Mese dell’educazione finanziaria

Dall’1 al 31 ottobre in tutta Italia si svolge la seconda edizione del Mese dell’educazione finanziaria.


Numeri da record per la seconda edizione del Mese dell’Educazione Finanziaria

Il secondo appuntamento si chiude con 602 eventi (+72%) e 18mila fan su Facebook

La seconda edizione del “Mese dell’Educazione Finanziaria”, organizzato dall’1 al 31 Ottobre dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, si chiude con numeri da record: 602 appuntamenti all’attivo e la partecipazione di tutte le Regioni d’Italia. Un risultato notevole, che testimonia il crescente interesse sia da parte dei cittadini che dei tanti soggetti, pubblici e privati, che quest’anno hanno organizzato eventi per contribuire a far crescere e diffondere l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale nel nostro Paese.

Il ‘Mese’ – che ha visto il debutto della prima Giornata Nazionale sull’Educazione Assicurativa, il 9 ottobre, e che diventerà un appuntamento fisso dei prossimi anni – si chiuderà oggi, in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio.
Nel dettaglio, il calendario 2019 del ‘Mese’ ha fatto registrare ben 252 appuntamenti in più rispetto ai 350 dello scorso anno (+72%), organizzati in tutte le Regioni d’Italia, anche se Lombardia (143), Lazio (89) e Veneto (42) da sole hanno fatto registrare quasi la metà degli eventi.

La gran parte degli appuntamenti ha riguardato l’educazione finanziaria (510), seguita da quella previdenziale (64) e assicurativa (28).
Tante le modalità con cui si è fatta informazione: incontri, workshop, seminari, lezioni, ma anche giochi, quiz, cacce al tesoro, cineforum, rappresentazioni teatrali. E tante sono state anche le categorie coinvolte. Il maggior numero di eventi è stato pensato per gli studenti delle Scuole secondarie di primo e secondo grado e delle Università (310), seguiti dagli adulti (120). Non sono mancati però appuntamenti rivolti alle famiglie, ai professionisti ed alle imprese, ai bambini, alle donne e ai migranti.
Il successo dell’edizione 2019 del Mese dell’educazione finanziaria si misura, quest’anno, anche sulla base della partecipazione e del coinvolgimento dei cittadini attraverso le campagne informative messe in campo sui media tradizionali e sui social network. La neonata pagina Facebook del Comitato – a poche settimane dal debutto – conta oltre 18.000 nuovi fan; ottimi risultati arrivano anche dal canale YouTube del Comitato.

“Voglio ringraziare tutte le persone che hanno lavorato in queste settimane per organizzare ogni singolo appuntamento del calendario 2019 del Mese dell’educazione finanziaria. Insieme – dice Annamaria Lusardi, direttore del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria – abbiamo trasformato l’Italia in un grande laboratorio, pieno di eventi creativi e innovativi. Insieme – continua – abbiamo raggiunto ogni angolo del Paese con tantissimi eventi, soprattutto per i giovani. Ora dobbiamo fare tesoro del lavoro fatto, delle esperienze sui territori, dei bisogni dei cittadini”.

Il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria ha il compito di programmare e promuovere iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria per migliorare in modo misurabile le competenze dei cittadini italiani in materia di risparmio, investimenti, previdenza, assicurazione.
Il Comitato è composto da undici membri ed è presieduto da un direttore, nominato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze d’intesa con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, tra personalità con comprovate competenze ed esperienza nel settore. La partecipazione al Comitato non dà titolo ad alcun emolumento o compenso o gettone di presenza. 
Il Comitato opera attraverso riunioni periodiche collegiali e il lavoro di specifici gruppi cui possono partecipare accademici ed esperti nella materia. 
Sul sito www.quellocheconta.gov.itsi possono trovare ulteriori informazioni, articoli e comunicati stampa relativi all’attività del Comitato, mentre testimonianze video e foto sono disponibili sul canale Youtube e sui profili Facebook ITAedufinTwitter@ITAedufin eInstagram @itaedufin.


Dall’1 al 31 Ottobre saranno circa 500 gli appuntamenti che si svolgeranno in tutte le regioni d’Italia in occasione del Mese dell’educazione finanziaria. Il calendario ufficiale della manifestazione è stato presentato oggi al Piccolo Teatro di Milano, dove questa sera sarà messa in scena una lezione-spettacolo per gli studenti delle Scuole secondarie di II grado.

L’incremento delle adesioni di circa il 50% e la varietà delle proposte presentate per questa seconda edizione confermano il successo dell’iniziativa.

Il Mese dell’educazione finanziaria, promosso dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria (Comitato Edufin) diretto dalla Professoressa Annamaria Lusardi, prevede seminari, lezioni, giochi, laboratori e spettacoli gratuiti. L’obiettivo è offrire occasioni per informarsi, discutere e capire come gestire e programmare le risorse finanziarie personali e familiari, approfondendo i temi del risparmio, degli investimenti, delle assicurazioni e della previdenza.
Il Mese si aprirà con la “World Investor Week”, vedrà il debutto della prima Giornata Nazionale sull’Educazione Assicurativa il 9 ottobre e si chiuderà il 31 con la Giornata Mondiale del Risparmio. 

Una novità è data dalla presenza di numerosi appuntamenti dedicati alla previdenza, promossi soprattutto dalle Casse degli ordini professionali e dai fondi pensione.

