ATA, aumentati i posti in organico di fatto

da Orizzontescuola

ATA, aumentati i posti in organico di fatto
di redazione

In provincia di Palermo per l’anno scolastico 2018/2019 vengono istituiti in organico di fatto ulteriori 32 posti così ripartiti: 9 assistenti amministrativi, 6 assistenti tecnici, 16 collaboratori scolastici, 1 cuoco.

l’aumento è la risposta alle richieste formulate dai Dirigenti scolastici.

Nel decreto l’ufficio Scolastico ha già indicato la distribuzione dei posti per scuola. Su questi posti le scuole assegneranno supplenze fino al 30 giugno 2019.

Il decreto

Contratto scuola, i sindacati: “Sul rinnovo attendiamo risposte concrete”

da La Tecnica della Scuola

Contratto scuola, i sindacati: “Sul rinnovo attendiamo risposte concrete”
Di Redazione

Nota dei sindacati confederali sul tema del rinnovo del contratto:

“È positivo che dal vice presidente del Consiglio siano giunte rassicurazioni circa la presenza, in legge di bilancio, della copertura necessaria per consolidare l’elemento perequativo previsto nei contratti pubblici rinnovati lo scorso aprile”. Così i segretari generali di Flc CGIL, CISL FSUR e UIL Scuola RUA, riuniti per definire le linee di orientamento per il dibattito in categoria sulla piattaforma del prossimo contratto per il comparto Istruzione e Ricerca.

“Ora però ci attendiamo un’analoga rassicurazione – aggiungono Francesco Sinopoli, Maddalena Gissi e Giuseppe Turi – per quanto riguarda il rinnovo del CCNL che, come il Governo sa, scade il prossimo 31 dicembre. Per noi questo vuol dire che il negoziato si deve aprire a gennaio. Un negoziato che riguarderà il triennio 2019, 2020 e 2021, l’arco di tempo cui fa peraltro riferimento il DEF: è pertanto fondamentale conoscere l’entità delle risorse messe a disposizione. Solo così capiremo se si intende passare concretamente dalle parole ai fatti”.

“Rinnovare i contratti è un diritto dei lavoratori – concludono i tre segretari – come tale riconosciuto espressamente anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza 178/2015. Per questo, dopo aver compiuto pochi mesi fa una scelta giusta e opportuna con la firma del nuovo CCNL, ora ci apprestiamo ad aprire un’altra stagione di negoziato per proseguire il percorso di valorizzazione del lavoro nell’istruzione, nell’università e AFAM e nella ricerca”.

Sull’argomento interviene anche Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti: “Secondo i dati emersi dal rapporto Eurydice, pubblicato il 5 ottobre in occasione della Giornata Mondiale degli Insegnanti, tra il 2016 e il 2017 gli stipendi tabellari sono aumentati del 3% nella maggior parte dei Paesi europei ma non in Italia. A fine anno scadrà il contratto e non si sa quando l’Aran convocherà i sindacati per aprire le trattative per un rinnovo che si preannuncia molto povero. Per evitare che le retribuzioni degli insegnanti addirittura diminuiscano, suggeriamo a Palazzo Chigi  di destinare i fondi stanziati dalla legge 107/2015 per il bonus merito, avversato dalla stragrande maggioranza degli insegnanti, per recuperare lo scatto di anzianità del 2013. In questo modo – conclude il leader della Gilda –  nelle buste paga entrerebbero mediamente 100 euro in più. Accogliere questa proposta sarebbe un primo segnale importante di rivalutazione della professione docente”.

Pensioni scuola, riunione al Miur con Inps. Le ultime notizie

da La Tecnica della Scuola

Pensioni scuola, riunione al Miur con Inps. Le ultime notizie
Di Andrea Carlino

Il Miur e l’Inps hanno incontrato i sindacati del comparto scuola su tematiche legate ai pensionamenti.

La riunione, così come segnala la Flc Cgil in un report sul proprio sito, si è resa necessaria a fronte delle problematiche insorte nella fase del riconoscimento a diritto a pensione, dall’anno scolastico 2017/2018, per il personale della scuola.

Ci sarà invio all’Inps degli elenchi dei probabili futuri pensionandi per il disbrigo delle pratiche di competenze con tempi più distesi.

I sindacati hanno elencato le difficoltà nei pensionamenti che potrebbero già nelle prossime settimane se nella prossima Legge di Bilancio dovesse essere contemplato come criterio pensionistico la quota 100 a partire dal mese di gennaio 2019, come già reso noto da La Tecnica della Scuola.

