101 di sostegno, riservato agli abilitati;

il nuovo sistema di formazione iniziale e di reclutamento dei docenti previsto dalla legge rappresenta lo strumento che porterà alla definitiva stabilizzazione degli insegnanti precari, garantendo, in tal modo, la tanto sospirata continuità didattica per gli studenti, inserendoli in un percorso di formazione e tirocinio retribuito triennale che li immetterà, dopo la valutazione finale, direttamente in ruolo;

l’articolo 1, comma 181, lettera b), della legge n. 107 prevede, infatti, fra i principi e i criteri direttivi cui devono attenersi i successivi decreti legislativi, il riordino, l’adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, in modo da renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione;

premesso inoltre che:

la sentenza della terza sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 novembre 2014, relativa al divieto della reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi ha deciso nel senso che “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (…) deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale (…) che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti, nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e per detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo”;

la Corte costituzionale, con la sentenza 12 luglio 2016, n. 187, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”;

tenuto conto dello ius superveniens rappresentato dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, la Corte costituzionale ha ritenuto che la legge rispondesse ai requisiti richiesti dalla Corte di giustizia prevedendo “procedure privilegiate di assunzione che attribuivano a tutto il personale interessato serie e indiscutibili chances di immissione in ruolo”;

l’articolo 1, comma 131, della legge n. 107 prevede che a decorrere dal 1° settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possano superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi;

considerato che:

tutti questi problemi trovano una risposta nello schema di decreto legislativo recante riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, attualmente all’esame delle Camere (atto n. 377);

la finalità dello schema di decreto legislativo, che supera finalmente l’attuale sistema di accesso alla professione docente, disegna un nuovo modello di formazione iniziale e di accesso del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, sia sui posti comuni che su quelli di sostegno;

nel portare a termine questo ambizioso disegno, il provvedimento non dimentica le variegate situazioni attualmente esistenti nell’ambito della formazione iniziale e del reclutamento e, a tal fine, definisce una fondamentale disciplina transitoria;

in particolare, lo schema di decreto legislativo prevede che quota parte dei posti per il concorso di accesso ai ruoli della scuola secondaria di primo e secondo grado sia riservata ai soggetti in possesso di abilitazione all’insegnamento conseguita secondo la disciplina previgente e a coloro che, alla data di entrata in vigore, sono inseriti nelle graduatorie di terza fascia di istituto con almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativo;

per i medesimi soggetti che usufruiscono della riserva di posti, si prevede anche una semplificazione del percorso concorsuale. In particolare, si prevede che: a) i soggetti abilitati devono sostenere solo la prova orale; b) i soggetti iscritti nelle graduatorie di istituto di terza fascia con almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativi, devono sostenere solo la prova scritta avente come obiettivo la valutazione del grado di conoscenza del candidato su una specifica disciplina, e la prova orale;

si prevede, inoltre, una semplificazione del percorso triennale di formazione e tirocinio per i vincitori del concorso che sono in possesso dell’abilitazione (riservatari e non). In particolare, i vincitori del concorso relativo a posti comuni e a posti di insegnante tecnico-pratico, in possesso di pregressa abilitazione, sono esonerati dalla frequenza del corso di specializzazione e accedono direttamente al secondo e al terzo anno del contratto. Il percorso è ulteriormente ridotto al solo terzo anno del contratto qualora i soggetti abbiano prestato servizio per almeno 36 mesi, anche non continuativi;

analoghe previsioni riguardano i vincitori del concorso relativo a posti di sostegno in possesso di pregressa specializzazione per l’insegnamento su posti di sostegno;

si prevede, inoltre, una semplificazione del percorso triennale di formazione e tirocinio per i vincitori del concorso, per tutte le tipologie di posto, che non sono in possesso dell’abilitazione ma sono inseriti nelle graduatorie di istituto di terza fascia con almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativo (riservatari e non). Essi, dopo il conseguimento del diploma di specializzazione, sono ammessi direttamente al terzo anno di contratto;

infine, fino a totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, per l’assunzione del personale docente ed educativo continua ad applicarsi il meccanismo previsto dall’articolo 399, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in base al quale l’accesso ai ruoli delle scuole di ogni ordine e grado ha luogo, per il 50 per cento dei posti assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle stesse graduatorie. Anche i docenti assunti dalle graduatorie ad esaurimento sono destinatari di una proposta di incarico ed esprimono, secondo l’ordine delle rispettive graduatorie, la preferenza per l’ambito territoriale di assunzione, ricompreso fra quelli della provincia in cui sono iscritti,

impegna il Governo:

1) a determinare quanti posti saranno a disposizione delle seconde e terze fasce di istituto e per quanto tempo durerà la fase transitoria per questi insegnanti;

2) a dare seguito all’impegno di stabilizzare definitivamente l’organico di fatto delle scuole per avere un unico organico funzionale che comprenda anche i posti di sostegno per garantire la necessaria continuità didattica;

3) a valorizzare pienamente la formazione e l’esperienza dei docenti.

(1-00730) (21 febbraio 2017)

PELINO, MARIN, GIRO, SIBILIA, GASPARRI, MANDELLI, FASANO, PICCOLI, MALAN. –

Il Senato,

premesso che:

in tutti i Paesi avanzati, l’educazione scolastica e la qualità del servizio dell’insegnamento sono considerati un elemento fondamentale per la crescita e per lo sviluppo del Paese;

le numerose riforme del sistema scolastico attuate in Italia dall’inizio del ‘900 testimoniano, da un lato, una sua criticità e, dall’altro, l’importanza attribuita dai Governi alla scuola, indipendentemente dal fatto che le scelte abbiano avuto risultati positivi per il sistema e per gli studenti;

la Corte di cassazione, con sentenza del 23 dicembre 2014, n. 27363, ha come noto condannato l'”abuso” del precariato nella pubblica amministrazione, aderendo alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Cass., sent. n. 27363 del 23 dicembre 2014; Corte giust. Ue, Sez. III, 26 novembre 2014 nelle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-418/13, R. Mascolo ed altri c. Ministero dell’istruzione ed altri) e precisando che, qualora il precariato superi complessivamente 36 mesi, si avrebbe diritto all’immissione in ruolo, senza concorso specifico;

il documento programmatico “La Buona Scuola” ha indicato l’innovazione e il cambiamento come obiettivi di fondo; generalmente, un cambiamento indotto da un’innovazione è volto al conseguimento di un miglioramento organizzativo-strutturale, che si traduce in efficienza e quindi in riduzione di costi o aumento di profitto a parità di risorse impiegate;

la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, non ha risolto la questione del precariato scolastico e permane una situazione di incertezza, permanendo punti irrisolti sul reclutamento e incertezze, sul numero e sulla collocazione geografica dei posti;