“Sul tema previdenziale occorre molta informazione – spiega la Professoressa Lusardi -. Ci sono decisioni importanti da prendere da giovani per assicurarsi un futuro sereno al termine della propria vita professionale. Il Comitato, per l’edizione 2019, ha deciso di puntare sui giovani perché sono loro l’investimento per il nostro futuro, anche se il Mese si rivolge a tutti: dai bambini alle donne, dalle famiglie ai piccoli imprenditori, fino alla terza età. Quest’anno partiamo da Milano, la città della finanza in Italia, e abbiamo scelto un Teatro storico e straordinario come il Piccolo. Sperimentiamo insieme come si possa parlare di finanza in modo semplice ed anche divertente con uno spettacolo destinato agli studenti che incrocia i linguaggi del teatro e del cinema”.

A dare vita al calendario 2019, consultabile all’indirizzo  http://www.quellocheconta.gov.it/calendario2019, sono istituzioni, fondazioni, associazioni dei consumatori, organizzazioni anti-usura e no-profit, scuole, università, aziende, ordini e associazioni professionali, rappresentanti del mondo bancario, assicurativo e previdenziale.#Ottobreedufin2019 è ancora più social, sarà possibile infatti informarsi su tutti gli eventi pubblici del calendario del Mese dell’educazione finanziaria 2019 anche attraverso la pagina Facebook  @ITAedufin che, a una settimana dal debutto, ha già superato i 6.000 like. Uno strumento in più per venire a contatto e dialogare con i cittadini, che si è aggiunto al portale www.quellocheconta.gov.it, al canale YouTube e agli account Twitter @ITAedufin e Instagram @itaedufin. Basta scorrere il calendario per scegliere l’evento che piace di più e partecipare.

Avviso 31 ottobre 2019, AOODGSIP 4832

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione

SCUOLE AMMESSE AL PROGETTO “A SCUOLA DI OPENCOESIONE” a.s. 2019-2020

Nota 31 ottobre 2019, AOODGOSV 22381

Oggetto: Istruzione degli adulti e apprendimento permanente – Valutazione e certificazione nei percorsi di istruzione degli Adulti – Disposizioni a carattere transitorio per l’a.s. 2019/2020

Incontro dirigenti

Incontro dirigenti

Roma, 30 ott – “Questa mattina ho incontrato, con la collega di commissione Cultura Vittoria Casa, una delegazione dei dirigenti scolastici scesi in piazza per chiedere la modifica del D.Lgs. 81/2008 che definisce la loro responsabilità in materia di sicurezza scolastica e sollecitare la messa in sicurezza dei nostri edifici scolastici. Ho ribadito alla delegazione che il tema è una mia priorità fin dal primo giorno di legislatura, perché non si può avere qualità dell’istruzione se prima non si garantisce agli studenti e a tutti gli operatori del settore scolastico la vivibilità e la sicurezza degli spazi”. Lo dichiara la portavoce del Movimento 5 Stelle in commissione Cultura, Scienza e Istruzione alla Camera, Virginia Villani, già dirigente scolastica. “In Italia 22.000 scuole su 42.000 sono state costruite prima del 1970 con criteri non antisismici e sono prive delle necessarie certificazioni. Il 59% degli istituti non ha il certificato di prevenzione degli incendi. Consapevole di questa problematica, ho subito presentato una proposta di modifica del D. lgs. 81/2008, per definire una volta per tutte di chi siano le responsabilità in merito alla sicurezza degli edifici scolastici” riprende Villani. “La sicurezza è un problema prioritario per il MoVimento 5 Stelle e per il nostro Governo e la tematica abbraccia la delicata questione della responsabilità, civile e penale dei dirigenti scolastici. Con la normativa vigente attualmente, le loro responsabilità dipendono dal potere decisionale e di spesa di altri soggetti come Comuni, Province, Regioni, privati e Stato centrale. Sono questi, per legge, i veri “proprietari” degli edifici scolastici e quindi responsabili, in pieno, dal punto di vista civile e penale, delle loro omissioni. Perché in caso di incidenti o problemi la responsabilità ricade invece sui dirigenti scolastici? Per mettere fine a questa stortura, insieme colleghi in commissione Cultura abbiamo presentato una proposta di legge sulla sicurezza nelle scuole e, contestualmente, la proposta di modifica del D.Lgs. 81/2008, così da definire gli obblighi di sicurezza e le responsabilità dei proprietari, circoscrivendo il ruolo dei Dirigenti Scolastici: una norma quindi, che garantirà al personale e ai bambini scuole sicure e al tempo stesso assicurerà una migliore ripartizione delle responsabilità tra Dirigenti scolastici ed enti proprietari” conclude la deputata del MoVimento 5 Stelle. 

