Nuovo contratto, il piatto piange Per ora solo 25 euro netti al mese

da ItaliaOggi

Nuovo contratto, il piatto piange Per ora solo 25 euro netti al mese

È quanto prevede l’atto di indirizzo all’aran

Marco Nobilio

Sono 45 euro lordi: 25 euro netti da distribuire tra stipendio tabellare e straordinario. È questo, in media, l’aumento che è stato finanziato dal governo per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego (scuola compresa) fermi ormai dal 2009. Il conto è presto fatto. Gli stanziamenti, che vanno suddivisi tra tutti i lavoratori del pubblico impiego, recano la cifra al lordo, comprensiva dei contributi previdenziali (che gravano per un terzo sull’importo complessivo) e dell’imposizione fiscale (Irpef e altre imposte). Dunque, per mantenere la promessa di aumentare le retribuzioni di 85 euro (sempre lordi), fatta dal governo ai sindacati con l’intesa del 30 novembre scorso, bisognerà che l’esecutivo trovi i fondi per raddoppiare gli stanziamenti. Dunque, se alla fine si riuscisse a finanziare gli 85 euro, l’aumento netto in busta paga non supererebbe i 40 euro. Resta il fatto, però, che l’atto di indirizzo messo a punto dal ministro Madia, per dare l’avvio alle procedure per il rinnovo dei contratti di lavoro dei comparti della pubblica amministrazione, prevede che i 40 euro dovranno essere comprensivi anche del compenso accessorio. In altre parole, le risorse finanziarie a copertura dei 40 euro, non saranno utilizzate in via esclusiva per aumentare lo stipendio dei lavoratori, che hanno perso ormai circa il 10% del potere di acquisto.

La stessa somma, infatti, comprende anche il lavoro straordinario e gli emolumenti collegati allo svolgimento di incarichi e funzioni. In più bisogna considerare che un cospicuo numero di lavoratori della scuola, a causa delle basse retribuzioni percepisce il credito di imposta di 80 euro previsto dalla legge. Il credito viene attribuito a chiunque guadagni meno di 24mila euro annui (ma che percepisca comunque almeno 8mila euro, soglia sotto la quale l’Irpef non si paga in ciò precludendo l’accesso al beneficio). Mentre un credito ridotto è previsto per chi guadagna dai 24 ai 26mila euro annui. Ciò ha determinato da una parte l’esclusione dal credito di imposta per i precari che non siano riusciti a guadagnare più di 8mila euro. E dall’altra parte l’obbligo di restituirli per chi lo abbia ottenuto sulla base di valutazioni parziali del reddito effettivamente percepito.

L’erogazione degli aumenti, dunque, per alcuni soggetti potrebbe addirittura determinare una perdita salariale per effetto della perdita del diritto al credito di imposta. Una misura finalizzata ad incrementare i consumi per rilanciare l’economia e che, al contrario, ha incrementato i risparmi. Ma su questo tema il governo avrebbe comunque intenzione di promuovere un intervento interpretativo o legislativo al fine di evitare tale effetto. Ciò per consentire ai diretti interessati di conservare entrambi i benefici: gli 80 euro e gli aumenti. Per incrementare l’importo degli adeguamenti retributivi, tra gli addetti ai lavori circola anche l’ipotesi di utilizzare i 380 milioni di euro stanziati per finanziare i 500 euro per l’aggiornamento dei docenti di ruolo. Una cifra che, da sola, basterebbe a recuperare l’utilità del 2013 ai fini degli scatti di carriera. Che allo stato attuale risultano gravati da un ritardo strutturale di un anno rispetto ai gradoni previsti dal contratto.

Al momento, dunque, sebbene il contratto preveda che gli scatti di anzianità si maturino al decorso di 8, 15, 21, 28 e 35 anni di servizio, la progressione effettiva risulta spostata avanti di un anno al decorso di 9, 16, 22, 29 e 36 anni di servizio. Ciò comporta una perdita salariale netta in busta paga di circa mille euro con effetti anche sul montante contributivo ai fini della pensione. Ma l’ipotesi sembrerebbe in rotta di collisione con l’orientamento del ministero dell’economia. Una volta constatato il mancato raggiungimento di aumentare i consumi con la politica degli 80 euro, il dicastero ha virato, infatti, verso la politica dei buoni –spesa: sorta di erogazioni liberali con onere modale. Tra queste rientra il bonus dei 500 euro ai docenti di ruolo, una cifra che non è stata erogata in forma liquida, ma sotto forma di dotazione finanziaria utilizzabile solo per acquisiti finalizzati all’aggiornamento.