in fase di approvazione della legge da parte delle Camere, è stato infatti stigmatizzato come il provvedimento non risolvesse i rilievi mossi all’Italia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 26 novembre 2014, ed è stata posta la questione se fosse realmente possibile escludere dalla stabilizzazione i 6.000 idonei del concorso pubblico del 2012, i 33.000 abilitati dal tirocinio formativo attivo (TFA), i 69.000 abilitati dal percorso abilitante speciale, i 9.000 laureati in Scienze della formazione primaria che, dopo il 2010/2011, non possono più accedere alle graduatorie a esaurimento (GaE), i 30.000 docenti di scuola di infanzia, i 55.000 diplomati magistrali, il cui titolo di studio è abilitante, e i docenti che hanno superato i 36 mesi di servizio e che sono inseriti nelle graduatorie di istituto e non nelle GaE;

molti precari sono ancora presenti nelle graduatorie a esaurimento (GaE) e nelle graduatorie d’istituto. Ad oggi, non è stata fornita alcuna soluzione riguardo alla loro collocazione lavorativa, né è stato fornito loro un quadro temporale preciso di quando potranno essere stabilizzati;

evidenziato che:

la legge 13 luglio 2015, n. 107, ha autorizzato un piano straordinario di assunzioni di docenti per l’anno scolastico 2015/2016, distinto in 3 fasi, di cui le ultime due, B e C, da effettuarsi tramite domanda in 100 province e secondo le preferenze espresse, come previsto dai commi dal 95 al 104 dell’art. 1, quindi senza garanzia di mantenimento della provincia di inserimento in GaE;

ne è disceso che dei 101.000 docenti da assumersi, ben 45.000 (sempre inseriti nelle GaE) hanno preferito non aderire al piano di assunzione volontario, in quanto la legge, pur garantendo la stabilizzazione, ha posto come condizione la sola disponibilità a livello nazionale, senza garanzie di mantenimento della provincia di appartenenza;

il comma 108 dell’art. 1 della citata legge ha previsto un piano straordinario per la mobilità territoriale e professionale, da organizzarsi su tutto l’organico dell’autonomia (comprensivo di diritto e potenziato) con la partecipazione a domanda per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale per tutti i posti vacanti e disponibili, inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016;

con successiva normativa, adottata attraverso il contratto collettivo nazionale integrativo 2016/2017, è stata prevista una suddivisione in fasi differenti e separate, sia per le domande di trasferimento provinciali-interprovinciali, sia per l’assegnazione di sede definitiva agli assunti 2015/2016, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, di cui all’articolo 399, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;

diverse tipologie di aspiranti docenti, illegittimamente esclusi (come confermato, d’altronde, da numerose pronunce giurisprudenziali intervenute anche per le precedenti tornate concorsuali su esclusioni di medesimo tenore) dalla partecipazione alla procedura concorsuale prevista dalla medesima legge, hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio per partecipare al concorso. Si tratta dei seguenti soggetti: 1) coloro che hanno conseguito la laurea prima dell’anno accademico 2001/2002 (cosiddetto vecchio ordinamento); 2) coloro che hanno conseguito la laurea successivamente all’anno accademico 2001/2002, non abilitati all’insegnamento; 3) per le classi di concorso primaria e infanzia, coloro che hanno conseguito il diploma magistrale linguistico; 4) coloro che sono stati ammessi alla frequenza del tirocinio formativo attivo (TFA) e non hanno ancora conseguito l’abilitazione; 5) coloro che sono stati ammessi alla frequenza del percorso abilitante speciale (PAS) e non hanno ancora conseguito l’abilitazione; 6) coloro che sono stati ammessi alla frequenza del corso di specializzazione per il sostegno e non hanno ancora conseguito l’abilitazione o che hanno ottenuto l’ammissione al corso di specializzazione, ma non hanno ancora effettuato l’iscrizione ed iniziato il corso; 7) coloro che hanno conseguito il diploma tecnico (ITP); 8) coloro che sono inseriti nelle graduatorie d’istituto di terza fascia, e quindi non abilitati, e che hanno ottenuto incarichi di docenza per una durata pari o superiore a 36 mesi; 9) coloro che hanno conseguito il titolo di abilitazione all’insegnamento all’estero, e sono in attesa del decreto di riconoscimento da parte del Ministero; 10) i docenti già in ruolo, cui è impedito di partecipare al concorso per altra classe di concorso,

impegna il Governo:

1) ad attuare l’esaurimento delle graduatorie a esaurimento, a partire dall’anno scolastico 2017/2018, per tutti i docenti inseriti nelle stesse, oltre il turnover, anche su posti di fatto e in deroga;

2) a tutelare i docenti attualmente in graduatorie ad esaurimento, in seconda e terza fascia di istituto, al fine di giungere a una loro stabilizzazione;

3) a predisporre un piano straordinario all’immissione in ruolo da graduatorie a esaurimento, secondo province di inclusione, con deroga triennale all’art. 399 del decreto legislativo n. 297 del 1994, in misura percentuale maggiore del 50 per cento, rispetto ai concorsi soprattutto nelle GaE con maggiore consistenza numerica;

4) a prevedere l’ingresso nelle GaE di tutti i docenti in possesso dei requisiti abilitativi, ma che non hanno visto riconosciuto il medesimo valore concorsuale dell’abilitazione;

5) a superare la disposizione di cui al comma 131 dell’art. 1 della citata legge n. 107 del 2015, che prevede che, dopo 36 mesi anche non continuativi accumulati, i docenti sono impossibilitati a conseguire incarichi;

6) a modificare i parametri di considerazione del numero minimo delle classi e degli alunni per classe, soprattutto al di sotto delle 27-30 unità per le classi prime di ogni ordine e grado, anche alla luce delle normative sulla sicurezza (decreto legislativo 2 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni) ora più che mai attuale;

7) a ripristinare la quantità delle ore soppresse negli istituti tecnici e professionali, viste le sentenze del TAR del Lazio (sentenze n. 3527/2013, n. 6438/15, n. 3019/16), risanando una situazione che ha generato l’esubero di molti docenti e la loro mancata assunzione, specialmente di quelli iscritti in graduatorie ad esaurimento (insegnanti tecnico-pratici principalmente);

8) ad adottare misure volte a definire un secondo canale di assunzione a tempo indeterminato, mediante una procedura selettiva per soli titoli, riservato a tutti gli abilitati in possesso dei requisiti per la stabilizzazione, in virtù del processo abilitativo conseguito;

9) a prevedere, nel futuro, concorsi solo per quelle classi, regioni e province, le cui GaE sono di fatto esaurite e nel contempo predisporre un piano triennale di svuotamento delle GaE.