ISTITUTI PROFESSIONALI

ISTITUTI PROFESSIONALI, GILDA: DOCENTI COSTRETTI A LAVORO GRATUITO

Il nuovo assetto organizzativo e didattico degli istituti superiori professionali individua ulteriori incarichi per i docenti tutor senza prevedere per queste figure alcuna formazione e caricando su di loro lavoro aggiuntivo non retribuito. La Gilda degli Insegnanti dice no all’ennesima riforma in ambito scolastico improntata all’improvvisazione, che svilisce la professionalità dei docenti, all’aumento della burocratizzazione e dei carichi di lavoro. 
“Dopo un iter legislativo lungo e spesso confuso – spiega la Gilda – negli istituti superiori a indirizzo professionale è stato introdotto il PFI, ovvero il Progetto Formativo Individuale, che si aggiunge ai PEI e a i PDP, strumenti già numerosi nella realtà di questi istituti. La revisione dei percorsi di istruzione professionale prevede, inoltre, la ridefinizione dei quadri orari, in un’ottica che predilige maggiormente le attività di laboratorio, e la didattica per competenze scandita in Unità di Apprendimento (UdA). Tutte innovazioni che relegano il lavoro degli insegnanti ad atti formali e non sostanziali e che spingono la scuola verso una burocratizzazione sempre più asfissiante”.
“Non stiamo chiudendo la porta a nuove metodologie, a una nuova didattica o a nuovi strumenti in grado di abbattere discriminazioni ed emarginazioni – sottolinea la Gilda – ma chiediamo al Miur di riconoscere e valorizzare l’impegno professionale, stanziando risorse aggiuntive per retribuire i docenti tutor sulle cui spalle grava una mole di lavoro perlopiù impiegatizio, fatto di inutili scartoffie da compilare che sottraggono tempo prezioso alle attività didattiche e, quindi, alla formazione concreta degli studenti”.
“In alternativa – propone la Gilda – si potrebbe aumentare l’organico degli istituti professionali, così da permettere ai tutor di avere ore a disposizione da dedicare alla personalizzazione dell’insegnamento”.  
“Senza questi interventi, da mettere in campo in breve tempo, – conclude il sindacato – la riforma rischia di fallire”.

Ecco il nuovo dl salvaprecari

da ItaliaOggi

Marco Nobilio e Alessandra Ricciardi

Salvaprecari alla firma del capo dello stato. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, il dl sarà firmato al massimo oggi per essere poi pubblicato in G.U.. Nel testo due le novità: restano fuori dal concorso i Dsga privi del titolo della laurea e la selezione riservata per i precari triennalisti delle scuole statali sarà aperta anche ai docenti delle paritarie, ma ai soli fini dell’abilitazione.

Il consiglio dei ministri aveva approvato il decreto-legge che introduce misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti il 10 ottobre scorso. A rallentare l’iter di pubblicazione la mancata firma del dl da parte del presidente della repubblica, Sergio Mattarella. Secondo rumors parlamentari, il Quirinale avrebbe sollevato perplessità agli uffici di viale Trastevere circa la mancata previsione del riconoscimento del servizio prestato nelle scuole private paritarie ai fini della maturazione del requisito dei tre anni di insegnamento necessari per partecipare al concorso riservato. Che stava suscitando forti polemiche da parte delle associazioni di categoria. Anche perché nel frattempo non vedeva la luce neppure il disegno di legge sul reclutamento che avrebbe dovuto consentire ai docenti delle paritarie di mettersi in pista abilitandosi e di sperare di accedere poi al reclutamento nella scuola statale.

Poi il dossier direttori dei servizi amministrativi. Il timore era che i facenti funzione potessero scavalcare i vincitori del concorso ordinario: in verità, evidenziano i sindacati, sarebbero stati collocati in coda alla graduatoria del concorso ordinario, come risultava dall’intesa Miur-Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda firmata il 1° ottobre scorso. Ma per consentire al dl di vedere al luce, alla fine il Miur ha deciso di escludere coloro che sono privi del titolo di laurea: una soluzione che è stata fortemente avversata dalle sigle sindacali.

Tornando all’affaire paritarie, il servizio prestato dai precari è considerato valutabile sia ai fini delle graduatorie a esaurimento che delle graduatorie di istituto. E nella stesura del decreto varato alla vigilia della caduta del governo Conte 1 l’insegnamento nelle paritarie veniva comunque considerato valido anche ai fini del concorso straordinario.

Il decreto salvaprecari del Conte 1, peraltro, prevedeva tra l’altro anche i cosiddetti Pas. Vale a dire, dei percorsi abilitanti speciali finalizzati all’acquisizione dell’abilitazione. E nella relazione introduttiva del provvedimento si faceva espresso riferimento alla necessità di allargare il più possibile la platea degli aventi titolo a conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Da una parte per consentire ai diretti interessati di passare dalla III fascia alla II fascia delle graduatorie di istituto e, dall’altra parte, per consentire l’apertura di nuove scuole private paritarie. La legge 62/2000, infatti, prevede come requisito per il riconoscimento della parità che il personale docente risulti fornito del titolo di abilitazione.

Lo stop del governo Conte 2 all’accesso al concorso riservato per i precari non statali e il rinvio a un provvedimento legislativo ordinario dell’istituzione di percorsi abilitanti – ddl su cui tra l’altro finora non erano arrivate proposte dal ministero dell’istruzione – sono stati una doccia gelata per la categoria. Il ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti ha dovuto mediare rispetto alle richieste dell’ala più intransigente del Movimento5stelle e si è arrivati al compromesso dell’accesso al concorso anche se solo ai fini abilitativi.

Ora l’imminente pubblicazione del dl, in un testo però diverso da quello approvato, secondo quanto risulta alla stampa, al consiglio dei ministri.

Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura del Senato, e responsabile scuola della Lega, promette battaglia con una relazione e una decina di emendamenti già pronti. Quando ovviamente il decreto sarà parlamentarizzato.

Precari triennalisti delle private, Italia sotto procedura di infrazione

da ItaliaOggi

Carlo Forte

L’Unione europea sbarra la strada ai docenti precari delle scuole paritarie. Uno dei motivi per cui il servizio di insegnamento nelle paritarie non è stato riconosciuto ai fini della partecipazione del concorso straordinario, di cui al dl Salvaprecari, è proprio quello di tamponare il rischio incombente di ingenerare un nuovo contenzioso seriale da abuso di reiterazione di contratti a termine. Abuso che riguarda solo i docenti precari delle scuole statali. E che deriva dalla pendenza di una nuova procedura di infrazione proprio su questa questione. Di qui la necessità di intervenire tempestivamente per sanare la questione, riservando ai precari triennalisti statali i 24 mila posti da destinare alle assunzioni che, se condivisi con i circa 20 mila docenti delle scuole paritarie, potrebbero non essere sufficienti per scongiurare le sanzioni dell’Unione europea.

Il 25 luglio scorso, infatti, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia sollecitando il nostro paese a prevenire l’abuso dei contratti a tempo determinato e ad evitare le condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico (decisione n. 20144231 del 25.07.2019). La questione riguarda la scuola statale in riferimento alla sola reiterazione oltre i 36 mesi delle supplenze annuali (fino al 31 agosto) e per il mancato riconoscimento degli scatti di anzianità ai precari. E va affrontata tempestivamente, da una parte per evitare sanzioni da parte dell’Europa e dall’altra parte per evitare di dare nuovo slancio ai ricorsi in materia.

Negli ultimi anni, infatti, l’abuso dei contratti a termine oltre i 36 mesi è stato oggetto di un contenzioso seriale che è stato già definito dalle magistrature superiori, compresa la Corte di giustizia europea. La Cassazione il 7 novembre del 2016, con le sentenze 22252,22253,22254 e 22257, aveva dichiarato che la reiterazione dei contratti prevista dal nostro ordinamento era da considerarsi legittima.

La Suprema corte aveva ricostruito tutto l’iter legislativo in materia di assunzioni a tempo determinato nella scuola. E aveva recepito la giurisprudenza della Corte di giustizia europea e della Corte costituzionale, confermando il proprio orientamento sul divieto di stabilizzazione automatica dei precari della scuola. In più, aveva spiegato in quali casi fosse dovuto il risarcimento del danno da abuso di contratti a termine, fissando l’entità del relativo importo da un minimo di 2,5 mensilità di retribuzione a un massimo di 12, fatte salve le maggiorazioni da 10 a 14 mensilità per i precari che vantassero un’anzianità di servizio superiore, rispettivamente, ai 10 e ai 20 anni di servizio.

In ogni caso, sempre secondo la Suprema corte, sono da considerarsi legittime anche le reiterazioni dei contratti di supplenza su posti e cattedre di organico di diritto se effettuate prima del 10 luglio 2001. Termine previsto dall’articolo 2 della direttiva della comunità europea 1999/70/CE per l’adozione da parte degli stati membri delle misure per conformarsi alle disposizioni in essa contenute per porre fine all’abuso di contratti a termine. Nondimeno, anche in presenza di abuso di contratti a termine, se nel frattempo gli interessati fossero stati assunti a tempo indeterminato, la stabilizzazione avrebbe cancellato definitivamente il diritto al risarcimento del danno. Di qui la necessità di procedere celermente alle assunzioni a tempo indeterminato dei precari triennalisti statali. Perché la questione pendente davanti alla Commissione riguarda solo questa tipologia di insegnanti e non quelli delle scuole private paritarie.