La procedura di utilizzo, peraltro, è molto complessa essendo collegata a una piattaforma informatica alla quale si accede solo tramite Spid. (sistema pubblico di identità digitale). Che si ottiene presso uno dei gestori accreditati (http://www.spid.gov.it/richiedi-spid). All’esito della procedura l’utente riceve uno username e una password, che può utilizzare per gli acquisiti collegati ai 500 euro per l’aggiornamento. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, proprio a causa della complessità della procedura solo il 50% dei docenti di ruolo aventi titolo li avrebbe effettivamente utilizzati, peraltro, parzialmente. Un’altra ipotesi che circola tra gli addetti ai lavori sarebbe quella di contrattualizzare le risorse previste per finanziare il cosiddetto bonus del merito: una dotazione di circa 24mila euro per scuola prevista dalla legge 107/2015. Che però è già esaurita e attende di essere rifinanziata.

Assegnazioni provvisorie bloccate per tanti, il Miur non cede

da La Tecnica della Scuola

Assegnazioni provvisorie bloccate per tanti, il Miur non cede

Continua il braccio di ferro tra Miur e sindacati sulle assegnazioni provvisorie da concedere pure agli assunti negli ultimi tre anni e a chi verrà trasferito in estate.
L’amministrazione rimane ferma sul diniego, a cui crede anche la ministra dell’Istruzione per via dell’eccesso di spostamenti (protratti pure per diversi mesi) dello scorso anno; dall’altra parte, però, i rappresentanti dei lavoratori rimangono convinti che non si può negare il diritto a priori.
Il 13 giugno, i sindacati hanno ribadito che nel 2016 il vincolo triennale di permanenza nella provincia di nomina era stato superato dal CCNI sulla mobilità: avendo funzionato, hanno quindi chiesto all’amministrazione i motivi del ripensamento e del ripristino del blocco.
Il Miur ha spiegato che bisogna tornare alla normalità. E al rispetto della legge.
Quindi, quest’anno, scrive polemicamente lo Snals, secondo l’idea del ministero dell’Istruzione “solo i beneficiari delle precedenze previste dall’art. 8 (Precedenze nelle operazioni di utilizzazioni e di assegnazione provvisoria) potrebbero produrre domanda di assegnazione provvisoria”.

Anche la Uil scuola si è detta nettamente contraria “ad ogni forma di restrizione, sia con riferimento al blocco triennale che al blocco del personale che avrà ottenuto il trasferimento”.
Bisognerebbe, invece, “tener presente le reali esigenze di funzionamento delle scuole e rispondere alle esigenze dei lavoratori e degli studenti, garantendo la continuità didattica senza generici divieti punitivi. Il confronto in sede tecnica è stato sospeso in attesa di un auspicabile sviluppo in sede politica”.
Significa che anche stavolta a sbrogliare la matassa potrebbe essere la ministra Fedeli. Ma mai come stavolta non sarà facile trovare un punto di mediazione, tra le parti che, paradossalmente, rimanendo ferme si allontanano sempre più.

Note a margine di una sentenza epocale

Note a margine di una sentenza epocale

di Domenico Ciccone

 

La Sentenza 28623/17 depositata dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione, in data 8 giugno, pone una nuova e significativa pietra miliare nella lotta al fenomeno del bullismo e del cyberbulismo. La Suprema Corte lancia un segnale forte e risoluto che intende porsi con una strategia netta e decisa nei confronti dell’odioso comportamento assunto, sempre più spesso, da giovani e ragazzi, spesso poco più che bambini, che animati dallo spirito del branco, rendono infernale la vita delle loro vittime compiendo ogni genere di abusi e di sopraffazioni nei loro confronti. L’attualità e la gravità del fenomeno hanno indotto la Cassazione ad assumere un comportamento durissimo e inequivocabile. La conferma di condanne inflitte nei gradi precedenti di giudizio, a carico di quattro minorenni che avevano posto in essere numerosi e sistematici episodi di bullismo e di vero e proprio stalking nei confronti di una vittima indifesa e succube, segna un nuovo punto di riferimento giurisprudenziale per affrontare i continui e reiterati episodi di bullismo di cui le scuole sono traboccanti.

Il bullismo è un fenomeno attualissimo e che va combattuto addirittura al costo di portare conseguenze esemplari per i ragazzi, anche giovani e minorenni, che perpetrano tali comportamenti.

Dal punto di vista tecnico occorre sottolineare come la Suprema Corte si sia pronunciata positivamente rispetto all’applicazione dell’articolo 612 bis cp ( stalking ) da parte dei giudici della Corte di Appello di Napoli .

Per la Cassazione, infatti, è applicabile il reato di “stalking” anche per coloro che, con aggressioni fisiche e psicologiche, costringono un compagno di classe a cambiare scuola in seguito ad ogni genere di sopraffazione e di rassegnazione passiva verso i loro comportamento.