(1-00731) (21 febbraio 2017)

D’AMBROSIO LETTIERI, STEFANO, TOMASELLI, LIUZZI, VICECONTE, PERRONE, AIELLO, TARQUINIO, BOCCARDI, BRUNI, COMPAGNONE, DI MAGGIO, MILO, ZIZZA. –

Il Senato,

premesso che:

la legge n. 107 del 2015 su “la buona scuola” prevedeva, tra gli altri, un piano di mobilità dei docenti, insieme al piano di assunzioni varato dal Governo pro tempore Renzi;

al personale docente, da una parte, sarebbe stato consentito di spostarsi nella sede più gradita, anche “in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia” e, dall’altra, con la “chiamata diretta” alla scuola sarebbe stato consentito di scegliere il docente;

premesso, inoltre, che:

l’anno scolastico 2016/2017 ha visto il più caotico trasferimento di docenti di ruolo e di movimenti di docenti non di ruolo che sia mai avvenuto;

si stima che almeno due milioni e mezzo di studenti (su un totale di oltre 7.800.000 studenti) abbiano avuto almeno un insegnante diverso rispetto all’anno precedente;

gli studenti con disabilità sono stati maggiormente penalizzati, poiché i posti assegnati agli insegnanti di sostegno sono in deroga, ovvero non sono stabili; in conseguenza, i docenti di sostegno non di ruolo cambiano ogni anno;

nell’anno scolastico 2016/2017, sono stati oggetto di trasferimento circa 207.000 docenti (più 50.000 precari) ovvero il 200 per cento in più rispetto, per esempio, ai 69.000 trasferimenti dell’anno scolastico 2008/2009;

detta “migrazione” di docenti ha comportato un vorticoso mutamento di progetti formativi e didattici, di metodi di insegnamento e di apprendimento, di spiegazione e di valutazione, nonché di relazioni interpersonali che molto ha gravato sui livelli di apprendimento degli studenti;

l’alto tasso di mobilità tra i docenti, che si è registrato nell’anno scolastico in corso, ha causato, quindi, il venire meno della continuità didattica per larga parte degli alunni;

in alcune grandi città si è registrato, addirittura, il fenomeno della “migrazione” degli alunni dalle scuole statali all’indirizzo di altre e diverse offerte formative;

premesso, inoltre, che:

secondo lo studio “Educational choises and the selection process before and after compulsory schooling”, a parità di altre condizioni, il minor numero di fallimenti scolastici corrisponde ad una maggiore stabilità del personale docente;

la sentenza n. 3104/2009 del Consiglio di Stato aveva sancito l’obbligo per l’amministrazione di garantire la continuità didattico-educativa nei confronti di un alunno diversamente abile, a mezzo della conferma dell’insegnante di sostegno;

in via generale la continuità didattico-educativa dovrebbe essere sempre garantita a tutti gli alunni;

considerato che:

l’accordo sulla mobilità sottoscritto fra il Governo e i sindacati di categoria, firmato il 29 dicembre 2016, prevede una nuova deroga da ogni vincolo di permanenza per tutti i docenti di ruolo, ovvero i docenti potranno nuovamente chiedere il trasferimento ad altra sede differente rispetto a quella occupata attualmente;

detta soluzione, nelle intenzioni, dovrebbe favorire il rientro dei docenti che sono stati assegnati al Nord e, al contempo, l’immissione in ruolo dei precari;

considerato, inoltre, che:

in alcune aree del Paese l’offerta didattica è sovrabbondante rispetto ai posti disponibili, mentre, al contrario, in altre aree è presente una scarsa disponibilità di posti rispetto alla richiesta;

di conseguenza, anche nel prossimo anno scolastico ci sarà un’altra grande “movimentazione” di docenti, che provocherà una ulteriore instabilità al sistema scolastico con una sempre più accentuata precarietà di docenti, soprattutto nelle scuole dell’Italia settentrionale e centrale;

la maggior parte del corpo docente è costituito da insegnanti di genere femminile, ovvero di donne che sono costrette a lavorare, talora a migliaia di chilometri lontano da casa con pesanti disagi personali, familiari e, ovviamente, economici;

considerato, altresì, che:

il comma 84 dell’articolo 1 della legge n. 107 del 2015 conferisce al dirigente scolastico, nell’ambito dell’organico dell’autonomia assegnato, il potere di ridurre il numero di alunni per classe, rispetto a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, allo scopo di migliorare la qualità didattica, anche in rapporto alle esigenze formative degli alunni con disabilità;

l’organico dell’autonomia, per esempio, a disposizione delle scuole pugliesi, però, non consente di ridurre il numero di alunni per classe, neppure in presenza di uno o più studenti diversamente abili;

il numero insufficiente di posti di sostegno di diritto in organico provoca l’autorizzazione successiva (quando l’anno scolastico è già avviato) a migliaia di posti in deroga, con gravi e ovvi disagi per gli allievi;

il rapporto tra alunni e classe registrato, per esempio, in Puglia è fra i più alti d’Italia: in numerose classi vi sono oltre 28 studenti, che possono arrivare fino a 50 nelle classi che ospitano anche i migranti;

gli organici del personale docente pugliese, storicamente sempre insufficienti rispetto alle richieste, hanno fortemente condizionato fin qui la possibilità di riqualificazione culturale dell’intera area dal punto di vista, per esempio, dell’innovazione tecnologica;

in Puglia, per esempio, occorrerebbero almeno 3.000 posti in più;

il tasso di dispersione scolastica registrato in Puglia è ancora sensibilmente alto. La Puglia, ad esempio, è al terz’ultimo posto per diffusione del tempo pieno nella scuola primaria e, specularmente, è al secondo posto per ricorso al modello a 27 ore (solo 1.952 classi, su un totale di 9.100, sono a tempo pieno);

preso atto che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a margine della firma dell’accordo citato, ha dichiarato che “l’obiettivo prioritario è quello della continuità didattica”,

impegna il Governo:

1) a porre in essere ogni misura utile a ridurre il precariato nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, consentendo che gli insegnanti precari con incarichi di supplenze annuali siano regolarmente assunti;

2) ad attivarsi affinché sia predisposta un’apposita norma legislativa a tutela della continuità didattica;

3) a porre in essere una nuova programmazione domanda-offerta del sistema scolastico che, già dal prossimo anno 2017/2018, tenga nel dovuto conto le esigenze dei docenti e gli interessi dei discenti;

4) a provvedere alla stabilizzazione in organico di tutti i posti di sostegno, anche al fine di garantire agli alunni diversamente abili una certa continuità didattica;

5) ad assumere ogni iniziativa finalizzata al contenimento della dispersione scolastica, anche attraverso la diffusione del tempo pieno;

6) ad incrementare l’organico dell’autonomia delle istituzioni scolastiche dell’intero territorio nazionale, anche con particolare riferimento alla Regione Puglia, che non tenga esclusivamente in conto la sola logica numerica connessa all’incremento o al decremento della popolazione scolastica;

7) ad adoperarsi affinché il rapporto alunni/classe, per esempio della Regione Puglia, così come delle altre Regioni che versano nelle medesime condizioni, sia riportato ai livelli di norma.