L’Inps ha fornito i dati relativi ai pensionamenti dello scorso anno e al numero degli assegni pensionistici erogati: sono state lavorate 41766 pratiche, a fronte di 37687 certificazioni di diritto a pensione, il 31% in più rispetto allo scorso anno.

Al 4 ottobre erano stati rilasciati 32.500 assegni pensionistici, 5000 verranno erogati tra novembre e dicembre.

La Flc Cgil ha rimarcato come il mancato dialogo tra INPS e Miur si sia ripercosso sui pensionandi soprattutto delle grandi città.

Un numero sempre più alto di personale vuole accedere al pensionamento tramite il sistema del cumulo pensionistico collegato a versamenti in casse diverse o tramite la totalizzazione i tutte le tipologie dii contributi versati.

Il sistema on line per le dimissioni – ricorda ancora la Flc Cgil – riconosce solo i criteri della legge Fornero o l’opzione donna, rendendo problematico il riconoscimento al diritto a pensione.

L’altra problematica riguarda l’avvenuta certificazione da parte dell’INPS del diritto all’Ape sociale acquisito dopo il 1° settembre 2018 che potrebbe diventare inesigibile dopo la scadenza dei fondi programmata dal Governo per il 31 dicembre 2018.

L’Amministrazione si è dichiarata disponibile a rivedere il sistema informatico e ha invitato le organizzazioni sindacali ad inviare proposte, cosa che faremo nei prossimi giorni.

Nel corso della riunione si è ragionato sui tempi di pubblicazione della circolare ministeriale relativa alle dimissioni dal servizio per l’anno scolastico 2018/2109.

Il Miur, per ovviare ai disservizi dello scorso anno, vorrebbe anticiparne i tempi.

Oggi come si va in pensione?

Quindi l’idea del governo è quella di cambiare le regole che oggi sono in vigore, ovvero per la pensione di vecchiaia sono richiesti 66 anni e 7 mesi di età (più 20 anni di anzianità contributiva) che dal prossimo anno aumenteranno a 67 anni a causa dell’adeguamento con l’aumento delle aspettative di vita rilevato dall’Istat.

Per la pensione anticipata, invece, non viene indicata alcuna età anagrafica poiché è sufficiente aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (per gli uomini) o 41 anni e 10 mesi (per le donne). Anche il requisito contributivo della pensione anticipata subirà una variazione dal 1° gennaio 2019 quando per smettere di lavorare bisognerà aver maturato 43 anni e 3 mesi (uomini) o 42 anni e 3 mesi (donne).

Requisiti per andare in pensione

Il 4 aprile 2018 l’Inps ha pubblicato la circolare n.62 che fissa l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita.

Dal 1° gennaio 2019, quindi, si andrà in pensione più tardi rispetto ad oggi.

  • pensione di vecchiaia: da 66 anni a 7 mesi a 67 anni per tutti. L’anzianità contributiva richiesta sarà sempre pari a 20 anni;
  • pensione di vecchiaia contributiva: da 70 anni e 7 mesi a 71 anni di età. L’anzianità contributiva sarà sempre di 5 anni;
  • pensione anticipata contributiva: da 63 anni e 7 mesi di età a 64 anni. L’anzianità contributiva resta pari a 20 anni;
  • pensione anticipata uomini: da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 3 mesi;
  • pensione anticipata donne: da 41 anni e 10 mesi si passerà a 42 anni e 3 mesi;
  • pensione anticipata lavoratori precoci passa da 41 anni a 41 anni e 5 mesi di anzianità contributiva.

Salve le categorie usuranti

L’aumento dell’età pensionabile, però, non sarà valido per tutti. Ci sono delle categorie di lavoratori, infatti, che potranno accedere alla pensione di vecchiaia all’età di 66 anni e 7 mesi, purché però abbiano maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni (e non 20).

Si tratta dei lavoratori che per almeno metà della abbiano svolto un’attività considerata usurante, tra cui ricordiamo gli insegnanti della scuola dell’infanzia, cioè i lavoratori che lavorano nel sistema integrato 0-6.

La categorie dei lavoratori inserite tra quelle usuranti, dunque, sono:
  • operai dell’industria estrattiva,
  • operai dell’edilizia e della manutenzione degli edifici,
  • conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni,
  • conciatori di pelli e pellicce,
  • conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante,
  • conduttori di mezzi pesanti e camion,
  • personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni,
  • addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza,
  • insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido,
  • facchini e addetti allo spostamento merci,
  • personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia,
  • operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti,
  • operai agricoli,
  • marittimi, pescatori
  • operai siderurgici di seconda fusione.