Nei precedenti gradi di giudizio i quattro giovani erano stati infatti condannati per atti persecutori di cui al art 612 bis del codice penale proponendo, a tal proposito, ricorso agli “Ermellini”. Quella che appariva una storia di bullismo quasi abituale aveva in realtà provocato una reazione nella vittima di una tale gravità da ritenersi inaccettabile e quindi sfociata in denuncie alle autorità competenti.

Quante storie di ordinaria sopraffazione vengono coperte da una sorta di omertà consapevole che induce ad accettarle come un normale, anche se sgradito, incidente tra ragazzi e, il più delle volte, nemmeno denunciato?

Quando il gruppo di bulli, in un Istituto Professionale del casertano, prese di mira la propria vittima, questi venne sistematicamente denigrato e deriso, per qualsiasi suo comportamento, subendo aggressioni fisiche e botte anche, ad esempio, per aver tagliato i capelli in un certo modo oppure per aver avuto un comportamento sgradito al branco.

I filmati acquisiti agli atti come prova hanno dimostrato che gli episodi di bullismo venivano perpetrati senza cause apparenti ma soltanto per ridicolizzare, sottomettere, aggredire e calunniare il malcapitato.

I reati sono stati compiuti in una situazione di forte degrado sociale, di connivenza diffusa o addirittura di insipienza che, secondo i giudici, caratterizzavano, a quel tempo, l’istituto scolastico frequentato dai giovani. Dalla sentenza emerge anche una sorta di accusa implicita alla scuola per la responsabilità in capo a coloro che non hanno vigilato e non hanno denunciato i fatti accaduti.

La condanna definitiva per stalking è stata confermata, in particolare, alla luce dei comportamenti reiterati dei bulli, sebbene il collegio difensivo abbia affermato con forza la tesi dei comportamenti isolati e sporadici. Le condotte, proprio perchè replicate, provocarono nel ragazzo una crescente e incontrollabile ansia che lo condussero a comportamenti estremi di paura, di timore e di vero e proprio terrore generando un malessere inaccettabile.

La giovane vittima era arrivata al punto di accettare, come un male necessario, le condotte persecutorie e i continui atti di sopraffazione per evitare botte e pestaggi che sarebbero arrivati in caso di ribellione, come già accaduto in qualche timido tentativo. Questo prezzo inaccettabile ha consentito alla vittima di continuare a frequentare la scuola per un periodo nel quale le persecuzioni sono continuate. La conseguenza finale è stata l’abbandono della scuola ed il trasferimento dell’intera famiglia in un’altra città, per evitare definitivamente la soggezione psicologica che rendeva impossibile la vita della vittima.

A margine di una decisione storica che gli “Ermellini” hanno decretato con la sentenza citata, appare indispensabile compiere delle riflessioni che vadano oltre le consuete posizioni in merito. È pur vero che è stata appena approvata una legge sul bullismo e cyberbulismo e che, come sempre, il Palazzaccio detta sentenze che appaiono spesso regole di comportamento e riferimenti per la vita quotidiana delle persone; tuttavia ritengo che la mobilitazione di forze contro il bullismo ed il cyberbullismo sia ancora estremamente debole rispetto alla gravità ed all’entità del fenomeno.

Il generale Luciano Garofalo, del quale nutro profonda stima e rispetto, intitolando un suo mirabile lavoro, ha recentemente definito “Prepotenza invisibile” il bullismo e le sue pericolose derivazioni digitali. E difatti, proprio di questo si tratta, di una insidiosa e inafferrabile prepotenza che si perpetra ai danni di moltissimi giovani, che messi improvvisamente di fronte a tanta ingiustificata violenza, a cattiverie inaccettabili ed a soprusi inspiegabili, gettano le loro famiglie nella disperazione più totale. I genitori, molte volte, non interpretano i comportamenti dei figli in maniera corretta pensando a problematiche di altro genere e sviando anche le tutele che potrebbero dargli in caso di corretta interpretazione. Peraltro, spesso le vittime cadono nella rete della sopraffazione e della violenza subendo un effetto talmente dirompente da diventare gradualmente e, consapevolmente, quasi complici dei loro stessi carnefici.

La scuola ha fatto molto contro questo nemico invisibile ma pensare che una certa parte di studenti, ogni mattina, varchi la porta della propria aula con il cuore in gola, non sapendo cosa gli riserverà la giornata scolastica, in termini di sopraffazione e di violenza, non è certamente un buon risultato.