Merito e alternanza, si contratta

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

È antisindacale la condotta del dirigente scolastico che omette di stipulare il contratto integrativo di istituto e procede unilateralmente ad assegnare ai docenti i fondi del bonus merito e dell’alternanza scuola lavoro. Lo ha stabilito la sezione lavoro del Tribunale di Velletri con un decreto pubblicato il 20 ottobre scorso (18144/2019). Il provvedimento è un vero e proprio vademecum utilizzabile dai dirigenti scolastici ai fini del corretto svolgimento delle relazioni sindacali. Perché reca tutta la normativa di riferimento e recepisce la giurisprudenza delle magistrature superiori. I fatti si erano svolti in un istituto superiore. Dove il dirigente scolastico aveva omesso di consegnare ai sindacati «tutta la documentazione necessaria per consentire una partecipazione consapevole a tutto tondo (cd attività di informazione)». Ed aveva rifiutato di sottoporre alla contrattazione il «bonus docenti» e «l’alternanza scuola/lavoro». Affermando che se ne sarebbe assunto ogni responsabilità in un futuro atto unilaterale. In pratica il dirigente aveva deciso di precludere la sottoscrizione del contratto di istituto in queste materie e di assegnare le relative risorse con un atto unilaterale. Cosa che poi è realmente avvenuta. Di qui l’esperimento dell’azione giudiziale da parte delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto di lavoro, Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams. Che si concludeva con la declaratoria di condotta antisindacale nei confronti del dirigente scolastico e nella condanna di quest’ultimo ad «effettuare la convocazione della delegazione sindacale in data concordata tra le parti per esperire la trattativa sulla proposta di contratto integrativo di istituto e di affiggere il presente decreto, per 30 giorni, nell’albo dell’istituto».Il giudice ha motivato la sentenza adducendo un’approfondita disamina della normativa di settore e citando la giurisprudenza della Cassazione e del Consiglio di stato. In primo luogo il giudice ha censurato la decisione del dirigente di procedere con atto unilaterale, spiegando che tale strumento, previsto dall’articolo 40 del decreto legislativo 165/2001, può essere utilizzato «solo qualora sussistono i seguenti presupposti: a) mancata conclusione dell’accordo; b) pregiudizio per la funzionalità dell’amministrazione stessa direttamente connesso al protrarsi delle trattative; c) rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell’adozione dell’atto medesimo». E nel caso specifico ricorreva solo l’elemento del mancato raggiungimento dell’accordo. Che non era stato stipulato a causa dell’alto tasso di conflittualità tra le parti dovuto essenzialmente alla condotta del dirigente che era risultata non conforme ai principi di correttezza e buona fede. Il preside, infatti, non solo aveva omesso volontariamente di fornire alla delegazione sindacale l’informazione sindacale, ma aveva anche rifiutato espressamente di contrattare le materie riguardanti il bonus docenti e l’alternanza scuola lavoro. Sulla questione dell’informazione sindacale, il giudice, citando la giurisprudenza del Consiglio di stato (n. 4417/2018) ha accertato l’illegittimità della condotta omissiva del preside. Che avrebbe dovuto «dare informativa sugli emolumenti percepiti dal personale a titolo di salario accessorio dell’anno scolastico 2017/2018». E invece si era rifiutato di farlo adducendo necessità collegate al rispetto della privacy. A questo proposito, il giudice ha ricordato che le organizzazioni sindacali hanno diritto «a conoscere, acquisendone la copia» si legge nel decreto «tutti i documenti (e le informazioni in esso contenute) delle procedure di formazione, accesso, ripartizione e distribuzione delle somme contenute nel fondo, senza necessità di alcuna riduzione della massa documentale o di informazioni contenute in ciascun documento, trattandosi di un accesso partecipativo e non solo conoscitivo al fine di consentire una concreta ed effettiva verifica dell’attuazione della contrattazione collettiva integrativa d’istituto sull’utilizzo delle risorse». Perché in caso contrario si svilirebbe il ruolo di controllore della gestione del fondo di istituto attribuito dal contratto all’organizzazione sindacale. Ed ha ammonito il dirigente scolastico affermando che «la norma che facoltizza il datore di lavoro pubblico ad adottare l’atto unilaterale non può costituire un espediente per sottrarsi al confronto sindacale». Il giudice monocratico, infine, ha accertato che «la condotta tenuta dal dirigente scolastico risulta gravemente lesiva del prestigio e dell’effettività dell’azione delle organizzazioni ricorrenti» recita il provvedimento «all’evidenza private delle loro primarie prerogative di rappresentatività in una fase particolarmente delicata qual è la stipula del contratto integrativo aziendale, che investe in modo significativo i rapporti individuali di lavoro». Di qui la declaratoria di antisindacalità della condotta e la condanna del dirigente scolastico.

Concorso straordinario secondaria: 24.000 posti ai precari della statale per evitare infrazione UE e risarcimenti

da Orizzontescuola

di redazione

Il concorso straordinario per i docenti della scuola secondaria, presentato nel decreto scuola approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 ottobre, sta suscitando non poche difficoltà.

Dopo i rilievi mossi dal Quirinale, la soluzione potrebbe essere quella di permettere ai docenti con i requisiti previsti dal decreto ma con servizio svolto nella scuola paritaria, di partecipare al concorso straordinario ma solo al fine di conseguire l’abilitazione e non per partecipare alla stabilizzazione.

Una soluzione che nasce già costellata di dubbi: sia per la concreta realizzazione (il decreto prevede che l’abilitazione si consegua al termine di una supplenza al 31 agosto o 30 giugno nella scuola statale), ma anche per eventuali rivendicazioni che essa potrebbe comportare.

Allo stesso concorso partecipano due docenti: uno con tre anni di servizio svolti nella scuola statale, uno con lo stesso requisito di servizio nella scuola paritaria.

Se il docente della paritaria consegue una votazione più alta alla prova del concorso e sommando eventuali titoli, si trova in posizione utile per concorrere alle 24.000 cattedre a disposizione, è giusto che non venga stabilizzato? 

Non sta a noi rispondere. Questa risposta sarà fornita da chi di dovere (sempre che la soluzione rimanga quella fatta circolare in questi giorni, e non altra).

Va ricordato che il concorso straordinario per la scuola secondaria di I e II grado nasce – si legge nella relazione illustrativa al decreto del 10 ottobre – “per ridurre il ricorso ai contratti a tempo determinato nelle scuole statali, favorendo l’immissione in ruolo di chi abbia raggiunto 3 anni di anzianità di servizio.

Ciò consentirà altresì di evitare che si debba riconoscere ai predetti soggetti, già dipendenti statali a tempo determinato per un periodo di tempo superiore a quello ordinario previsto dalla direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato, un risarcimento per abusiva reiterazione dei contratti”.