Risulta indispensabile ricordare, che non basta avere svolto un lavoro usurante per ottenere la pensione anticipata, ma bisogna avere un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e avere 61 anni e 7 mesi.

Inoltre tali lavoratori devono avere almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa, compreso l’anno di maturazione dei requisiti, per le pensioni che hanno decorrenza entro il 31 dicembre 2017 e almeno la metà della vita lavorativa per le pensioni con decorrenza dall’1 gennaio 2018 in avanti.

Scacco al bullo, il concorso contro bullismo e discriminazione: scadenza 16 novembre 2018

da La Tecnica della Scuola

Scacco al bullo, il concorso contro bullismo e discriminazione: scadenza 16 novembre 2018
Di Lara La Gatta

Il MIUR, il MLPS e la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH) promuovono il Concorso “Scacco al bullo”, realizzato all’interno del progetto “SOS Bulli! Coinvolgere i ragazzi è sempre la soluzione migliore”, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Il concorso si rivolge agli studenti iscritti ad una Scuola Secondaria di II grado.

Le opere devono essere incentrate sulla consapevolezza e sul contrasto al bullismo in tutte le sue forme, a prescindere dagli ambiti in cui si manifesti (scuola, società, social, web) e di chi siano le vittime.

Il primo premio è di 1.000 euro.

Per partecipare c’è tempo fino al 16 novembre 2018.

SCARICA IL BANDO

Progetti PON, ecco la “Scrivania” per Dirigenti e Dsga

da La Tecnica della Scuola

Progetti PON, ecco la “Scrivania” per Dirigenti e Dsga
Di Lara La Gatta

Sulla piattaforma SIF2020 (Sistema Informativo Fondi) è ora disponibile un’importante mezzo di comunicazione tra scuole e Amministrazione, relativamente alla gestione dei progetti PON 2014/2020.

Si tratta della “Scrivania”, uno strumento per Dirigenti scolastici e Dsga, per avere sempre sotto controllo le attività in corso e per ricevre informazioni per lo svolgimento di tutti gli aspetti operativi da intraprendere nelle diverse fasi di avanzamento dei progetti di propria competenza.

Nella prima parte della schermata sono visualizzate due aree:

  • “Comunicazioni”: contiene gli ultimi messaggi inviati dall’AdG;
  • “Notifiche”: sono inserite le notifiche di interesse per l’istituto (ad esempio accettazione rinuncia/revoca, ecc.) generate direttamente dalla piattaforma SIF 2020.

C’è poi un’area “Scadenze” in cui visualizzare il calendario delle date importanti per l’istituto (ad esempio date relative all’inoltro e alla trasmissione dei Piani sulla piattaforma GPU ecc.).

E uno spazio “Documenti”, in cui visualizzare quanto inserito dalla scuola o generato dal sistema inerente i vari progetti (ad esempio lettere di autorizzazioni, richieste di integrazioni ecc.).

Permessi legge 104, quali sono le attività previste

da La Tecnica della Scuola

Permessi legge 104, quali sono le attività previste
Di Fabrizio De Angelis

I permessi relativi alla legge 104/92 rappresentano uno dei quesiti più frequenti che arrivano in redazione. Sul tema vale la pena ricordare l’ultima sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23891/2018.

La sentenza ha chiarito che i permessi per l’assistenza ai disabili previsti dalla Legge n. 104/1992, si legge sul sito PMIsono utilizzabili dal lavoratore che ne fa richiesta tanto per l’assistenza fisica al disabile, svolta presso la sua abitazione, quanto per svolgere attività nell’interesse del disabile.

Pertanto, è illegittimo il licenziamento del dipendente che ha usufruito del permesso per svolgere altre attività nell’interesse del disabile al di fuori dell’abitazione.

Quali attività rientrano per i permessi?

Nello specifico, vengono comprese fra queste attività tutte quelle che il disabile non può compiere in autonomia, quindi effettuare la spesa, prelevare soldi al bancomat, effettuare versamenti o altre commissioni di questo tipo.
In tali circostanze, per la Cassazione, è legittimo fruire dei permessi per l’assistenza ai disabili in quanto tutte queste attività compiute dal lavoratore sono state effettuate nell’interesse del parente disabile, in perfetta coerenza con la finalità della norma di cui alla Legge n. 104/92.