La prima e più efficace strategia per combattere un fenomeno è quella di conoscerlo profondamente. Intanto occorre rompere i pregiudizi che ritengono i bulli come dei ragazzi provenienti da situazioni sociali disagiate e/o violente. Il fenomeno è purtroppo trasversale ed il bullo non ha un’identità certa, potrebbe appartenere a qualsiasi fascia sociale e, non poche volte, proviene da famiglie agiate e senza problemi di sorta. Questa trasversalità sociale aiuta a comprendere come non siano nè la volontà di riscatto e di vendetta sociale nè la reazione ad ambienti violenti vissuti nell’ambito familiare ad animare gli odiosi comportamenti dei bulli. I quattro condannati dalla Cassazione oggi sono adulti ed hanno intrapreso varie strade lavorative: contadino, artigiano, commerciante. Nessuno di loro avrebbe mai pensato che quelle bravate sarebbero arrivate al vaglio della Cassazione e che la loro vita sarebbe stata marchiata definitivamente da una condanna infamante ed insopportabile benché solo simbolica, in quanto non eseguita.

Credo che l’attenzione debba essere però spostata verso la loro vittima, persona pesantemente condizionata nelle sue scelte, nelle sue emozioni, nei suoi sentimenti. Non avrà mai trovato una spiegazione in quello che gli è successo e non credo che oggi la “giustizia fatta” lo soddisfi e lo acquieti. Probabilmente è una persona difficile, che non ha ancora ritrovato la fiducia negli altri e non vive in maniera serena la propria vita di relazione. L’unica convinzione che gli sarà rimasta è la certezza assoluta della infinita stupidità dei suoi carnefici.

Sicurezza scuole: i ds chiedono modifiche alla legge

da La Tecnica della Scuola

Sicurezza scuole: i ds chiedono modifiche alla legge

Sta prendendo avvio in tutta Italia una nuova iniziativa sindacale centrata sulle responsabilità dei dirigenti scolastici.

Il tema, questa volta, riguarda la questione della sicurezza degli edifici scolastici e della loro manutenzione ordinaria e straordinaria Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola e Snals hanno predisposto una petizione sulla quale stanno chiedendo la firma di tutti i dirigenti scolastici. Nel concreto, l’iniziativa è finalizzata ad ottenere che il Parlamento prenda al più presto in considerazione due progetti di legge che prevedono alcune importanti modifiche al decreto legislativo 81/2008 in materia di sicurezza.

“I Dirigenti Scolastici Italiani – si legge nella petizione – vivono da anni una situazione di grande preoccupazione perché il confuso riparto delle  competenze  li  espone  a  pesanti  conseguenze  penali,  civili  e  patrimoniali,  attribuendo  ad  essi responsabilità che sono ingiuste e che non sono sostenibili”.
Ma – sottolineano le organizzazione sindacali – ci sono ora in campo due proposte di legge (C. 3830 e C. 3963) di modifica degli articoli 13, 17 e 18 del Decreto Legislativo 81/2008, presentate  alla  Camera  dei  Deputati  nei  mesi  di  maggio  e  luglio  2016, che “propongono finalmente di fare chiarezza e di sollevare i dirigenti scolastici dalle responsabilità relative alle condizioni ed alla sicurezza degli edifici assegnati alle istituzioni scolastiche”.
“Le responsabilità relative agli edifici scolastici – sostengono i sindacati – debbono essere attribuite  ai  soggetti  che  li  forniscono  e  hanno  le  risorse  necessarie    a  mantenere  nel  tempo  la  loro adeguatezza alle norme di sicurezza e che devono conseguentemente effettuare la valutazione dei rischi  derivanti dal loro utilizzo”.

Il vuoto celebrativo di don Milani

Il vuoto celebrativo di don Milani

di Giovanni Fioravanti

 

E dunque anche Lorenzo Milani da Barbiana è stato sdoganato. Non più responsabile in primis di una scuola permissiva che produce solo ignoranza, ma alfiere della scuola “aperta e inclusiva”, proprio di quell’eccellenza che l’Ocse ci ha riconosciuto.

Così il cinque giugno scorso don Lorenzo Milani è assurto ufficialmente nel Pantheon pedagogico della scuola italiana con la giornata di studi che il MIUR, per la prima volta in cinquant’anni dalla sua scomparsa, gli ha dedicato. Il titolo: “Insegnare a tutti”.

A orecchio un Comenio dimezzato, quello che diceva non solo “Insegnare a tutti”, ma “Insegnare tutto a tutti”. Perché forse insegnare a tutti dovrebbe essere pressoché scontato e non avrebbe neppure bisogno di essere ricordato, altro e molto più difficile è insegnare “tutto” a “tutti”.

Una scuola “aperta e inclusiva” non è quella dove si insegna a tutti, un insegnamento non si nega a nessuno, ma quella dove “tutti apprendono”, i Gianni come i Pierino per intenderci.