(1-00732) (21 febbraio 2017)

BARANI, MAZZONI, AMORUSO, AURICCHIO, COMPAGNONE, D’ANNA, FALANGA, GAMBARO, IURLARO, LANGELLA, Eva LONGO, MILO, PAGNONCELLI, PICCINELLI, SCAVONE, VERDINI. –

Il Senato,

premesso che:

la recente riforma della scuola sancita dalla legge n. 107 del 2015 (“la Buona Scuola”) annoverava tra i suoi obiettivi quello di dare una risposta efficace allo storico problema del precariato del corpo insegnante, prevedendo allo scopo sia un piano straordinario di assunzioni, sia un grosso piano di mobilità dei docenti;

le assunzioni, tramite procedura concorsuale, hanno riguardato le graduatorie ad esaurimento (GAE) e le graduatorie di merito del concorso 2012, con esclusione quindi dei docenti che hanno ottenuto l’abilitazione attraverso i percorsi specifici di tirocinio formativo attivo (TFA) e percorsi abilitanti speciali (PAS), nonché dei docenti in possesso di laurea specialistica in Scienze della formazione primaria, i quali sono stati tutti inseriti nella seconda fascia della graduatoria di istituto; infatti, gioverà dire che i docenti in possesso dei titoli TFA e PAS fino all’anno 2007 venivano inseriti nelle graduatorie a esaurimento, mentre oggi non più;

tali procedure concorsuali, però, non sono riuscite a coprire l’intero fabbisogno di docenti, anche a causa del tasso particolarmente elevato di bocciature, tanto che per far sì che i docenti di seconda fascia (nonostante siano in possesso dei titoli abilitanti TFA e PAS) potessero essere assunti è stato indetto un nuovo concorso;

sono intervenute poi diverse sentenze, anche del Consiglio di Stato che hanno assunto un orientamento teso all’inserimento dei docenti di seconda fascia nelle graduatorie ad esaurimento;

ad oggi, la seconda fascia dei docenti, ospita decine di migliaia di docenti, i quali hanno messo in campo sostanziali e onerose energie in termini di tempo e di denaro al fine di investire su se stessi e munirsi delle necessarie competenze utili all’insegnamento, e molti di loro hanno ricoperto incarichi e maturato notevole esperienza nella scuola;

la legge n. 107 del 2015, nel tentativo di sanare le inevitabili criticità, anche rispetto agli orientamenti della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha previsto che, a decorrere da settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente presso istituzioni statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possano superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi;

tale disposizione non solo non ha adeguatamente affrontato il problema, ma ha peggiorato la situazione di chi, avendo già maturato i 36 mesi di servizio come supplente, non è rientrato ancora in un piano di stabilizzazione delle assunzioni e quindi non può continuare ad insegnare. Tale situazione porta inevitabilmente alla demolizione della professionalità del docente, nonché dell’esperienza nel tempo maturata;

tale situazione ha fatto aumentare, altresì, il contenzioso amministrativo, con tutto ciò che questo comporta in termini di spese;

appare che il sistema delle graduatorie ad esaurimento configuri il canale di reclutamento più strutturato dei docenti;

considerato che:

per quanto attiene al piano di mobilità dei docenti, l’anno scolastico in corso è stato definito come il più caotico riguardo ai trasferimenti dei docenti di ruolo e non di ruolo, poiché la legge sulla Buona scuola ha consentito, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, la possibilità per il docente di spostarsi in altra sede, attesa anche la possibilità del dirigente scolastico di utilizzare la “chiamata diretta” del docente;

i dati dicono che quasi 3 milioni di studenti, rispetto ai quasi 8 milioni totali, abbiano incontrato almeno un insegnante diverso rispetto a quelli degli anni precedenti;

infatti, nel presente anno scolastico sembrerebbe che i trasferimenti dei docenti abbiano riguardato il 200 per cento in più rispetto agli scolastici precedenti; un vero e proprio flusso migratorio che ha determinato una variazione vertiginosa di programmi didattici, di metodi con conseguenze non sempre fortunate per la formazione dei discenti e per il principio della continuità dell’insegnamento;

tale situazione colpisce soprattutto i discenti disabili, poiché per la maggior parte i docenti destinatari della deroga sono precari, e quindi soggetti a cambiamento annuale;

in alcune aree, l’offerta di docenti è numericamente sovrabbondante rispetto ad altre aree ove è deficitaria, la qual cosa fa presagire per il prossimo anno un’ulteriore massiccia movimentazione di docenti con consequenziale instabilità della continuità didattica,

impegna il Governo:

1) a voler considerare la necessità di porre in essere gli adeguati rimedi normativi, al fine di consentire ai docenti in possesso di titoli abilitanti attualmente iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto di essere inseriti nelle graduatorie ad esaurimento;

2) a mettere in atto gli opportuni interventi per affrontare e risolvere i problemi scaturiti dalla previsione condizionante del superamento dei 36 mesi di anzianità di servizio per i docenti iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, al fine di garantirne l’adeguata stabilità;

3) a valutare l’opportunità di avviare nuovi sistemi di abilitazione e di reclutamento, anche per permettere ai giovani laureati di accedere ai ruoli della scuola;

4) a porre in essere ogni più idonea attività di monitoraggio, al fine di avere un quadro il più chiaro possibile del fabbisogno reale dei docenti nel nostro Paese, anche guardando alle diverse aree territoriali;

5) ad individuare ogni misura più efficace per una reale riduzione del precariato nelle scuole, guardando con particolare attenzione ai posti di sostegno, affinché tutti i discenti, ma in particolare quelli disabili, possano realmente contare sulla pienezza del principio della continuità didattica .

Milleproroghe alla Camera

Il 23 febbraio, l’Aula della Camera, approva in via definitiva il disegno di legge C. 4304 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l’esercizio di deleghe legislative (Approvato dal Senato), su cui il 22 febbraio è stata votata la questione di fiducia posta dal Governo.

Il 21 febbraio la 7a Commissione della Camera esprime parere favorevole sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244.

Il 16 febbraio l’Aula del Senato, con 153 voti favorevoli e 99 contrari, ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando l’emendamento interamente sostitutivo dell’articolo unico del ddl di conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini.

La Commissione Affari costituzionali esamina il ddl di conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244.

Il 17 e 18 gennaio la 7a Commissione del Senato esamina il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244.


PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 2630 (7a Commissione senato, 18.1.17)

            La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo,

premesso che vi sono parti di competenza anche all’articolo 1, con particolare riguardo:

–            al comma 5, che proroga al 31 dicembre 2017 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi negli anni 2009, 2010, 2011 e 2012, tra cui anche le università;

–            al comma 11, che proroga al 28 febbraio 2017 del termine entro il quale avrebbe dovuto concludersi la procedura di selezione pubblica per l’assunzione a tempo indeterminato di cinquecento funzionari presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

–            al comma 15, che proroga al 31 dicembre 2017 il termine ultimo di operatività del Commissario liquidatore per le residue attività dell’Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006;

valutate le norme inerenti la scuola e l’università, contenute nell’articolo 4, in base al quale:

–          al comma 1, si proroga dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 il termine per alcuni pagamenti in materia di edilizia scolastica;

–          al comma 2, si proroga dallo stesso 31 dicembre 2016 alla medesima data del 31 dicembre 2017 il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alla normativa antincendio, nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto;

–          al comma 3, si autorizzano le università a prorogare fino al 31 dicembre 2017 (in luogo del precedente termine del 31 dicembre 2016), con risorse a proprio carico e previo parere favorevole del dipartimento di afferenza, i contratti di ricercatore a tempo determinato di “tipo b”, in scadenza prima della medesima data, ai titolari che non hanno partecipato alle procedure di abilitazione scientifica nazionale (2012, 2013 o attuale);