I permessi legge 104: a chi spettano?

I permessi della legge 104, non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza dello stesso parente disabile.

Il disabile, dovrà presentare all’Inps un’autodichiarazione in cui esplicitare la scelta del parente che dovrà prestare assistenza. E’ bene ricordare che il disabile potrà essere anche convivente con il lavoratore beneficiario del permesso e non avere una propria residenza.

I permessi non si decurtano dalle ferie

Ricordiamo inoltre, che è illegittimo decurtare le ferie ai beneficiari della legge 104/92, in quanto, la funzione dei permessi e con i principi indicati dalla Convenzione ONU, impongono l’interpretazione di evitare che l’incidenza sull’ammontare della retribuzione possa portare ad una riduzione dello stipendio dei dipendenti che assistono i disabili, tale da disincentivare l’utilizzazione del permesso stesso.

Su questo tema di era espressa ancora la Corte di Cassazione, che è intervenuta sul caso di un lavoratore al quale erano stati decurtati due giorni di ferie annuali in conseguenza del godimento dei permessi concessi ex art. 33 della legge n. 104 del 1992 per assistere un familiare con disabilità grave.

Il medico in classe per la prevenzione

da La Tecnica della Scuola

Il medico in classe per la prevenzione
Di Pasquale Almirante

PreSa – Prevenzione e Salute- con il quale collaborano diverse società scientifiche e associazioni di pazienti, lancia un appello alla ministra della Salute, Giulia Grillo, e a quello per l’Istruzione, Marco Bussetti, affinché venga introdotta la figura del medico in classe, coinvolgendo gli specializzandi in Medicina e Chirurgia, per insegnare ai ragazzi a prendersi cura di loro stessi ed educarli alla prevenzione, favorendo stili di vita e comportamenti sani.

senza oneri aggiuntivi per la scuola

Un’idea che non comporterebbe oneri aggiuntivi dal punto di vista economico, ma che può portare benefici importanti, dal momento che sarebbero coinvolti in questo ‘servizio alla comunità’ i medici specializzandi delle università italiane, che potrebbero dedicare una piccola parte del loro percorso formativo alla promozione di corretti stili di vita e adeguate misure di prevenzione nelle scuole italiane. Costoro dunque non graverebbero sulle casse dello Stato dal momento che gli specializzandi sono già titolari di una borsa di studio.

Modello inglese nella prevenzione

I promotori sostengono che bisogna guardare al modello inglese e alla medicina preventiva verso i ragazzini in età scolare e i preadolescenti.

Maturità 2019: l’esame piace agli studenti

da Tuttoscuola

Maturità 2019: l’esame piace agli studenti 

Gli studenti promuovono a pieni voti la nuova maturità. Il Miur ha appena emanato la circolare con le prime indicazioni operative sull’esame di Stato 2019. Rimane confermato l’impianto stabilito dal decreto 62/2017 – costola della ‘Buona Scuola’ – con il sistema dei punteggi che dà maggior peso al rendimento scolastico e la riduzione delle prove scritte. Unica grande novità: l’eliminazione dei test Invalsi e dell’alternanza scuola lavoro come requisito d’accesso all’esame finale. Gli interventi più consistenti, per ora, riguardano la prima prova: non più quattro tipologie di svolgimento ma solo tre, cancellato il tema storico, riformato il saggio breve, raddoppiate le tracce d’attualità e l’analisi del testo. Ma come avranno preso la notizia i diretti interessati? Skuola.net ha voluto sondare i loro umori a poche ore dalla pubblicazione della circolare, intervistando circa mille maturandi.  Nel complesso, pollice in su per il 34%: per loro è meglio della precedente. L’11%, al contrario, dice che è peggio questa maturità. Per il 22% sono ugualmente difficili.

L’aspetto che convince di più i ragazzi che si dovranno cimentare con la maturità 2019 è la riduzione delle prove scritte (con l’addio alla terza prova). Oltre 2 maturandi su 3 hanno apprezzato tale scelta, soprattutto perché con la nuova articolazione degli scritti potranno dedicare più ore della loro preparazione alla seconda prova, quella d’indirizzo, la più ostica. Solo il 14% avrebbe invece preferito cimentarsi con il terzo scritto, immaginando che gli avrebbe alzato il punteggio.