UE pronta a sanzionare Italia

Sarà una vera e propria corsa contro il tempo, dato che la Commissione europea ha aperto  una nuova procedura di infrazione contro l’Italia per il ricorso reiterato ai contratto a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione.

Attualmente, hanno detto da Bruxelles, la legislazione italiana “esclude da questa protezione diverse categorie di lavoratori del settore pubblico” fra cui la scuola e la sanità.

Una vera e propria patata bollente che necessita di interventi veloci e veramente risolutivi.

Decreto scuola Mattarella ha firmato. Via a concorso straordinario e altri provvedimenti

da Orizzontescuola

di Giulia Boffa

Il Presidente Mattarella ha firmato il Decreto Scuola.

Decreto Legge 29/10/2019 approvato dal Consiglio dei Ministri

Rispetto al testo licenziato dal Consiglio dei Ministri, si attende dal testo firmato dal Presidente l’inserimento dei docenti delle scuole paritarie nel concorso straordinario, con partecipazione ai soli fini abilitanti e la cancellazione del concorso riservato DSGA. Si attende il testo definitivo per verificare le modifiche.

Adesso il testo dovrà essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale e convertito in legge entro 60 giorni.

I provvedimenti contenuti

Concorso straordinario scuola secondaria di I e II grado

Sono previsti 24.000 posti, da suddividere tra posto comune e sostegno.

Il concorso sarà bandito per le regioni, classi di concorso e tipologie di posti per le quali si prevede che vi siano, negli anni scolastici dal 2020/21 al 2022/23 posti vacanti e disponibili.

La graduatoria di merito che scaturirà dal concorso sarà comunque ad esaurimento e potrà essere utilizzata – secondo le norme previste per le assunzioni a tempo indeterminato – anche dopo l’a.s. 2022/23.

Requisiti

  • titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento
  • tre anni di servizio svolti tra l’a.s 2011/12 e l’a.s. 2018/19 nelle scuole statali secondarie su posto comune o di sostegno, di cui uno specifico per la classe di concorso richiesta.
  • Per la partecipazione al concorso per i posti di sostegno è necessario essere in possesso della relativa specializzazione.

Il servizio è considerato valido se prestato come insegnante di sostegno oppure in una classe di concorso.

Ciascun docente può partecipare in una sola regione e per una sola procedura (sostegno o posto comune).

Le prove e programmi

Il concorso prevede

  • prova scritta selettiva computer based con quesiti a risposta multipla da superare con 7/10. La prova riguarda il programma di esame previsto per la prova dei concorsi per la scuola secondaria banditi nel 2018.
  • graduatoria con punteggio prova scritta + titoli
  • immissione in ruolo e anno di prova per  24.000 posti
  • conseguimento dei 24 CFU (se non posseduti) con oneri a carico dello Stato
  • prova orale da superarsi con 7/10
  • conseguimento dell’abilitazione a fine anno prova

I docenti idonei che supereranno la prova scritta con 7/10 ma non rientreranno nei 24.000 posti potranno conseguire l’abilitazione:

  • se hanno una supplenza al 30 giugno o 31 agosto nelle scuole statali
  • conseguono i 24 CFu
  • Superano la prova orale selettiva

Classi pollaio: dati del Ministero non convincono, sono molte di più. Dietro i numeri ci sono persone

da Orizzontescuola

di Gianfranco Scialpi

Classi pollaio, non se ne parla più! Pessimo segnale. Dietro i numeri e le percentuali che una recente indagine rimanda a valori più alti, ci sono le persone e le loro storie. Il tramonto di una scuola educativa (U. Galimberti).

Classi pollaio, partiamo dai numeri e dalle percentuali 

Classi pollaio, l’on. Azzolina non ne parla più! Stesso discorso vale per il Ministro Lorenzo Fioramonti. Il silenzio è preoccupante!

Quando se ne parla si preferisce utilizzare  una comunicazione formale più edulcorata. Si parla di sovraffollamento delle classi, definizione a minor impatto emotivo,  rispetto a quella di classi pollaio.  Questo però è un dettaglio che la mia cultura filosofica mi porta a  cogliere. L’attenzione alle parole e al loro significato è sicuramente un vantaggio, ma anche ha un risvolto grigio: dare peso alle parole e alle sue sfumature semantiche e risonanze emotive!
Detto questo, partiamo dai numeri e dalle percentuali così cari al contesto postmoderno dove il calcolo rappresenta il nuovo paradigma.
Il 30 gennaio l’On. Gallo (M5s) presentava la mappa delle classi pollaio.

Scuola infanzia:

  • 4899 classi con 26-30 alunni per classe;
  • 88 classi con 31-34 alunni per classe;
  • 212 classi con più i 34 alunni per classe.

Scuola primaria:

  • 4945 classi con 26-30 alunni per classe;
  • 29 classi  con 31- 34 alunni per classe;
  • 19 classi con più di 34 alunni per classe.

Scuola secondaria primo

  • 7251 classi con 26-30 alunni per classe;
  • 65 classi con 31-34 alunni per classe;
  • 15 classi con più di 34 alunni per classe.

Scuola secondaria di II grado:

  • 1310 classi con 31-34 alunni per classe;
  • 267 classi con più 34 alunni per classe.