–          al comma 4, si differisce all’anno scolastico 2019-2020 il termine a decorrere dal quale l’inserimento nelle graduatorie di circolo o di istituto può avvenire esclusivamente a seguito del conseguimento del titolo di abilitazione, anche in considerazione della riforma sulle modalità di accesso all’insegnamento per la scuola secondaria in attuazione del principio di delega di cui all’articolo 1, comma 181, lettera b), della legge n. 107 del 2015;

–          al comma 5, si prorogano al 31 dicembre 2017 i rapporti convenzionali in essere attivati dall’ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti, e prorogati ininterrottamente per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico. Inoltre, il comma 5 differisce (dal 31 dicembre 2015) al 31 dicembre 2017 il termine per l’individuazione di soluzioni normative ai problemi occupazionali connessi ai rapporti convenzionali;

considerate le disposizioni relative ai beni culturali, recate all’articolo 11, secondo cui:

–          si prorogano alcune norme concernenti la realizzazione del Grande Progetto Pompei, nell’ottica di assicurare continuità (comma 1);

–          si proroga dal 31 gennaio 2017 al 30 giugno 2017 il termine previsto per la registrazione dei giovani che, avendo compiuto 18 anni nel 2016, intendono fruire della Card cultura introdotta dalla legge di stabilità 2016 (comma 2);

–          si proroga dal 30 gennaio 2017 al 1° aprile 2017 il termine per l’emanazione del decreto ministeriale che deve definire le regole tecniche di ripartizione delle risorse assegnate alle fondazioni lirico-sinfoniche, per il triennio 2017-2019, dalla legge di bilancio 2017 e si assegnano alle stesse ulteriori 10 milioni di euro per il 2017 (comma 3);

esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni:

1.             in merito all’articolo 4, comma 2, si sollecita l’adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alla normativa antincendio, non più procrastinabile;

2.             in merito all’articolo 4, comma 3, che novella l’articolo 1, comma 10-octies del decreto-legge n. 210 del 2015, si evidenzia la necessità di abrogare anche il comma 10-septies del predetto decreto-legge n. 210, onde evitare dubbi interpretativi;

3.             quanto al settore universitario, si rende necessario prorogare oltre il termine originariamente previsto la possibilità per ciascun ateneo di utilizzare la procedura valutativa ai sensi dell’articolo 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010 per la chiamata come professori di ruolo di prima e di seconda fascia di professori di seconda fascia e di ricercatori a tempo indeterminato in servizio presso l’ateneo medesimo e in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale (ASN), anche in considerazione del prolungamento della durata della stessa ASN: pertanto, all’articolo 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, occorre sostituire le parole: “sesto anno” con le seguenti: “decimo anno”;

4.             in merito all’articolo 4, comma 5, si sollecita la definitiva soluzione ai problemi occupazionali connessi ai rapporti convenzionali;

5.             in merito all’articolo 11, comma 2, si segnala l’esigenza di includere anche i prodotti dell’editoria audiovisiva tra gli ambiti di destinazione della Card cultura, estendendo le disposizioni di cui al comma 626 dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, primo periodo, ai predetti prodotti.

Riforma PA e Codice Appalti in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della riunione del 23 febbraio 2017, ha approvato, in esame preliminare, cinque decreti legislativi contenenti disposizioni di attuazione della riforma della pubblica amministrazione e un decreto legislativo correttivo del Codice degli appalti


Testo unico del pubblico impiego

Modifiche e integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g) , h), l), m), n), o), q), s) e z) della legge 7 agosto 2015, n.124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche

Il decreto introduce disposizioni mirate al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

– il progressivo superamento della “dotazione organica”, fermi restando i limiti di spesa, attraverso il nuovo strumento del “Piano triennale dei fabbisogni”, e la definizione di obiettivi di contenimento delle assunzioni, differenziati in base agli effettivi fabbisogni e la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici;

– la disciplina delle forme di lavoro flessibile, anche al fine di prevenire il precariato, unitamente ad una soluzione transitoria per superare il pregresso: viene stabilito a regime il divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione e vengono introdotte specifiche procedure per l’assunzione a tempo indeterminato di personale in possesso dei requisiti;

– l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreta e certa nei tempi l’azione disciplinare;

– la possibilità di svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata (estesa alle Regioni) e la definizione di limiti, in relazione al numero dei posti banditi, per gli idonei non vincitori;

– l’integrazione nell’ambiente di lavoro delle persone con disabilità, anche attraverso l’istituzione di una Consulta nazionaleper l’integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità.

Valutazione della performance dei dipendenti pubblici

Modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, in attuazione dell’articolo 17, comma 1, lettera r), della legge n.124 del 2015

Il provvedimento persegue l’obiettivo generale di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico e di garantire l’efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Con il decreto, ispirato ai principi di semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito e della premialità, di razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, di riduzione degli adempimenti in materia di programmazione e di coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni, si introducono, tra le altre, le seguenti novità:

­- viene chiarito che il rispetto delle disposizioni in materia di valutazione costituisce non solo condizione necessaria per l’erogazione di premi, ma rileva anche ai fini del riconoscimento delle progressioni economiche, dell’attribuzione di incarichi di responsabilità al personale e del conferimento degli incarichi dirigenziali; la valutazione negativa delle performance rileva anche ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale;

­- ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti o gruppi di dipendenti;

– oltre agli obiettivi specifici di ogni amministrazione, è stata introdotta la categoria degli obiettivi generali, che identificano le priorità in termini di attività delle pubbliche amministrazioni coerentemente con le politiche nazionali, definiti tenendo conto del comparto di contrattazione collettiva di appartenenza;

– gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV), tenendo conto delle risultanze dei sistemi di controllo strategico e di gestione presenti nell’amministrazione, dovranno verificare l’andamento delle performance rispetto agli obiettivi programmati durante il periodo di riferimento e segnalare eventuali necessità di interventi correttivi;

– viene riconosciuto, per la prima volta, un ruolo attivo dei cittadini ai fini della valutazione della performance organizzativa, mediante la definizione di sistemi di rilevamento della soddisfazione degli utenti in merito alla qualità dei servizi resi;

– nella misurazione delle performance individuale del personale dirigente, è attribuito un peso prevalente ai risultati della misurazione e valutazione della performance dell’ambito organizzativo di cui hanno essi diretta responsabilità;

– è definito un coordinamento temporale tra l’adozione del Piano della performance e della Relazione e il ciclo di programmazione economico-finanziaria;

– sono introdotti nuovi meccanismi di distribuzione delle risorse destinate a remunerare la performance, affidati al contratto collettivo nazionale, che stabilirà la quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale e i criteri idonei a garantire che alla significativa differenziazione dei giudizi corrisponda un’effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati. (…)

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CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI

Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 50 del 2016, recante codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo – esame preliminare)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo correttivo del Codice degli appalti, adottato a norma dell’articolo 1, comma 8, della legge delega n. 11 del 2016  e in esito alla consultazione pubblica.