È quella dove il diritto allo studio si traduce in successo formativo, non, beninteso, come chiave della promozione scolastica, ma come individuale capitalizzazione vera di cultura e di saperi, di autonomia e invenzione, di creatività e indagine. Potremmo dire il risultato di quel “metodo milaniano”, come coniato dalla ministra Fedeli, che a suo giudizio è però “canone irripetibile”.

E allora, se è “canone irripetibile”, perché farci un convegno? Ecco di colpo svelato il vuoto celebrativo della giornata dedicata al priore di Barbiana.

D’altra parte come fa “la scuola” a celebrare una “non scuola”, la negazione di sé stessa. Capirete che è un bel disagio sostenere “quel siamo, ma non siamo”!

Sì, perché se vogliamo uscire dal bagaglio delle banalità, quella di don Milani non è una palestra di scuola, ma una palestra di studio, dove ci si aiuta reciprocamente nella fatica dello studiare, non a riuscire a scuola che è un’altra cosa. Una destrutturazione della scuola, una descolarizzazione per strutturare lo studio, quello vero, non quello formale, artefatto, che si fa nelle aule.

Scuola e studiare ci dice l’esperienza di Barbiana sono due cose diverse, l’una addirittura opposta all’altra. Non si studia, sostengono i ragazzi della “Lettera ad una Professoressa”, con le cattedre, con i banchi, i voti e i registri. Si fa scuola, la scuola che salva la forma, la scuola ministeriale, la scuola dei programmi e delle circolari, ma non si studia, lo studio è tutta un’altra cosa, lo studio è la vita, quella vera. A scuola si impara quello che si è richiesti di imparare, quelli che ci riescono, ovviamente, ma non si studia, né come studiare né quello che si dovrebbe studiare.

È questo il messaggio di don Milani e dei suoi ragazzi, ancora a cinquant’anni di distanza dalla scomparsa del priore e dall’apparire di un libro che avrebbe segnato per sempre la riflessione pedagogica successiva.

Un messaggio che, al di là della buona volontà della ministra e del Miur, e del fatto che quest’anno a ricordare don Milani ci si è messo pure il papa, con il banale, scontato e populistico “Insegnare a tutti” c’entra ben poco, è uno schizzo d’acqua a fronte della profondità del mare.

Di Lorenzo Milani, uomo, prete, maestro a noi interessa il progetto educativo, un progetto educativo che ha la forza delle grandi invenzioni pedagogiche da Decroly, alla Montessori. Prima di tutto la negazione della scuola come è nella sua organizzazione e nelle sue liturgie, per esaltare la superiorità dello studio. Il percorso e la fatica che ognuno deve compiere per conquistare a sé stesso il sapere, tutti i saperi. Il problema del percorso pone la questione dei terreni da calpestare, quali ambienti attraversare, con quali compagni di viaggio per aiutarsi a vicenda, chi sono le persone sagge da consultare, che ci possono dare una mano, guidare, tenere la regia dei nostri apprendimenti.

Un altro DNA, altro dal DNA della scuola che conosciamo, costituito di classi e di aule. Il DNA è nella stanza di Barbiana, nei locali di quella canonica. Lo stesso che costituiva i geni della rivoluzione che circa quarant’anni prima aveva compiuto a Bar sur Loup il maestro Célestin Freinet con la “nascita di una pedagogia popolare”, via la predella, via la cattedra, la lavagna e i banchi, per lasciare spazio ai tavoli a cui lavorare insieme, alla tipografia, ai laboratori, alla biblioteca di lavoro. Riscoperta della centralità della parola, della lingua come forza emancipatrice dei diseredati, dei figli dei contadini, degli operai, centralità del testo libero, del libro della vita, tanti libri, nessun libro di testo dai saperi preconfezionati.

Milani è il Freinet di Barbiana, come Mario Lodi lo è stato per Vho di Piadena. Si tratta di sensibilità che hanno plasmato figure di educatori, di maestri che costituiscono un riferimento, che ci aiutano a riflettere ogni giorno cosa non è la nostra scuola, quanto ancora sia distante per sensibilità e cultura dalla lezione che loro ci hanno lasciato.

Anziché celebrare dovremmo ragionare di come aggiornare quei modelli educativi, quegli ambienti di apprendimento, di cui nella didattica di ogni giorno nelle nostre scuole ancora di classi e di aule, di registri, interrogazioni e voti non si scorgono che rare tracce, ed è veramente farisaico appendere il santino di don Milani dietro “l’insegnare a tutti”, quando la nostra scuola è la scuola dell’ossimoro che insieme al primato dell’inclusione vanta il primato della dispersione.

La scuola, dunque, rimane il problema anziché la soluzione.

Celebrare don Milani è porre al centro lo studio, il problema dello studio come diritto, così come si ha diritto a respirare e a vivere. Questa scuola è ancora, se lo è mai stato, il mezzo per servire la centralità che lo studio ha per l’intera vita di ogni individuo, dalla nascita alla morte?