Ma le classi pollaio sono molte di più

La percentuale dipende dal valore di riferimento. Sono 0,84% rispetto al totale delle classi e sezioni se si considera il valore di 30 alunni/studenti per classe. Se invece si considera il valore massimo per grado scolastico (26-30 secondo il D.M.81/09) consentito senza deroghe, la percentuale supera il 5%. E sul valore minimo siamo già fuori di una unità rispetto a quanto stabilito dal decreto sicurezza antincendio del 26 gennaio 1996.

Se consideriamo il dato pedagogico che rimanda ai principi di inclusione e quindi di una scuola della Costituzione (art. 3 comma 2: “E’ compito della Repubblica rimuovere…” allora la percentuale aumenta considerevolmente.

Ha dichiarato M. Lancini, psicologo e terapeuta e professore all’ Università Milano-Bicocca: “Oggi quasi l’80% dei ragazzi ha bisogni educativi speciali”, dato  correlato alla complessità del reale dovuto anche alla progressiva invasione del virtuale nel reale (Infolife L. Floridi).

Restando però in un contesto concreto, la ricerca Gfk Italia per Perason (campione rappresentativo di 300 docenti di ogni grado scolastico) e che sarà presentata martedì 29 ottobre al convegno “Ognuno è speciale. Includere, valorizzare i talenti…” presenta queste medie per tipologia speciale

stranieri/immigrati 6,32%
ripetenti 3,59%
studenti con dislessia 2,56% 
studenti con discalculia 2,66%
studenti con disprassia 2,6

In  questa lista è assente la percentuale dei diversamente abili ( 2,15%), invece prevista nel D.M 81/09 che ha istituzionalizzato le classi pollaio.

I dati sono il risultato di  un campione limitato, ma rappresentativo ( 300 docenti di scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado).

Le classi pollaio, dietro le percentuali ci sono persone

Fin qui i freddi numeri, che dominano oggi il mondo della tecnica (M. Heidegger).

Da insegnante, che sperimenta ogni giorno l’obbrobrio della classe pollaio, mi interessa altro.

Dietro il freddo calcolo ci sono persone! Solo in presenza di eventi estremi si riappropriano di un nome che rimandano a una storia, a una umanità. L’ultimo caso è rappresentato da Leonardo, il bambino morto tragicamente per la caduta dalla tromba delle scale.

Sicuramente le classi pollaio aumentano i rischi per la sicurezza fisica degli alunni e degli studenti. Mi riferisco ovviamente ai casi di evacuazione per incendio o terremoto. Se dovesse accadere un evento tragico -mai auspicabile- , allora si concretizza il processo di svelamento che trasforma i numeri in nomi: Luisa, Mario, Carla, Federico… (ovviamente nomi di fantasia). E per questi la Repubblica Italiana si dimostra carente in prospettiva dell’inclusione, disattendendo quanto previsto dall’art. 3 comma 2 della nostra Carta.

Personalmente non mi riconosco più in questo modello di scuola, dove quotidianamente sperimento l’intrusione a gamba tesa del finanzcapitalismo (L. Gallino), caratterizzato da ottimizzazione delle risorse, risparmi, tagli… con i risultati che ben conosciamo.

Mi sono formato con la L.517/77 (diritto allo studio, classi di venti alunni in presenza del diversamente abile…) che confermava il profilo di una scuola educativa, dove hanno cittadinanza le competenze, le emozioni, i sentimenti e le relazioni…

Ha scritto recentemente il filosofo “greco” U. Galimberti, concetto ripreso e ampliato anche nel lavoro “Perché? 100 filosofi per ragazzi curiosi” (Feltrinelli 2019):
“Finché avremo 30/35 persone vorrà dire che abbiamo deciso che nelle nostre scuole non si educa“.
Concludo con Z. Bauman “La qualità umana di una società dovrebbe essere misurata a partire dalla qualità della vita dei più deboli tra i suoi membri”

Fioramonti: lotta al precariato, sicurezza, diritto allo studio le mie priorità

da Orizzontescuola

di redazione

Il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, in un’intervista rilasciata a Rai News pochi giorni fa: sicurezza a scuola, lotta al precariato e diritto allo studio le sue priorità.

La scuola, l’università e la ricerca sono essenziali per lo sviluppo economico del Paese. L’economia della conoscenza è l’unica direzione possibile per noi, quindi investire in scuola e ricerca è fondamentale. Continuo la battaglia affinché ci siano tutte le risorse che servono, aleìmeno tre miliardi nella legge di Bilancio. Sono preoccupato per ché dalle prime bozze della legge di Bilancio le risorse potrebbero essere di meno, ma il gioco è ancora aperto: la legge la stiamo scrivendo e io resto positivo” spiega Fioramonti.

“Le priorità – sottolinea il ministro – sono la sicurezza e il diritto allo studio, quindi mettere le scuole in sicurezza, ma anche dare un orizzonte temporale più lungo al lavoro degli insegnanti con la lotta al precariato. E poi dare agli studenti le borse di studio: ci sono tanti ragazzi meritevoli all’università che non riescono a ottenere le borse perché non bastano i soldi“.