L’intervento apporta modifiche e integrazioni al Codice, volte a perfezionarne l’impianto normativo confermandone i pilastri fondamentali. Le modifiche apportate seguono tre direttrici:

1) sono state apportate al codice tutte le modifiche  di coordinamento ai fini di una più agevole lettura;

2) sono state introdotte integrazioni che migliorano l’efficacia e chiariscono la portata di alcuni istituti, sulla base anche di quanto suggerito dal Consiglio di Stato in sede consultiva e dalle associazioni o dagli operatori di settore;

3) sono state apportate limitate modifiche ad alcuni istituti  rilevanti, conseguenti alle criticità evidenziate nella prima fase attuativa del codice.

Tra le modifiche si segnalano:

­appalto integrato: si introduce un periodo transitorio che prevede che l’appalto integrato sia possibile per gli appalti i cui progetti  preliminari o definitivi siano stati già approvati alla data di entrata in vigore del codice e nei casi di urgenza;

­progettazione: si  introduce l’obbligatorietà dell’uso dei parametri per calcolare i compensi a base di gara;

­concessioni 80/20: si chiarisce che il limite dell’80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture, relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000, che i concessionari sono obbligati ad affidare mediante procedura ad evidenza pubblica non riguarda i lavori eseguiti direttamente né quelli relativi alla manutenzione ordinaria;

­subappalto:  si supera la rigidità della disciplina attualmente prevista, anche alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia, chiarendo tra l’altro che il limite del 30% è da riferirsi alla categoria prevalente per i lavori e, solo nel caso di servizi e forniture, all’importo complessivo del contratto;

­indicazione terna sub appaltatori: si prevede che stazione appaltante indichi nel quando ritiene necessaria l’indicazione della terna in sede di offerta;

­contraente generale: si prevede  una soglia minima pari a 150 milioni di euro per il ricorso all’istituto del  contraente generale, per evitare che il ricorso all’istituto per soglie minimali  concretizzi una elusione del divieto di appalto integrato;

­varianti: si integra la disciplina della variante per errore progettuale, specificando che essa è consentita solo entro i limiti quantitativi del de minimis;

­semplificazioni procedurali: in caso di nuovo appalto basato su progetti per i quali risultino scaduti i pareri acquisiti, ma non sono intervenute variazioni, vengono confermati i pareri, le autorizzazioni e le intese già rese dalle amministrazioni.


Il Consiglio dei ministri, nel corso della riunione del 17 febbraio 2017, ha approvato in esame preliminare, due decreti legislativi di riforma della Pubblica Amministrazione.

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RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DELLE SOCIETA’ PARTECIPATE

Il Consiglio dei ministri, su proposta della Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, ha approvato, in esame preliminare, due decreti legislativi contenenti disposizioni integrative e correttive ai decreti di attuazione della riforma della Pubblica Amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124) e al testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175).

L’intervento correttivo dà seguito e applicazione alla recente sentenza (n. 251 del 2016) con cui la Corte Costituzionale ha censurato il procedimento di attuazione previsto dall’articolo 18 della legge n. 124 del 2015, nella parte in cui stabilisce che i decreti legislativi attuativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in Conferenza unificata, anziché previa intesa. Nel sancire comunque la piena efficacia dei decreti legislativi già emanati e in vigore, la sentenza ha raccomandato di sanare il suddetto vizio procedimentale per dare certezza al quadro normativo attraverso lo strumento del correttivo previsto dalla stesa legge delega. Sui decreti dovranno essere acquisiti l’intesa della Conferenza Unificata e i pareri delle competenti Commissioni parlamentari.

Di seguito i provvedimenti nel dettaglio.

1. Licenziamento disciplinare

Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 20 giugno 2016, n.116, recante modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di licenziamento disciplinare, a norma dell’articolo 17, comma 1, lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124.

Le principali novità sono le seguenti:

  • si prevede un maggior termine per esercitare l’azione di risarcimento per i danni di immagine alla PA provocati dalle condotte fraudolente punite dal licenziamento. La denuncia al Pubblico Ministero e la segnalazione alla competente Procura regionale della Corte dei conti avverrà, ora, entro 20 giorni (non più 15) dall’avvio del procedimento disciplinare in modo da evitare un eccessivo accavallamento dei termini e delle procedure poste a carico delle pubbliche amministrazioni. Lo stesso avverrà per il caso in cui la Procura della Corte dei conti, quando ne ricorrono i presupposti ed entro 150 giorni (non più 120) dalla conclusione della procedura di licenziamento, potrà procedere per danni di immagine della PA nei confronti del dipendente licenziato per assenteismo. La finalità è di garantire maggiore certezza e una più netta separazione tra il procedimento disciplinare a carico del dipendente (che si svolge presso l’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari) e il conseguente procedimento per danni di immagine alla PA (che si svolge presso la Procura generale della Corte dei conti);
  • si prevede l’obbligo di comunicazione dei provvedimenti disciplinari all’Ispettorato per la funzione pubblica entro 20 giorni dall’adozione degli stessi: ciò, al fine di consentire il monitoraggio sull’attuazione della riforma, anche per adottare ogni possibile strumento che ne garantisca la piena efficacia.

2. Società a partecipazione pubblica

Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

Il decreto prevede, tra le principali novità:

  • che l’attività di autoproduzione di beni e servizi possa essere strumentale agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni; che sono ammesse le partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale la produzione di energia da fonti rinnovabili e che le università possono costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche;
  • che, nel caso di partecipazioni regionali, l’esclusione, totale o parziale, di singole società dall’ambito di applicazione della disciplina può essere disposta con provvedimento motivato del Presidente della Regione, adottato in ragione di precise finalità pubbliche nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità;
  • viene prevista l’intesa in Conferenza unificata per: il Dpcm di determinazione dei requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia dei componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico; il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze con il quale sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle società a controllo pubblico, nel caso di società controllate dalla regione o da enti locali; il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali volto a disciplinare le modalità di trasmissione dell’elenco del personale eccedente;
  • il termine per la ricognizione, in funzione della revisione straordinaria, di tutte le partecipazioni possedute, in scadenza il 23 marzo 2017, è portato al 30 giugno 2017 per dare tempo alle amministrazioni di adeguarsi al decreto;
  • parimenti è prorogato al 30 giugno 2017 il termine entro il quale le società a controllo pubblico effettuano una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze;
  • viene fissato al 31 luglio 2017 il termine per l’adeguamento delle società a controllo pubblico alle disposizioni in tema di governance societaria.

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CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio ha svolto un’informativa al Consiglio dei ministri in ordine alla predisposizione dello schema di decreto legislativo correttivo del Codice degli appalti, da adottare a norma dell’articolo 1, comma 8, della legge delega n. 11 del 2016.

