Educazione civica: il costo dell’unanimità

da Tuttoscuola

Il voto pressoché unanime (3 astenuti) con il quale la Camera ha approvato la proposta di legge che ridefinisce (più che “reintrodurre”, come hanno frettolosamente scritto alcuni giornali) l’educazione civica nei curricoli della scuola italiana ha ricevuto l’attenzione dei media più per ciò che ha tolto dall’ordinamento (il Regio Decreto del 1928 riguardante le “punizioni per i fanciulli” indisciplinati delle scuole elementari) che per ciò che ha aggiunto: un impressionante elenco di contenuti e obiettivi dei quali la materia-non materia – o “insegnamento trasversale”, come lo definisce la legge – dovrà (dovrebbe) farsi carico.

Così, accanto alla conoscenza della Costituzione, il testo approvato cita già all’art. 1 quella delle “istituzioni dell’Unione europea” e “la condivisione e la promozione dei princìpi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale, diritto alla salute e al benessere della persona”. L’art. 2 parla poi di “conoscenza e comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civici e ambientali della società”. L’art. 3 aggiunge la “storia della bandiera e dell’inno nazionale”, “l’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile”, e poi, in successione incalzante, “l’educazione alla cittadinanza digitale”, “elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro”, “educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari”, “educazione alla legalità e al contrasto delle mafie,  educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni, formazione di base in materia di protezione civile”. Non basta: “sono altresì promosse l’educazione stradale, l’educazione alla salute e al benessere, l’educazione al volontariato e alla cittadinanza attiva”.

Il tutto (ma l’elenco è incompleto…) in 33 ore annuali non aggiuntive e “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Così sono tutti soddisfatti: i partiti perché ciascuno di essi si può riconoscere in qualcuno dei contenuti di questa legge omnibus e anche il ministro dell’economia, perché la legge non comporta costi aggiuntivi. Ma l’unanimità, raggiunta in un Parlamento e con un governo divisi su tutto, un suo costo ce l’ha: quello di rendere questo insegnamento nello stesso tempo straripante e impalpabile. Un ulteriore problema per le scuole e gli insegnanti che se ne dovranno occupare.

Il sindaco di Firenze Dario Nardella, nel ricordare che “il sostegno dei sindaci e dell’Anci al disegno di legge del testo unificato di educazione civica è stato fondamentale”, ha toccato un punto chiave: “Mi auguro che questa proposta di legge non sia a costo zero anche perché si tratta di prevedere un piano specifico di formazione professionale dei docenti per materie nuove come l’educazione ambientale, l’educazione digitale ed eventuali ore aggiuntive nel curriculum scolastico”.

Preoccupazione condivisa dal presidente dell’Andis Marotta che, nel dichiarare la soddisfazione dell’Associazione “in quanto il testo licenziato dalla Commissione Cultura recepisce molti nostri suggerimenti”, si augura che con il passaggio al Senato “si possa migliorare ulteriormente la legge, prevedendo specifiche risorse per la formazione dei docenti e per la nuova figura del coordinatore”.

Corresponsabilità per arginare l’irresponsabilità: basterà?

da Tuttoscuola

La proposta di legge sull’Educazione civica approvata dalla Camera la scorsa settimana (3 maggio, ora passa all’esame del Senato) ha esteso alla scuola primaria il ‘Patto di corresponsabilità educativa’ già in vigore nella scuola secondaria, sopprimendo contestualmente le norme del Regio Decreto del 1928 che prevedevano l’irrogazione di una gamma di punizioni, fino all’espulsione dalla scuola, a prescindere da ogni forma di coinvolgimento dei genitori (che dovevano solo essere informati per iscritto in caso di sospensione dalla frequenza).

Non si tratta di una novità assoluta perché le norme del 1928 erano di fatto disapplicate da decenni e l’estensione del Patto alla primaria era stata proposta dal Forum delle associazioni dei genitori (Fonags) già nella scorsa legislatura, ricevendo la piena disponibilità dell’allora ministra Valeria Fedeli. Ma il caso ha voluto che in coincidenza con l’approvazione della legge che ha soppresso le vecchie norme si verificasse l’ennesima aggressione di un genitore (nella fattispecie una mamma) alla vicepreside di un istituto professionale di Lodi, secondo lei responsabile ratione officii(non faceva parte neanche del Consiglio di classe) della sospensione per 15 giorni della figlia diciassettenne, peraltro pluriripetente.

In effetti il ‘Patto di corresponsabilità educativa’ non esclude che possano essere decise sanzioni nei confronti degli alunni, ma solo alla fine di un percorso di confronto e condivisione con le famiglie. Ma che cosa fare quando la famiglia è assente e non vuole assumere alcuna (cor)responsabilità?

Il ministro dell’istruzione Marco Bussetti, commentando l’accaduto, ha parlato di un “fatto gravissimo” (e in settimana farà visita ai vertici dell’Istituto Einaudi di Lodi), mentre il vicepremier Matteo Salvini ha auspicato “l’arresto immediato” per la madre dell’alunna.

Insomma la punizione (penale) del genitore in aggiunta a quella (scolastica) della figlia. Misure che si collocano entrambe, in modo diverso, al di fuori di ogni logica di condivisione e corresponsabilità educativa. E che non si pongono il problema del recupero sociale di entrambe, mamma e figlia. È come rassegnarsi all’idea che per una minoranza di ragazzi (e di genitori) non ci sia altro destino che l’emarginazione o la galera. Noi non ci rassegniamo, ma occorre essere consapevoli che per vincere la battaglia dell’inclusione di queste minoranze servono una lucida determinazione e robuste dosi di coraggio e di pazienza.