Approvate anche le modifiche alla prima prova. In particolare, ai maturandi piace la doppia chance per il tema di ordine generale (quello comunemente chiamato d’attualità): un’ottima boa a cui aggrapparsi nel caso in cui le tracce più specifiche inneschino il ‘blocco dello scrittore’. La pensa così il 61% di loro. Mentre il 23% avrebbe volentieri barattato le due tracce d’attualità con il mantenimento delle quattro tracce di saggio breve. Che invece si riducono a tre (con alcuni cambiamenti nella struttura). Il 68% dei ragazzi, infatti, ha votato a favore della vecchia tipologia B, con i quattro ambiti diversi.

Ma c’è anche un altro raddoppio, quello dell’analisi del testo. Il fatto di avere due autori diversi dà coraggio ai maturandi (il 72% applaude la scelta), basta però che non siano degli ‘sconosciuti’: 6 su 10 tra i favorevoli mettono proprio questa nota a margine. Un giudizio, infine, sull’addio al tema storico: ogni anno è la tipologia meno scelta, eppure il 37% degli intervistati l’avrebbe voluta anche alla maturità 2019. In ogni caso, i più non si strapperanno i capelli: il 44% non l’avrebbe svolta a prescindere, troppo difficile.

Ma nella circolare ministeriale c’è anche la conferma del nuovo sistema dei punteggi: 20 crediti per ogni prova dell’esame (due scritti più il colloquio orale) e ben 40 punti attribuiti al curriculum scolastico dello studente, basato sui voti dell’ultimo triennio delle superiori. Un fatto che non preoccupa più di tanto i maturandi: il 46% dice che si presenterà con una media voti di tutto rispetto. Ma una buona fetta (40%) è già in allarme: visto il rendimento altalenante, avrebbe voluto giocarsi più punti nelle prove di giugno. Per il 14%, invece, la cosa è indifferente.

Per concludere, inevitabile un’opinione sull’alternanza scuola lavoro che non è più requisito per l’accesso all’esame. Stando a quanto ci dicono i ragazzi, il Miur ha fatto bene: il 47% tira un sospiro di sollievo, perché il suo è stato un tirocinio deludente. Ma il 38% storce la bocca: si era impegnato così tanto durante l’alternanza che ora pensa di aver perso il suo tempo.

Concorso DS: se il TAR è troppo creativo di fronte ai ricorsi

da Tuttoscuola

Concorso DS: se il TAR è troppo creativo di fronte ai ricorsi

Oggi, 9 ottobre, i candidati ammessi per merito alla prova scritta del concorso DS sperano che il TAR Lazio, come ha detto la segretaria della Cisl-scuola, Maddalena Gissi, non sia ‘creativo’ nell’esaminare i ricorsi di quel migliaio di candidati che chiedono di accedere allo scritto, pur non essendo rientrati nel numero di 8.700 fissato con inequivocabile precisione dal bando.

La temuta creatività potrebbe consistere nella possibilità che i giudici amministrativi, ignorando il preciso vincolo del bando, trovino il fumus boni iuris, cioè una parvenza di buon diritto, derivante, ad esempio, dal danno di esclusione.

Non ce ne vogliano i candidati ricorrenti (tra i quali ve ne sono probabilmente alcuni preparati, traditi dall’ansia e dalla tensione nella prova di preselezione), ma una loro ammissione con riserva suonerebbe come atto di messa in discussione, ancora una volta, dello stato di diritto.

Da anni per i concorsi nella scuola, più che in altri settori della pubblica amministrazione, assistiamo impotenti al fenomeno, ormai diventato strutturale, dei ricorsi contro qualsiasi graduatoria. La lobby di agguerriti studi legali (a volte collegati a sindacati del settore) punta sul fatto, ormai collaudato, che i Tar concedono facilmente ordinanze di ammissione con riserva alle successive prove da cui i candidati sono stati esclusi, contando sul fatto che, in attesa della sentenza di merito, la riserva produce comunque effetti che si consolidano nel tempo.

Effetti difficili da scalzare e che, la storia parlamentare purtroppo insegna, finiscono per produrre sanatorie a favore di chi era stato inserito senza piena legittimazione. Forse proprio su questo punta chi ricorre, sapendo che, prima o poi, la riserva l’avrà vinta sul buon diritto.

In questo modo, a causa della lentezza della giustizia e della vischiosità della burocrazia, vengono spesso mortificati, oltre alla norma, anche i diritti degli altri candidati.

La recente questione dei diplomati magistrali insegna.

Cari giudici amministrativi, abbiate un sussulto di convinta legalità e non di mortificante e compiacente creatività!