L’intervento contempla modifiche e integrazioni al Codice, volte a perfezionarne l’impianto normativo confermandone i pilastri fondamentali. Si tratta di un testo aperto, che in base alla legge delega sarà sottoposto alle consultazioni con i principali stakeholder, per essere poi esaminato in via preliminare dal Consiglio dei ministri. Successivamente sarà inviato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e al Consiglio di Stato e contestualmente alle Commissioni parlamentari competenti per l’acquisizione dei prescritti pareri.

Riordino Tecnici e Professionali in 7a Camera

Il 7 febbraio la 7a Commissione della Camera approva la proposta di nulla osta formulata dalla relatrice relativa a:

Il 24 gennaio e l’1 febbraio la 7a Commissione del Senato esamina:


PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 375 (7a senato 1.2.17)

La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, lo schema di decreto in titolo,

premesso che:

–        occorre ottemperare alla pronuncia del giudice amministrativo in ordine alla necessità di esplicitare i criteri in base ai quali sono state effettuate le riduzioni di orario nel decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010;

–        detta integrazione al decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010 si colloca a posteriori rispetto ad un processo già realizzato, in quanto la riforma degli istituti professionali è ormai a regime;

valutato l’elenco dei suddetti criteri per la definizione del monte ore degli istituti professionali;

considerati i pareri formulati dalla Conferenza Unificata, dal Consiglio di Stato e dal Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI);

osservato che, secondo il CSPI, alcuni criteri previsti dal provvedimento in titolo non sono idonei a giustificare le riduzioni di orario di fatto già operanti, specialmente laddove si comprime eccessivamente l’area di indirizzo rispetto a quella di istruzione generale;

rilevato comunque che è in corso di esame presso le Camere lo schema di legislativo recante revisione dei percorsi dell’istruzione professionale (atto del Governo n. 379), nel quale si potenziano proprio l’area di indirizzo e la didattica laboratoriale, ponendo dunque rimedio ad una delle criticità riscontrate nell’attuale assetto;

esprime parere favorevole.


PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 376 (7a senato 1.2.17)

La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 lo schema di decreto in titolo;

premesso che:

–        occorre ottemperare alla pronuncia del giudice amministrativo in ordine alla necessità di esplicitare i criteri in base ai quali sono state effettuate le riduzioni di orario nel decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 2010;

–        detta integrazione al decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 2010 si colloca a posteriori rispetto ad un processo già realizzato, in quanto la riforma degli istituti tecnici è ormai a regime;

valutato l’elenco dei suddetti criteri per la definizione del monte ore degli istituti tecnici;

considerati i pareri formulati dalla Conferenza Unificata, dal Consiglio di Stato e dal Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI);

esprime parere favorevole.


(7a Senato, 24.1.17) Il PRESIDENTE fa presente che l’esame degli atti in titolo procederà congiuntamente, data l’analogia di materia, fermo restando che saranno messi in votazione due distinti pareri. Ricorda altresì che su tali provvedimenti è prevista l’espressione di osservazioni da parte della 5a Commissione entro il 31 gennaio.
Riferisce il relatore CONTE (AP (Ncd-CpI)) il quale, fa presente che la sostanza dei due schemi di regolamento è pressocchè analoga, in quanto essi scaturiscono da una pronuncia del giudice amministrativo (Sentenza TAR Lazio 8 aprile 2013, n. 3527Sentenza TAR Lazio 29 gennaio 2015, n. 6438) in merito ai decreti del Presidente della Repubblica nn. 87 e 88 del 2010 nella parte in cui definiscono i quadri orari senza indicazione dei criteri. Nel ricordare che la Commissione si è confrontata in passato sul monte ore di tali istituti, tiene a precisare che gli atti in titolo costituiscono atti dovuti per sanare una situazione contestata, ma rappresentano un passaggio di transizione, tenuto conto della riforma del sistema dell’istruzione professionale attuata attraverso lo schema di decreto legislativo n. 379.
Si sofferma indi in particolare sul regolamento correttivo per quanto concerne gli istituti tecnici (Atto del Governo n. 376), evidenziando che esso introduce anzitutto un elenco di criteri per la definizione del monte ore, novellando l’articolo 5 del summenzionato decreto del Presidente della Repubblica n. 88. Delinea pertanto i suddetti criteri: razionalizzazione delle sperimentazioni didattiche; ripartizione delle ore di laboratorio in maniera tale da assicurarne una prevalenza del secondo biennio e nell’ultimo anno; conformazione dei piani di studio in base ad una quota oraria non comprimibile di sessanta minuti; ponderazione dei quadri orari tenuto conto della sostenibilità dell’impegno richiesto agli studenti e delle metodologie didattiche innovative; definizione dei piani di studio in maniera tale da assicurare complementarietà tra le diverse discipline; previsione di piani di studio con un numero di discipline e di ore adeguate al conseguimento dei risultati di apprendimento; adeguata ripartizione tra le discipline dell’area di istruzione generale e quelle dell’area di indirizzo; dimensionamento orario tale da garantire un equilibrio tra le discipline rispetto agli obiettivi di apprendimento.
Dopo essersi soffermato sull’orario complessivo annuale degli istituti tecnici, rammenta che l’attuale struttura dei percorsi di studio è articolata in un primo biennio, in un secondo biennio e in un quinto anno.
Passa indi ad illustrare le modifiche apportate dall’Atto del Governo n. 375 relativo agli istituti professionali, con particolare riferimento all’elenco dei criteri per la definizione del monte ore, analogo a quello descritto in precedenza. In conclusione, ribadisce che i due provvedimenti hanno ad oggetto la medesima materia e recano disposizioni similari.
Il seguito dell’esame congiunto è rinviato.

Interventi urgenti per il Sisma in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della riunione del 2 febbraio 2017, ha approvato un decreto legge per la realizzazione di interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma.

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INTERVENTI URGENTI IN FAVORE DELLE POPOLAZIONI COLPITE DAGLI EVENTI SISMICI DEL 2016 E 2017

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, ha approvato un decreto legge per la realizzazione di nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni e delle attività produttive colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

In sintesi, con il decreto si provvede a:

1. sostenere il reddito delle popolazioni e delle imprese e rilanciare le attività produttive

Viene prorogata la cassa integrazione ai lavoratori occupati nelle imprese danneggiate dal terremoto.

Al fine di mitigare maggiormente l’impatto del sisma sulle condizioni di vita, economiche e sociali delle fasce deboli della popolazione, si riconosce, per il 2017, una specifica misura di sostegno ai cittadini residenti nelle zone colpite dagli eventi sismici che versano in condizioni di disagio economico.

Con la proroga del meccanismo della cosiddetta “busta paga pesante”, già previsto dal precedente decreto in materia, si consente inoltre a tutti i contribuenti domiciliati nei Comuni del cratere di poter beneficiare della sospensione del pagamento Irpef da gennaio a settembre 2017, ovunque sia fiscalmente domiciliata l’azienda. In questo modo i contribuenti potranno disporre di maggiori risorse economiche in busta paga.

Si sospendono ulteriormente, da gennaio a settembre 2017, i termini per la notifica delle cartelle di pagamento e per la riscossione, nonché le attività esecutive da parte degli agenti della riscossione e i termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici finanziari, ivi compresi quelli degli enti locali e delle Regioni.