Fioramonti si sofferma poi sulla tragedia del bambino morto a Milano: “Un lutto per la scuola, io ho voluto portare la mia vicinanza alla dirigente scolastica e al mondo della scuola, in punta di piedi e con tutto il rispetto dovuto in queste situazioni. La sicurezza non passa soltanto dall’edilizia scolastica: servono scuole accoglienti, servono docenti ben pagati, serve personale amministrativo almeno nei numeri significativi, e forse la tragedia si sarebbe potuta evitare se ci fossero stati più personale amministrativo e personale di polizia e di servizio che avrebbero potuto bloccare il bambino“.

Integrazione studenti migranti, le misure nelle scuole d’Europa: Quaderno Eurydice

da La Tecnica della Scuola

Cosa viene fatto in Europa per promuovere l’integrazione nelle scuole degli studenti provenienti da contesti migratori?

La risposta è contenuta nel nuovo quaderno Eurydice dal titolo Integrazione degli studenti provenienti da contesti migratori nelle scuole d’Europa: politiche e misure nazionali.

Questo Quaderno raccoglie la traduzione italiana del rapporto di Eurydice “Integrating Students from Migrant Backgrounds into Schools in Europe: National Policies and Measures”.

In particolare, vengono comparate le politiche e le misure nazionali previste per l’inserimento e l’inclusione nelle scuole di studenti migranti appena arrivati. E illustra le soluzioni attivate dai vari paesi per risolvere le varie questioni correlate.

Il documento offre inoltre un’analisi di alcune delle politiche chiave che possono consentire alle scuole di accogliere studenti provenienti da contesti linguistici e culturali diversi e di tener conto delle loro esigenze sociali ed emotive al fine di incoraggiarne l’apprendimento e lo sviluppo.

Quello che emerge è che uno studente ben integrato nel sistema d’istruzione, sia dal punto di vista accademico che sociale, ha più possibilità di realizzare il suo potenziale.

Purtroppo, questo è un fattore di cui spesso le politiche non tengono conto. Infatti, molte sono le sfide che uno studente proveniente da contesti migratori deve affrontare, e nella maggior parte dei sistemi d’istruzione europei gli studenti migranti restano indietro rispetto ai loro compagni nativi. Gli studenti della scuola primaria che non parlano la lingua di istruzione a casa segnalano un minore senso di appartenenza e più frequenti esperienze di bullismo a scuola.

Che cosa fanno dunque le autorità educative in Europa per aiutare le scuole a integrare gli studenti migranti?

Innanzitutto, i bambini e i giovani migranti che rientrano nella fascia di età della scolarizzazione obbligatoria hanno gli stessi diritti e obblighi educativi dei loro coetanei nativi nella maggior parte dei sistemi d’istruzione europei. Tuttavia, il solo accesso non è di per sé sufficiente se non è unito a una istruzione e formazione di qualità, ovvero all’opportunità di iscriversi a scuole che forniscono un insegnamento, un apprendimento e un sostegno adeguati, e percorsi scolastici che soddisfano i bisogni formativi e le aspirazioni degli studenti.

In quest’ottica, offrire un sostegno linguistico e all’apprendimento adeguato ai bambini e ai giovani provenienti da un contesto migratorio costituisce una sfida nella maggioranza dei sistemi d’istruzione, così come lo è combattere contro i risultati educativi scarsi di questi giovani e l’abbandono scolastico.

Dirigenti scolastici, firmato accordo tra Miur e sindacati. I dettagli

da La Tecnica della Scuola

Firmato accordo al Miur tra i rappresentanti del ministero (presente il vice ministro Anna Ascani) e i sindacati per il miglioramento della condizione lavorativa dei dirigenti scolastici e non solo

I termini dell’intesa

Tra i punti dell’intesa, una più chiara definizione, coinvolgendo anche gli enti locali, delle norme riguardanti la sicurezza nelle scuole coerentemente con l’assetto delle responsabilità dei vari soggetti coinvolti; la prosecuzione del finanziamento degli interventi di edilizia scolastica, attraverso le disponibilità del Fondo unico per l’edilizia, utilizzando a tal fine anche le nuove risorse derivanti dal riparto del fondo investimenti che si renderanno disponibili, anche per la valutazione dei rischi strutturali; l’impegno a reperire risorse da destinare al Fondo unico nazionale (FUN) per adeguarlo alla effettiva consistenza dell’organico dei dirigenti scolastici.

Il Ministero, inoltre, si impegna attraverso l’accordo ad attivare l’Organismo paritetico per l’innovazione, previsto dal contratto nazionale, ad aprire un tavolo di confronto sulla valutazione dei dirigenti scolastici e uno sul rinnovo contrattuale della categoria per il triennio 2019-2021, anche relativamente ai diritti e ai doveri riguardanti la sicurezza con riferimento al rapporto di lavoro.

“Oggi abbiamo ottenuto un risultato importante, frutto di un confronto aperto e franco con chi è portatore delle esigenze e delle richieste del mondo della scuola – dichiara la Vice Ministra Ascani –. Con l’accordo di oggi si rafforza il percorso di una nuova stagione di dialogo e di collaborazione che insieme al Ministro Lorenzo Fioramonti abbiamo avviato e intendiamo portare avanti. Perché siamo convinti che ogni intervento sulla scuola debba essere condiviso. Siamo impegnati a migliorare il sistema e a farlo per chi nei nostri istituti studia e lavora, non possiamo farlo senza tenere conto dei bisogni e della sicurezza dei nostri studenti e di tutto il personale scolastico”.