Come si impara, come si apprende, come si studia? Non a scuola, ma nella vita. È quello che si sono chiesti don Milani e i suoi ragazzi di Barbiana. E la risposta è l’esperienza di Barbiana dove non si apprende per materie, ma per idee, per curiosità, argomenti e narrazioni, un esempio di come controllare i propri percorsi di apprendimento, contenuti, ritmi e condizioni, come decondizionarsi dall’essere ricettacoli passivi dell’istruzione. Sostanzialmente di come guarire dal mal di scuola.

Questa è la “comunità educativa” alla base di Barbiana, forse alla base della scuola moderna, come ha detto il presidente della repubblica, ma non certo alla base della nostra scuola, perché dovrebbe negare la scuola stessa così com’è, così come la conosciamo.

Ma questo non significa negare la centralità dello studio, semmai la pretesa di voler esautorare ogni forma di studio che non sia la scuola. Una battaglia che con l’avvento di internet la scuola e le accademie hanno perso, perché il sapere è fuggito dalle loro gabbie, dai loro labirinti, così come il sapere dei ragazzi di Barbiana è fuggito dalle aule e dalle classi della professoressa a cui decidono di scrivere.

Il messaggio ancora attuale che viene da don Milani e dai suoi ragazzi è che la scuola ha bisogno di Barbiana, ha bisogno dell’altro, ha bisogno di territorio e del territorio, ha bisogno di farsi rete con le persone e con le vite delle persone, con i luoghi, con le risorse, ha bisogno di schiudere le classi e le aule e di aprire spazi di apprendimento dinamici, di coniugare internet e Barbiana, di insegnanti registi e non attori, di insegnanti comprimari, di insegnanti preparatissimi, capaci di mettersi non in cattedra ma a disposizione, capaci di sensibilità e del dono gratuito dell’insegnamento.

Aggiornamento delle Gae: domande dal 20 giugno all’8 luglio 2017

da La Tecnica della Scuola

Aggiornamento delle Gae: domande dal 20 giugno all’8 luglio 2017

Il Miur ha trasmesso agli U.S.R. il D.M. n. 400 del 12 giugno 2017, concernente l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo, valevoli per il triennio scolastico 2014/2017.

Il Decreto disciplina, con effetto dall’a.s. 2017/18, le consuete operazioni annuali di:

  • scioglimento della riserva da parte degli aspiranti già inclusi con riserva perché in attesa di conseguire il titolo abilitante e che conseguono l’abilitazione entro il termine del 8 luglio 2017;
  • aggiornamento degli elenchi per effetto dell’acquisizione dei titoli di specializzazione per il sostegno o dei metodi didattici differenziati entro la medesima data da parte di aspiranti già inclusi in graduatoria;
  • presentazione dei titoli di riserva acquisiti entro la stessa data per usufruire dei benefici di cui alla Legge 12 marzo 1999, n. 68 e successive modificazioni ed integrazioni, in applicazione del comma 2 quater dell’art. 14 del decreto legge 29 dicembre 2011 n. 216 convertito in legge 24 febbraio 2012 n. 14.

Le domande dovranno essere presentate, esclusivamente, mediante modalità telematica in “Istanze on line” dal 20 giugno 2017 all’8 luglio 2017.

Il D.M. dispone inoltre che, secondo quanto previsto dal D.P.R. 14 febbraio 2016, n. 19 e del D.M. n.259 del 9 maggio 2017, gli aspiranti presenti nelle graduatorie ad esaurimento della scuola secondaria di primo e secondo grado,  inclusi gli aspiranti che presenteranno domanda agli effetti del decreto, figureranno a decorrere dall’a.s. 2017/18 nelle graduatorie corrispondenti alla classe di concorso istituita con il D.P.R. 14 febbraio 2016, n. 19 con i punteggi, nonché i titoli di preferenza e precedenza, posseduti alla data dell’ultimo aggiornamento avvenuto per il triennio 2014-2017. Infatti, la Legge 25 febbraio 2016 n.21, di conversione del D.L. 30 dicembre 2015 n. 210 ha disposto la proroga dell’aggiornamento delle citate graduatorie ad esaurimento all’a.s. 2018/2019, per il triennio successivo.

Relativamente alle classi di concorso istituite con il D.P.R. n. 19/2016 nelle quali sono confluite più classi di concorso di cui al D.M. 39/1998 e successive modifiche e integrazioni, tutti gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento interessati saranno, analogamente, collocati nella graduatoria di confluenza con i punteggi, nonché i titoli di preferenza e precedenza, posseduti alla data dell’ultimo aggiornamento avvenuto per il triennio 2014-2017 privilegiando:

  • la graduatoria di fascia più favorevole;
  • a parità di fascia, la graduatoria con punteggio maggiore;
  • a parità di fascia e punteggio, la graduatoria con maggiore anzianità di iscrizione.