Vengono introdotte anche prime misure a sostegno delle attività produttive, nell’ottica del mantenimento e del rilancio del sistema produttivo nei territori, anche con rifermento all’assolvimento degli obblighi fiscali, disponendo altresì specifici interventi in favore delle attività agricole e zootecniche.

Infine, sono prorogati i termini per la deliberazione da parte dei Comuni che si avvalgono di agenti per la riscossione diversi da Equitalia, per l’adesione alla cosiddetta “rottamazione” delle cartelle esattoriali, che consente ai contribuenti di evitare il pagamento d’interessi di mora e sanzioni per le cartelle emesse dal 2000 al 2016.

2. semplificare i procedimenti amministrativi per velocizzare la ricostruzione salvaguardando la trasparenza e il rispetto delle norme anticorruzione

I Comuni possono ricorrere a procedure semplificate di affidamento degli incarichi tecnici di realizzazione degli studi di microzonazione sismica, propedeutici alla presentazione dei progetti di ricostruzione.

Analogamente, sono previste disposizioni acceleratorie per l’affidamento, da parte delle Regioni interessate, delle opere di urbanizzazione connesse alla realizzazione delle strutture di emergenza;

3. assicurare il regolare avvio dell’anno scolastico 2017/2018 anche attraverso la realizzazione di nuove scuole

Per garantire il corretto avvio dell’anno scolastico 2017/2018 nelle aree terremotate, si semplificano le procedure di affidamento degli appalti pubblici per lavori, servizi e forniture, necessari a realizzare gli interventi funzionali alla ripresa ovvero allo svolgimento della normale attività educativa e didattica, attraverso la costruzione di nuovi edifici scolastici e la messa in sicurezza di quelli resi inagibili dal sisma. A tal fine si prevede l’adozione, da parte del Commissario straordinario per la ricostruzione, di specifici piani e il ricorso alla procedura negoziata con l’invito a 5 operatori economici iscritti all’anagrafe Antimafia.

Comuni e Province possono, inoltre, agire in sostituzione dei soggetti attuatori e predisporre i progetti sulla base delle priorità stabilite dal Commissario straordinario d’intesa con i Presidenti di Regione, inviandoli alla struttura commissariale;

4. potenziare il personale impegnato nella ricostruzione

È previsto il potenziamento del personale impegnato nelle attività di ricostruzione per gli enti locali, le Regioni e le altre Pubbliche Amministrazioni, nonché il rafforzamento, con altre 20 unità, della segreteria tecnica di progettazione presso il Segretariato generale del Ministero dei Beni culturali per la più rapida attuazione degli interventi di messa in sicurezza e ricostruzione del patrimonio culturale nei territori colpiti dal sisma;

5. acquistare abitazioni per far fronte all’emergenza alloggiativa

Le Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria vengono autorizzate ad acquisire al patrimonio di edilizia residenziale pubblica immobili da destinare alle popolazioni residenti in edifici resi inagibili dal terremoto, previa approvazione di congruità del prezzo di acquisto. Si tratta di una forma di assistenza alternativa a quella delle strutture abitative di emergenza (SAE, di carattere provvisorio, che andrebbero rimosse al termine del loro utilizzo) che prevede anche la possibilità, in seguito, di cedere gli immobili agli enti locali, che potranno destinarli all’emergenza alloggiativa. Viene inoltre riaffidata alle Regioni la competenza per il trattamento e il trasporto delle macerie.

Tra le ulteriori misure, si prevede il rinvio del riordino delle circoscrizioni giudiziarie de L’Aquila e di Chieti, nonché disposizioni in materia di sospensione dei termini processuali per talune sedi giudiziarie interessate da eventi sismici.


Terremoto, Fedeli: proroga per le iscrizioni nei comuni colpiti
Nuova finestra dal 13 febbraio al 7 marzo
Salvaguardata la validità dell’anno scolastico

Nelle scuole dei comuni colpiti dal sisma l’anno scolastico sarà valido anche con meno di 200 giorni di attività didattiche effettivamente svolte. Lo prevede la norma inserita nel decreto approvato ieri dal Consiglio dei Ministri.

“La situazione che si è verificata in Centro Italia è senza precedenti. Il Ministero si è attivato fin dalle prime ore e continua a farlo per dare il massimo supporto alle scuole e al personale scolastico, alle famiglie, alle ragazze e ai ragazzi”, dichiara la Ministra Valeria Fedeli.

“Come annunciato nelle scorse settimane, attraverso il provvedimento approvato ieri in Consiglio dei Ministri interveniamo per salvaguardare l’anno scolastico. Al contempo, con un’apposita circolare, riapriremo le iscrizioni, con una finestra dal 13 febbraio al 7 marzo, per venire incontro alle esigenze espresse da Regioni, Enti locali, famiglie, organizzazioni sindacali, personale scolastico, studentesse e studenti. La scuola è un presidio irrinunciabile, lo ha dimostrato ancor di più in questi mesi durissimi. Dobbiamo fare tutto il possibile per supportarla: dalla scuola si riparte per cercare di tornare alla normalità”.

Con la norma approvata in Consiglio dei Ministri si prevede una deroga anche per i giorni di frequenza minima richiesti alle studentesse e agli studenti per poter essere ammessi agli scrutini finali. Inoltre, qualora fosse necessario, la  Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli potrà emanare un’ordinanza per disciplinare, anche in deroga alle vigenti disposizioni normative, l’effettuazione delle rilevazioni Invalsi, degli scrutini e degli esami relativi all’anno scolastico in corso.

Si riaprono poi i termini per le iscrizioni nei comuni di Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche coinvolti dal sisma e in tutte le province dell’Abruzzo colpite dal maltempo. La circolare sarà inviata nelle prossime ore alle scuole delle aree interessate. Dal 13 febbraio al 7 marzo ci sarà una nuova finestra in cui le famiglie che non hanno ancora effettuatio le iscrizioni potranno svolgere la procedura.

Bullismo e Cyberbullismo al Senato

Il 31 gennaio l’Aula del Senato approva, con modifiche, con 224 voti favorevoli, un contrario e sei astenuti, il disegno di legge “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati. Il testo torna ora alla Camera dei deputati.


Cyberbullismo, Fedeli: “Bene ok Senato. Finalmente problema viene affrontato in modo deciso”

La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli esprime “soddisfazione” per l’approvazione oggi in Senato del disegno di legge per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo.

“Finalmente – sottolinea la Ministra Fedeli – si affronta pienamente e in modo deciso un fenomeno che spesso, erroneamente, viene sottostimato. Con questo ddl mettiamo al centro la tutela delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. Dobbiamo colmare i vuoti educativi in cui si annida ogni forma di discriminazione e di violenza. Lo facciamo anche con questo ddl, che ora passa alla Camera per la definitiva approvazione. Lo facciamo, in un’ottica di prevenzione, a partire dalla scuola che è luogo principale di formazione, di inclusione e accoglienza. Finalmente abbiamo imboccato la strada giusta”.