Il decreto infine dispone che ai docenti già iscritti a pieno titolo in graduatoria, che siano in possesso di abilitazione conseguita in uno dei Paesi dell’Unione Europea e formalmente riconosciuta con decreto di equipollenza dal Miur, è rideterminato, su domanda, il punteggio già conseguito per il titolo di accesso.

L’attribuzione del bonus di 30 punti di cui al punto A4 della tabella di valutazione dei titoli di III fascia delle graduatorie ad esaurimento comporterà la decurtazione dell’eventuale punteggio a suo tempo attribuito per il servizio di insegnamento svolto contemporaneamente alla frequenza obbligatoria dei corsi abilitanti, così come previsto al punto B3 lett. c) della suddetta Tabella dei valutazione dei titoli.

Privacy, la Relazione annuale del Garante: molti gli interventi riguardanti l’istruzione

da La Tecnica della Scuola

Privacy, la Relazione annuale del Garante: molti gli interventi riguardanti l’istruzione

Nel corso dell’anno 2016 il Garante per la protezione dei dati personali ha interloquito sia con il Miur, in relazione all’attività consultiva, sia con singoli istituti scolastici, nell’ambito di numerose istruttorie riguardanti la privacy.

Lo scrive la stessa Autorità nella Relazione annuale 2016, presentata il 6 giugno scorso.

Tra i vari interventi del 2016, uno ha riguardato l’Anagrafe Nazionale Studenti: il 21 aprile 2016 il Garante ha infatti espresso un parere sullo schema di decreto del Miur volto a disciplinare il periodo di conservazione di alcune tipologie di dati personali degli studenti, acquisiti all’Ans.

Con riguardo alle verifiche effettuate dall’Autorità in relazione a segnalazioni o reclami, in diversi casi essi hanno riguardato ipotesi di diffusione di dati personali di studenti su siti web (ad es., elenchi delle classi e dei diplomati con i loro numeri di telefono e quelli delle relative famiglie) o comunicazione di dati a soggetti esterni alle scuole (Asl o parrocchie) che sono risultate prive di idonee basi normative.

Con riferimento alla diffusione dei dati tramite internet, la relazione rivela una non sempre oculata gestione dell’ambito di conoscibilità dei dati; il sito web della scuola può senz’altro facilitare forme di comunicazione sistematica mettendo a disposizioni taluni dati all’interno di un’area ad accesso riservato, ferma restando la riservatezza di informazioni di carattere personale che possono essere conosciute però solo dagli interessati e dalla loro famiglia. In questi casi, oltre a rilevare l’illecito e a verificare che gli istituti coinvolti rimuovano dalla rete i dati illecitamente diffusi, viene avviato anche un procedimento sanzionatorio nei confronti dell’istituzione scolastica responsabile della violazione (pecuniaria da 10.000 a 120.000 euro).

Altre gravi inosservanze discendono inoltre da una errata interpretazione degli obblighi di trasparenza ai quali sono tenuti gli istituti scolastici pubblici; è questo il caso di un istituto statale che ha effettuato una diffusione di dati personali, idonei a rivelare la vita sessuale di uno studente. L’istituto aveva infatti diffuso, sul proprio albo, anche online, ma prontamente rimosso a seguito dell’istruttoria, la delibera del Consiglio di istituto relativa alla sanzione disciplinare comminata a uno studente e recante informazioni legate, in senso lato, alla vita sessuale dello stesso.

Infine, il Garante ha ricordato la risposta fornita relativamente alla possibilità, per gli alunni con una diagnosi di Dsa (Disturbi specifici dell’apprendimento), di fare uso, per fini personali, del registratore come strumento compensativo; l’Autorità ha ritenuto che nulla osti a che gli studenti con diagnosi Dsa possano utilizzare, senza l’acquisizione del consenso di soggetti terzi, gli strumenti compensativi di volta in volta previsti dalla scuola nei piani didattici personalizzati che li riguardano, compreso il registratore.

Maturità 2017: prevista spesa per le famiglie di 54 milioni di euro

da Tuttoscuola

Maturità 2017: prevista spesa per le famiglie di 54 milioni di euro

Per la maturità è prevista una spesa di 54 milioni di euro per le famiglie italiane, di cui 30 solo per le lezioni private. A seguire contributi scolastici, rinnovo attrezzature, corsi di preparazione. Questa è la stima secondo una ricerca di Skuola.net.

Secondo una ricerca svolta dal portale intervistando 8.500 studenti, il 27% dei circa 500.000 maturandi, ovvero 135.000 ragazzi, andrà a ripetizioni nei giorni a venire per preparare l’esame. La spesa media stimata pro capite è di 220 euro, per un importo complessivo che potrebbe sforare quota 30 milioni di euro. Numeri che non devono spaventare, se confrontati con la dimensione del mercato delle lezioni private in Italia, che annualmente muove un giro d’affari compreso tra il mezzo miliardo e il miliardo di euro.

Alla lista della spesa si aggiunge il contributo scolastico (sulla carta volontario) per l’iscrizione all’esame, che vale quasi 11 milioni di euro ed è richiesto al 56% dei ragazzi; i 4 milioni che il 39% è disposto a spendere per farsi aiutare nella stesura di una tesina; i 6 milioni messi in preventivo dal 33% per l’acquisto di ulteriori attrezzature (vocabolari, app, compendi, ecc.); infine 3 milioni sono stati o saranno investii dall’11% per frequentare corsi di preparazione. Sommando tutto, si arriva ad una cifra di circa 54 milioni di euro.

Costituzione, in tutte le scuole dal prossimo anno scolastico

da Tuttoscuola

Costituzione, in tutte le scuole dal prossimo anno scolastico

“Farò in modo che per il prossimo anno scolastico, arrivi dentro le scuole lo studio della Costituzione italiana. Vogliamo fornire la Costituzione a tutte le classi a partire dalla secondaria di I grado”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli a margine di un convegno sulla senatrice, Lina Merlin al Senato a 130 anni dalla sua nascita.
“Vogliamo farlo – ha aggiunto la Ministra – in concomitanza con la ricorrenza del 70esimo anniversario dall’entrata in vigore della Costituzione, che avverrà il 1 gennaio 2018. Importante sarà, non solo studiare gli articoli della Carta, ma anche le donne e gli uomini che l’hanno redatta e, soprattutto, come si è arrivati alla stesura di quegli articoli. In particolare a quelli fondamentali”.

Vaccini e DS. Un’altra ‘rogna’ in esclusiva, solo per loro

da Tuttoscuola

Vaccini e DS. Un’altra ‘rogna’ in esclusiva, solo per loro

Tuttoscuola l’aveva anticipato due settimane fa in occasione dell’aggiornamento del lungo elenco di adempimenti e di responsabilità atipiche che gravano sui dirigenti scolastici: anche la gestione dei vaccini si scaricherà sulle loro spalle.

Nel decreto legge 7 giugno 2017, n. 73 “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale” viene infatti previsto che il controllo sulle vaccinazioni obbligatorie non viene effettuato, come sarebbe stato naturale, dal Servizio sanitario, bensì dai dirigenti scolastici che, entro il 10 settembre prossimo sono tenuti  a richiedere ai genitori del minore la presentazione di idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni oppure la dichiarazione sostitutiva, fermo restando l’obbligo di presentare la documentazione ufficiale entro il 10 marzo 2018.

Fin qui il carico amministrativo peserà, in modo comunque  non indifferente, sulle segreterie delle scuole, ma, in caso di mancata presentazione della documentazione nei termini previsti, toccherà ai dirigenti scolastici vedersela con i genitori inadempienti, per scelta o per trascuratezza, e segnalarne i nominativi alle Asl di competenza.

Per i dirigenti scolastici che gestiscono anche scuole dell’infanzia la “rogna” con i genitori inadempienti sarà più pesante e delicata, in quanto l’assenza di documentazione ufficiale delle avvenute vaccinazioni comporterà l’esclusione dalla scuola del bambino non vaccinato.

Mentre sarà meno difficile escludere i bambini non vaccinati al momento della loro iscrizione (che avranno tempo fino al 10 luglio per regolarizzare), sarà più complicato e “rognoso” farlo nei confronti dei bambini già iscritti e frequentanti.

E l’esclusione dalla scuola a chi spetterà? Al dirigente scolastico!

Avviso pubblico per il potenziamento dell’educazione al patrimonio culturale, artistico, paesaggistico. Pubblicazione del Manuale Operativo di Avviso

OGGETTO: Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020. Asse I – Istruzione – Fondo Sociale
Europeo (FSE). Obiettivo Specifico 10.2 – Miglioramento delle competenze chiave degli allievi.
Azione 10.2.5 – Azioni volte allo sviluppo delle competenze trasversali con particolare attenzione a quelle volte alla diffusione della culturProt. 20603 del 14 giugno 2017a d’impresa.
Avviso pubblico per il potenziamento dell’educazione al patrimonio culturale, artistico, paesaggistico. Istituzioni scolastiche ed educative statali del primo e del secondo ciclo.
(Prot. 4427 del 02 maggio 2017) Pubblicazione del Manuale Operativo di Avviso.

Prot. 20603 del 14 giugno 2017